menu

RITA REMAGNINO

Cronache della peste nera

Lunedì 10 dicembre 2018, h. 21:00

Fondazione San Domenico, Piazza Trento e Trieste, Crema

 

CRONACHE DELLA PESTE NERA 
dialoghi di sopravvissuti

 

Presentazione del Quaderno n° 17 del Caffè Filosofico

 

Un testo misterioso raccoglie i dialoghi di alcuni sopravvissuti alla peste nera che nell’anno del Signore 2017 dilaga per le nostre città. Questo è l’incipit :

“Ebbi occasione di conoscere la contessa Margarete von Kupfer alcuni anni fa, in occasione di un Gala di beneficenza organizzato da mio padre. la contessa mi pregò di leggere un testo da lei scritto, contenente “alcune conversazioni di tipo filosofico o cose del genere”, come le definì. Non credevo che la contessa si fosse mai interessata di argomenti filosofici e le confessai il mio stupore. La contessa rise e precisò che in realtà lei non aveva scritto quasi nulla, a parte alcune annotazioni estemporanee. Si era limitata a trascrivere alcuni dei dialoghi. Mentre sfogliavo, le chiesi chi fossero quei tre che parlavano tra loro. Mi disse di non averli mai visti prima di allora. Scrissi alla contessa: Cara Margarete, vi confesso che la lettura del testo che mi avete consegnato ha suscitato in me reazioni ambivalenti ……..”

 

 

Al bar brindisi augurale offerto dal Caffè Filosofico

RITA REMAGNINO

04 Dic 2018 in Cultura

99+ commenti

Commenti

  • Attendo con ansia di averlo fra le mani! Come lettura natalizia va bene?

  • Come si usa dire, sono sempre i migliori che se ne vanno, o, come non si usa dire, sono sempre i peggiori che se ne vanno. Bel dilemma. O si dovrà aspettare l’evento, con brindisi? Ma, brindisi a cosa, al Natale?

  • Sarà un libro-shock, Ivano: questa volta non puoi perderlo e non puoi perdere l’occasione di sentire dal vivo gli autori (che tu conosci bene, uno per uno).

    • Piero, cosa vuoi che vada in scena se non il solito copione di pornografia del pensiero al quale siamo abituati? Un libercolo, col piacere della trasgressione a tutti i costi, che non è la cacca della Litizzetto, ma probabilmente i soliti temi, magari ulteriormente estremizzati, del resto ci siamo abituati a questi fantasmi che si vorrebbero di ritorno. Perchè gira e rigira i temi in tanti anni sono stati sempre gli stessi, nel nome del politicamente scorretto o del paradosso, tra competenze vere o presunte, tra ragione e sentimento, tra tradizione e nuove restaurazioni, magari anche rivoluzionari a loro modo di vedere, tra subconscio, inconscio e coscienza, tra libertà d’espressione e qualche freno inibitorio, no, questo non è vero, tra toni accesissimi e diplomatiche marce indietro, in un tutto tondo di argomenti, tra l’attualità e il passatismo interpretativo o propositivo. E senza averlo ancora letto, mi prendo la responsabilità di interpretarne lo spirito. Del resto gli assidui ricorderanno gli scritti di Cadè, di Antonioli, di Giacobbi, pochi, e di Cordani e i loro argomenti. Restaurazione, tradizione, morale da roghi finali da Santa inquisizione, anticonformismo, libertà senza pudore in una “combriccola”, come ha scritto Francesco, di varia ispirazione, ma riconducibile tutta ad una controrivoluzione antistorica nel tentativo di scardinare luoghi comuni che vorrebbero tutti di casato alternativo, tutti abortisti, tutti materialisti, tutti migrantes, tutti ferocemente carnivori, tutti ignoranti di cultura, tutti studenti lazzaroni senza possibilità di appello, tutti di scarsa moralità. Perché il loro anticonformismo intellettuale ed etico gli assidui di Cremascolta lo conoscono tutti, per inciso il periodo migliore del blog, fosse coraggiosamente con un libro in mano a far la sentinella in piedi, quattro gatti, o l’elogio irresponsabile della politica dei tempi che corrono, o l’antimodernismo irrispettoso di tutte le conquiste civili, così certi di poter classificare come peste nera questi tempi difficili come se il passato offrisse modelli migliori. E poi quel banale incipit, credo opera di Rita, e non me ne voglia, con quella contessa Margarete von Kupfer – Kosa essere contessa?- come direbbe Francesco, ne esistono ancora a fregiarsi di tale titolo? testimone di tanto pensiero sopravvissuto all’antipensiero, appunto classificato come nel titolo, credo, come la peste nera, quindi punizione divina per le dissolutezze contemporanee. E naturalmente l’élite culturale dei tre , non quattro? sopravvissuti. A meno che, dopo mesi o anni di assenza dal blog vada in scena un ravvedimento che tu già escludi nel tuo invito ad esserci –“libro choc” – e dai presupposti che ho sinteticamente elencati, magari filtrati dai miei pregiudizi. Insomma, non mi aspetto niente di nuovo, se non nell’attesa di una lettura ben scritta, che spesso ho elogiato, ma che nei contenuti mi farebbe girare le palle per l’ennesima volta. Quindi cosa sarà mai questo libro? Testamento spirituale-lunga vita naturalmente- manifesto politico, nuovo vangelo, nuova filosofia o le solite filippiche lette e rilette? O semplicemente grande opera letteraria? Mah.

  • Devo ammettere che i vostri commenti hanno aggiunto, almeno per quanto mi riguarda, ulteriore curiosità riguardo a questo libro. Anche se adesso non capisco che genere di libro sia e chi siano in realtà gli autori.
    Purtroppo, lunedì non potrò partecipare all’evento della sua presentazione ma ne cercherò una copia nelle librerie di Crema. Pensavo fosse un libro di Rita, di cui sono da tempo un lettore.
    Il tuo commento, Ivano, mi lascia intendere che tu ne sappia più di me. E che ci sia qualcosa su cui sei critico, se non ho capito male.
    Grazie comunque al blog CremAscolta per la segnalazione di questa pubblicazione.

    • No Pietro, non ne so più di te. Le mie sono solo illazioni. Ma magari ci azzecco. Ben contento di essere smentito, ma non credo.

    • Te ne terremo da parte una copia, e spero che Rita possa fare altrettanto per altri “assenti giustificati”

    • Ivano non sa assolutamente nulla. Giudica le cose, come suo solito, partendo dal gradimento che ha oppure no (non dunque dalla conoscenza) delle persone. Un’abitudine pessima poiché, come tutti ben sappiamo, cose buone sono state fatte da persone modeste ma volonterose e cose meravigliose da persone abominevoli.

      Il libro comunque, Pietro, non è mio. Non solo mio, voglio dire.
      Ho semplicemente prestato la mia “penna” alla contessa Margarete von Kupfer.

    • Ti ringrazio, Rita, per la cortese precisazione.
      Certo che, con un nome simile, questa contessa potrebbe avere avi alchimisti.
      Per diversi secoli, rosicruciani, templaristi e latomisti si sono assegnati nomi convenzionali alla von Kupfer, von Eisen, von Stahl.
      Adesso però che, per fortuna, le contesse e gli esoteristi non ci sono più, possiamo stare tutti più tranquilli e goderci, dai prossimi giorni, il bellissimo traffico urbano e le rassicuranti bancarelle di Santa Lucia. Però senza cantare Stille Nacht, heilige Nacht, se no ci risiamo.

  • Dai Rita, riconoscerai che le persone in questione si sono sempre esposte moltissimo, come del resto ho fatto io e hai fatto tu. Quindi di materiale ce n’è a sufficienza per alimentare aspettative o rifiuto. Non è questione di persone che piacciono o non piacciono, ma questione appunto di conoscenza, non personale naturalmente, ne saluto un paio sì e no, ma di attingere a tutto quel materiale che nei mesi o anni hanno pubblicato. Ho sempre dissentito allora, cosa potrei aspettarmi adesso? Ciò non toglie comunque che nel tempo io abbia anche espresso apprezzamenti, magari solo stilistici, quando meritati. Di qualcuno di loro ho spesso manifestato ammirazione se non invidia. Chi non ricorda alcuni domenicali di Cade’? Alcuni, altri da dimenticare, in questo gioco di ruoli, calcando spesso la mano, che è Cremascolta. Buona giornata.

    • Scusa, Ivano, parli di persone che “si sarebbero esposte” a cosa? Al tuo dissenso? E quindi? Chi non la pensa come me peste (nera) lo colga? Ma dai. Se vuoi esprimere un parere sul “libercolo” fallo almeno dopo aver assistito alla presentazione o dopo averlo letto. Fai una magra figura se ti esibisci in una spataffiata di parole senza sapere di cosa parli.

  • Esposti a cosa? Me lo chiedi? Il loro pensiero espresso tutto cara mia, e questo fa venir voglia o meno di leggerli. Comunque lo leggerò, e poi ne parleremo. In tutti i casi è tutta pubblicità. Non va bene? Purchè se ne parli, non si dice così nelle leggi di mercato? Se poi ti sei risentita per la “Contessa” questa è altra questione.

  • Non mi risento facilmente, stai tranquillo. Ti darò comunque qualche input. La “peste nera” è quella all’origine della rivoluzione antropologica che tutti noi stiamo vivendo. Dopo aver insultato per anni quanti gridavano al “gombloddo”, oggi il disegno è lampante: modellare un’umanità docile, spersonalizzata, terrorizzata dal potersi esprimere liberamente (pena la messa in ridicolo), asservita ai miti del consumo compulsivo, schiacciata sotto il peso dell’indifferenziazione, votata a rivendicare diritti individuali a scapito di quelli collettivi, convinta che ciò che è nuovo sia sempre migliore del vecchio, determinata a liquidare persino l’identità sessuale in nome di un’onirica “sessualità migrante”. Con la quale, sia chiaro, l’omosessualità autentica c’entra poco o nulla.
    La “peste nera” è stata diffusa con il proposito di ottenere un’umanità a-morfa (senza forma), così da poterla meglio controllare e plasmare. Il virus porta con sé un ferreo codice verbale e morale, che comporta il biasimo collettivo e successivamente il castigo per chi traligna. Come in tutte le epidemie qualcuno morirà (spiritualmente e moralmente), mentre per i sopravvissuti ci sarà il rischio concreto di riaprire gli occhi su un mondo in cui la “persona” in quanto tale non esiste più, dove ogni sorta di “identità” è abolita e dove un individuo perfettamente “resettato” vaga solitario in un oceano di non-senso.

    Questo in sintesi il senso del “libercolo” in questione. Se ci mettessimo a scriverlo oggi, su questo siamo tutti e cinque d’accordo, saremmo meno pessimisti. Il mondo è molto cambiato rispetto a solo un anno fa e la “peste nera” miete sempre meno vittime. Nel frattempo ci sono stati il 4 marzo in Italia, l’epilogo della Brexit in UK, i tumulti dei gilet gialli in Francia, eccetera eccetera. La “guarigione” sembra ormai avviata e pare che “i barbari” ne facciano parte. Il libercolo rimarrà ad ogni modo una testimonianza del tempo che fu e, col senno di poi, forse i fuggitivi hanno fatto bene a cercare riparo nel castello della contessa contessa Margarete von Kupfer.

