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MARINO PASINI

I sinistrossi vecchi e nuovi – Risposta a Beppe Severgnini

 

Ho  detto e scritto più volte  (oltre a riconoscere che Severgnini è il miglior giornalista italiano, in attività, per la scrittura brillante e limpida), che le idee, la politica con il suo andazzo non adatto a chi ha lo stomaco delicato, con le sue finte litigate, le giravolte, l’onestà di chi cerca di dare l’esempio (se serva o no), sono influenzate, comunque la si pensa o la si dica, dalle origini personali. Il pane che si è mangiato. L’aria respirata. Da lì partono i percorsi,  le salite, le volate e le cadute, anche le circonvallazioni del pensiero. Prendono corpo, materia le opinioni. Difficile dimenticare ciò che si è stato, dove si è sguazzato, mentre parte il ragionamento. Questo presupposto, sarà un pregiudizio, ma aiuta a cogliere sfumature (e non solo quelle) di tutto un discorso, e del perchè lo si fa. Mio padre diceva che l’abito non fa il monaco, ma la tonaca probabilmente il prete lo fa. Pure spretato, sempre prete è. Non sarà un ragionare colto, ma arriva, non poche volte, al sodo. Anche se il mondo si comporta strano: non mancano i ricchi, gli straricchi che si fecero leninisti; i poveracci che stravedono per gli ultraricchi, e li votano pure.

La vecchia sinistra (che si chiamerà nuova tante volte; ogni volta: che fosse stato il lunedì di Pasqua o il giorno dei Morti, sempre nuova voleva essere) è nata da un fondamento preciso: diminuire le ingiustizie. Impresa complicata, peggio che scalare il Cervino con le infradito, ma il senso ce l’aveva. Eccome (e ce l’ha ancora). Poi, da lì, da una sacrosanta esigenza, è venuto giù e su di tutto e di più: fiori marci, delirii, poltrone,  cervelli picchiatelli, rivoluzionari da strapazzo, Stalin, comunisti duri e puri che schiaffeggiavano i socialisti delle leghe contadine, Robin Hood del Terzo Mondo che affascinarono milioni di scolari (anche affannati a girar la manovella del ciclostile dei dettati maoisti, con troppi alberi abbattuti per far carta e certezze da due soldi). E non una manifestazione, un grido indignato per gli omicidi Ambrosoli, Tobagi, Casalegno, Guido Galli, Alessandrini, le decine e decine di gambizzati, fino alla vergogna estrema, quella di festeggiare l’omicidio del commissario Calabresi e la fuga di Cesare Battisti e degli altri terroristi sparsi per il globo. Non assassini, ma compagni che sbagliano.

Negli anni, la sinistra europea, per lavarsi le colpe dello stalinismo ha posizionato la sua barra (ossessionata di perdersi le svolte del tempo che passa), sul nuovo dio, il Mercato, pure scarsamente regolamentato, dove i più forti, i più furbi, la fanno da padrone. Si è fatta garantista sui reati finanziari, sulla necessità dei costi, delle palanche per fare politica, del saperla contare e raccontare, che la bugia in politica a volte può essere necessaria. Che l’immagine vale almeno quanto la sostanza. Ma, caro Beppe, senza la vecchia sinistra non ci sarebbe stato solo il sacco di Palermo, delle periferie; tutta l’Italia sarebbe nel sacco. Gli operai non avrebbero ciò che ancora hanno, senza le lotte sindacali della fine degli anni sessanta, sostenute dalla vecchia sinistra. L’Italia è un paese creativo e confusionario, e la politica può essere una barzelletta. Le sfuriate di Giancarlo Giannini, i colpi di sole di Salvini, il domandarsi, giorni feriali o no, se gli amici di Grillo sono di sinistra, di destra;  se sono fumo, arrosto; se sono il nuovo, o il vecchio, o il caos. Tempo perso a fare inutili congetture.

La vecchia sinistra e la nuova (dopo tante nuove, domani sarà ambientalista più che altro), hanno paura a chiamare le cose con il loro nome. Così ieri, e così oggi. Mentre la destra ha preso coraggio, sfrontatezza, e lo fa, ai danni della sinistra. Fortuna (o sfortuna) vuole che nel Belpaese non esiste una destra, decente e moderata. Responsabile e moderna. Non c’è, e forse non c’è mai stata. Quella con De Carolis o Almirante? Previti e Dell’Utri? Con La Russa, la Meloni? Con Bossi, Belsito, Formigoni? Con il rosario, e il prima “gli itagliani”?

