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LIVIO CADè

La debolezza del potere

A: Credimi, nulla affascina l’uomo quanto il potere.

B: Ti credo. “Cummannari è megghiu ca futtiri”. Ma a qualcuno non dispiace esser fottuto.

A: Anzi, a molti piace. Esser dominati è a volte una fortuna. Il bambino vuol esser sottomesso ai genitori, ne ha bisogno. Lasciarlo libero di fare o pensare quello che vuole lo getterebbe in uno stato d’angoscia. E anche per certi popoli, che lasciati a sé stessi si perderebbero, è in fondo meglio esser conquistati da popoli più evoluti.

B: Difatti io conosco molte persone che godono nel sottomettersi. Hanno sempre bisogno di qualcuno, autorità in questo o in quello, che dica loro cosa fare, dire o pensare. Si sentono autonomi solo perché amano le loro catene. Il lacchè almeno sa di esserlo e, mentre obbedisce, odia chi lo comanda. In chi inconsciamente si lascia dominare c’è invece questa ingenua illusione di farlo liberamente.

A: Io credo succeda perché costoro si sentono eroticamente attratti dal potere. E non potendo possederlo, cercano almeno di esserne posseduti.

B: Il potere è dunque una possessione demoniaca? Se penso al potere della bellezza, del sesso, del denaro o della cultura, mi sembrano in effetti altrettanti idoli che chiedono all’uomo di prostrarsi e di adorarli.

A: Non pensavo a un potere malvagio in sé. Finché il potere veniva da Dio, lo si poteva anzi percepire come buono in sé. Dipendeva dagli uomini farne buon uso.

B: In termini semplici, perché la complessità è nemica del vero, io direi allora che il potere è buono se è al servizio di una volontà altruistica e tanto più cattivo quanto più indulge a scopi egoistici. Sei d’accordo?

A: Sì. Ma l’altruismo ha dei limiti. Favorire qualcuno può sfavorire un altro. Quindi l’altruismo deve procedere con cautela e senso di responsabilità. L’egoismo invece non ha limiti e non deve farsi scrupoli.

B: Da questo consegue che il bene è limitato mentre il male è infinito. Quindi, ogni volta che nei nostri pensieri appare l’infinito, dovremmo temere una trappola del maligno!

A: Esatto. Il bene è semplice. Tutti lo sanno riconoscere, finché non si lasciano corrompere dal potere. “Non fare agli altri” ecc.. Dio ce l’ha detto e ripetuto in tutte le lingue, anche in cinese.

B: Amico mio, oggi Dio è morto e le Sue parole non contano. Oggi conta la scienza, e la scienza non vede nei fenomeni alcun valore spirituale. Il nuovo potere è quindi ‘scientifico’, non riconosce più una trascendenza religiosa ma solo il diritto del più forte. Non posso certo aver fiducia in un tale potere ma solo temerlo, o cercare di trarne un vantaggio.

A: Anch’io penso che la religione limiti la negatività del potere. Ma se uno ti dicesse che non è necessario Dio per sapere cosa è bene o male, che basta realizzare compiutamente le forme della democrazia e del rispetto dei diritti umani, cosa gli risponderesti?

B: Nulla. Le mie parole non gli farebbero cambiare  idea.

A: Sì, discutere non serve. Se manca la percezione del sacro ogni comprensione della vita è preclusa. Un tempo la sovranità veniva da Dio. Quindi un Papa o un Grande Inquisitore potevano influenzare le decisioni di un Re. Ma Dio è morto, come hai detto tu, e il potere umano ne ha preso il posto. Viviamo perciò in una storia totalmente sconsacrata.

B: In realtà, questo nuovo potere ha ereditato gli attributi divini. Non solo perché possiede una forza cui è impossibile opporsi, ma anche perché si colloca in una nuova trascendenza. Si assolutizza in figure astratte come il mercato e l’economia, la scienza e la tecnica. Oggi il sacro si trova lì.

A: Quindi, se anche oggi esistesse un potere sovrano, dovremmo immaginarlo avvolto come Dio da una luce inaccessibile e da schiere di angeli!

B: Io direi piuttosto di camerieri e valletti che, seguendo un’emanazione discendente della forza, si preoccupano di eseguirne gli ordini.  E comunque, il vertice di tale gerarchia resta per noi un fantasma metafisico. Per questo le sue decisioni possono condurre intere popolazioni alla fame o alla guerra ma a noi resta l’impressione che ad agire sia un meccanismo naturale e senza volto.

