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ADRIANO TANGO

Silvestro e l’arca

Silvestro da quando ha letto quest’articolo è molto allarmato. Sta cercando come chiedere ospitalità sulla prossima arca stile Noè di passaggio! Salto subito alle conclusioni finali.
Le ultime righe sono incoraggianti, un concetto chiaro. Lo ha capito anche Silvestro!

Allacciate le cinture
Il meteo del 2018 è stato solo un’anticipazione di ciò che vedremo via via che i gas serra continuano ad accumularsi. Alcune conseguenze degli effetti globali – oceani e aria più caldi e aumento dell’umidità atmosferica – sono evidenti e dirette. Sono in corso intense ricerche per districare il miscuglio di effetti regionali e la loro interazione con la variabilità naturale. Prendiamo quattro esempi.
Le prove indicano che la zona tropicale terrestre, intorno all’equatore, si sta allargando verso i poli. E così si spingono in questa direzione le fasce delle tempeste, oltre a rendere più calde e aride alcune regioni temperate. I sintomi più evidenti si vedono nelle zone secche che segnano i limiti settentrionali e meridionali dei tropici, come il sud della California, il Mediterraneo e l’Australia. Gli scienziati sono al lavoro per capire i probabili fattori di influenza: riscaldamento, polvere atmosferica e particelle di fuliggine che modificano le temperature dell’aria e la formazione delle nuvole.
Un altro fattore regionale che si sta esaminando è il rallentamento della Corrente del Golfo, la grande corrente oceanica che dal Golfo del Messico sale lungo la costa orientale americana, attraversa l’Atlantico settentrionale e si dirige verso il Regno Unito. È il ramo superficiale del più ampio capovolgimento meridionale della circolazione atlantica. Un rallentamento sconvolgerebbe l’andamento del meteo da entrambe le parti dell’oceano. Ci sono poche misurazioni delle condizioni sotto la superficie oceanica, ma le stranezze nelle temperature superficiali, per esempio un calore anomalo lungo la costa orientale e la massa di acque fredde a sud della Groenlandia avvalorano l’ipotesi che questo sistema circolatorio di grandi proporzioni stia effettivamente rallentando. Una variazione dell’andamento delle temperature oceaniche altera la forza e la traiettoria delle tempeste.
L’iperattività degli ultimi anni nella fascia delle tempeste nell’Atlantico settentrionale potrebbe essere dovuta a una Corrente del Golfo rallentata, oltre alle acque surriscaldate che con ogni probabilità hanno stimolato i cicloni bomba dell’inverno 2018.
Un’altra caratteristica regionale da tenere d’occhio sono gli anticicloni di blocco. Le osservazioni suggeriscono che stiano diventando più frequenti in alcuni luoghi, per esempio su Groenlandia e Russia occidentale, ma i modelli atmosferici stentano a prevederne lo sviluppo e la fine.
I blocchi possono formarsi per svariati motivi, alcuni collegati alla variabilità naturale e altri al cambiamento climatico. I residui delle tempeste tropicali, per esempio, possono immettere naturalmente ondate di energia nella corrente a getto, portandola a deformarsi e a generare vortici orfani.
