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RITA REMAGNINO

Collassologia

Sono ormai in molti a sostenere che l’attuale organizzazione economica e sociale sia destinata a finire, in maniera più o meno traumatica, nell’arco di pochi anni. In Francia si parla, forse con un po’ di ironia, di “collapsologie” come di una nuova disciplina scientifica che studia appunto il collasso prossimo venturo dell’attuale organizzazione sociale. Le cause saranno diverse poiché, allo stato attuale dei fatti, nessun problema singolarmente preso sarebbe in grado di causare una crisi irreversibile. Sarà la loro contemporaneità ad accendere la miccia e tra gli ingredienti più esplosivi, oltre alla nota crisi ambientale, vi saranno la crisi economica e la crisi egemonica, causate entrambe dallo strapotere di un organismo sovranazionale, la UE, ampiamente antidemocratico.

 

Non ci voleva un indovino per predire che una unione solo monetaria e non politica non sarebbe stata in piedi. In Europa il Parlamento non legifera (caso unico al mondo), nei suoi confini circola una moneta che gli Stati non possono stampare (caso unico al mondo), vige un regime di austerity in cui governa una banca privata, la Bce (caso unico al mondo), a cui gli Stati si devono rivolgere per vendere i propri titoli di Stato, su cui naturalmente gravano grossi interessi per il sistema bancario. Da qui, un debito pubblico (alto o basso che sia, non c’è differenza) praticamente inestinguibile.

 

Ci troviamo in pieno clima di mistificazione della democrazia, cioè in una sorta di fascismo internazionalizzato, o meglio de-nazionalizzato, dove lo Stato Nazione è costretto a confluire in un grande contenitore plutocratico in cui convivono l’uno accanto all’altro paradisi fiscali (Olanda, Lussemburgo, Irlanda, Malta) e “Stati peones” (Italia e Grecia) obbligati “per contratto” a spalancare i porti e le frontiere ai migranti economici che accelereranno lo sgretolamento del “vecchio sistema” basato sulle sovranità nazionali. La ciliegina sulla torta è rappresentata da una Germania che, oltre ad essersi fatta una moneta sottostimata per il marco, ha registrato negli ultimi 20anni un surplus commerciale superiore a quello cinese, mettendo in difficoltà sia Oriente che Occidente.

 

 

Sono nate in questo stato di cose due opposte visioni: quella degli europeisti/globalisti, servi fedeli dell’aristocrazia finanziaria che sfrutta, dissangua, spreme e impoverisce; quella dei sovranisti, che vogliono riprendersi la propria identità e sovranità prima del definitivo sgretolamento dello Stato Nazione. Le intenzioni sono indubbiamente buone, il sovranismo europeo è tuttavia poco incisivo; lo si potrebbe paragonare a un fastidioso mal di pancia che ancora non ha convinto il malato a rivolgersi a un bravo dottore. In altre parole: non ci sarà nessuna vera “rivoluzione social-sovranista” finché non si metterà mano a una poderosa ricostruzione culturale. Non esiste sovranità là dove manca l’identità.

 

E’ in corso la Terza Guerra Mondiale (ambientale-economico-finanziaria) e l’idra globalista continua ad essere forte. Per sconfiggerla bisogna minare le fondamenta della cultura “insegnata”, a partire da “positivismo”, “evoluzionismo” e “scientismo”, ovvero dalla contraffazione della realtà “vera” che ha capovolto l’“elemento ordinatore spirituale”, dando priorità al “percorso evolutivo della materia”. Basta col monocolore liberal -progressista, post-marxista e cattolico-sociale nei programmi scolastici come nelle televisioni pubbliche. Basta con le solite facce che raccontano le solite baggianate. Basta con una Chiesa Cattolica (altro grande alleato dei fautori della globalizzazione) che in nome di una pretesa universalità giudica concetti fondamentali come Nazione e Popolo inconciliabili con la sua visione dell’uomo, considerato solo ed esclusivamente come individuo, atomo senza legami che dialoga con il suo dio attraverso il clero.