A: Seguendo il tuo ragionamento, contestare un simile potere sarebbe folle come criticare la forza di gravità. Perciò non si dirà più che “bisogna accettare la volontà di Dio” o del Fato, ma ci si piegherà in ogni caso a una volontà misteriosa.

B: Infatti si dice che “bisogna accettare le leggi del mercato” come fossero leggi di natura o rispettare i dettati delle grandi banche come decaloghi divini.  In sostanza, a me pare che il potere sia oggi concentrato nelle mani di un Olimpo finanziario cui appartengono pochissime persone e da cui gran parte della popolazione è danneggiata. E gli scopi di questi nuovi Dei escludono ogni motivazione altruistica, configurandosi quindi non solo come potere assoluto, da cui tutto dipende, ma anche come assoluto male. La reazione logica dovrebbe essere una rivolta.

A: Non vorrei esser pessimista, ma liberarsi da una simile oppressione francamente non mi sembra possibile. L’hai detto tu stesso, “possiede una forza cui è impossibile opporsi”. E inoltre, le stesse persone schiacciate dal tallone del potere sembrano più portate al compromesso che alla lotta, più inclini a rassegnarsi e a recitare il mea culpa che a ribellarsi.

B: Può essere. Ma ogni potere umano è vulnerabile ed è destinato a morire. Neppure l’impero più potente sfugge alla caducità delle cose. Giunto al suo apice, comincia a declinare, corroso dai suoi stessi abusi.

A: E poi? Cambieranno i musicanti ma la musica resterà la stessa.

B: Sei troppo pessimista. Forse il futuro sarà migliore di come lo immaginiamo. Ora il potere nasconde le proprie oscenità dietro grandi paraventi mediatici, così che nessuno veda un re nudo.  Ma il servilismo dei media potrebbe lentamente incrinarsi, avere rigurgiti di dignità. Qualcuno potrebbe togliere il paravento e indurre le persone a reagire. Oppure, l’eccesso di competizione potrebbe innescare conflitti su larga scala, distruggendo gli equilibri del potere. Cosa avverrà dopo nessuno lo sa.

A: Spero di non vedere un tale futuro. La caduta di un impero porta con sé atrocità e distruzione.

B: Le sofferenze spaventano anche me. Tuttavia, è necessario sapere che il potere è vulnerabile. Solo così possono avere un senso gli sforzi e i sacrifici necessari per diventare uomini liberi.

A: “La libertà è figlia del coraggio”.

B: E la felicità è figlia della libertà. Ergo, il coraggio è il nonno della felicità.

LIVIO CADè

13 Mag 2019 in Cultura

35 commenti

Commenti

  • Ho cercato di trascrivere il succo di una conversazione avuta con un amico alcuni giorni fa. Spero che l’amico, se mi leggerà, mi perdonerà per aver compresso in modo forse un po’ brutale i concetti, come anche per aver eliminato i riferimenti a fatti e nomi precisi. “Di più direi ma di men dir bisogna”.

  • Gran triste destino quello del “potere” politico: prima schiavi dell’economia e poi succubi dei media. Prossima tappa?

    • Nella conversazione col mio amico ci siamo chiesti anche se i fenomeni politici attuali rivelino uno stato agonico della politica o già il manifestarsi di uno stato putrefattivo. Io propendo per la seconda ipotesi. Per questo ritengo pleonastico, a parte gli aneliti ideali, esprimere ancora preferenze elettorali.

    • Se le preferenze elettorali sono inutili, un indirizzo di massima va dato, non fosse altro che per esercitare un’azione di contenimento dei danni

    • Io infatti, come ho già detto altrove, voterò. Ma sono consapevole dell’impotenza del mio voto. Non credo che il mio voto possa modificare le decisioni che già sono state prese. Penso invece si debba organizzare una resistenza di tipo intellettuale, sottrarsi al potere mistificatorio dei media, servi della Grande Menzogna.

  • Tutti ci gestiamo un po di potere..
    Si può fare.

    • “Brevis esse laboro, obscurus fio”… Non so quindi se interpreto bene il Suo pensiero. Certo, tutti abbiamo un po’ di potere. Il problema è la nostra relazione con gli altri esseri umani e con il mondo. Se l’1% dell’umanità possiede una ricchezza equivalente a quella posseduta dal restante 99%, i rapporti umani ne sono profondamente condizionati.

