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WALTER VENCHIARUTTI

I MONUMENTI AI CADUTI DELLA 1a E 2a GUERRA MONDIALE IN CITTA’ E NEI PAESI DEL CREMASCO

Il linguaggio monumentalista che investe la tipologia nel ricordo dei passati conflitti mondiali ha espresso un patrimonio artistico ancor oggi poco indagato e spesso sottovalutato. Le schede proposte da Stefano Coti Zelati testimoniano, in 65 schede e 150 fotografie, le manifestazioni comunitarie e l’operoso cordoglio seguito ai due eventi bellici mondiali. Le campionature offerte dalla casistica presa in esame nell’attuale comprensorio cremasco corrispondono ad altrettante significative tappe che hanno caratterizzato il processo conservativo della memoria, rivolto alla salvaguardia di un passato doloroso e forse soprattutto per questo meritevole d’essere ricordato.   Al tono guerresco, spesso marziale e imponente, che caratterizza le opere sorte alla fine del primo conflitto, fanno seguito nel secondo i segni della pietà cristiana. Al guerriero e alla vittoria alata subentrano l’umiltà e il dolore  espressi dalle statue di San Francesco e della Madonna col Cristo. La croce singola, più volte riprodotta, diventa esplicito monito alle sofferenze patite, prende il posto dell’arciere e della sentinella. La stratificazione degli  interventi sopravvenuti ha contato via via sostituzioni, soppressioni, rinnovate inaugurazioni pubbliche che si sono susseguite nel corso degli eventi temporali. Spesso queste statue derivano dagli originali precedentemente fusi durante il periodo della seconda guerra mondiale (Soncino) per forgiare nuove armi e successivamente rimpiazzate dopo il ’46 (Bagnolo Cremasco, Montodine). Solo in alcuni casi è avvenuto  un corretto ripristino. Gli artisti coinvolti dopo il primo conflitto provengono dalla cerchia di prestigiosi scultori italiani tra cui ricordiamo: Arturo Dazzi, Armando Merighi, Torquato Tamagnini, Enrico Girbafranti, Luigi Chiesa, Tullio Brianzi, Pietro Kufferle. Se dei tristi episodi la città e i centri più popolati hanno lasciato tracce imponenti anche i più piccoli paesini hanno sentito il dovere di dedicare cenotafi, indubbiamente meno impegnativi, economicamente più contenuti e tuttavia molto indicativi. Una loro attenta lettura può prestarsi a considerazioni antropologiche che consentono uno specchio veritiero dei comportamenti sociali. La scelta delle tematiche presentate e degli artisti riflette oltre agli stati d’animo anche i gusti, le tendenze, le mode che hanno indirizzato le comunità .Tra i vari soggetti figurano numerose aquile nell’atto di dispiegare le possenti ali; stazionano posizionate su alti obelischi, scrutano dalle bianche colonne di marmo e quasi sembrano voler spiccare il volo. In lunghi elenchi sono annoverati i nomi e i gradi dei martiri caduti. Spuntano i più disparati cimeli dell’armamento (mortai, cannoni, obici, bossoli, granate d’artiglieria, fucili, elmetti) insieme a fiaccole, lampade, lanterne, tripodi e piccoli bassorilievi in bronzo. Le coreografie si arricchiscono con numerosi simboli atti a magnificare il sacrificio dei  caduti. In cima a diverse stele (Montodine, Casaletto di Sopra, Melotta) è frequente la stella a cinque punte . Il pentacolo fin dall’antichità  è  stato utilizzato a significare la forza dell’uomo cosmico, di colui che ha raggiunto l’iniziazione. Non mancano elementi fitomorfi: l’alloro, da sempre considerato vera espressione di gloria e d’immortalità, le foglie della quercia, sinonimo della potenza e della perfezione.  Immancabili in ogni cimitero come nelle piazzette dei borghi si contano le semplici lapidi commemorative. Tali cimeli pur nella loro modesta fattura conservano impronte inequivocabili di una rispettosa ammirazione. Nella condivisa tragedia variano le sensibilità tematiche dettate dagli stati d’animo dovute ai postumi dello scontro militare. Anche i monumenti sorti  dopo il secondo conflitto sono opera di artisti sensibili. Una successiva  generazione di professionisti ha saputo tradurre concettualmente i sentimenti del lutto comunitario ed è formata da scultori (Alfredo Barsanti, Mario Pirletti, Mario Toffetti, Cirillo Bagozzi, Maurizio Zurla, Leone Lodi, Arturo Malerba, Ettore Cedraschi, Carlo Fayer, Angelo A. Minuti, Romano Rui, Trento Longaretti, Riccardo Piter), pittori decoratori ,  marmorini (Ottoboni, Pizzoccheri, Iacchetti),  ingegneri (Sacchi) e architetti (Nava, Campari, Bisicchia). Siamo in  presenza di tanti espliciti moniti che l’uomo d’oggi prudentemente non dovrebbe ignorare poiché è sempre possibile la ricaduta negli stessi errori, la storia purtroppo lo insegna. La corta memoria generazionale è facilmente propensa a dimenticare le sciagure del passato, tuttavia per chi sa ancora riflettere questi sacelli costituiscono preziosi avvisi, degni di attenta riflessione. Da loro giungono avvertimenti da rispettare, costituiscono cimeli degni di comprensione, al fine di evitare che atteggiamenti  impulsivi possano scatenare nuove e più temibili “tempeste d’acciaio”.

WALTER VENCHIARUTTI

05 Mag 2018 in Senza categoria

2 commenti

Commenti

  • Una ricerca, la vostra (e per molti di noi una scoperta – dopo la… scoperta del monumento di Pandino che Guadagnino ha fatto vedere a tutto il mondo, o quasi), che non è solo un omaggio alla memoria dei caduti della guerra, a partire da quelli della Grande Guerra nell’anniversario – centenario .
    A me pare sia anche un monito (tu, Walter, nella tua colta introduzione, parli di “avvertimento”) per noi del nostro tempo.
    Un tempo quanto mai bisognoso di guardare questi monumenti come un “memento”: i rigurgiti di nazionalismi, la guerra dei dazi, la disgregazione in corso dell’Unione europea sono segnali allarmanti e possono creare tensioni non più governabili.

    Guardiamoli questi monumenti, riscopriamoli, apprezziamo la loro bellezza (alcuni sono vere e proprie opere d’arte – come emerge dalla pubblicazione del Gruppo Antropologico Cremasco) progettati da artisti di fama non solo nazionale.
    Guardiamoli e diamoci da fare oggi, ognuno con le sue forze, perché quel dolore (così plasticamente evidente in alcuni monumenti) non si ripeta.

  • Buongiorno. Condivido le sue parole. Le scrivo per chiederle se lei ha qualche informazione sui possibili legami fra Arduino Carelli e Crespiatica, che spieghino il perché il Comune gli abbia voluto dedicare una via, oltre al motivo che Arduino morì in quel luogo, probabilmente non lontano dalla via a lui intitolata (Cascina Strolega). Inoltre la informo che sto cercando di verificare se l’autore del monumento ai caduti di Crespiatica fu lo scultore Mario Pirletti. La ringrazio per l’attenzione e per qualunque sua gentile risposta. (PS. ho pubblicato due articoli su Crespiatica sul sito Pietredellamemoria.it uno su Carelli ed uno sul monumento e lapide)

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