    • “Se ci mettessimo a scriverlo oggi, su questo siamo tutti e cinque d’accordo, saremmo meno pessimisti”. No, Rita, sono uno dei cinque ma su questo punto non sono per niente d’accordo, la peste ha raggiunto ormai gli stati profondi del corpo psichico-sociale e l’unico futuro che mi immagino è che la sua azione distruttrice arrivi fino in fondo.

  • Appunto, niente di nuovo, come volevo dimostrare. Questo libercolo io l’ho già letto e riletto infinite volte. E lasciamo stare il post 4 marzo. Anche nelle tue ultime righe il discusso e ridiscusso di questi ultimi mesi. Se il tuo obiettivo era rendere buon servigio ai quattro autori, e a te stessa, hai toppato di brutto. Comunque ognuno ha i suoi estimatori. Auguri.

  • Ma Prof. Cordani, perché togliere a Rita il piacere di fare l’ennesima propaganda per questo governo?

    • “Propaganda”, la parola magica dei repubblichini. Tutto quello che esula dalle loro quattro idee in croce (sempre quelle ripetute come un mantra nella speranza che un giorno diventino vere) ricade in questa categoria. Ma la peste passerà, ne sono passate di peggiori, passerà anche questa. E passeremo anche noi per fortuna, una delle umanità più stupide mai apparse sulla faccia della terra.

  • Che qualcuno sparisse mi spiacerebbe. È adesso, controcorrente, vado a fotografare l’accensione delle luci in piazza. Buon Natale, anche ai duri e puri.

  • E, non E’.

  • Beh, a questo punto qualche notizia ce l’abbiamo.
    Prima di tutto (adesso, ogni volta che lo dico, penso a Crozza), gli autori sono cinque. Due sono Rita e il prof. Cordani. Si potranno condividere o meno le loro idee ma sono due persone che conoscono bene ciò di cui parlano. Cosa, questa, non proprio diffusissima in città. Sugli altri tre autori, forse indovineremo qualcosa di più in questo “prequel” editoriale.
    Poi, si tratta di un “Quaderno” del Caffè Filosofico. Per cui, la filosofia vera, in termini di competenza effettiva, dovrebbe essere dominante. Vista la serietà dell’associazione e il livello degli autori coinvolti, dobbiamo aspettarci qualcosa di molto rigoroso. Tra l’altro, mi pare che il Caffè Filosofico si muova, con questa pubblicazione, su tematiche e punti di vista differenti rispetto al passato. Motivo in più di interesse.
    Inoltre, quanto anticipato da Rita ci fa pensare a dei testi inscritti in quel filone culturale che considera taluni ancoraggi della modernità come negativi, assimilando i suoi sviluppi storici a un processo patologico, a un morbo contagioso. Sappiamo quanto in proposito la saggistica sia sterminata e la letteratura sia sconfinata, da tempo. Si tratterebbe quindi di una “peste nera” iniziata in epoche risalenti e manifestatasi con virulenza dopo l’invenzione della stampa, la riforma luterana, l’espansione mercantile, la borghesia, l’Illuminismo, le rivoluzioni americana e francese e tutto il resto venuto dopo, globalizzazione compresa. Un filone frequentatissimo, in cui si sono cimentati autori geniali ma anche strampalati cialtroni, dalle vette del pensiero umano al suo sottobosco, da Nietzsche e altri sommi ai più vieti e ciancicati evolismi e guenonismi, frutto di maldigerite letture e banalizzazioni. Tuttavia, qui ci sono cinque autori validi e possiamo star certi di evitare l’ennesima minestra riscaldata a base di rivelazioni cosmiche, affabulazioni vediche e sanfedismi mistici.
    Infine, sappiamo che molti potrebbero, letto il libro, riconoscersi addosso i bubboni e le pustole della contemporaneità. E sappiamo che non tutti gli ulcerati, a quel punto, cercherebbero “riparo nel castello della contessa Margarete von Kupfer” (a proposito, me ne rendo conto solo ora, Kupfer in tedesco vuol dire Rame e Margarete è Margherita in italiano, più in breve Rita).
    Quale, allora, il destino dei reietti? Qualora sopravvivessero, potrebbero fare i monatti? Magari gli untori?

    • Personaggi in ordine di apparizione: la contessa von Kupfer (Rita Rame), Laudano, il monaco (Livio Cadè), il dottor Isaacson (Secondo Giacobbi), Monaldo, l’alchimista (Guido Antonioli), Keppler, lo scienziato (Bruno Cordani).

  • Rita: ” oggi il disegno è lampante: modellare un’umanità docile, spersonalizzata, terrorizzata dal potersi esprimere liberamente”. Perchè a me sembra esattamente il contrario. E poi chi sarebbe questo deus ex machina capace di ordire tutto questo tirandone le fila? Nomi e cognomi per favore, e non mi dire che sono i soliti ebrei, grandi “gombloddisti”. E siccome, come dice Pietro, sei una delle “due persone ( in città) che conoscono bene ciò di cui parlano” per favore chiariscici di nuovo. Sapremmo tutti da chi guardarci le spalle e te ne saremmo eternamente grati.

    • Ma non sei ancora stufo di recitare la parte di Alice nel Paese delle Meraviglie. Mai sentito parlare dell’1% di popolazione mondiale che detiene metà della ricchezza del pianeta? Credi che stiano lì a giocare a carte, accontentandosi nei momenti di svago di contare i soldi come Paperon de’ Paperoni? Chi è sommerso dal denaro vuole il potere, chi ha il potere s’improvvisa demiurgo, e così via in una un’escalation tutta umana. Nessun animale è così rimbambito.

  • ……..le vittime della tragedia avvenuta nella notte tra il 7 e l’8 dicembre al Lanterna Azzurra di Corinaldo, in provincia di Ancona. I giovani fan del trapper Sfera Ebbasta avevano tutti tra i 14 e i 16 anni. Tra loro anche una mamma, Eleonora, 39 anni, che aveva accompagnato la figlia al concerto……. eccole qui le vittime della “PESTE NERA”!
    Finire la propria vita a 15 anni per il “trapper” SFERA EBBASTA!
    Buon Natale …..

  • Vedo che l’arcano (gli autori non hanno voluto neppure che il loro nome apparisse in copertina: si trovano solo in chiusura del testo) è stato svelato.

    Un testo filosofico o, comunque, che ha a che vedere con la filosofia?
    Di sicuro gli autori non sono “filosofi” di professione: uno è un letterato, un altro è un docente al Conservatorio, un altro ancora un fisico; Rita, poi, è laureata – che mi risulta – in Scienze politiche; solo uno di loro è laureato in filosofia, ma nella sua vita professionale ha fatto altro (psicoanalista e docente universitario).
    Questo non significa che il pamphlet in oggetto (anti mainstream?) non offra spunti di riflessione filosofici: magari sono proprio i… non filosofi che potrebbero essere più… filosofi dei filosofi di professione, se per filosofare si intende porre domande (anche provocatorie, anche quelle… proibite), domande che vanno alla radice, che mettono in discussione modi tradizionali di vedere il mondo e la vita.

    • Mi permetto di dissentire. Le domande che vanno alla radice NON mettono mai in discussione i modi tradizionali di vedere il mondo e la vita. Caso mai, è il contrario: mettono in discussione il mainstream, che non ha nulla di tradizionale, essendo l’apoteosi del pensiero fattosi merce di scambio. Proteggersi dalla «peste nera» allertando altre persone del contagio, dunque, non nasconde affatto il desiderio di sovvertire il mondo ma tenta semmai di salvaguardare il solo ordine che davvero conta: quello Superiore. Nessun dissidente si è mai armato di tutto punto per «distruggere tutto», una cosa che di solito fanno i cretini, ma per ristabilire una sacralità dell’essere che cominciava a scricchiolare, ovvero per ricostruire i “modi tradizionali di vedere il mondo e la vita” andati perduti.

      Su filosofia e filosofi, invece, sono d’accordo con te: oggi è molto difficile affermare con certezza chi fa/è cosa. Durante la chiamata alle armi delle firme di Repubblica della settimana scorsa a Roma, ad esempio, una reunion definita da qualche maligno commentatore “frou-frou”, si è stabilito una volta per tutte e a scanso di equivoci che Massimo Recalcati, star di Repubblica, è filosofo mentre Diego Fusaro, invece, no.
      Ai posteri l’ardua sentenza.

  • Rita, ammiro la tua perseveranza però mi permetto di ricordarti che, come recita una famosa battuta, non bisogna mai discutere con gli imbecilli perché qualcuno potrebbe non notare la differenza.

    • Bruno Cordani, da questo tuo garbato modo di dare consigli a un’amica rispetto alla scelta delle persone con le quali non interloquire, qui su CremAscolta, mi pare scenda direttamente la considerazione che la presenza sul blog di “imbecilli” sia non irrilevante!
      Io mi occupo della redazione e non avevo mai usato questo tipo di screening nel leggere i contributi dei bloggers.
      Mi incuriosisce indagare quale possa essere il discrimine usato da Bruno Cordani per decidere quali gli “imbecilli” e quali no!
      ….oddio, non è che io stesso faccio parte …..?!?

    • Francesco Torrisi, non picchio e non insulto mai nessuno per primo, ma se qualcuno lo fa nei miei confronti gliene restituisco il doppio. Argomento chiuso.

  • E’ incredibile come qualcuno riesca a definire e dare un ordine a dinamiche mondiali, economiche, politiche, sociali o culturali che siano, banalizzando la complessità che ha sempre governato il mondo, credendo di aver trovato una sintesi, evidentemente da cui partire, per sovvertire tutta la storia che ci sovrasta e ci ha sempre sovrastato, denunciando quello che conosciamo attraverso appunto la Storia di questa umanità e la sua narrazione, fatta di statistiche esattamente uguali a quelle che un tempo neppure esistevano. E questo trionfo della banalità spacciata per grande scoperta lascerebbe intendere anche una soluzione alla constatazione vecchia come il mondo che i poveracci sono sempre tanti e i fortunati, o scaltri, o complottisti sempre pochi. E quindi si devono combattere. Bene, sono d’accordo anch’io, con la differenza che il sottoscritto, orgogliosamente facente parte della schiera degli imbecilli, mai si adatterebbe a forme di lotta come quelle a cui si assiste in questi ultimi mesi o anni e che ci porteranno prima o dopo alla sciagura e di cui da tempo si vedono le avvisaglie. Viva gli imbecilli quindi, che magari, a differenza dei furbi, hanno la capacità di “guardare oltre la punta del proprio uccello” per vedere che la peste futura è ben più virulenta di quella che conosciamo. I primi bubboni sono già evidentissimi. E gli untori, lasciando stare monaci, alchimisti, contesse e scienziati, pochi privilegiati tra boccaccesche salvifiche mura, si sa ormai che facce hanno. Sono gli uomini qualunque, di nessun spessore letterario o filosofico, che credono come allocchi che la soluzione sia a portata di mano giusto PERCHE’ LO VOGLIONO. Vogliate pure, siete in buona compagnia, anche su questo blog. Insomma, ad esser buoni, non so più qual è il male minore tra questi due fuochi. Quindi, per il re dei non imbecilli, che hai dee chiarissime, come la nostra contessa, tutta la mia invidia. Anche per i monaci, gli alchimisti e i nuovi rivoluzionari. Ma io preferisco il mio limbo.

