menu

CREMASCOLTA

Lezione 1 – Carlo Cottarelli (Corso Economia III)

 

Seratona al “da Cemmo”

Ieri sera era di scena il prof. Carlo Cottarelli, al Museo, Sala Pietro da Cemmo, per la prima delle quattro lezioni in programma per il “Corso di Economia” Scuola di educazione all’economia – Anno III.

Il tema assegnato al professore era Governare la globalizzazione: con quali organismi globali?

E il professore l’ha trattato da par suo, con il suo usuale sorriso, savoir faire, linguaggio accessibile a tutti, e soprattutto con grande, grande competenza e professionalità!

E l’esempio si è dimostrato potentemente efficace, rispetto ai comportamenti di un pubblico che gremiva la sala (i posti a sedere erano più di duecento, ma ogni centimetro quadrato era occupato da persone in piedi) al di la dell’immaginabile, e nel contempo seguiva con rapita attenzione, senza il minimo cenno di insofferenza o disturbo, per tutta l’ora  di lezione e per il tempo in cui gli sono state presentate domande e osservazioni.

E’ stato davvero un piacere toccare con mano quanto ci sia disponibilità e partecipazione, anche su temi ritenuti difficili quali quelli dell’Economia, allorché chi li tratta è esemplarmente autorevole e  capace di comunicare.

Il Corso, abbiamo voluto chiamarlo Scuola di educazione… non per caso!

E alla fine io che gestivo la serata, nei doverosi ringraziamenti, ho concluso con la richiesta di un applauso (scrosciante!) al pubblico presente.

 

il video integrale per chi si fosse perso la serata:

 

l’intervista: “Tre domande a” Carlo Cottarelli

 

Proseguiremo Lunedì venturo 28/1 sempre al Museo Sala  “Pietro da Cemmo”, con la lezione del prof. Pietro Ichino su un altro tema di grande attualità ed interesse: Le persone e i robot – Vincerà l’intelligenza umana o quella artificiale?.

Alla settimana ventura allora.

CREMASCOLTA

21 Gen 2019 in Economia

28 commenti

Commenti

  • Una presenza di circa 300 persone ci conforta (un centinaio in più rispetto al numero già elevatissimo degli iscritti alla terza edizione: 213): significa che tanti cittadini vogliono “sapere”, capire di più, confrontarsi con un economista che sulla base della sua lunga esperienza a livelli apicali a livello internazionale, come ex commissario alla spending revew e come attuale Direttore dell’Osservatorio dei conti pubblici della Cattolica di Milano, ha di sicuro qualcosa da dire che va oltre ciò che passa… il convento dei social.
    Sia chiaro: nessuno è il Verbo (lo stesso Cottarelli – l’ha dichiarato più volte – si è limitato a parlare del suo perimetro di conoscenze e dal suo osservatorio), ma ascoltare chi ha non poche carte da giocare è un arricchimento per tutti.
    Avremo modo in questa settimana di riprendere i contenuti della sua relazione e, soprattutto, le risposte che ha dato alle numerose domande.

    • Potrebbe anche significare che moltissimi adesso sanno chi è Cottarelli solo per il fatto che è diventato personaggio televisivo…