  • ” …E che poss’io, se tu non vieni, con la tua usata ,ineffabile cortesia…” (Michelangelo).
    .

    • Il rapporto tra “io posso” e la Grazia (“Tu puoi”) è il cuore di tutto.

  • Perspicace,educativa risposta…
    Bel colpo.

  • Dal bel colloquio tra Livio ed un amico, direi che, seguendo il legame “parentale CORAGGIO-LIBERTA’-FELICITA’, scenda che noi “nonni”, se davvero saremo coraggiosi, potremo creare la felicità dei nostri nipoti !
    E allora, coraggio, mettiamo a frutto qual pò di libertà che ci resta (!) e, senza puntare alla nostra, di felicità, puntiamo a quella dei nostri nipoti!

    • Purtroppo la famiglia più comune è quella in cui la schiavitù è figlia della paura e madre di infelicità.

  • Orco sciampin! Livio, mi spiazzi !
    La “famiglia più comune”?!?
    Ma allora ……
    No! Mi era lasciato prendere dal “pregresso” legato a quel termine, “famiglia” !
    Ho capito, hai usato il termine “famiglia” continuando la metafora!

    • Sì, la paura è la nonna dell’infelicità.

    • Comunque, Franco, per risponderti più seriamente, è vero che anche la famiglia è un luogo di potere. Di solito la gente pensa: “Il potere che ho io sugli altri è buono, quello che gli altri hanno su di me è cattivo”. Da ciò dipende il fatto che abbiamo strane idee sulla libertà. Ma un padre e una madre devono esercitare una potestà sui figli e uno Stato deve esercitarla sui cittadini. Questo esercizio del potere, che è limitazione della libertà, mi pare quanto di più cruciale esista nelle relazioni tra individui e tra entità sociali.

  • Soprattutto nelle famiglie dove la divisione dei ruoli è rigida.

    • Soprattutto cosa?

  • Il potere su esercita soprattutto nelle famiglie dove i ruoli sono rigidi, vedi famiglie patriarcali o da padre padrone.

    • Mi par di capire, forse mi sbaglio, che Lei assegna al potere una connotazione fondamentalmente negativa. E che forse auspica famiglie in cui i ruoli maschili e femminili siano più sfumati.

  • Signor Cade, esattamente. Per Lei no?

    • Per quanto riguarda la natura del potere, mi permetto di rimandarLa a quanto ho scritto nel post. Sulla rigidità nella distinzione dei ruoli, io la ritengo necessaria, soprattutto nei confronti di bambini che non ragionano secondo categorie culturali piene di distinguo e di forse ma chiedono chiarezza e semplicità, com’è nella natura della realtà. Che ci sia un padre padrone o una madre matrona non impedisce a una famiglia di esser retta da legami di amore, fiducia e rispetto.

  • No signor Cade’, quello che Lei descrive è il classico e perverso legame che si crea tra vittima e carnefice. La letteratura e la vita reale sono piene di esempi.

    • Che vi siano nella letteratura o nella vita reali esempi di relazioni familiari del tipo ‘vittima-carnefice’ che cosa prova? Ve ne sono in ogni ambito e, a mio avviso, non hanno le loro radici nella famiglia patriarcale o matriarcale ma in un uso perverso del potere.

  • Ci può essere un uso del potere che non sia perverso? Ad uno che comanda corrisponde sempre un sottomesso. A meno che Lei non dimostri che esista un potere rispettoso del sottomesso. Ma sarebbe una contraddizione in termini. Il potere abdicherebbe.

    • Questo è uno dei problemi che ho sfiorato nel mio post. Il potere è sempre cattivo? Mi sembra che Lei identifichi il potere con la violenza. In effetti il potere prevede un soggetto più forte che si impone a uno più debole. Però provi a immaginare un genitore che costringe il figlio a prendere la medicina. Il figlio piange, non vuole. È perverso obbligarlo a fare un’iniezione? Non è piuttosto una forma d’amore e di rispetto? E uno Stato che obblighi i cittadini a rispettare le leggi e a pagare le tasse è perverso?