  • Ieri sera, Rita, avevo amici a cena e uno di loro, arrivati al caffè (“a proposito di caffè”) ha chiesto chi andava lunedì alla presentazione del vostro libro. Insomma, a Crema se ne parla, almeno nei soliti giri. Dicembre, del resto, presenta occasioni del genere, tra Insula, GAC, Caffè Filosofico, Araldo, Galmozzi e altri appuntamenti diversi dalla bancarella, dalla stupefazione sotto le luminarie e dalla falce & tortello.
    Devo dire che ero l’unico a saperne molto poco, nonostante il tuo lodevole post di martedì. Conosciuti ieri sera gli autori e avute alcune anticipazioni sui testi (uno conosce bene un autore), compreremo il libro quasi tutti. Più in generale, mi pare che ci sia molta attesa, anche per lo stacco che esiste rispetto alle precedenti pubblicazioni del Caffè Filosofico. E visto che i nobili spiriti raccolti sotto il blasone comitale siete voi cinque (che tutti stimo, pur conoscendone solo tre), vi leggerò con vivo interesse.
    Tuttavia, nell’imperversare della “peste nera”, una scelta potrebbe essere di non isolarsi nel maniero ma di confondersi insieme agli altri. Starsene sul campo appestato del mondo, in mezzo allo schifo di tutti i giorni. Io cercherei di sopravvivere tra i moribondi, abitando l’orrore del presente e indagando lo sfacelo quotidiano, lasciando il ruolo soterico di rigenerare il mondo futuro e rifondare l’umanità a chi è nobile, illuminato e agarthico come voi contesse, monaci, alchimisti e scienziati. Altrimenti, mi sentirei un po’ snob. Farei anche il monatto, per vedere bene le cose da vicino. E ogni tanto proverei se è vero che, ungendo qui e là, cambia qualcosa: diciamo che sarei persino una sorta di untore sperimentale.
    Consiglio a tutti di comprare questo libro, ipotizzando di dare per valido l’assunto di base (da almeno cinque secoli l’umanità è mortalmente appestata: düra minga, düra no) e immaginando di scegliere come reagire, che cosa fare.
    Un grande augurio di successo al libro e un sincero apprezzamento agli autori, sia ai professori che agli amici.

    • L’isolamento dei pellegrini nel maniero è temporaneo, infatti.
      E la contessa Margarete, che vive inconsapevole e serena in mezzo ai suoi arazzi e ai suoi fiori, di colpo si sovviene: ohibò, che succede là fuori ….. ?

  • Due puntualizzazioni.
    I libri del Caffé filosofico non sono in vendita: chi presenzierà questa sera, avrà una copia in omaggio.

    Gli autori in questione, pur essendo estranei alla filosofia accademica, hanno tutti qualche dimestichezza con la storia della filosofia per ragioni proprio professionali: dal fisico (fisico delle stelle, vale a dire astro-fisico) allo psicanalista, dal musicista al letterato e a una fine scrittrice come la nostra Rita.

    Vorrei, a proposito, ricordare il potente stimolo che “non filosofi” hanno esercitato sulla filosofia: pensiamo solo a Copernico, Galileo, Newton, Einstein, Heisenberg!

    • Piero, io non ci sarò, ma a questo punto ritengo doveroso leggerlo. Me ne procuri una copia per favore? Grazie.

  • Posso aggiungere: Freud.

  • Certi libri hanno la capacità di riscuotere dal torpore in cui siamo immersi un po tutti…
    Auguri.

    • Graziano, io non mi sento affatto intorpidito e difficilmente avrò un risveglio.

  • Pirandello scriveva:
    “Crediamo d’intenderci;non ci intendiamo mai…
    Celentano:
    “Prisencolinensinainciusol”…
    Nessun dubbio?

    • In Pirandello, signor Calzi, ci sono sei personaggi in cerca d’autore. Qui ci sono cinque autori in cerca di personaggi. E mi sembra che li abbiano trovati giusti: lo scienziato e il dottore, il monaco e l’alchimista, persino la contessa. Permettendomi (e scusandomi) di scherzarci un po’ su, si potrebbe dire che, almeno, si tratta di un cast di richiamo. Si pensi invece a un casting, ad esempio, con un ragioniere e un barista, un postino e un sacrista, magari una bancaria: mi sa che avremmo avuto meno speranze di salvezza dalla “peste nera” della modernità. Per cui, confidiamo fiduciosi.
      Scherzi a parte, va ammirato il coraggio di assumere identità del genere, sia pure in termini solo narrativi. Il calarsi degli autori, immagino non a caso, in questi personaggi (penso in particolare a quelli dell’alchimista, della contessa e del monaco), potrebbe comportare rischi di censure e ironie da parte di una vasta platea di potenziali lettori, per i quali fino a ieri (e in buona parte ancor oggi) i modelli pubblici di riferimento sono stati ben diversi (sociali, politici, economici, culturali), per l’appunto molto più “moderni”.
      Auguri. Audaces fortuna iuvat.

    • …..ma noi non ci saremo/noi non ci saremo ….

  • Vedo che il libro ha già fatto discutere ancora prima della sua presentazione (di questa sera).
    A dire il vero aveva già fatto discutere ancora prima quando il file è stato ricevuto dal Direttivo del Caffé filosofico.
    E, di sicuro, farà discutere quando finalmente, dopo la sorta di trailer di CremAscolta, verrà presentato e letto.

    Un Caffé filosofico non si propone proprio l’obiettivo di far riflettere, discutere, provocare?

  • E la sera della presentazione è arrivata. Per temi che, ancora prima della loro promulgazione avevano suscitato già quarantaquattro interventi non era possibile che, nonostante la buona volontà contraria al muro conto muro, sia da parte di autori che di membri dell’uditorio, non si manifestasse incomprensione reciproca. E c’era palpabile la voglia di manifestarla, perché quando si arriva a scavare nel senso della vita nessuno è disposto a lasciarsi privare del proprio bagaglio di sentito individuale.
    Ma ciò, davvero stupisce? L’opera arriva nel momento in cui la prestigiosa rivista “Le scienze”dedica spazio al fenomeno del “pensiero negazionistico”, quel sentito che può portare all’elaborazione contro tendenza di pensieri su temi che spaziano dal creazionismo alla negazione del cambiamento climatico, o della maneggevolezza e necessità dei vaccini. Nel numero di ottobre infatti la rivista esce con un report sull’attività di psicologi universitari statunitensi, di tre differenti atenei, le cui conclusioni sono cumulativamente etichettate come “Il pensiero antiscientifico visto dalla scienza”. E sul numero di Dicembre il nostro Telmo Pievani, professore di filosofia delle scienze biologiche, Ateneo di Padova, entra in tema con “Fuggire dalle sirene della post-verità”. Bene, le conclusioni son sempre le stesse: l’ottica negazionista è indipendente dalla preparazione di base e soprattutto “resta in piedi” con la sua impalcatura anche in uomini di scienza. Ma c’è di peggio: il dialogo stesso, la produzione di dati inconfutabili, sono inutili, perché questo tipo di pensiero troverà sempre porte da scardinare attraverso un spiraglio. E arriva anche la soluzione tuttavia: una paziente educazione scientifica che inizi dalla tenera età. E a questo punto già sento la voce delle mie controparti ideologiche: “Ci stai parlando di lavaggio del cervello in favore del pensiero unico?” E notare che se si parla di educazione come di costume giovanile l’impronta resta la stessa. La pluralità di opinioni è lecita, ma il momento è troppo grave, c’è bisogno di proiettarci in avanti, anche a occhi bendati e a peso morto, con piena fiducia, convinti che l’evoluzione si chiama tale perché il suo vettore è a senso unico, come quello del tempo, ed è un valore positivo, sia pur con piccoli rigurgiti e stagniazioni palustri. E ricordiamoci, se vogliamo rifarci a un pensiero classico, che la Bibbia ci insegna come la moglie di Lot fu trasformata in statua di sale per essersi guardata alle spalle.

    • Lasciando perdere il pensiero degli esperti scientifici statunitensi, che negli ultimi decenni hanno detto (non sempre in buona fede) tutto e il contrario di tutto, riempiendo la testa del “popolo globale” di castronerie a catena, spesso al confine con la new age, cerchiamo di essere concreti: le Scienze in futuro non saranno la soluzione ai mali dell’uomo. Non parlerei di negazionismo quanto piuttosto di realismo. L’inquinamento terminale che ha reso la Terra una polveriera pronta a saltare per aria in tempi brevi chi l’ha causato, l’uomo dell’Età del Bronzo o il cretino industrial-tecnologico? Si dice, in compenso, che la medicina abbia fatto enormi passi avanti; se così fosse, perché cura ma non guarisce? E che dire dalle numerosissime patologie provocate nell’organismo dagli stessi agenti terapeutici, dai farmaci assunti, dagli interventi eseguiti, ecc.? Sia chiaro: non è un invito al rifiuto di farmaci e/o terapie, qui non si tratta di fare i talebani della modernità ma, caso mai, di essere consapevoli della non-onnipotenza di pratiche che vengono spacciate invece come risolutive perché poggiano su una montagna d’interessi e vanno tutelate.

      qualche giorno fa ha fatto sorridere il mondo (per non piangere) la notizia dello scienziato cinese che dopo aver alterato gli embrioni di sette coppie con la tecnica dell’editing genetico, ha “sforbiciato” il Dna per far sì che il nascituro fosse immune dal virus dell’Hiv. Ne è nata una coppia di gemelle che forse non prenderà mai l’Aids ma non è del tutto … “normale”. Bell’affare davvero. Dopo aver distrutto flora e fauna con i nostri dannati Ogm, adesso ci proviamo con la specie umana che, se non altro, in futuro verrà dimezzata in maniera consistente, con estremo sollievo della Terra.