  • Potremmo analizzare tema per tema.
    Il primo: la grande redistribuzione del reddito dal lavoro al capitale e alla rendita finanziaria, dai redditi medio-bassi ai redditi più elevati. In altre parole abbiamo assistito negli ultimi decenni all’inverso di quello che abbiamo toccato con mano sostanzialmente dagli anni Cinquanta del Novecento.
    Da qui la concentrazione della ricchezza a un numero sempre più esiguo di persone e l’impoverimento delle classe medio-basse.
    Una conferma l’abbiamo letta oggi sui giornali sulla base del rapporto Oxfam: le poche decine (sotto i 30) dei più ricchi del pianeta possiedono un reddito pari a quello posseduto da quasi 5 miliardi di poveri.
    Una disuguaglianza sociale che si è realizzata grazie al concorso della globalizzazione (che ha premiato non solo alcuni Paesi emergenti come la Cina, l’India e nel complesso il mondo asiatico, ma anche determinate attività legate al mercato globali svolte nelle metropoli occidentali… globalizzate, ma anche (come ha sottolineato Carlo Cottarelli) a una progressiva riduzione delle imposte alle imprese e ai redditi più alti a partire dalla stagione di Reagan e della Thatcher.
    Se pensiamo solo all’Italia, siamo partiti nel 1974 con una forte progressività delle imposte (ben 20 scaglioni di aliquote fino a un max di 72%).
    Si pensi che dal 1983 al 2007 i più ricchi in Italia, proprio grazie alle riforme fiscali, hanno avuto un regalo solo nel 2016 di un miliardo di euro (almeno 100.000 euro per ciascuno di loro in media).
    Tagli decisi dalla politica (succube dei ricchi che… piangono), ma non solo: pensiamo all’elusione ed evasione fiscale che ha consentito la globalizzazioni (multinazionali che spostano che disinvoltura il luogo dove pagano le tasse).
    Trump in America non ha fatto altro che abbassare ulteriormente le tasse dei redditi più elevati.

    Fino a quando tollereremo una tale ingiustizia sociale determinata non solo dai grandi processi globali in corso (si pensi alla globalizzazione finanziaria e si pensi pure ai settori di nicchia creati dalle tecnologie digitali dove gli ingegneri e matematici sono superpagati), ma anche dalla politica.
    E ora in Italia si vuole arrivare alla… flat tax o alla dual tax!

  • Se ben ricordo nell’ultima campagna elettorale per le politiche del 4 marzo, l’unico a parlare di progressività fiscale era Bersani, ma tutto si perdeva nelle candidature del suo movimento visto come “la casta” dagli elettori. Un vero peccato che nessuno di più politicamente spendibile ne abbia parlato.

    Credo che vent’anni di Berlusconi e finti oppositori di sinistra abbiano impiantato nella mente dell’elettore il collegamento progressività=>aumento delle tasse (per B & friends di certo, quindi faceva comodo raccontarla in quel modo). Non mi spiego, e qui potrete aiutarmi voi, come non si colga il potenziale politico di promuovere la progressività fiscale. Molti pagherebbero più tasse, ma molti di più beneficerebbero di una riduzione e di migliorati servizi. Dal brutale punto di vista del politico che cerca consenso dovrebbe essere oro.

    Ricordo anche che qui sul blog si era analizzata la “flat tax” per come la proponevano Lega e FI, ed era chiaro alla veloce osservazione di un grafico, di come un ulteriore appiattimento delle aliquote avrebbe spostato la pressione fiscale sui redditi medio-bassi. Eppure l’Italia, Paese dalla produttività frammentata in PMI, sembra non aspettare altro.

    Il professor Cottarelli ieri sera parlava di un organismo sovranazionale per regolare la fiscalità. Il problema è che se come Nazione puntiamo sulla “tassa piatta”, quello andremmo a proporre al tavolo, e non mi sembra che in Europa l’aria sia molto diversa. Il rischio è che un’organismo che impone più progressività sia avvertito, e strumentalizzato, come l’ennesima decisione dei poteri forti che ci tolgono sovranità.

    A mio modesto parere, prima di organismi globali i concetti vanno radicati a livello locale. Nota di merito: l'”educazione all’economia” si inserisce perfettamente in questo contesto.