Nel bene e nel male non chiamiamo più le cose con il loro nome, pure brutto, ma reale. Uno zoppo è un diversamente abile (giusto), un cieco è un non vedente (giusto); uno spazzino, un operatore ecologico (sbagliato); una cameriera e una donna delle pulizie,  assistente casalinga (anche, a volte, della pigrizia altrui). Un ospizio non è più un ospizio, ma una casa di riposo; i dottori sono tutti dottori anche se non fanno il medico. C’è la casa del commiato, a salutarci, e il cuoco è un tecnico della ristorazione, uno “chef”.Viviamo nell’ipocrisia e pretendiamo che la politica non segua le stesse orme? E la sinistra, tutta, ha imparato anche troppo bene a godere dell’usufrutto del governare, i vantaggi, i favori, i soldi, e addio diversità. Addio sacrosanta ricerca nel diminuire le disuguaglianze nella libertà.

MARINO PASINI

24 Ago 2019 in Politica

16 commenti

Commenti

  • Beppe Severgnini avrebbe potuto sedersi sugli scranni del Parlamento con Renzi. Ma sarebbe stato un atto, come si diceva una volta (e pare tornare di moda) contronatura per la sinistra. Severgnini, Renzi, la Boschi stanno alla sinistra come io sono pane e focaccia con le “bielle roventi”, i motociclisti. Se Renzi rappresenta la nuova sinistra, siamo fuori strada. La sinistra, per essere sinistra, dice Rino Formica, deve venire dalla sofferenza, altrimenti è qualcos’altro. Non vero, verissimo. E il problema della sinistra, vecchia e nuova è questo: non conosce la difficoltà di arrivare a fine mese; di pensare a come pagare l’affitto, se i soldi sono esauriti, e per lo stipendio c’è da aspettare ancora una settimana. Di dover fare lavori umili, anche pesanti, anche noiosi, per sopravvivere. Severgnini fa bene a sperare in un centro politico, responsabile e moderno (che non c’è), come io faccio bene, credo, a sperare in una sinistra, perchè è il mio mondo, sono le mie origini (anche se, oggi, questa sinistra non c’è più).

  • Una sinistra, è vero, Marino, che non c’è più.
    Hai ben chiarito la natura della sinistra (di quella che almeno è nata per dare la voce agli sfruttati, per attenuare quanto meno le disuguaglianze). La sinistra, non solo italiana, oggi ha perso quella bussola e non sa più dove dirigersi. Un po’ ovunque ha segnato profondamente la sinistra il blairismo, il tentativo di trovare una mediazione tra le istanze dei più deboli (che nessuno rimanga indietro) e le esigenze del mercato: da qui la progressiva flessibilità data al mercato del lavoro (dalla Germania all’Italia).
    Intende impugnare oggi la bandiera della salute del pianeta? Va benissimo, ma questa bandiera dovrebbe essere impugnata da tutte le forze politiche, mentre la sinistra, proprio in questa battaglia per “salvare” il pianeta, deve dare il suo contributo per ridurre drasticamente le disuguaglianze: le due battaglie, infatti, sono intrinsecamente unite perché salvare il pianeta implica un nuovo modello di economia e, di conseguenza, un nuovo modello di società.
    Dovrebbe, in sintonia con la bella enciclica Laudato si’ di papa Francesco, ascoltare sia “il grido della Terra” che “il grido dei poveri”: tra l’altro, sono proprio le aree più povere del pianeta che stanno soffrendo di più per gli effetti del riscaldamento climatico ed è proprio da queste aree che partono i cosiddetti “migranti climatici”.

    • Resta un fatto in tema di ambiente: l’ordine delle priorità vede quest’interesse sempre dopo il profitto in un’ideologia di destra, che tuttavia può piegarsi di fronte all’imminenza della catastrofe, ma deve proprio essere ben tangibile questo rischio. Sarebbe logico per la sinistra capovolgere il mazzo di carte… vedremo se e quando accadrà, sempre che il prestigiatore scopra le carte.