      La moglie di Lot fu trasformata in sale perché disubbidì, non perché guardava al suo passato, che probabilmente non era neppure in grado di comprendere, visto che quello che c’era prima è sempre più complicato di quello che viene poi. Oggi il disubbidiente è proprio colui che mette in discussione il dio-scienza-tecnologia-economia-eccetera. Nessuno nega l’utilità materiale, immediata e contingente, di certi mezzi meccanici, basta che non li si elevi agli onori degli altari. Basta altari, per pietà.

      https://unoeditori.com/dipendenza-da-internet-e-hikikomori-lato-oscuro-della-rivoluzione-digitale/

      Come ho detto anche ieri sera, personalmente tendo a vedere il bicchiere mezzo pieno e so di non soffrire di visioni moleste affermando la ri-emersione dal profondo umano di una nuova sensibilità è in atto, già la si vede avanzare contro le politiche economiche antropocentriche che fino ad oggi hanno fatto da paradigma al dominio della Tecnica e del Mercato. Ciò che nell’uomo è rimasto umano, si sta muovendo.

  • Serata simpaticissima fuori dai soliti schemi e temi che ci propongono le trombette dell’informazione pilotata dei Media padroni della loro propaganda.
    Argomentazioni in contradditorio ma sempre con stile ed educazione ….cosa rara oggigiorno
    quindi Bravi e grazie.
    Detto questo Antonietta ha , a mio avviso, sollevato un punto interessantissimo: mancava l’IMPUTATO, i giovani e la difesa della Scienza e della Ragione, io per primo annaspavo non avendo ancora letto il testo.
    Quindi ecco la proposta
    Individuiamo dei giovani cui far leggere il libretto, ho in tal senso qualche idea su chi contattare e ripetiamo l’incontro con un contradditorio di due schieramenti IERI e OGGI/DOMANI
    aldo

    • L’idea di Antonietta è senz’altro buona. Se il “Caffè Filosofico” vuole darle corso, si può fare.

  • Il mio ottimismo è inguaribile, posa su contatti diretti e notizie scientifche, poi va oltre.
    Ci stiamo dibattendo nel libero arbitrio sì/no, dopo i seri dubbi posti dalle neuroscienze, e il tema anche ieri ci ha sfiorati, eppure, proprio quando l’alleato, a mio avviso, scienze informatiche, ci butta una sagola, ci guardiamo intorno in cerca di un salvagente che potrebbe non arrivare (estemporanea significante l’incapacità di guardare a nuove soluzioni).
    La possibilità che l’umo si affacci alla multicoscienza, che ieri non è stata compresa, anzi, ostracizzata, è concreta. La scienza, come effetto più circense che utile, in embrione ci ha messi in grado di acccendere una lampadina, o mandare in orbita un missile, che è la stessa cosa, semplicemente col pensiero. Presto per una iterconnessione interumana informatico-mediata, ma con i sensori quantistici, che non sto inventando io, ma traggo dalla stessa accreitata fonte, “Le scienze”, in decenni se ci saremo ci arriveremo. A che serve? Come diceva Aldo non riusciamo a immaginarlo, ma che il balzo in avanti sia nel senso del solito vettore super-evoluzionistico è evidente. E allora, a questi bambocci che giocano col cellulare, diamogli tempo! Troppo poco che lo hanno fra le mani! ma soprattutto fiducia, e certo, paletti. Il rischio è piuttosto sociale, e lì è che i vecchi devono mostrare i muscoli e spianare il terreno, perché se tutto ciò finisce in mani sbagliate… non so nemmeno immaginare.

    • Lascia perdere “Le scienze” Adriano, almeno “La settimana enigmistica” allena il cervello.
      Sai qual’è il dramma dell’«uomo della Fine»? L’incredulità.
      Stentiamo ad accogliere il soprannaturale e crediamo di non poter fare ciò di cui siamo capaci. Alla radice di questa incredulità c’è senza dubbio la superbia, soprattutto intellettuale. L’Uomo della Fine è convinto di poter fare tutto attraverso le sue macchine, di poter piegare il mondo con le sue invenzioni a doppio taglio, che se da una parte servono dall’altra provocano danni irreversibili, e in questo senso le Tecnoscienze gli stanno dando una mano. Non in modo disinteressato, ma con l’intento di scalzare via dal piedistallo il trascendente e insediarsi al suo posto sul piano dell’immanenza.
      Ma chi ha detto che le due parti non possono coesistere? Dove sta scritto che l’una deve escludere per forza l’altra? Grandi figure di scienziati e matematici hanno dimostrato l’esatto contrario, ma noi continuiamo a non crederci; anche se, sotto sotto, sappiamo che volendo potremmo salire molto in alto.
      Così come il secolo scorso ha avuto difficoltà nel dubitare, quello presente non riesce a credere. Non più solo nella trascendenza, ma ormai in niente e nessuno. Politici, osservatori, esperti, giornalisti, sondaggisti, opinionisti blasonati e influenzatori seriali stanno andando tutti a farfalle. Se le suonano e se le cantano tra di loro, ma alla gente non importa più nulla di quello che dicono. Avanti di questo passo, tra poco non crederemo più neppure alla Scienza; e poi?
      Si verrà al dunque, finalmente.

  • Il riferimento alla Trascendenza, Rita, divide: del resto divide anche voi che non siete appestati (sai bene che tra voi c’è chi crede nell’immanenza del Divino!).

    • Trascendenza: termine da cancellare dal vocabolario.

    • Chi dice che non siamo appestati? E’ possibile non esserlo, oggi, immersi nei virus come siamo?

  • Una considerazione preliminare: felice l’idea di Rita di fare da cornice narrativa e lei stessa, ieri sera, si è immedesimata alla perfezione nel personaggio della contessa Margarete von Kupfer.

    Io, confesso, ho avuto il privilegio, assieme agli amici del Direttivo del Caffè filosofico, di leggere il file in anteprima, per cui non sono stato sorpreso delle affermazioni espresse dagli autori nella serata di ieri.
    Ho, comunque, deciso di iniziare a rileggerlo su carta (i miei occhi preferiscono la carta al pc) e posso già esprimere una impressione dopo avere letto le prime pagine. Dal mio punto di vista, non vedo nulla di scandaloso nelle affermazioni relative all’eterologa, all’utero in affitto, alla genitorialità per dei gay. Sono osservazioni che possono essere condivise da un’ampia gamma di persone, a prescindere se siano o no “spiritualiste”.
    In altre parole, sul piano teorico, potremmo essere d’accordo quasi tutti (potrei anche sbagliarmi), ma il problema è “come” affrontare tali problemi da parte del legislatore.
    Puntualizzo: il legislatore italiano (parlamentari spiritualisti e… appestati) ha escluso dalla legge sia la fecondazione eterologa (provate a rileggere la legge 40 e lo vedrete), sia l’utero in affitto (ancora legge 40) sia la genitorialità per le unioni gay (sanno tutti che la stepchild adoption è stata stralciata dal disegno di legge sulle Unioni civili.
    Sono stati i magistrati con le loro sentenze, che, navigando nel mare delle leggi, in particolare tra quelle che garantiscono la tutela del minore, che hanno dato la “loro interpretazione”.
    Si può tornare indietro? Certo che si può: proprio perché i magistrati hanno solo il compito di “applicare” le leggi decise dal “legislatore”, basterebbe togliere quei riferimenti legislativi che hanno fino ad ora fatto da supporto alle sentenze in questione.
    Ma… è proprio facile tornare indietro in un mondo in cui tutti hanno la possibilità di viaggiare, di andare in Canada (o altrove) dove una donna che si presta a… vendere il suo utero (anche se questo “vendere” è proibito anche in Canada)? Che fare, una volta il… padre biologico è rientrato col figlio concepito grazie all’utero di una donna estranea al concepimento? In questo caso, visto che la stepchild in Italia non è consentita, si dovrebbe non riconoscere l’adozione da parte del partner?
    Non voglio entrare nel labirinto dei problemi giuridici di cui non sono competente: intendevo solo “porre il problema”. Giusto per capire.
    Gli autori mi sanno dare una risposta?
    Grazie.

    • In cuor mio, Piero, spero tanto che il 2019 sia l’anno della riforma della giustizia. Francamente non se ne può più di magistrati che danno la “loro interpretazione” su ogni cosa. Non si capisce bene in rappresentanza di chi/cosa.

    • Piero, uccidere il proprio padre per diventare grandi. Magari nelle nuove famiglie non sarebbe necessario.

  • Riforma della giustizia o asservimento di un potere a un altro?

  • Perché se le nostre leggi sono così aggirabili o interpretabili questo significa che la colpa non è dei giudici. Vuol solo dire che le nostre leggi sono scritte alla cazzo. Dai nostri legislatori.

    • Non c’è dubbio che sia così. Proprio per questo motivo si sta cercando di cambiare l’intero impianto, pian piano, senza fretta, l’importante è cominciare. E, a quanto pare, circola lo stesso sentimento in tutta Europa. Era ora.

  • Sorella Rita
    un grande plauso, perché grazie al tuo lavoro e alla sua diffusione sul blog hai ridato vita a un fantasma: quello che Fanco ha battezzato “Il cazzeggio di qualità”. Non sono ironico, casomai nostalgico delle radici del blog, tempo in cui si poteva “comunicare” su tutto quanto passava per la testa, senza riflettere sulla coerenza a temi di vita cittadina, di problematiche reali… tempo in cui il battibecco si snocciolava fluido fino a perdere totalmente di vista l’incipit.
    E torniamo a noi: il libro lo sto leggendo, con fatica dati io caratteri piccoli, ma è stata una scelta fatta per stare nei limiti economci, con fatica, quella di ricordare che dietro i partecipanti al dibattito ci sono miei amici, che anche se mi sembra che parlino dalla parte oscura della luna, almeno parlano dopo aver pensato tanto! Del resto quello in orbita a loro sembrerò io. Ma nella serata della presentazione è emerso altro: agli sprazzi di condivisione di pensiero seguiva un’immediata reazione di allontanamento: la sindrome della bandiera, della tifoseria intellettuale che ci vuole a tutti i costii antagonisti, altrimenti che gusto c’è?

    • Se ci sono gli interlocutori il “cazzeggio di qualità” è sempre possibile. I problemi della vita cittadina sono senz’altro importanti, ma sembra di capire che in questo preciso momento storico la gente abbia voglia di parlare soprattutto di altro. Tornano ad affacciarsi antiche domande, temi mai morti, questione irrisolte … il tutto, con mia somma soddisfazione. L’uomo vuole tornare uomo. Prova ne è stata, lunedì sera, la richiesta di molti presenti di continuare quella conversazione a più voci, magari dopo la lettura del libro. Al Caffè Filosofico la decisione. Per chi invece preferisce i derby, sono sempre disponibili “le vasche” in Crema per vedere chi c’è e chi non c’è. Offre la città.

      Oggi alle 17:30 altro appuntamento imperdibile in Sala Cremonesi con la presentazione del numero di Insula Fulcheria dedicato alla poesia del territorio. Il Circolo Poetico Correnti di cui sono cofondatrice sarà in prima linea. Non mancate.