    • Da semplice contribuente, non vedo come questa “ricetta” possa essere applicata nella realtà. Non è che “molti pagherebbero più tasse” ma che “solo e sempre quelli, pagheranno le tasse”. I paradisi fiscali ci sono sempre stati e sempre ci saranno, il mondo occidentale è solo una goccia nel vaso e, ormai, neppure la più pesante, è pertanto chiaro come il sole che i grandi capitali (il 5% degli italiani che ha un patrimonio pari a quello del 90 più povero, per intenderci) “voleranno” altrove, ben consigliati da pull di esperti legali e finanziari. Sul campo rimarranno i peones della middle-class con il reddito fisso e la casa di proprietà, sulle spalle dei quali ricadranno come sempre tutte le gabelle possibili e immaginabili. Mi domando e dico se dopo decenni di fallimenti, dopo avere ucciso l’edilizia italiana a suon di tasse, e di conseguenza l’economia interna, sia ancora lecito avanzare proposte del genere. In uno Stato-Dracula come l’Italia che nel 2017 (ultimo dato ufficiale) ha riscosso 574,976 miliardi di euro in tasse (record mondiale), c’è ancora qualcuno in giro che ha il coraggio di pronunciare la parola “tasse”?

      Altrettanto utopistica mi sembra l’idea di un fantomatico “organismo sovranazionale per regolare la fiscalità”. Con sede dove? In America, che con i suoi papocchi finanziari ha mandato il mondo a gambe all’aria? In Europa, dove non si trova un accordo neppure sull’ora legale o solare? Mi sembra che dopo il fischiatissimo Accordo di Aquisgrana di ieri stretto tra Germania e Francia (Merkel e Macron hanno sbagliato epoca, ma non c’è dubbio che Merkel sia la più adatta ad impersonare Carlo Magno) la “Vecchia Europa” possa dirsi finita. Vedremo come andrà la “nuova”, ormai manca poco. E, a quel punto, il libro delle ricette verrà arricchito di nuove salse e condimenti, primi e secondi piatti innovativi e fantasiosi. Dubito, comunque, che si parli di dolce. Speriamo che i posti a tavola non siano sempre per i soliti noti.

      Bah! Tra il dire a fare ……… bisogna anche andare a fare la spesa.

  • Grazie… Interessante la lezione… (Se si potesse migliorare l’audio per le prossime…
    C’è un po di eco della sala)

    • L’acustica della sala presenta un naturale riverbero che viene amplificato dalla registrazione.
      Non possiamo intervenire sulla sala, ma solo sulla strumentazione.
      La prossima volta proviamo a schermare meglio la camera per ridurre le direzioni da cui arriva il suono riflesso. Non so quanto possa migliorare la situazione, dato che era già ben circondata da persone sedute, che abbattono parte del riverbero.

      Grazie del suggerimento comunque 😉

  • Provo a mettere in relazione questo video (https://youtu.be/vsB50sttspo ) a cura dei soci di Banca Etica con al lezione di Carlo Cottarelli a Crema, su come governare la globalizzazione.
    Egli vede nell’ingresso di centinaia di milioni di lavoratori nel mercato del lavoro la causa della picchiata dei salari e di una concentrazione della ricchezza, tornata ai livelli di inizio ‘900. Da correggere. Ma come.
    Difficile tornare indietro. Forse rallentare. Forse differenziare dazi per aree geografiche, anche se delle guerra tariffarie non si sanno mai gli esiti, avverte il professore; quindi, andando alla conclusione, pone l’alternativa secca: globalizzare gli strumenti per intervenire o fermare la globalizzazione (irrealistico a meno di una catastrofe, lui pensa).
    Cottarelli invoca una World Tax Organization per tassare il capitale, perché i singoli stati da soli non riescono a controllarne la fuga verso i regimi fiscali più favorevoli. Almeno facciamolo in Europa, auspica. Ma bisogna accettare una riduzione di sovranità nazionale. E qui, non ha bisogno di dire che è cosa ardua di questi tempi.
    Ora, se si segue il video sopra, esso pone proprio il problema di un sistema finanziario non governato: ci troviamo come all’inizio della crisi, con una finanza a briglie sciolte, oltretutto sempre più ipertrofica (secondo video: https://youtu.be/l0Oe7riWvpA) e con un “modello banca” su misura e da mettere in discussione (terzo video: https://youtu.be/ZD5R9dxDhrc).