    • D’altro canto, costringere la gente a subire trattamenti medici inutili e pericolosi solo per arricchire il mercato dei farmaci, o costringere la gente a sacrifici e privazioni solo per arricchire un’élite finanziaria, questo sarebbe potere perverso.
      E se questo, per assurdo, avvenisse realmente, come potremmo difenderci?

  • Il potere è un terreno scivoloso indubbiamente. Lei distingue un potere a fine di bene che anch’io definirei in questo modo, e gli esempi che Lei porta sono calzanti. Ma esiste un altro potere che non è neppure quello di uno Stato che chiede ai cittadini di contribuire al suo funzionamento. Non per niente ne è stato inventato l’abuso, che a questo punto coinvolge altre categorie di giudizio: bene e male, giusto o sbagliato La madre che immobilizza il bambino per una iniezione soffre più del bambino, pronta a consolarlo subito dopo. Il torturatore non consola la sua vittima dopo avergli strappato le unghie, e se anche lo facesse sarebbe di poca utilità. Quindi il campo del potere è indubbiamente minato e io penso che gli esempi che lei porta forse non siano così calzanti. L’autorità viene messe in discussione da sempre. La Storia del mondo è costellata di rivolte, rivoluzioni lacrime e sangue, di ribellioni di figli verso i padri, per liberarsi del padre il figlio lo uccide, dai miti alla psicoanalisi. Le guerre sono sempre state espressione della volontà di potenza degli uomini, la politica, anche quando pacifica, e lasciamo stare i regimi dittatoriale, si parla di dittatura della maggioranza anche in democrazia, e qui ci si potrebbe agganciare all’altro post che sta riempiendo di commenti il blog, contrappone sempre un volere ad un altro. Il mondo dell’economia è fatto di oppressori ed oppressi. Tutta la vita è all’insegna di rapporti di forza. Quindi credo che il potere non sia incasellabile né nel bene né nel male. O che, volta per volta, si debba cambiargli nome. Ripeto, quello che esercita una madre imponendo in’iniezione al bambino si chiama amore, quello che esercita il torturatore è violenza.

    • Sì, ma il punto è un altro e nessuno ne parla. È che tutti siamo affascinati dal potere, anche se ce ne lamentiamo. Il potere è il nostro unico vero Dio. Perché nel mondo c’è tanta sofferenza? E parlo delle grandi tragedie che dipendono dall’uomo, non dalla natura. La causa è la sete di potere. Se un uomo possiede 100 miliardi di dollari cosa se ne può fare? Può solo usarli per averne ancora di più. Ma perché, a cosa gli servono? A soddisfare la sua sete di potenza. Questa è la malattia più drammatica, la volontà di dominare gli altri. Non so se ha un nome. È una specie di ‘egemonismo psicologico’. È una follia che colpisce gli individui e si riverbera poi nelle coppie, nelle famiglie, nelle nazioni, nel rapporto con gli animali e la natura, nell’imporre le proprie idee o nel violentare le persone, nel prevaricarle fisicamente o psicologicamente. Noi pensiamo che ne siano affetti solo certi ‘cattivi soggetti’, ma tutti siamo malati, anche certe persone che sembrano timide e miti. E al bisogno di potere si associa sempre la violenza per ottenerlo, conservarlo ed espanderlo. E la paura di perderlo. Se non esistesse questo cancro terribile la Terra sarebbe un Paradiso. Gli sforzi dell’uomo dovrebbero essere orientati a riconoscere in sé questa nevrosi, a capire da dove nasce e a estirparla. I grandi messaggi religiosi consistono in questo, nel convertire l’uomo dalla logica della forza a quella della compassione. Ma sembra che su questa strada abbiamo fatto solo passi indietro.