    • Nell’editoriale di Beppe Severgnini c’è scritto “del fastidio della vecchia sinistra per il progresso”. L’osservazione è sbagliata. La sinistra (che non fu soltanto lo stalinismo) è sempre stata all’avanguardia nel progresso (civile) delle persone, i diritti delle minoranze, delle donne, gli omosessuali, a differenza delle destra che è stata a lungo oscurantista, bacchettona, e che ha ritardato i diritti delle donne, e disprezzato gli omosessuali. La sinistra è stata meno fautrice della cementificazione, più sensibile ai temi ambientali, rispetto ai cosiddetti “moderati” e alla destra politica. Questa è la realtà, che è parte del patrimonio della “vecchia” sinistra che Severgnini ha dimenticato, perchè, come tutti i cronisti che vanno di fretta, ha fatto “tabula rasa” nell’analisi. Poi, negli anni della convinzione che si vinceva “al centro”, conquistando la classe media (urbana, scolarizzata), la sinistra, o parte di questa, ha perduto gran parte della sua anima, e dei motivi per cui è nata. I motivi sono molti, e ci sono fior di politologi che li hanno spiegati. E tu, Piero, li conosci senz’altro meglio di me.

  • Signor Adriano, lei cita “il profitto”, il dio denaro, che è nel cuore di tutti, ma nella destra è da sempre una sorta di mantra che prende strade tortuose, a volte, con scarso rispetto per il resto. In fondo, credo, sia soprattutto una questione di potere, di privilegi. Per farla breve, rischiando di farla piatta, credo che la sinistra sia anche sommamente ingenua, ritenendo l’essere umano, buono, più che altro, poi corrotto, in parte, durante la crescita, la vita in società. La destra, che ingenua non è, ritiene l’essere umano sempre a rischio di farsi cattivo, e bisognoso di essere puntellato, anche a forza, e oltre ciò, anche se non sempre lo dice, disprezza la democrazia, e ritiene la libertà, valida solo per chi è in grado di sbaragliare gli altri. I più forti, i più furbi. E nonostante tutto, nonostante il mio spiccato pessimismo, sto con gli ingenui.

  • Tu, Marino, conosci bene la storia del movimento operaio e delle sue espressioni politiche. E’ una storia di divisioni, anche di lacerazioni profonde. E questo già al tempo di Marx.
    L’uguaglianza è un obiettivo che fa parte del Dna della sinistra, ma… come perseguirla? Come perseguirla dopo i disastri del “comunismo reale”. Da decenni in Europa si è cercata una “terza via”: non solo Blair, ma anche Schroeder. Quest’ultimo, poi, giocava in casa perché storicamente il partito democratico cristiano tedesco è sempre stato “sensibile” alla “questione sociale” a tal punto di avere inaugurato la “economia sociale di mercato”, una filosofia economica che è ancora oggi la strategia dei cristiani democratici della Germania.
    A mio avviso sarebbe utile “studiare” il caso tedesco senza pregiudizi, cogliendone le contraddizioni, le tante ombre, ma anche gli elementi di forza (pensiamo che la “co-gestione” tedesca è un “unicum” sul pianeta, una formula che ha dato e sta dando – che mi risulta – un contributo significativo alla “competitività” della macchina tedesca).
    Una nuova sinistra non si può costruire “sui libri di Marx”, ma va costruita sulla base di “specifiche e concrete esperienze”.