  • Mi sembra che si stia arrivando a una resa dei conti, e questo è positivo. Il primo video linkato dice chiaramente che “si pensava” che la globalizzazione potesse attenuare le disuguaglianze mentre le ha accentuate enormemente. Il secondo video “si accorge”, ohibò, che la finanza concentrata nelle mani di poche famiglie si è pappata tutto quanto impoverendo il pianeta. Il terzo video dichiara una volta per tutte, caso mai ce ne fosse bisogno, che le banche sono i piazzisti dei prodotti finanziari spazzatura messi in commercio dai Signori del Danaro. Tenendo presente che fior fiore di economisti stanno dicendo queste cose dagli inizi degli anni ’90 del Novecento, puntualmente inascoltati quando non addirittura derisi dai “professori delle ricette perfette”, profumatamente pagati dai Signori di cui sopra, a chi dobbiamo presentare il conto noi cittadini semplici ora che siamo rimasti in braghe di tela? Di chi è la colpa? Di nessuno? Abbiamo visto dirigenti massimi di banche fallite congedati con buonuscite milionarie e lo stesso trattamento è stato riservato ai politici altrettanto falliti che hanno messo sul lastrico il Paese che avrebbero dovuto governare. In questo mondo di matti se vai in giro a raccontare la storia della cagnolina storpia, in buona sostanza, ti pagano a peso d’oro. Mancava giusto Cottarelli (che non più tardi di ieri ha dichiarato che “la storia del franco coloniale non esiste, è una bufala”, vada a raccontarlo ai 14 Stati africani che ce l’hanno) il quale viene a dire che, poiché la globalizzazione non ha funzionato, tanto vale globalizzare i suoi strumenti. Il Capitale che ha in mano il potere dovrebbe creare una World Tax Organization per tassare se stesso? Mah!, sono cose che stanno al di fuori della mia capacità di comprensione. Ci rinuncio.

  • Notifico l’aggiunta della video intervista al professor Cottarelli in coda a questo post

  • Ho apprezzato la prima domanda dal pubblico:
    “…Cosa resta di rivendicativo da parte dell’individuo…Come è cambiato…Può arrivare il momento della crisi…? …In cui il mondo dice basta…”

    • Secondo me, ci siamo vicinissimi.

  • Cottarelli stigmatizza la colossale redistribuzione del reddito dal lavoro al capitale, favorita anche dalla progressiva detassazione, dagli anni ’80 ad oggi, dei capitali e dei redditi più alti: un uomo del… regime?
    Un uomo del regime uno che punta il dito contro i paradisi fiscali e quei Paesi (come la stessa Irlanda) che fanno a gara per fare ponti d’oro, con tasse più basse, alle multinazionali?
    Un uomo del regime chi spara a zero contro l’abnorme evasione fiscale italiana (nel settore dell’Iva siamo avanti solo rispetto a Malta e alla Grecia), contro la burocrazia che costa alle piccole e medie imprese ogni anno, solo per compilare moduli, 31 miliardi di euro, contro la corruzione da noi a livello patologico?
    Un uomo del regime uno che auspica un programma politico che metta al centro le pari opportunità per tutti (scuole all’altezza per tutti) e l’attivazione di un vero e proprio ascensore sociale (quell’ascensore che si è inceppato perfino negli Usa)?

    • Abbaiare alla luna è facile quando si sa che la luna non casca giù. Puntando il dito a destra e manca Cottarelli non fa altro che dire cose arcinote, cose che dicono tutti, persino le trasmissioni televisive in onda nelle fasce protette. Una pubblicità che, peraltro, non sfiora minimamente i Signori della Finanza, che vanno avanti imperterriti a farsi gli affari loro.

      Qui, ormai, non bastano più le chiacchiere. Ci vorrebbe il messia, metaforicamente parlando. Ma credo che arriverà prima l’azione dei popoli sottomessi, mi sembra che l’Occidente tiranneggiato dallo strapotere del danaro stia andando proprio in questa direzione.