  • Entro solo ora, dopo avervi lasciato il tempo di dissertare. Il GAC ha un progetto per l’anno in corso di analisi appunto della famiglia, ieri e oggi; quindi ci sto riflettendo, oltre a raccoglier dati sulla a me assegnata: la famiglia a tavola, ieri e oggi. Ieri e anche il giorno prima li ho vissuti: nessuno toccava cibo prima del patriarca, che amministrava saggiamente le scarne conversazioni, spegnendo sul nascere ogni vertenza. E così, si è perso molto, fino agli anni 60-70, quando l’idea è stata liberata dall’autorità e resa “circolare” fra i commensali. E adesso? gli spazi di riunione familiare per la refezione comune si sono ridotti fino a far somigliare, in molte famiglie, la casa un albergo con annesso ristorante senza obbligo di prenotazione.
    Mense, convenzioni aziendali, microonde in tutte le cucine, street food, sono stati i mezzi tecnici. Vedremo di rimediare.
    Il potere sul lavoro: con meraviglia, come mi è stata data la funzione di governo di un’attività e di una quarantina di persone, ho visto tutti allinearsi spontaneamente (o quasi). Forse non a tutti capita, ci saranno anche quelli antipatici ai collaboratori, ma ho comunque avuto la sensazione che l’essere umano ama la delega, o meglio, che maturo e autonomo non diventa mai, complici anche le religioni. Nella nostra società, che si avvia a un’interconnessione tans-individuale sempre più stretta, direi che si possa individuare nel potere un male da superare. Forse sbaglio, esseri sociali come le api e formiche come gestiscono il potere? Non certo delegandolo alla regina, che anzi è allevata dal suo popolo con finalità ben settoriali. Credo che il potere sia effettivamente circolare in tali modelli, e, siccome non c’è proprio niente da inventare, penso che si debba tendere al superamento della nostra illusione di individualità e alla costruzione di una interconnessione molto stretta, sempre di più.

    • Dunque dobbiamo imparare dalle api e dalle formiche.

  • Livio, yes (in inglese perché più assoluto di un sì italiano). La nostra illusione di individualismo deve lasciare il posto a una consapevolezza aristotelica del fatto che l’uomo è animale sociale in quanto intrinsecamente incompleto, connaturato per interfacciarsi all’interno della società. Se proprio vogliamo guidare il processo possiamo favorire regole comportamentali per un posizionamento di soddisfazione reciproca per tutti. Ogni animale sociale una volta sistemato al suo posto nella gerarchia di gruppo poi sta bene, e potrei spiegare anche il perché della nostra anomala irrequietezza con motivazioni fisiche (gambe troppo lunghe per star fermo) e mentali (unico esempio di migratore aggressivo, nel senso che predilige lo scontro all’alternativa del patteggiamento). Questa imperfezione è stata la causa dell’esplosione demografica. E prima o poi, se un tempo ci sarà, queste idee saranno patrimonio comune, mentre ora sembrano svilire la nostra “blasonata specie”. Ovviamente con stima per le tue posizioni e la tua intelligenza, ma dopo un tempo di riflessione che data dai miei infantili 4-5 anni fino agli attuali 69 son “provvisoriamente” certo delle mie conclusioni. La conferma è “al di là” da venire.

    • Gambe lunghe e aggressività han portato solo ora all’esplosione demografica? Boh…
      Interfacciarsi? Boh… Io semmai parlerei della necessità di passare dalla logica del potere a quella della solidarietà. Ma ispirarsi alle formiche… Boh… (che è più icastico di “non son convinto”)…

  • Livio non sono convinto è già meglio di “ma che stronzate”. Ti ringrazio. Credo realmente che, in conformità con filosofi del passato, stiamo lavorando per una coesione sempre più stretta, di cui la solidarietà è l’aspetto emozional-empatico.
    Non dico formiche per capacità cognitiva, quella è umana, e via giù a scendere appannaggio di altri animali, ma come punto d’arrivo. Le divergenze, le sopraffazioni, fanno parte di un meccanismio evolutivo che ancora è al lavoro, per migliorare il prodotto uomo.
    Oggi piove, e le formiche, sfinite dai tentaivi di asalto alla cucina di casa mia, hanno provato l’accesso dal bagno del piano tera. Ho fatto cadere delicatamente quelle aggrappate alla finestrella, e non ho potuto fare altro che un cordone di schiuma inseticida. ma le supersititi son tornate su e ci si sono tuffate dentro, perché a loro non interessava la sopravvivenza individuale, ma provare a passare all’intera colonia il messaggio del nuovo pericolo. Non è stupendo? la sensazione di essere già in qualche modo collegati, una sorta di entanglement transumano, bisogna provarla, e farne motivo di crescita cosciente della specie. Non è stupendo? Vedo cha a volte scimmiotti bene il terronico. Ti consento di commentare. “ma chest’ so cos’ e pazz!” Non ci far caso, sarà la pioggia, o Crema del pensiero.

    • Mi scuso per l’ortogarfia, con la pioggia peggiora!

    • No, io non credo affatto che il futuro dell’umanità debba essere un immenso formicaio. Almeno, spero di no…

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