    • Vediamo se la conto giusta caro Piero, ma non credo. In Germania, sui temi legati al lavoro, cristiano democratici e socialdemocratici da anni si sforzano, anche per necessità uscite dai risultati elettorali, e con molte turbolenze, di far la strada assieme. L’ala sinistra della SPD protesta, mentre i cristiano sociali, i bavaresi, meno sensibili agli svantaggiati, più conservatori, guardano l’SPD con molta diffidenza La Baviera è stata la capitale del nazismo; Monaco la città favorita di Hitler dove ha trovato l’ambiente adatto per coltivare le sue strategie, che, qualcuno forse dimentica, non erano le più estremiste (almeno a parole) dei nazionalsocialisti, tanto che la chiesa cattolica e protestante, i vescovi cercavano Hitler per dialogare, e non Goebbels, o Alfred Rosenberg, il teorico del nazismo. Tu parli di “co-gestione”. Ma noi, del Belpaese siamo un pò latini, un pò del nord, di tutto un pò, e amiamo bisticciare e non arrivare al dunque. Creativi, ma non organizzativi, che in politica è un guaio. In fondo, il “catto-comunismo” fu un tentativo, anche nobile, di coniugare, di dialogare fra chi era sensibile ai più sfortunati. La faccenda partorì pure brutte cose, come i baby pensionati, ma non fu una nefandezza. Non fu solo strategia.
      Dell’articolo di Severgnini, che la sinistra vecchia, o nuova-vecchia è restia al progresso, alla spesa, quindi anche alle infrastrutture, allo sviluppo, ai cavalcavia, e ai crocevia, dico che affermarlo è un luogo comune (ma capita che i luoghi comuni un fondamento ce l’hanno), con una parte di verità e molta menzogna. La maggioranza della sinistra, non solo è “progressista”, ma vorrebbe coniugare modernità e rispetto per l’ambiente. Una volta si diceva che la sinistra sapeva parlare, ma non governare le democrazie complesse. Oggi, forse, è il contrario: la sinistra non sa parlare, non la sa raccontare, ma potrebbe governare meglio e senza il “ringhio” quotidiano di certa destra, senza il rischio che andiamo a schiantarci, a farci la guerra l’un l’altro, gareggiando chi il muro lo farà più alto e ben protetto. La sinistra è incespicata sulle migrazioni, e su questo tema è divisa, confusa, anche ipocrita, mentre la destra ogni giorno benedisce il problema e ci campa elettoralmente.

  • Marino, posto che, il tuo post va bene cmq uguale, e posto cmq che, se non sono intronato (si?) lo scritto di Beppe Severgnini non è stato patrimonio del blog CremAscolta, non ritieni sarebbe il caso di aiutare il lettore con un ….linketto?
    Cordialmente, neh ft

    • Giusta osservazione. Ho citato l’articolo di Beppe Severgnini sul primo commento, dando per scontato che “il popolo” di Cremascolta già sapesse tutto dello scritto, che ho letto online, un editoriale del “Corriere della Sera” del 23.8 “Due sinistre a confronto tra vecchie e nuove idee”. Mai dare per scontato è la prima regola anche del cronista della domenica. Niente panettone (tutto burro) per Natale dalla combriccola di Cremascolta.

  • Tranquillo!
    L’è mia ‘n pericol al panetù e gnache la culumba!!!

  • Della sinistra politica, il mio mondo, non ho mai risparmiato critiche velenose, ma vi annoio con questo racconto: sul blog “Sardine d’Italia” è comparsa, oggi, un’immagine di Mattia Santori, un bel giovane riccioluto, uno dei leader delle Sardine, più volte comparso in tv, mentre azzanna della mortadella in uno spot pubblicitario, giustamente segnalato dal “Secolo d’Italia”. E, come tutti i blog, dove le idee sono scarse, perché sfioriscono facilmente, è partita la vena rabbiosa, molti a difenderlo, anche un po’ imbarazzati e c’è invece qualcuno che non lo difende affatto, ricordando quel parlamentare che mangiò la mortadella in Parlamento in spregio a Prodi.
    La delusione era, però, sottotraccia. E mi è venuto in mente un vecchissimo articolo del “Giorno” a firma di un critico musicale di Classica, Lorenzo Arruga che raccontò di una lezione a scuola, un giorno qualsiasi, lui, gli studenti, gli anni dei capelloni. Gli anni dei Beatles, e lui quella mattina, lui che sapeva tutto di Bach e Mozart parlò a giovani arruffati, con le pezze a fiori sui jeans, del gruppo musicale di Liverpool. Disse che girava la voce che i Beatles sarebbero diventati baronetti, ricevuti dalla Regina; insomna: accettati e coccolati, anche loro dall’odiato Sistema che si voleva rivoltare come un calzino. Un ragazzo e una ragazza si alzarono mentre lui parlava e dissero che non avrebbero ascoltato oltre, basta parole offensive ai Beatles, che mai sarebbero diventati baronetti. Mai. Perché i Beatles non avrebbero mai fatto parte dello schifoso Sistema. E uscirono dall’aula. Chissà, anni dopo, quei due che fine hanno fatto. Ci vuol pazienza, credo, a fare l’insegnante.