Man mano che gli oceani si riscaldano, però, le tempeste tropicali potrebbero sopravvivere più a nord e più in là nella stagione autunnale, aumentando la probabilità di collisioni con la corrente a getto in grado di provocare un blocco, che quindi può spingere gli uragani e altri sistemi meteorologici in direzioni insolite. Nell’ottobre 2018, per esempio, l’uragano Leslie si è attardato nell’Atlantico per oltre due settimane, e infine si è spinto dove nessun altro uragano conosciuto era mai andato: appena a ovest del Portogallo. Forti venti e piogge torrenziali hanno flagellato la Penisola Iberica. In quel periodo, sopra l’Europa nordorientale si trovava un forte blocco, responsabile della corrente a getto con un andamento ondulatorio che ha catturato Leslie, portandolo con sé in un lungo viaggio attraverso l’Atlantico.
Un altro fattore regionale è il vortice polare stratosferico, che ha fatto spesso notizia nell’inverno del 2018 e anche in quello del 2019. Si è comportato in modo strano. Questo anello di forti venti circonda una massa di aria gelida sopra il Polo Nord solo in inverno, a un’altitudine intorno ai 50 chilometri. A intervalli di qualche anno, determinate condizioni possono deformare l’anello, o perfino spezzarlo in due o più anelli piccoli, che tendono a migrare verso sud, portando con sé ondate di freddo intenso. Al tempo stesso l’aria calda proveniente da sud invade l’Artico, mettendo sottosopra le temperature.
Verso la fine di gennaio di quest’anno, nel periodo del vortice polare spezzato faceva più caldo vicino al Polo Nord che a Chicago.
Questi episodi di riscaldamento improvviso della stratosfera, il cosiddetto stratwarming, possono avvenire naturalmente, ma negli ultimi tempi la loro frequenza è aumentata. Recenti studi hanno scoperto che la notevole perdita di ghiaccio marino nell’Oceano Artico, a nord della Russia occidentale, potrebbe contribuire a scatenare questi disturbi del vortice. Man mano che il riscaldamento globale si intensifica, chi di noi abita a latitudini medie potrebbe subire più spesso gli attacchi del vortice polare.
Anche se alcuni aspetti dell’esperimento incontrollato che stiamo imponendo al clima della Terra sono ancora fuori dalla nostra portata, la scienza sta rivelando velocemente che l’aggravarsi degli eventi meteo estremi e delle loro conseguenze si può attribuire al cambiamento climatico. Capire i collegamenti ci aiuterà a vedere il futuro con più chiarezza e a prepararci per l’impatto sull’agricoltura, la sicurezza internazionale, la vita nel mare, le foreste, le risorse di acqua dolce, le infrastrutture e la salute umana. Gli effetti sono già evidenti, e non faranno che peggiorare.
Eppure c’è qualcosa che fa ben sperare. L’ondata di maltempo ha acceso i riflettori sulla campagna ben finanziata per diffondere disinformazione e provocare dubbi nell’opinione pubblica sul cambiamento climatico. Nonostante ciò che affermano gli scettici, la variabilità naturale non è in grado di spiegare gli eventi estremi che vediamo e sentiamo già. Secondo recenti sondaggi, la maggior parte delle persone è arrivata ad accettare che il cambiamento climatico è reale ed è provocato da noi. Forse siamo finalmente pronti per affrontare la strada in salita che ci aspetta.