  • Mi sono semplicemente permesso, Rita, di toccare alcuni temi esposti da Cottarelli per chiarire che un economista che viene dall’esperienza del FMI non è di per sé un uomo del regime o dell’establishment, come il fatto che l’economista tanto accarezzato dalla Lega, Paolo Savona, abbia avuto incarichi rilevanti in tutto il Gotha finanziario, sia un asservito al sistema.
    Magari, potrebbe essere il contrario: uno che ha vissuto “dentro” certi meccanismi della finanza o di organismi internazionali come il FMI ha più carte da giocare per avanzare critiche e suggerimenti.

  • Che Cottarelli abbia detto cose ovvie, non me la sentirei di dirlo: confesso che ha sorpreso anche me nonostante avessi letto tutti i suoi libri di questi ultimi anni.

    Il suo appello a che si pongano nuove restrizioni alle banche mi ha colpito. Stando a certi economisti, dopo la crisi dei subprime, c’è stato un eccesso di regolamentazione del mondo della finanza. Secondo Cottarelli si tratta di norme non sufficienti: servirebbe, ad esempio, impedire alle banche di acquistare titoli rischiosi con i soldi dei risparmiatori.

    Mi ha colpito il suo auspicio che nasca un partito che ponga al centro del suo programma… l’ascensore sociale per tutti, a partire dall’offerta a tutti delle opportunità formative.
    Occorre – lo ha ribadito – investire nella scuola, investire cioè nella formazione nel capitale più prezioso che è quello umano.

    • Da quanti anni sentiamo dire queste cose dai politicanti e/o aspiranti tali? Anche dai professori, s’intende. Un conto è dire di voler fare un’ascensore sociale (tutti d’accordo) altra storia è farlo. O, meglio: poterlo fare, visto che non siamo noi a decidere come spendere i nostri soldi.

  • E’ indubbio, Rita, che ci vogliono le risorse, ma risorse da “investire sul futuro” (e non di distribuzione del reddito con i soldi dei mercati finanziari) avranno la… benedizione di tutti, compresa l’Unione europea.
    Non dimentichiamo tra l’altro che, se in Italia l’evasione fiscale stimata da Cottarelli ammonta a 130 miliardi, l’evasione a livello europeo tocca la cifra di 1000 miliardi! Quanto si potrebbe fare con 1000 miliardi!
    Investire sul futuro non è l’investimento migliore?

  • Una considerazione sull’intervento di Graziano (che ha preso lo spunto dall’intervento del nostro Adriano Tango, il primo a intervenire dal pubblico).
    Il nodo della disuguaglianza crescente va sciolto con urgenza perché, se rimanesse e si sviluppasse ulteriormente l’attuale situazione scandalosa (poveri sempre più poveri e ricchi sempre più ricchi) la rabbia esploderà e avrà tutte le ragioni di questo mondo.
    Del resto, i gilet gialli che hanno iniziato la protesta sul provvedimento sul carburante, poi si è estesa proprio sulle inaccettabili disuguaglianze sociali.

    Che fare, Graziano?
    Prendere la consapevolezza è la prima cosa e poi ricorrere a tutte le vie “democratiche” e soprattutto con delle “proposte” credibili (il movimento dei gilet gialli – che mi risulta è unito nella protesta, ma non ancora in proposte condivise, se non nella richiesta di dimissione del presidente).

  • Come sottolinea bene Piero Cattaneo con i due video, uno dei nodi da sciogliere è quello della finanza: non è scandaloso il fatto che l’ammontare dei… derivati equivalga a 33 volte il Pil mondiale, vale a dire la ricchezza reale prodotta nel mondo?

    La mia sensazione è che che non basti la misura suggerita da Cottarelli, quella cioè di impedire alle banche di acquistare titoli rischiosi con i soldi dei risparmiatori.