 

I popoli d’Europa sono giunti al punto di esasperazione, lo si capisce dall’aumento vertiginoso delle proteste di piazza, presenti ormai in ogni Stato e a qualsiasi titolo. Si protesta per tutto, segno evidente che non va bene niente, e persino i meccanismi che sembravano ben oleati si stanno inceppando. Non lasciamoci scappare l’occasione, è il momento di opporsi allo snaturamento! In fondo siamo fortunati a vivere negli anni che precedono il prossimo collasso della civiltà perché l’estrema criticità del momento obbliga a riflettere, costringe a costruire reti di sopravvivenza che possano permettere il mantenimento di livelli minimi di civiltà nella fase di collasso. Sarà dura, ma ce la faremo.

RITA REMAGNINO

17 Nov 2019 in Cultura

29 commenti

Commenti

  • http://www.treccani.it/vocabolario/sovranismo_%28Neologismi%29/
    http://www.treccani.it/vocabolario/ricerca/sovrano/
    Cosa volete che dica, o magari non lo volete, ma a me viene in mente il “sovrano” Cetto Laqualunque. Come gli inglesi non avevano mai osservato un tramonto prima che li dipingesse Turner non vorrei che gli italiani scoprissero cos’è il sovranismo dopo aver riso con un comico. Sarebbe meglio prima. Non avete notato poi come da qualche anno, col simbolo dei partiti campeggia anche il nome del leader del partito. Curiosa la declinazione da culto della personalità che si evidenzia.

    • Vedo che per Lei sovranismo fa’ rima con dittatura e continua imperterrito con questo equivoco.
      Per me sovranismo significa rispettare la Costituzione Repubblicana che è ha un impianto social democratico. I trattati europei sono incompatibili con essa in quanto improntati sulla concorrenza e sulla stabilità dei prezzi e non sulla tutela del lavoro e dei salari.
      A meno che lei non voglia farmi credere che anche Svizzera, Norvegia, USA, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Corea del Sud e Giappone siano feroci dittature.

    • Non c’è bisogno di andare troppo lontano, Achille, visto che Germania e Francia sono in Europa due chiari esempi di sovranismo. Lo sgretolamento degli Stati democratici in Europa iniziò con l’approvazione del Trattato di Maastricht che nullificò le singole Costituzioni. Tra i risultati (devastanti) di questa manovra si sono ottenuti la spoliticizzazione del sistema istituzionale (ormai gli esecutivi si rifanno al vincolo dei mercati internazionali per giustificare le loro scelte impopolari) e la tecnicizzazione (il passaggio dal governo alla governance).
      E’ vero che in regime di democrazia “deliberativa” tutti i gruppi interessati a una determinata decisione concorrono (sulla carta) alla sua definizione, ma in realtà nessuno dei soggetti coinvolti – a parte le lobby più potenti – può davvero influire sul contenuto di quelle decisioni, mentre il peso delle rappresentanze popolari continua a diminuire. A casa mia questa “roba qui” si chiama “dittatura liberale”, solo un ritorno allo Stato-Nazione in un simile scenario potrà migliorare la condizione delle classi subalterne e allargare gli spazi di democrazia. Non c’è altra strada. Fuorché quella di rimanere per sempre schiavi, ovviamente.

  • Prendo atto che non c’è un valido contraddittorio in questa piazza, zero argomenti. Vado a farmi un giro, finche’ il tempo tiene.

  • Io prenderei l’ombrello, il tempo é minaccioso. Rita, ne stiamo parlando da sempre, io quello che penso l’ho semore detto, e ampiamente. Cambia pure il titolo, ma i tema non cambia. Adesso forse mi son rotto le balle.

    • Tu non hai argomenti, e ampiamente. I tuoi copia/incolla sono per lo più fuori luogo. Ad ogni modo non è indispensabile averne, si può vivere lo stesso.