ADRIANO TANGO

19 Ott 2019 in Senza categoria

19 commenti

Commenti

  • Adriano, la settimana scorsa, nel parchetto del Marzale, a ridosso del cortiletto del santuario, ho fotografato, fiorito di fresco, quello che a me é parso un pesco. Nel mio giardinetto continuano a fiorire dei fiori spontanei di colore blu che sbocciano in genere ad inizio estate. Qualcosa é cambiato, anche per lo spettatore più sprovveduto.

    • Per la disperazione o la gioia degli occhi sto raccogliendo adesso il peperoncino forte messicano (quello nero) che necessita di un caldo… appunto, messicano. Trascurato in estate, ora, annaffiato, inizia ancora a produrre! E che meravigliose orchidee in veranda,a cui mi sto dedicando! Impensabile solo cinque anni fa… ma magra soddisfazione, magra perché i tetti intorno al mio hanno avuto danni con il tornado di agosto, io per due spanne di altezza in meno me la sono cavata, ma sarà il caso di mettere nell’abbigliamento estivo anche un caschetto, e c’è poco da fare i negazionisti!

  • Adriano nessuno ha mai negato che il clima sia cambiato, in discussione e’ semmai il fatto che il cambiamento sia da attribuirsi all’uomo. In minima parte, forse. Per il resto la Terra… segue il suo corso, come ha sempre fatto. Si fa credere il contrario solo perche’ le 300 multinazionali che tirano le fila del teatrino-mondo devono vendere nuovi prodotti

    • E allora viva il nuovo prodotto, chiunque lo produca! Già così siamo un po’ più responsabili ed uniti, e megari Silvestro ce lo mettiamo acciambellato sul sedile posteriore, invece che sull’arca. Un mondo in cui i soldi si spendonoo per bacini artificiali invece che per stadi, in cui si limiita il consumo in modo da far bastare la piccola quantità di energia elettrica acarbonica, e in cui il verde non basta a soddisfare l’esigenza, ma unito alla crescita artica e antartica delle alghe, inizia a fare il suo lavoro, è da subiito un mondo più bello, poi si vedrà in quanti milioni comunque moriremo (me compreso, ovviamente!)

  • Un tempo si andavano a cercare disperatamente le cabine telefoniche, i gettoni. Altrimenti si aspettava di tornare a casa quando le ore di pranzo e cena erano dedicate a ricevere o fare. Qualcuno allora, visti i bisogni, pensò bene di inventare i cellulari. Come per l’uovo e la gallina la domanda è se questo bisogno impellente di telefonare sia nato dopo i cellulari o qualcuno attento ai bisogni che già c’erano ha saputo tradurli in questo oggetto di cui nessuno, ma proprio nessuno, riesce più a farne a meno.

    • Nell’Era della tecnologia i bisogni sono notoriamente indotti. L’uomo inoltre e’ privo di senso del limite e il passo dal soddisfacimento di un bisogno alla degenerazione dello stesso e’ brevissimo: se il telefono poteva essere una bella invenzione, la dipendenza da cellulare e’ patologica.

  • A proposito di etica e scienza, quindi anche tecnologia, segnalo un articolo di Zagrebelsky su Repubblica di oggi.

  • Noi, profani, ci affidiamo – a proposito delle cause del riscaldamento climatico e degli eventi atmosferici estremi (sempre più frequenti) – a chi ha competenze nel settore.
    Non si tratta di affidarci tout court agli “scienziati” in generale, ma a quegli shienziati che sono i “climatologi”.
    Ho sempre letto che questi, in stragrande maggioranza, ritengono decisivo il fattore antropico.
    Ma… quali sono gli argomenti “scientifici” di altri climatologi e qual è il loro valore?
    Recentemente ho letto più interviste a Franco Prodi, fisico dell’atmosfera, che mi ha sconcertato.
    C’è chi ne sa di più?

    • Ricordo che l’apparato di “chi ha competenze nel settore” e’ ferocemente diviso. Ormai le divisioni riguardano ogni ambito della conoscenza di questa umanita’ costantemente sbronza. E comunque, anche gli “esperti” tengono famiglia. Invece di leggere i giornali o seguire le campagne mediatiche (interessate), forse bisognerebbe studiare un po’ di piu’ la Storia della Terra, tenendo conto ovviamente dell’andamento delle macchie solari, da non sottovalutare.

    • Piero vale sempre il ritratto, o profilo, del negazionista fatto dalla Arizona state University: ci sono motivazioni profonde che possono indurre a negare la realtà, a minimizzare, e anche qualcosa da guadagnarci, un’inaspettato e immeritato bagno di notorietà! Penso che bisogna nell’interesse dell’umanità lasciar cadere le mani e continuare a lavorare sodo, sfruttando ogni minimo accorgimento tecnico per far allontanare nel tempo la catastrofe, e mettere al sicuro la nostra cultura