  • Grande fascino o potere che esercita l’establishment, che è tollerante (?) e che va bene così naturalmente. Respinge e accoglie, respinge e accoglie. E però, nonostante, precisiamo che qualsiasi rivoluzione è sempre entrata, ha voluto legittimamente entrare nel Sistema, prima o poi. Pur con i vari corsi e ricorsi della Storia. Pensa a tutte le battaglie civili, culturali, politiche che nel tempo hanno avuto la meglio, anche presso i benpensanti, volenti o nolenti.

  • Naturalmente questo avviene solo nei Sistemi democratici, nei regimi non esiste che un sistema accolga il dissenso. Dico cose ovvie, certo, ma per ribadire la fortuna della mia generazione che è cresciuta nella democrazia che, peccato, non è esportabile. E noi teniamocela stretta, in questa mia giornata no global che mi verrebbe da dire: gli altri si arrangino. Ce la siamo guadagnata noi con lacrime esangue, agli altri lasciamo pure il tempo che vogliono. Non basteranno per ora quattro ragazzi che scendono in piazza in Birmania.

  • Epperò, Zinga ha ….perso la pazienza ed è uscito sbattendo la porta della sua segreteria, attaccata e ri/attaccata soprattutto dall’interno del PD stesso!
    Difficile pensare ad un contesto più difficile, più in crisi per i “progressisti” italiani!
    Il PD che implode nelle ipotesi di alleanza strategica con i 5* e LEU, ed i 5* che “sbandano” paurosamente davanti all’ipotesi di diventare “Partito”!
    E questa “reazione a catena”, innescata, catalizzata dal (sulla carta) partitino inventato da Renzi, nel periodo più terrbile di ripresa della pandemia, ha squassato il contesto dell’Italia progressita, lasciando intravvedere scenari politici per nulla sereni per la democrazia del “buffo stivale”!
    Abbiamo vissuto anni terribili per la nostra Repubblica, quando le centinai di morti tra cittadini e politici innocenti furono causate da terrorismo e stragi più o meno “di Stato”, ora i morti sono centinaia di migliaia a causa della pandemia, le trame e le strategie sono assolutamente meno violente, ma, credo, non meno pericolose per chi, ancora, vuole credere nella nostra Costituzione Repubblicana!

    • Indubbio, senza decolpevolizzare Renzi, che la minestra andava rigirata per non attaccarsi sotto la pentola (o le poltrone). Ma proprio in un momento così? Psicologicamente prevedibile: l’instabilità risveglia desideri di reazione, reazioni che possono essere di fuga o aggressive nel mondo animale, ma comunque di cambiamento di stato. Imprevedibili, ma ci guarderei con simpatia, tanto prima o poi… E non dimentichiamo che abbiamo a che fare con volpi vecchie, che forse sanno già cosa avviene dopo la rincorsa in discesa.

  • Zingaretti ha fatto bene a dimettersi. La sinistra è litigiosa da sempre. Ha preso l’herpes già quando Andrea Costa sobillava il popolo a Taggia, e a Arma di Taggia i pescatori pensavano ad aggiustare le reti, perché anche se sbarcava in Liguria il socialismo mica era come Gesù che il pesce si moltiplicava, come oggi al gioco delle macchinette in tabaccheria; Zingaretti era stufo di sopportare la quinta colonna che non era andata con Renzi, ma che sta alla sinistra come la cultura sta a Crema, ròbetta in entrambi, moneta per le caramelle.
    E quando viene fuori l’herpes alla sinistra politica (basta un colpo di vento: a Crema quell’umidiccio che sanguisuga sulla schiena), o lo fai rientrare o scoppiare. Zingaretti ha deciso di farlo scoppiare, l’herpes. Al partito e’ venuta al pettine quella debolezza fastidiosa che pizzica di brutto. Sono con Zingaretti, suo fratello Montalbano, con Camilleri che ha inventato il Maigret alla siciliana, con Simenon il fascista che poi oggi sarebbe lepenista, ma fa niente, scusate, se il popolo c’è tutto in Simenon, tutto fin nelle budella. La sinistra con l’herpes, che voto ogni volta, non conosce più il popolo perché non legge i romanzi duri di Simenon (non i Maigret che li scriveva come bere un bicchier d’acqua). Chissà: le dimissioni di “Zinga” vengono da lontano….bisogna leggere Simenon, magari l’uomo che guardava passare i treni; la neve era sporca.

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