  • Continuo a leggere alla ricerca di chi o di che cosa è… appestato.
    Dalle mie prime considerazioni risulta (almeno a me) che le leggi in questione sono esenti dalla peste.
    Ed è esente anche la 194 perché fa proprio l’assunto espresso chiaramente dai nostri autori secondo cui vale il no all’aborto. In effetti è proprio la legge 194 che in modo esplicito sostiene che l’obiettivo della legge stessa è quello di rimuovere le cause che conducono all’aborto, riconoscendo solo – in attesa che siano rimosse le cause – delle eccezioni riconosciute dagli stessi autori delle “Cronache della peste nera”. Ed è la legge 40 che riafferma in modo evidente il principio secondo cui vanno tutelati tutti i soggetti coinvolti, incluso il concepito.

    Che poi tale legge sia stata “interpretata” (con la complicità di tanti soggetti) in modo estensivo, in modo tale cioè da giustificare ogni aborto è un fatto.
    Un fatto denunciato da anni anche dal sottoscritto: sono da considerare quindi un “non appestato”?

  • Una puntualizzazione in tema di aborto.
    Non è scontata, a mio avviso, l’affermazione secondo cui la legge che ha previsto la possibilità di abortire abbia avuto come effetto l’uccisione di milioni di feti nel mondo: gli aborti, infatti, ci sono sempre stati (parlo di quelli procurati, non di quelli spontanei), anche se erano clandestini perché contro la legge. Non sappiamo, naturalmente, quanti fossero (per definizione, essendo clandestini, non erano quantificabili). La legge sull’aborto ne ha prodotto di più o di meno? Non abbiamo elementi di confronto.

    Altra cosa, invece, è affermare che la legge in questione, avendo… legalizzato l’aborto, abbia reso l’interruzione della gravidanza un atto “leggero”, riducendo il senso di colpa.

  • Leggo poi che c’è in corso un attacco su più fronti contro la famiglia.
    Sulla base di quanto ho fin qui analizzato, posso dire che non vi è alcuna legge italiana che riveli questo attacco. Se questo attacco c’è, c’è nella società, non nel parlamento.
    Il parlamento italiano, a prescindere dalle maggioranze, ha sempre varato leggi – mi riferisco alle leggi eticamente sensibili che hanno a che vedere col modello di famiglia – di grande equilibrio e rispettose della sensibilità etica dell’opinione pubblica italiana (altro che la globalizzazione ha spazzato via le radici etiche del popolo italiano!).
    Se – per stare nello spirito del pamphlet che sto esaminando con grande serietà (considerato che è stato scritto con grande serietà: gli autori l’hanno dimostrato con efficacia e con passione la serata della presentazione) – dobbiamo cercare un luogo dove stare lontani dalla peste, questo luogo è di sicuro il parlamento “italiano”.

    • Se il parlamento avesse sempre lavorato per bene, come dici tu Piero, non ci troveremmo nel caos in cui ci troviamo e non avremmo uno dei debiti pubblici più alti del mondo occidentale. E’ chiaro che sono state fatte castronerie a iosa. Lo spirito del panphlet, comunque, non è quello meramente campanilistico di scovare le malefatte della politica italiana (un libro non basta, ci vorrebbe un’enciclopedia) bensì di fare il punto sul degrado della cosiddetta civiltà occidentale, giunta ormai al suo stadio terminale. Non tanto per recitarle un requiem, pace all’anima sua, ma per evitare di commettere gli stessi sbagli una volta che l’epidemia avrà esaurito la sua carica distruttiva. Nessuna epidemia dura all’infinito, e chiaramente il luogo dove stare alla larga dal contagio è dentro di noi. Più ti esponi al pensiero unico globalizzato, maggiori diventano le possibilità d’infezione.

      Ricorderai sicuramente ciò che diceva Heidegger: non può esserci cultura là dove non c’è dimora. Nella prospettiva del Sacro lo sradicamento dalla propria terra, dalla propria cultura, dai propri riti e credi, equivale necessariamente a un’alienazione. La globalizzazione è stata la più grande minchiata partorita dall’umanità del Ciclo presente (non a caso nella sua fase ultima) e in molti hanno abboccato all’amo, si sono infettati senza saperlo, proprio come la massa allucinata da cui si allontanano i personaggi del libretto in questione, i quali, ricordo, non sono dei privilegiati ma dei fuggitivi.

  • Libera ermeneutica, trita e ritrita, in libero Stato.

    • E’ surreale questo fare i commenti non a un libro che non si conosce ma ai commenti di Piero. Il commento al commento. Anche questo è un segno.

  • Mi limito, Rita, ai primi temi che emergono nelle prime pagine (che sto rileggendo dopo averle lette mesi fa in formato digitale) e quindi a temi specifici (dall’aborto alla fecondazione artificiale, dalla stepchild adoption alla eterologa…). Ed è appunto su questi specifici temi che mi sento di affermare che il nostro parlamento italiano è esente (per fortuna di tutti noi, spiritualisti e no) dalla peste.

    Questo non significa che la peste non ci sia fuori dal parlamento italiano o dentro altri parlamenti di altri Paesi.
    Non ho competenze per addentrarmi nella legislazione di altri Paesi e quindi non mi addentro (ma bastano pochi Paesi a riconoscere la pratica dell’utero in affitto che tutto il quadro internazionale cambia considerato che oggi la gente viaggia molto più di anni fa).

    Guardiamo fuori dal parlamento italiano: esiste la peste?
    Esiste, in altre parole – stando ai temi circoscritti di cui prima – l’attacco alla famiglia tradizionale?
    Un quesito a cui non è agevole rispondere.

    Le convivenze sono un attacco alla famiglia tradizionale? Non lo so: dal mio punto di vista, le convivenze potrebbero rafforzare la solidità del rapporto affettivo tipico (?) della famiglia tradizionale in quanto fase “propedeutica”, “sperimentale” (come si fa un salto così alto – quello di una vita familiare – se non si esperimenta lo stare insieme?).
    E poi, a prescindere da ragioni morali (ma quali, oggi, in una fase in cui anche la Chiesa riconosce il ruolo prezioso dell’eros?) occorre individuare i fattori economico-sociologici che sono alla base di tali convivenze: il moralismo non serve (ma riconosco che anche tra gli autori non esiste alcuna traccia di moralismo).

    Si attacca il modello tradizionale di famiglia riconoscendo il diritto a convivere, tutelati dalla legge, due omosessuali con le cosiddette “unioni civili”?
    A me pare di no: quel comportamento che fino a non molto tempo fa (e ancora oggi in determinate culture o religioni) era oggetto di condanna (anche di condanna a morte), oggi è tutelato dalla legge.
    Sono le… quattro “unioni civili” che in Italia stanno scardinando la famiglia tradizionale?
    Naturalmente no e lo sanno di sicuro anche gli autori del nostro libro.

    E allora? Siamo di fronte a una scandalosa campagna pubblicitaria della lobby dei gay che dopo avere ottenuto il riconoscimento giuridico della unione civile punta a esaltare tale comportamento come un “modello” da seguire (vendendo come “in” tale modello)?
    Si tratta di una domanda impegnativa che richiede una risposta meditata.
    Proverò a rispondere: step by step.

    • E’ un’opinione naturalmente. Ho i miei dubbi che l’intento di chi ha scritto l’articolo fosse quello di affermare una cosa simile. Men che meno che la famiglia tradizionale costituisca una fase “propedeutica” e “sperimentale”. A cosa, esattamente? All’arrembaggio dell’uomo su Marte? Una volta lassù si potranno finalmente cambiare le regole del gioco? Ma chi siamo noi …. una specie animale come tutte le altre. Punto. Ci hanno messo in campo per giocare una partita che inizia e finisce in un tempo prestabilito, ma l’allenatore non è fra noi.

      Premesso che ognuno è libero di andare a vivere sotto lo stesso tetto di chi cavolo vuole e dormire accanto al suo gatto o al suo cavallo, resta il fatto che l’unione “naturale” sia prestabilita da qualche milione di anni. Non sta certamente a noi prescindere dai vincoli biologici che, per l’appunto, si chiamano vincoli. La ragione conta un fico secco nel manifestarsi della sostanza, che può essere modificata solo superficialmente e temporaneamente, per poi pagarne le debite conseguenze. Lo stiamo vedendo proprio adesso che la Terra ci sta presentando un conto da pagare lungo un chilometro. Un capitolo a parte, in quanto politico e per niente filosofico, è la lobby LGBT, sponsorizzata da innocenti personaggi come i Soros e portatrice di “stereotipi di genere” a scopo economico/sociale. Niente a che vedere con l’omosessualità che, non mi stancherò mai di dirlo, sempre c’è stata e sempre ci sarà.

  • Sto esaminando con attenzione, Rita, se corrisponde al vero l’affermazione secondo cui vi è in atto un attacco alla famiglia tradizionale.
    Ho escluso che questo attacco provenga dal nostro parlamento (almeno per ora) e vorrei sapere se esista nella società civile. E’ in questa ottica che ho parlato di convivenze e ho escluso che dette convivenze minino la famiglia perché, anzi, potrebbero essere una sana ed efficace occasione per prepararsi a fare il salto del matrimonio.

    Ed ora, riprendo la mia analisi: siamo di fronte a un complotto per imporre nell’opinione pubblica il “modello gay”?
    La teoria del complotto è storicamente la risposta più semplice ai problemi (a cui hanno fatto ricorso, tra gli altri, dittatori come Hitler).
    E’ un dato di fatto che il cinema sta sfruttando molto il tema dei gay, un fatto che io attribuirei (posso sbagliarmi) allo scopo di far cassetta: come in un certo periodo storico si faceva cassetta sfruttando il sesso (anche in film di qualità come L’ultimo tango a Parigi), il nudo prima femminile poi maschile. O anche solo un modo per “provocare”, per ritagliarsi uno spazio nel panorama cinematografico…
    E’ in questa logica che vedo anche il recente film di Guadagnino (Call me by your name) in cui presenta l’omosessualità come una tendenza nascosta presente in tutti gli uomini e che può emergere se si verificano certe occasioni (ricordiamo il discorso finale del padre di uno dei due protagonisti), in qualche misura una rilettura in chiave attuale di una teoria freudiana.
    Tutto qui.
    Così, almeno a me, pare.

    • Piero, l’attacco alla famiglia tradizionale non è “italiano” e se qualcuno ha fatto dei piani per resettare la società occidentale (Open Society) non è che dobbiamo respingere la constatazione solo perché la risposta è troppo semplice o il secolo scorso vi ha ricorso Hitler. Ricordati il rasoio di Occam.

  • Vado sempre avanti, Rita, con tanta cautela e sempre col… rasoio di Occam in mano.
    Mi sento più a mio agio a parlare di tematiche nazionali, anche se so benissimo che siamo di fronte a temi che hanno una natura globale.

    Ripeto: mi sento lontano dalle teorie complottiste (o complottarde): mi paiono una risposta che chiude tutto, quando invece la realtà è molto più complessa delle nostre etichettature o classificazioni.