    • Era l’oggetto della seconda domanda che ho posto al prof. Cottarelli nella mia intervista.
      Credo che prima di tutto sia necessaria la separazione tra banche “commerciali” e banche “d’investimento”, queste ultime, a dire il vero, non si dovrebbero nemmeno chiamare più “banche” ma … “Compagnie finanziarie”!
      E poi, almeno in Italia, dare attuazione alla Legge (sono passati due anni dalla approvazione della Legge e nn ci sono ancora i Decreti attuativi!) sulla “Finanza Etica”, quella che non investe su “quello che fa male”: tabacco, armi, gioco d’azzardo, prostituzione.

  • Mi preme aggiungere un dettaglio non da poco: quando Cottarelli parla di “leggi economiche” che starebbero alla base della compressione dei salari reali in Occidente (dovuta all’abbondanza di offerta di lavoro sul mercato globale), naturalmente si riferisce al modello del “libero mercato”, un mercato di libera circolazione dei capitali che ha consentito (questo è ciò che non è stato “governato”) a molte imprese occidentali a delocalizzare i loro stabilimenti in Asia a danno dei lavoratori occidentali.
    E’ questo il tema della terza edizione del nostro corso: “governare” e non farci “governare”!

    • Mi sembra che questo sia anche il tema delle elezioni del prossimo maggio. Vedremo.

  • Certo, Elena: il richiamo di così tanta gente è in gran parte dovuto al fatto che Cottarelli è diventato un personaggio televisivo (del resto, anche Domenico De Masi lo scorso anno ha richiamato più gente degli altri relatori: 130 persone contro una media di 100).
    Ma la cosa significativa è che al corso si sono iscritte quest’anno 257 persone il che significa che anche gli altri relatori hanno avuto il loro appeal (anche perché, anche se in toni minore rispetto a Cottarelli, sono tutti uomini che in televisione sono apparsi parecchie volte – ad esempio Vittorio Emanuele Parsi l’ho visto di recente a Omnibus, su La7).

    Io credo, comunque, che anche il tema abbia svolto un suo ruolo: comprendere un po’ in profondità le ragioni di tanta rabbia diffusa nel mondo occidentale per effetto di processi globali “non governati” e “come governarli” dopo averli subiti.

  • Faccio qualche rapida annotazione di fondo, non entrando su singole affermazioni a volte (ma immagino che sia stata la necessità di sintesi) troppo apodittiche e che andrebbero dimostrate sul terreno:

    1) Il punto debole, in termini non solo “teorici”, ma “politici” – cioè in vista del “che fare” – dell’analisi di Cottarelli è la presentazione dell’enorme trasferimento di reddito dai salari al capitale (cioè ai profitti e alla rendita) come frutto di leggi economiche presunte “oggettive” (e quindi indiscutibili) e non di un gran numero di decisioni e scelte assunte negli ultimi 40 anni non solo da organismi internazionali, ma anche da governi e Parlamenti nazionali (norme sul mercato del lavoro, liberalizzazione dei movimenti di capitali, ecc.). Oviamente una tale visione è tutt’altro che neutra, visto che fa apparire la “colossale redistribuzione del reddito dai redditi più bassi e medio bassi ai redditi più alti” un processo inevitabile!

    2) il “castello di carta dei derivati” è tutt’altro che crollato, anzi la loro quantità è oggi superiore a quella pre-crisi 2008 (dalla quale in realtà non siamo mai usciti) tanto da esserci tutte le condizioni per una nuova recrudescenza, anche perchè nulla – neppure misure elementari come il ripristino della separazione la banche commerciali e banche d’investimento (giustamente richiamata da Cottarelli) – è stato sostanzialmente fatto (v. il risibile contenuto degli accordi di Basilea III) .

    3) l’interruzione o meno della globalizzazione (neoiberista) non dipenderà certo dal fatto che i consumatori (che sono in gran parte prima lavoratori, cioè, per quanto sopra detto, le principali vittime, come possiamo sperimentalmente constatare anche paragonando il tenore di vita di un italiano medio oggi e negli anni ’70 del secolo scorso) ci perdano! Altri sono i soggetti e interessi determinanti, come ci insegna, appunto, la storia del XX secolo!