  • Adriano, il ‘profilo del negazionista’ offerto dalla Arizona University è quanto di più meschinamente ‘negazionista’ si possa immaginare. Nega infatti la competenza, la serietà, l’onestà, di persone come Rubbia, Zichichi e centinaia di altri scienziati del settore che mettono in dubbio il ‘fattore antropico’ nel riscaldamento globale. E lo fa non portando argomenti per confutarne le tesi, ma alludendo a ‘motivazioni profonde (?)’, cioè facendo illazioni negative sulla loro professionalità e sulla loro psiche. Ma scherziamo? Questa è scienza? Anche il professor Prodi, citato da Piero, è persona serissima e preparatissima che non ha nessun bisogno di cercare notorietà. Forse sono gli altri, gli ‘antropici’, che hanno interesse a negare la realtà e a preparare la strada a nuovi enormi business.
    Ne abbiamo già parlato. Il degrado ambientale (inquinamento del pianeta) è un fenomeno tragico e bisogna trovare soluzioni. Ma l’unica possibilità, mi sembra, è eliminare il dogma della ‘crescita’ illimitata.
    Il riscaldamento globale è un altro discorso, e non dovremmo confondere le due cose.
    Tra l’altro, mi sembra assurdo che si fomentino rancori generazionali, dicendo ai giovani che se il clima è cambiato, se c’è inquinamento, povertà, disoccupazione ecc., è tutta colpa di quelli più anziani che “hanno vissuto al di sopra dei loro mezzi”. Quindi noi ‘vecchi’ avremmo lasciato ai giovani i nostri debiti da pagare. Questa è un’altra favoletta comoda messa in giro da chi vuol nascondere la realtà dei mutamenti economici, finanziari, politici su scala mondiale (questi sì assolutamente antropici) che negli ultimi decenni hanno portato a inuguaglianze e ingiustizie sempre più profonde.
    Qui si creano fratture profonde. Socialmente, tra chi domina e chi è dominato. Intellettualmente, tra chi si lascia incantare dalla propaganda di regime e chi si sottrae. Moralmente, tra chi ha il coraggio di ribellarsi e chi non ce l’ha.

    • Almeno siamo due remi sulla stesa barca nelo stesso senso! Comunque il senso di colpa lo vivevo da molto prima che divenisse di moda. Direi dall’adolescenza, poi l’euforia del motore ha travolto anche me.
      Vedrai che quadriamo il cerchio.

  • Crescita illimitata e riscaldamento globale potrebbero essere complementari. Il metodo scientifico scientifico dovrebbe contemplare scetticismo, negazionosmo eed empirica osservazione della realtà. Di fronte a cambiamenti come a quello a cui assistiamo, l’ho già scritto, la settimana scorsa ho fotografato un pesco fiorito come a primavera, non rimane che prendere atto che qualcosa é cambiato e le tifoserie da stadio non affrontano il problema. Che poi si sia depredato il pianeta è un dato di fatto e le future generazioni dovranno sgobbare molto di più di quanto abbiamo fatto noi. O inventarsi quello che noi abbiamo faticato per inventarci o trovarci belle pronto. Ad ogni generazione la sua, senza catastrofismi.

  • Ho smesso di piantare bulbi di crocus perché mi fiorivano tutti adesso e nessuno ad annunciare la primavera… ma, consolazione, mi prosperano le orchidee in autunno a Crema

    • Ma ce lo siamo dimenticati, o no, che *solo” 13mila anni fa la Siberia era una foresta umida piena di erbe e animali? Ce lo siamo dimenticati, o no, che “solo” 6mila anni fa l’Antartide Minore era sgombro dai ghiacci? Ce lo siamo dimenticati, o no, che “solo” 3mila anni fa il Medioriente arido e bollente di oggi era una fertile pianura irrigua? Se i gretini andassero a scuola e studiassero invece di bighellonare, probabilmente s’accorgerebbero di essere strumentalizzati da poteri enormi e capirebbero che le buone norme di convivenza civile (il riciclaggio dei rifiuti, ad esempio) nulla hanno a che vedere con la campagna mediatica che si e’ scatenata ultimamente per convincere i piu’ ingenui che e’ tutta colpa dell’uomo. La Pianura Padana sta diventando una steppa asciutta? E’ probabile. Senza di noi lo sarebbe diventata qualche decennio dopo. E quindi? Nella nostra illusione di onnipotenza pensavamo di poter gestire anche la ciclicità’ climatica della Terra? Siamo pazzi. Detto cio’, e’ ovvio che quando noi umani saremo 2mld al posto di quasi 8 (tra non molto, secondo me) si stara’ infinitamente meglio.