    Un cenno solo al tema della teoria del gender più volte evocata dai nostri autori.
    Confesso di essere stato del tutto indifferente a tale tema perché mi sembrava talmente assurdo da non essere degno di essere preso in considerazione. Poi ho avvertito il dovere (uno che di… professione fa ricerca, non può rimanere legato ai suoi pre-giudizi) di capire qualcosa e ho letto un libro ad hoc di Michela Marzano, nota femminista nonché docente universitaria a Parigi e ho letto che si tratta di una teoria “costruita” in ambienti cattolici stralciando qua e là frasi dal “contesto” mai citato. Siamo in presenza, in altre parole, ancora a una teoria del complotto: c’è un “nemico” che sta sta tramando contro la famiglia.
    Mi sono fermato lì e non ho più indagato oltre perché la teoria in questione mi pare priva di una qualche credibilità tanto è… fuori dal mondo.

    Come vedete, amici autori, sto prendendo molto sul serio, la vostra sana provocazione (ce ne vorrebbero di queste provocazioni!) e siamo solo alle prime pagine.
    Certo, sarebbe utile un “dialogo” con voi stessi: sono convinto che dal dialogo possa emergere un quadro più realistico: tutti noi, infatti, sono portati a vedere più il negativo o più il positivo dei fenomeni che abbiamo di fronte.
    Ma… non voglio fare forzature.

    • Piero, ma la politica in senso stretto è tutta una “teoria complottista”, nel senso che i giochi non sono mai scoperti ma si svolgono immancabilmente dietro le quinte. E’ così dall’alba dell’uomo. E se la teoria del gender non esistesse, perché credi che tanti diligenti professori e tecnici a vario titolo le avrebbero dedicato decine e decine di saggi? Non sapevano cosa fare e perciò hanno impiegato tempo e danaro, istituti di ricerca e di statistica, per una cosa che non c’é? L’idea che a scuola si insegni ai bambini che non il sesso è un optional sarebbe un’allucinazione nata dalle menti malate di genitori “omofobi”, o ancor peggio, tradizionalisti? Allora gli scemi sono in buona compagnia se in Europa (su iniziativa di Ludovine de la Rochère) hanno raccolto quasi un milione di firme per strappare alla UE una definizione legale di “matrimonio” come unione fra uomo e donna, e “famiglia” come fondata sul matrimonio e la discendenza. Idiota anche il “National Geographic” che ha dedicato negli ultimi anni al gender numerose copertine con relativi reportage. Ma si potrebbero citare altre importanti testate. Caso mai, a mio modesto parere, bisognerebbe interrogarsi “filosoficamente” sul tema, andando dritto alle funzioni della propaganda gender all’interno di un più generale sistema di propaganda a sostegno del progetto di ingegneria sociale mondialista e transumano. Il punto non è scoprire se il progetto-gender esista o non esista, sappiamo che c’é, è un fatto, ma perché esiste.

  • Michela Marzano? Certo, Piero, che i tuoi consulenti te li sai scegliere molto oculatamente. Peccato (si fa per dire) che Totò Reina sia morto, altrimenti avresti già il tuo referente ideale sulla mafia (che ovviamente non esiste).

  • Amici Rita e Bruno: non mi sono mai interessato a tale teoria perché mi sembra tanto assurda.
    Michela Marzano non è attendibile? Ho solo riferito di avere letto un suo libro incuriosito dal titolo. Non ho, Bruno, elementi per esprimere giudizi sui suoi lavori: ho solo detto di avere letto un suo libro. So bene che si è dimessa dal parlamento italiano perché è stata stralciata la stepchild adoption (uno stralcio che io ho ritenuto più che opportuno), ma questo non dice nulla sulla serietà dei suoi lavori. Nel suo libro ho letto i testi integrali da cui sono stati stralciati i passi che sono alla base della teoria del gender, testi che hanno assunto un significato che non avevano.
    Tu, Bruno, hai sotto mano dei testi integrali di qualcuno che enuncia tale teoria?
    Li leggerò volentieri: io voglio capire, Bruno, non giudicare senza capire.
    Per ora non ho mai letto nulla di simile nei miei tanti libri che leggo, di ogni area (ne leggo di ogni area culturale: negli ultimi tempi, ad esempio, ho letto due libri dell’economista/ministro Paolo Savona e un altro di Alberto Bagnai che tu hai citato una volta): non ho alcun pre-giudizio.

    • La Marzano non è propriamente un a fonte “indipendente”. Era la portavoce ufficiale, opportunamente spalleggiata dal “FuffingtonPost” e dal “Fatto Quotidiano”, non so da chi altri, del motto “la teoria gender non esiste, è solo uno spauracchio per frenare la legge sulle unioni civili”. Affermazione puntualmente smentita dai fatti: la legge è … legge, mentre la teoria è ancora lì.

      Vai su Amazon e clicca “gender” e di libri ne escono finché si vuole, pro e contro, di dritto e di rovescio, bianchi e neri. Ce n’è per tutti i gusti. Di solito quando ci vuole informare si fa così, si leggono fonti differenti e poi si elaborano i dati.

  • In attesa di leggere testi integrali che teorizzano la… teoria del gender, passo al secondo dialogo.

    Da anni studio (con i miei poveri mezzi, Bruno) il mondo islamico, ma non vedo quanto leggo.
    Vedo, ad esempio, che siamo di fronte a un mondo che potrebbe insegnarci non poco: pensiamo in particolare all’attenzione ai “diritti sociali” – oggi scoperti dai cosiddetti “populisti” occidentali – e la coniugazione di economia ed etica (quanto ci sarebbe utili tali “valori!).
    Ma vedo pure che il mondo islamico avrebbe tutto da guadagnare dalla nostra civiltà occidentale che ha radici cristiane: pensiamo ai diritti individuali come la libertà di pensiero, di religione (principi che sono presenti in alcune costituzioni – vedi ad esempio il Marocco -) che sono per lo più non riconosciuti; pensiamo che in alcuni Stati di stampo fondamentalista gli omosessuali sono ancora condannati a morte.

    Non possiamo dimenticare poi che non esiste, se vogliamo essere precisi, “un Islam”, ma “più Islam”: una miriade di scuole giuridiche, una miriade di tradizioni, una miriade di popoli che “interpretano” l’islam secondo le proprie categorie culturali.
    Siamo di fronte a tanti e diversi “islam” che ciò che li accomuna si riduce sostanzialmente ai cosiddetti “pilastri” (che hanno molta sintonia con i pilastri della fede ebraico-cristiana).

    • Ma è così difficile capire che il mondo islamico sta benissimo come sta? L’ultimo dei suoi pensieri è “diventare occidentale”, come dimostrano chiaramente gli islamici di seconda e di terza generazione, nati e cresciuti in Europa, che si tengono ben stretto il velo in testa e invocano “Allah akbar”. Cerchiamo di non essere presuntuosi.

  • Per principio tendo a non generalizzare in nessun caso, tanto più in presenza di un fenomeno come l’islam che coinvolge oltre un miliardo di persone di cui gli arabi sono soltanto il 19%.
    Generalizzare è il modo peggiore per comprenderlo. Pensiamo ad esempio all’infibulazione che spesso viene attribuita all’islam: non solo è una pratica preesistente all’islam, ma è pure una pratica presente in comunità cristiane in Africa.

    • Appunto, non generalizziamo. L’infibulazione non è l’Islam ma riguarda, per fortuna, una cerchia ristretta di etnie. Né si hanno notizie di omosessuali “giustiziati” nei Paesi mussulmani del Maghreb dove da decenni, notoriamente, moltissimi europei vanno “a cercare compagnia” durante le vacanze. Cerchiamo di non fare del terrorismo ideologico di bassa lega.

      Personalmente al termine “buonismo” (che non vuol dire niente) preferisco “bergoglismo”, rende meglio l’idea della fase sudamericana che sta attualmente attraversando la Chiesa Cattolica, che, lo dico da non-cattolica, si spera passi in fretta.

  • Così, rimanendo sempre all’interno del secondo dialogo, eviterei di dare giudizi così ingenerosi nei confronti della Chiesa cattolica. Leggo che tutti i tre protagonisti del dialogo ricorrono spesso e volentieri e con un tono accusatorio il termine “buonismo”.
    Io mi permetto di porre due domande:
    – è buonista un papa che sostiene che dobbiamo accogliere solo quanti siamo in grado di “integrare” (cioè offrendo, in primis, lavoro)?
    – è buonista un papa che sostiene con forza il “diritto di rimanere” (riferendosi ai migranti) nelle terre di origine e che invita ad operare perché tale diritto sia garantito?

    Nel variegato mondo cattolico troviamo le sensibilità più diverse: coglierle è utile per chi vuole comprendere.

    • Piero, anche secondo me la Chiesa non è buonista. Nel corso della sua lunga Storia io direi che è stata a volte buona, a volte cattivissima. Nel contemporaneo invece, ritengo che, non essendo un’entità astratta, stia facendo i conti con la complessità sulla quale concordiamo in tanti, contro i faciloni dell’azzeramento di qualsiasi riflessione, che riducono la vita esistenziale di ciascuno di noi a mera campagna elettorale camuffata da quelle sciocchezze dell’uomo nuovo e voglia di rinnovamento che tanto fa breccia tra i creduloni della soluzione facile. E questo farci i conti la espone alle critiche di coloro che lo spirito, lo sostituiscono con Vangelo e rosari tra le capre della Valcamonica. Pietro, e non sto sbagliando nome, anche se meriteresti risposta ad altra quota, queste sono le narrazioni che lo spirito dei tempi, non dell’uomo, è in grado di elaborare. Solo contrapposizioni feroci tra chi per cui il Natale è lo sfavillio di luci delle vie delle griffe contrapposto agli esclusi da via Corelli destinati ai ponti e alla criminalità da un decreto che non farà che alimentare l’insicurezza che si vorrebbe combattere. In un dialogo giunto al fanalino di coda. Ecco come si esprime lo Spirito. Mai come di questi tempi è di questa Terra. Ed è giusto così. Bandito dal cielo è piombato sulla Terra ad appannaggio di pochissimi che lo sanno tradurre, in narrazioni troppo difficili da ascoltare e praticare, se non sentendosi accusare di buonismo. Insomma, nonostante la sintesi passata, presente e futura di Rita, io di trascendenza ne vedo un gran poca. Anzi, ripeto, non ho idea di cosa sia.

    • Sfondi una porta aperta, Ivano, almeno con me, sulle tartufesche applicazioni degli afflati spirituali all’economia politica e a una certa distribuzione di comodo delle risorse. Sul fatto che il mondo sia pieno di farisei della religione e di sepolcri imbiancati dell’etica, si sprecano intere biblioteche e, per usare un termine non proprio da gentiluomini, lo sputtanamento è ormai, da almeno un par di secoli, conclamato.
      Anche per questo, per noi comuni mortali, sarebbe preferibile guardare un po’ di meno le nuvole e un po’ di più il mondo che abbiamo intorno, magari con gli occhi del bravo contadino e del bravo artigiano, che misurano la realtà delle cose e dei fatti, dei giorni e delle stagioni, in base al senso della terra e al risultato concreto del proprio lavoro quotidiano, compiuto tra una cucchiaiata e l’altra di minestra. E non con gli occhi delle piccole Dorothy in cerca del proprio mago di Oz.
      Le bellissime storie da raccontare, i simboli e il senso del sacro a cui facevo cenno ieri sono scevri e mondi dall’ingiustizia sociale e dalle psico-rassicurazioni oniriche.