    4) non c’è dubbio che la leva fiscale sia fondamentale per redistribuire reddito dai ceti più ricchi a quelli più poveri, ma, oltre a non poter essere l’unico strumento (v. politiche monetarie, politiche del lavoro, ecc.), attenderne l’applicazione in tal senso (e più ancora la creazione di meccanismi internazionali in grado di andare in questo senso) da parte dei governi che si muovono all’interno di parametri neoliberali e monetaristi (indipendentemente dal loro “colore” politico) è del tutto illusorio! Il crollo della tassazione sui redditi alti e l’incremento dell’imposizione fiscale su quelli bassi e medio bassi non è stata frutto di dinamiche oggettive legate alla globalizzazione, ma di scelte precise assunte all’interno di una visione neoliberale dell’economia, che rispondeva agli interessei delle elites economiche, alias dei detentori di capitale, uno dei maggiori dei quali, Warren Buffett, come ben sai, nel 2011 riconosceva che “la lotta di classe esiste e la mia classe, la classe ricca, la sta vincendo”! Di conseguenza solo un rafforzamento del lavoro, nelle sue diverse e variate forme, può oggi portare a un qualche riequlibrio del rapporto col capitale (è una banalità dirlo, lo ammetto), costringendolo a redistribuire parte del valore di cui oggi si appropria, ovviamente in forme anche nuove (per. es. mettendo a produrre valore non solo il lavoro inteso come attività esterna all’essere umano, ma l’intera vita. E non è proprio dalla necessità di riappropriarsi almeno in parte di questo valore che trova fondamento un serio “reddito di cittadinanza” o “salario di base”?),

    5) Così, per concludere prendendo atto del “punto di vista mainstream” in cui si muove Cottarelli, mi piacerebbe capire perchè “l’uguaglianza di reddito è utopica”, mentre non lo sarebbe “l’assicurare a tutti pari opportunità di partenza”, visto che predicare quest’ultimo (anche nella versione, sinonima sul piano sociale, della “meritocrazia”) in alternativa alla prima negli ultimi 40 anni non solo non l’ha reso più vicino, ma anzi si è rivelato funzionale ad allontanarsi dalla prima, che quanto più è stata prossima (in Italia negli anni ’70), tanto più ha avvicinato il secondo?

  • Grazie, Mauro: il tuo è un commento ferocemente critico e per il nostro confronto questo è estremamente utile (sono convinto, infatti, che più posizioni abbiamo sul tavolo, più tutti possiamo arricchirci in termini di comprensione dei problemi).

    Mi limito solo a una prima osservazione: è chiaro che Cottarelli, quando parla di leggi economiche, intende dire le cosiddette leggi del libero mercato.
    La redistribuzione del reddito a favore del capitale non è stato un che di inevitabile, ma di un effetto nefasto di un mercato non governato (in Cina, ad esempio, il governo ha tenuto sotto controllo il movimento dei capitali e questo ha giovato alla Cina stessa).
    E’ chiaro, quindi, che se la politica avesse controllato il movimento dei capitali (pensiamo ai capitali che sono andati a finire nelle delocalizzazioni), non avremmo avuto come contraccolpo le conseguenze che abbiamo avuto.
    Nulla quindi di… naturale, di inevitabile, di necessario.
    Ma… chi avrebbe dovuto prendere le decisioni?
    Ecco il problema: a livello nazionale o a livello europeo?

  • Il castello di carta (i derivati) di sicuro non è crollato se oggi i derivati, nonostante i disastri provocati nel 2007-2008 hanno un ammontare che è 33 volte il pili mondiale!
    Cottarelli si riferiva al fatto che la crisi del 2007-2008 è nata quando ci si è accorti che allora tutto il castello di derivati era, appunto, carta straccia (e così i miliardi di derivati nella pancia delle banche europee).

Scrivi qui la risposta a Piero Carelli

Annulla risposta

Iscriviti alla newsletter e rimani aggiornato sui nostri contenuti