  • Credo proprio, e vi invito caldammente (ops!) a farlo, che sia il caso di separare nettamente i due temi:
    – RISCALDAMENTO GLOBALE E CONNESSI CAMBIAMENTI CLIMATICI
    – INQUINAMENTO (di terra/acqua/aria) E CONNESSA QUALITA’ DELL’ARIA.
    Questo perchè a fronte di contrapposte posizioni della “scienza” diversamente schierata (e diversamente ….”interessata”!), il rischio è che si aggreghi al “negazionismo” sulla responsabilità antropica rispetto ai cambiamenti climatici, anche la responsabilità (quella si patentemente e incontrovertibilmente da addebitarsi all’homo insapiens!) della enorme “pollution” del pianeta!
    Rispetto alle “isole di plastica” negli oceani (alimentate dalle rogge, dai fiumi, daii mari!), ai mix di gas e polveri (più o meno sottili) che siamo costretti a respirare, all’acqua potabile (ops!) che preleviamo in natura e distribuiamo (spesso peggiorandone addirittura le caratteristiche organolettiche causa lil pessimo stato delle condutture di distribuzione) all’utenza, c’è davvero poco da discutere (purtroppo) , c’è solo da intervenire sulle cause e sugli effetti, ai diversi gradi di decisione e responsabilità, già a partire da noi stessi anzitutto, con i nostri comportamenti personali!

  • Io comunque faccio fatica a pensare che non ci sia relazione tra inquinamento e cambiamenti climatici. Riandando ai paesaggi nerofumo di Dikens e alle miniere di Cronin, dopo duecento anni dall’inizio della prima industrializzazione, e man mano fino alle radiazione nucleari, con tutti i danni fisici provocati agli uomini non trovo strano che l’opera dell’uomo, dopo essersi ritorta contro lo stesso, non si ritorca anche su tutto il mondo di cui facciamo parte. Come l’inquinamento ha fatto male a noi non potrebbe far male anche al pianeta in termini climatici? Per questo dico che potendo essere una concausa ai cambiamenti naturali, ripeto, una tifoseria da stadio tra negazionisti, scettici o convinti, sarebbe il metodo meno scientifico per affrontare e risolvere quello che è sotto gli occhi di tutti. Se in una grande città si crea un microclima perchè mettendo insieme le megalopoli del mondo non dobbiamo pensare che tutto questo agisca? Forse perchè duecento anni di progresso industriale e tecnologico rispetto ai tempi dei cambiamenti naturali sono un periodo troppo breve per un confronto o una valutazione? Non è che questa accelerazione antropica ha contribuito e velocizzato un cambiamento che sarebbe avvenuto magari in tempo più lunghi? Poi ognuno è libero di pensare quello che vuole, di fatto non esistono ancora prove certe per verificare una o l’altra ipotesi.

  • Cari amici, non porto alcun vessillo in mano, ma ci rendiamo conto che l’azione antropica ha decretato la fine di grandi civiltà del passato vari centenni prima di Cristo? E senza motori, solo con ascia e fuoco. La capacità distruttiva attuale è o no superiore? Importante comunque che abbiamo un minimo Comun deminatore comune, alleluia! E questi signori blasonaticontrapposti, possibile che non si possano scannare fra di loro? Ci sono degli esponenti locali per un contraddittorio?

    • Ma la capacita’ costruttiva e distruttiva appartiene alla Terra e al Cosmo, non al fragile omuncolo che com’e: venuto se ne va. Se tra un minuto arrivasse un terremoto, un diluvio, una tromba d’aria, un asteroide in testa, sarebbe colpa nostra? Perché in definitiva una di queste cose distruggera’ la nostra civilta’, destinata a fare la fine di tutte le altre, non certo la plastica. La maleducazione e la dispersione dei rifiuti sono condannabili senza appello, ma non c:entrano un fico secco con i cambiamenti climatici. Che lo credano dei 15enni ipnotizzati dalla tecnologia ci sta, ma che lo pensino degli adulti e’ preoccupante.

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