  • Brava, Rita: mi fa piacere che anche tu “vedi” le differenze (io dico anche abissali) interne al mondo musulmano.

    Non intendo addentrarmi nel “bergoglismo” perché i tre protagonisti del secondo dialogo parlano a più riprese di “buonismo”: un termine che, stando almeno a quanto ho scritto, non può essere attribuito tout court a papa Bergoglio.

    • Personalmente, infatti, non avrei mai tirato fuori una questione marginale, l’infibulazione, che riguarda il 2% dei mussulmani. Quando si parla di mussulmani, di norma, tutti noi ci riferiamo al 98% che invece è un corpo omogeneo e resistente, per nulla affascinato dal magico decadentismo dell’Occidente.

  • In attesa di rileggere con piacere il terzo dialogo relativo a un mondo (quello della scuola) che accomuna quasi tutti gli autori, ritorno un attimo sulla teoria del gender.
    Leggo su Wikipedia, tra l’altro, le frasi seguenti:
    “Negli ambienti accademici, il riferimento ad una “teoria” strutturata in questo modo, quando non addirittura ad una “ideologia gender”, è generalmente considerato un tipico argomento fantoccio, da leggere nel contesto di una teoria del complotto”.

    “Diverse associazioni accademiche e ordini professionali si sono espressi soprattutto negli anni 2014-2015, ribadendo che una “ideologia” del gender semplicemente non esiste: le intense campagne mediatiche sarebbero piuttosto da ricondurre a dinamiche tipiche delle teorie del complotto”.

    “Dopo i vari pronunciamenti degli ordini regionali a settembre 2015 anche il Consiglio nazionale dell’Ordine nazionale degli psicologi ha preso ufficialmente posizione, appoggiando pienamente la posizione dell’Associazione Italiana di Psicologia, ribadendo «l’inconsistenza scientifica del concetto di “ideologia del gender””.

    Una voce di Wikipedia scritta da… Michela Marzano o da chi complotta contro l’ordine naturale della famiglia?

    Leggo nella bibliografia anche il libro della Marzano che ho letto, ma si tratta di un libro in cui lei nega tale teoria: magari alla Sorbona fa circolare dei testi clandestini che smentiscono quello che scrive sui libri stampati?

    Io chiedo ai tre amici protagonisti del secondo dialogo (amici che conosco da tempo e di cui stimo l’onestà intellettuale): quale manifesto di tale teoria, a supporto della vostra convinzione, avete letto?
    Sono curioso perché anch’io – che non mi pare di avere dei pre-giudizi – vorrei leggerlo.
    Sia chiaro: non voglio leggere citazioni estrapolate dal contesto di un libro, ma il libro intero.

    Una domanda a tutti i cinque autori: se ritenete che la voce di Wikipedia sia il frutto di un complotto, perché non la riscrivete?
    Che mi risulta si tratta di una enciclopedia che vive del contributo dei lettori.

  • Piero, tu scrivi: “Leggo che tutti i tre protagonisti del dialogo ricorrono spesso e volentieri e con un tono accusatorio il termine “buonismo””. Poi ribadisci che “i tre protagonisti del secondo dialogo parlano a più riprese di “buonismo”. Scusami se non ho nessuna voglia di discutere i contenuti del libro in questa sede. Ti prego solo di leggere con più attenzione. Io non ho mai usato il termine ‘buonismo’ o ‘buonista’.

    • Escluderei dalle “fonti” anche Wikipedia, a maggior ragione dopo aver sparato a zero per anni sulle fake-news del web. Quando porta acqua al nostro mulino, va bene anche la Rete? Wikipedia è un sito aperto: se si vuole scrivere qualcosa non è nemmeno necessario registrarsi, semplicemente si va alla voce che interessa, si clicca in alto sulla pagina, dove sta scritto “modifica”, e digitando a piacere sulla tastiera, così, dal nulla, si può partecipare all’”aggiornamento” e al “miglioramento” della voce in questione. Meglio un buon saggio.

  • Ti chiedo perdono, Livio: ne ho contati 4 tra buonista e buonismo e non ho associato alle iniziali dei vostri personaggi.
    Nella sostanza, tuttavia, ho avuto la sensazione che anche tu sia sulla stessa lunghezza d’onda parlando di “anime pie” e di “goffe parodie dell’amore del prossimo” (proprio parlando di migranti.

    Al di là di questo particolare, Livio, a me farebbe piacere “dialogare” con gli autori perché, come vedi, sto leggendo (rileggendo) con molto interesse il vostro pamphlet con l’unico scopo di dire “ciò che io vedo”.
    Non ho dubbi che tutti siamo dentro la… caverna platonica e tutti abbiamo a che fare con delle “ombre” e ognuno le vede dalla sua prospettiva.
    Sarebbe bello se qualcuno di noi riuscisse a uscire dalla caverna stessa e “vedere” in faccia il sole (la Verità), ma tempo che il nostro destino di umani non ce lo consente.

    Grazie, Livio (così pure Secondo, Guido, Bruno, Rita), per gli stimoli intellettuali che mi offrite: per me – che sono sempre alla ricerca di una qualche “verità” (con l’iniziale minuscola) è tutta manna.

  • Non ho molto da dire sul terzo dialogo.
    Solo che, nella mia lunga vita professionale a scuola (pressoché a “tempo pieno” per me), ho visto i pericoli che denunciate ma anche altro.

    Il team di maestre alle elementari? Mi pare quanto meno ingeneroso chiamarle “pseudo specialiste” (ma non è un settore che io ho conosciuto direttamente).

    Personalmente ho conosciuto preside che avevano fatto il Sessantotto che erano più… autoritari di altri (alcuni addirittura taccati da gruppi di studenti come “fascisti”).

    L’ideologia pseudo-rivoluzionaria del Sessantotto ha livellato gli studenti e ha ucciso la meritocrazia? Non ho visto questo degrado, ma solo una maggiore “comprensione” delle problematiche individuali degli studenti. I professori di sinistra, poi, li ho visti particolarmente “esigenti”.
    Personalmente (non ho una collocazione politica, ma ho vissuto – come diversi di voi – a fianco degli studenti che contestavano in quegli anni) sono arrivato perfino a dare un 3 in filosofia (credo l’unico nella storia del liceo scientifico).

    Non so se sia davvero una buona cosa che i ministri tornino a… non fare nulla: la scuola è il futuro di una comunità e merita l’investimento più ingente al fine di formare “criticamente” e “professionalmente” le nuove generazioni.

  • Non ho ancora aperto il libro, credo non sia necessario data la conoscenza degli autori e ricordando vecchie discussioni, basta una ricerca in archivio, ma confidando nell’onestà intellettuale credo di potermi fidare. Rispetto a Guido, se non già scritto anni fa, riconosco che il team di maestri, ci sono anche maschi, non sia una squadra di specialisti, almeno di formazione, ma la mia esperienza, quasi conclusa, mi insegna che nelle continuità, specialisti lo si possa diventare. Del resto, in un qualsiasi grado di scuola credo che nessun insegnante possa negare che la stessa lezione ripetuta due volte in classi diverse riesca meglio in seconda somministrazione. La tesi della specializzazione non serve a nulla se non supportata dall’esperienza. La trasmissione del sapere è molto più complessa di una semplice laurea. Per quanto riguarda Livio, o sig, Cade’, credo abbia ragione Piero: “anime pie” e di “goffe parodie dell’amore del prossimo” sono sinonimi di buonismo.

    • Onestà intellettuale di Piero, intendo.

  • Altra perla di Guido: non so se lo ribadisce nel libro: tutti gli insegnanti sono di sinistra. Almeno questo ho trovato in archivio, e nella mia memoria. Niente di più falso. Rispetto alla teoria gender, immagino condivisa dagli autori, ribadisco il mio sconcerto.

    • Tutti i “vecchi” insegnanti in procinto di andare in pensione sono pidini/leuchini (“di sinistra”, non vuol dire niente, quale sinistra?) mentre tra i giovani se ne contano pochissimi, sono quasi mosche bianche. Se conosci dei giovani insegnanti, chiedi pure a loro, te lo confermeranno. La ruota gira, per fortuna.

      Sull’inesistenza della teoria gender (troppo bella la battuta di Bruno su Totò Riina), mi permetto di consigliare a Piero e te il film documentario di Erik Gandini “La teoria svedese dell’amore”. Da sempre all’avanguardia in Occidente per quanto riguarda l’ingegneria sociale (sic! poveracci) e dunque sensibilissimi alle tematiche di genere, i governi socialdemocratici del Regno Svedese, che “regnano” ormai da un secolo, consigliano ai genitori di non imporre ai neonati nomi maschili o femminili, ma neutri, affinché i piccoli svedesi possano scegliere il loro genere (sesso è parola sospetta, e non per moralismo bacchettone) in piena libertà. La Reale Accademia della Lingua ha introdotto il pronome neutro “hen”, per riferirsi a tutti i bambini senza discriminazioni. Nella vicina Norvegia analoghe pazzie pedagogiche sono state abbandonate velocemente in quanto non hanno funzionato sui fanciulli ai quali era stato imposto un mese di educazione al maschile ed uno al femminile. Si sono ribellati!
      Non solo gender, comunque, nella “modernissima” Svezia è andato a farsi friggere anche il decantato “modello multiculturale” da quando il Paese si è aggiudicato il secondo posto (dopo il Sudafrica) per il numero quotidiano di stupri e aggressioni alle donne. Per evitare che si metta nero su bianco che gli autori delle aggressioni sono gli immigrati arrivati negli ultimi 10/15 anni principalmente da paesi mussulmani come l’Iraq, la Siria e la Somalia (il maschio svedese medio, com’è noto, preferisce la compagnia della bottiglia) il governo ha proibito di fare registrazioni basate sulla razza o sulla religione delle persone. Quando penso che questi qua sono anche quelli che ogni anno distribuiscono i Nobel ….. mi tornano i conti su tante cose, e ringrazio la cicogna che mi ha depositata in Italia.

  • E tutto questo dimostrerebbe una teoria gender? Ma per favore. Quanto ai giovani insegnanti ho anch’io il sospetto che abbiano votato in tanti per questo Parlamento. E i pochi sopravvissuti di “sinistra” ormai non fanno testo. Quindi…vedremo la scuola che verrà, ma soprattutto il mondo che verrà.

    • Era un esempio, ovviamente. Mica pretenderai che mi metta a scrivere un saggio sull’argomento allo scopo di convincere te che una cosa che esiste, esiste. Non sono certo qui a fare proseliti, né voglio catechizzare nessuno. Sull’argomento c’è una bibliografia ricchissima, pro e contro, chi si vuole informare (non attraverso wikipedia, possibilmente), s’informi, altrimenti vada a farsi quattro passi in campagna. Oggi, poi, dovrebbe nevicare.

  • Grazie, Rita: mi documenterò sulla Svezia (la prova che il confronto, se in atteggiamento di ascolto delle ragioni degli altri, arricchisce tutti).

    A proposito del linguaggio mi viene spontaneo ricordare che in tedesco (e non solo) bambino (das Kind) è neutro, ma questo non ha nulla a che vedere con la teoria del gender.

  • Se avessi fatto una recensione del pamphlet dei nostri autori, ne avrei fatta, di sicuro, una decisamente lusinghiera: fino al quarto dialogo, infatti, si tratta di un grido di allarme, di una denuncia della deriva in corso della modernità di alto livello, di intellettuali di vasta cultura, di acuta intelligenza e capaci di articolare argomentazioni che sono lontani anni luce da quelle che… passa il convento dei social.
    E non solo: si tratta di un teso che rivela tanta “passione civile” dei nostri autori e tanto “coraggio” intellettuale.

    Dal quinto dialogo in avanti, poi, il tono si eleva perché i nostri autori affrontano con cognizione di causa tanti problemi di metafisica: dai discorsi impegnativi di teodicea sul tema del bene e del male alla teologia animale, dall’ottica immanentistica di Spinoza al dogma della Trinità, dalla funzione positiva delle religioni alla responsabilità morale non solo dei criminali che hanno sganciato la bomba atomica su Hiroshima, ma anche di quelli che hanno bombardato Dresda.

    Un libro di ottima levatura.
    Un pamphlet che non può non provocare.
    Le mie considerazioni – su ciò che io, dal mio piccolo osservatorio, “vedo” – altro non sono che un “frutto” della loro “provocazione”: non era proprio l’obiettivo degli autori “far discutere”, stimolare “riflessioni”?

    Un grazie sincero, Secondo, Livio, Guido, Bruno e Rita!

  • Se nella denuncia della deriva in atto della modernità, prevale la convergenza, negli ultimi dialoghi, di carattere più squisitamente “filosofici”, sono più marcate le divergenze tra gli autori.
    Non solo: mentre nella pars destruens i giudizi sono più tranchant, nella pars construens troviamo la fatica/tormento della ricerca (l’unica eccezione è rappresentata da Keppler che, tuttavia, non partecipa ai vari dialoghi).

    E’ vero che tutti si presentano come spiritualisti, ma le declinazioni di tale spiritualismo sono diverse: chi ha una visione immanentistica del divino, chi una di tipo trascendente, chi addirittura si dichiara agnostico.

    Le divergenze sono presenti anche sulla ricerca del Principio originario, sul fondamento “divino” dell’etica.

    Sullo sfondo, in modo esplicito o implicito, si vedono suggestioni che si ispirano ad Heidegger e a Schelling (lo spirito altro non è che il dispiegarsi delle potenzialità presenti nella materia).

    Numerose le considerazioni largamente condivisibili: la natura metafisica, anzi religiosa, del denaro; un tempo il nostro in cui predomina un presente irriflessivo, privo di memoria e di radici; la morte evacuata dal linguaggio; i ricoveri come una sorta di riserve indiane; la morte nera quale figlia della degenerazione/inquinamento del pianeta; la vita è un dono e il risvegliarsi la mattina è una grazia indicibile.

    Gli autori si confrontano senza salire in cattedra: vi è chi parla di ipotesi e di fantasie, chi di solitari don Chisciotte, di idee che sono delle creature vive e non statue immobili (per cui non è escluso che un domani si troverà del buono anche nella peste).

    Il testo, infine, così si conclude:
    “Cari amici, che faremo di questo libro?”
    “Bruciarlo è il meglio. Non lo volendo bruciare, serbarlo come un libro di sogni poetici, d’invenzioni e di capricci melanconici, ovvero come un’espressione dell’infelicità degli autori”.

    Io, personalmente, non lo brucerò, ma anzi lo conserverò come un dono prezioso.

    Grazie ancora, amici, per l’insolito dono!

    • Grazie Piero per le tue parole. E per le tue domande, che alimentano in me la voglia di capire meglio e di conoscere.

  • Invio anche qui, sito che mi è più congeniale, dopo aver incollato su Cafè filosofico:
    “ Dibattito interessante quello tra Luca, Guido, e Livio, e Piero, che prima denuncia una recensione feroce del libro, poi ne tesse le lodi dichiarando che mai lo destinerebbe al rogo, considerandolo un dono prezioso, pur concordando con le tesi di Lunardi, secondo Cadè non sufficientemente argomentate. In effetti rileggendo con più attenzione il dizionario di Lunardi credo che il commento di Piero sia pertinente. Come ho trovata perfetta, o quasi, la sintesi di Guido al commento a riguardo. Quindi nessuna banalizzazione per me, se non, come dice Cadè, una sottrazione di parole utile al veloce confronto, ma dopo aver letto attentamente il libro. Che ripeto, non dice niente di nuovo conoscendo gli autori. Come invece mi stupisco di Lunardi, un tempo, mi pare, non così strenuo difensore della modernità. Magari non ricordo bene, ma alcuni dogmatismi mi sembrava che si potessero estrapolare dai suoi vecchi interventi su Cremascolta, fosse la sua ottica di fede sia la difesa di alcune tradizioni, o lo stupore di fronte ad un mondo in fisiologica trasformazione, non quindi come dice ora, risultato quindi di disegni strategici di un deus ex machina difficilmente identificabile se non in un’ottica di complotti planetari. Inutile che dica, anche se potrebbe non interessare a nessuno, che sgombrato il campo da pregiudizi anche nei confronti di Luca, sono dalla sua parte, pur ammirando la coerenza degli autori. Coerenza fortunatamente innocua, non socialmente pericolosa, assolutamente non in grado di sovvertire questa “modernità” che a dir loro, sarebbe in toto o quasi da bandire da quest’epoca di conseguenti abortisti, insegnanti tutti di sinistra, teorie gender, consumatori forsennati e condizionati da chissà quali meccanismi costruiti a tavolino, quindi ingannati dal proliferare continuo di social inoculatori di chissà quali falsità. Tutto questo per dire cosa ai nostri autori? Per dire che, non essendoci mai stata un’età dell’oro (anche Lunardi), io son ben contento di vivere in quest’epoca, con tutte le interruzioni o compromessi tipici della parola a tutti, della democrazia come l’abbiamo costruita, quindi ben consapevole che vicini al baratro della contemporaneità ancora non abbiamo toccato il fondo, come è successo in epoche precedenti. E contestare a Lunardi che non argomenti, preferendo semplicemente affidare le sue parole alla negazione tout court del pensiero degli autori, mi sembra più stizzoso che altro. Spesso dire “non sono d’accordo” è sufficientemente argomentativo, anche per non annoiare chi legge.

  • Poi, che mi stupisce sempre, e non ci credo, è leggere: “io non ho paura della morte”. Perchè quasi sempre la morte si accompagna, o è preceduta o è seguita da altro, che è imprescindibile. Perchè la morte non è un concetto astratto, metafisico. E’ l’unica dimensione di cui dovremmo preoccuparci. Come dicono i banalissimi saggi, e anche il banalissimo sottoscritto, al resto forse c’è rimedio, a quella no.

  • Grazie, Ivano, per questa segnalazione degli interventi che nel frattempo si sono succeduti sul sito del Caffè Filosofico. E grazie per aver riportato su CremAscolta anche il tuo commento in proposito.
    Ho un ricordo alquanto dissimile dal tuo riguardo a quanto scriveva Luca Lunardi su questo blog tempo addietro. Probabilmente sbaglio io ma i suoi interventi mi erano parsi tutt’altro che dogmatici. Anzi, ne apprezzavo, tra le altre cose, l’equilibrio e la capacità argomentativa. Doti che ritrovo nei suoi recenti commenti sul sito del Caffè Filosofico.
    Nel frattempo, nel corso di queste giornate a cavallo di capodanno, essendo rimasto quasi sempre in zona, ho sentito anche altre voci sul Quaderno, di vario orientamento.
    Senza entrare nel merito, pur diffidando personalmente del “mito della discussione” in quanto tale, che mi ricorda il “mito del dibbbattito” fine a se stesso di risalente memoria, mi sembra che la pubblicazione del Caffè Filosofico abbia mosso abbastanza le nostre acque, di solito nobilmente neghittose, in più di un ambiente culturale locale.
    Forse sbaglio ma mi pare che altre recenti pubblicazioni locali importanti non abbiano mosso altrettanto interesse, per lo meno in modo apparente, quanto meno nei consueti ambiti di condivisione culturale cittadina. Ma forse si tratta di torpidità dovute a realtà, dinamiche e contesti diversi, magari non confrontabili.
    Certa editoria culturale costituisce probabilmente un datum geodetico in cui le incognite di percorso e gli enigmi situazionali rendono difficile una effettiva referenziazione di oggetti, concetti e soggetti. E le entità espresse, gli elementi proposti si fan subito simbolo, rito, segno non comparabile, non interpretabile, non discutibile. Ecco, forse in questo caso un tentativo di confronto, un morso di dialettica, una piccola botta fuori tracciato è stata data.
    Lo dico prima di aver letto il libro, non sapendo la composizione del sasso ma osservando i cerchi sull’acqua.

    • Ecco, appunro, “muovere le acque”, affinche’ l’uomo-massa non prenda lucciiole per lanterne, magari scambiando il vecchiume ideologico per “modernita’”. Dopo di che, ognuno e’ libero di inserire la propria esistenza nella dimensione che sente piu’ congeniale. Fermo restando che se vive nella paura, della vita come della morte, la dimensione prescelta potrebbe essere quella sbagliata.

  • Pietro, e Cade’ non me ne voglia, incollo dal Caffe’ filosofico, perché pubblico, la sua risposta, anche se a questo punto l’attenzione si sposterebbe sui dogmatismi di Lunardi, ma tant’è : “È vero. In effetti, Luca avrebbe potuto semplicemente dire “non sono d’accordo” o “non mi piace”. Gli uomini sentono, pensano e credono cose diverse e questo di solito non ha una causa razionale. Luca ha invece voluto razionalizzare il suo dissenso, come a fornirgli una base solida e dimostrata. Ma gli argomenti usati mi ricordano il barone di Münchhausen che si solleva tirandosi per il codino.”

  • In verità, riandando con la memoria, di Luca ricordo la questione “vaccini”, ma ricordo anche la “religione”. E forse altri argomenti di carattere morale. È per questo che parlo di dogmatismi, da qualsiasi parte si collochino. insomma, non mi è mai sembrato molto relativo. Anche argomentando bene, come dice Pietro, ma con la testardaggine del giudizio e della verità in tasca. Ma forse mi sbaglio e in tutti i casi sono fuori tema.

Scrivi qui la risposta a Piero Carelli

Annulla risposta

Iscriviti alla newsletter e rimani aggiornato sui nostri contenuti