    • Rita e Achille M, ritengo stiate dicendo cose in buona misura condivisibili, ma che nel “buffo stivale” dovrebbero incarnarsi, allo stato attuale, in personaggi la cui improponibilità mi pare si sia evidenziata fuori da ogni ragionevole dubbio!
      Con chi “…..metter mano a una poderosa ricostruzione culturale” o “… rispettare la Costituzione Repubblicana che è ha un impianto social democratico” ?
      Con un capitano che sventola al popolo madonne e crocifissi e una Jeanne d’Arc de noiartri alla guida di casa paound?
      Se “poderosa ricostruzione culturale” ha da essere, si faccia vedere qualcuno che gli “attributi culturali” ce li abbia per davvero!
      Che abbia una visione strategica per puntare i suoi obiettivi e non solamente la furbizia di abbagliare gli allocchi in prossimità di elezioni!

  • Lascio a te e al signor Mainetti tutte le difese, ma per solleticare nuove opinioni si deve partire da nuovi argomenti. Chissà che qualche neofita del blog trovi il tuo post nuovo e illuminante.

    • Non preoccuparti per noi, il signor Mainetti ed io solletichiamo le opinioni altrove. Il contraddittorio, per fortuna, non manca dappertutto.

    • No, Franco, forse non ci siamo capiti. Non deve arrivare nessun Messia (per carità!) a “metter mano a una poderosa ricostruzione culturale”. La spinta deve partire dal basso, cioè da noi. La battaglia per la cultura è prioritaria e va condotta in nome delle nostre radici, della nostra identità, della nostra Storia. Quella vera, non la Storia che va in onda su Rai Storia: “Storia del movimento operaio”, “Storia del ’68”, “Storia del femminismo”, “Storia della CGIL”, “Mille papaveri rossi”, “Africa rossa”, “Fascismo male assoluto”, ecc. Una programmazione frutto di chi vede il mondo attraverso quel 5% che ritiene sia verità, pure “assoluta” talvolta.
      Questa fase è finita e va archiviata. Basta.
      Quanto alla Costituzione, ma forse mi ripeto, la si tira continuamente per la giacchetta tralasciando l’articolo più importante: «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.»
      Noi, oggi, viviamo in uno Stato sovrano? Neanche per sogno. Stare nella UE è obbligatorio, uscirne è impossibile (i trattati non lo prevedono, guarda caso). Persino i politici europei che si dichiarano “sovranisti” hanno accantonato l’argomento (per ora), tanto è inutile discuterne. Le difficoltà della Brexit più l’ostracismo per i dissidenti (Italia in testa) dimostrano questa dura realtà, nonché il relativo conflitto in atto. Bisogna agire ripartendo dagli elementi fondanti di una società umana: identità, cultura, confini, patria, famiglia, valori condivisi. C’è poco da inventare, o da aspettare.

  • E i copia e incolla, se dichiarati, ma non esageriamo, non hanno niente di disonorevole.

  • Sa cosa mi preoccupa signor Mainetti? Mi preoccupa lo scenario italiano prossimo futuro perchè mi pare che i modelli a cui Lei si riferisce non siano tanto, per i protagonisti della scena politica attuale, la Norvegia o la Corea del sud, ma la Russia di Putin, l’Ungheria di Orban o la Polonia di quel tipo dal nome impronunciabile. Siamo quindi lontanissimi da quella democrazia che la nostra Costituzione vorrebbe. Che poi i modelli che Lei porta ad esempio siano esportabili quello non lo saprei proprio dire. Ma neppure la Germania o la Francia dove a torto o a ragione i gilet gialli, dati per morti, hanno ricominciato a scendere in piazza. Se poi per la Germania continuiamo a dire che la Merkel ha più palle di noi anche questo non lo saprei dire. Non saprei dire neppure se è tutto merito della sua politica o di un’economia che è sempre stata comunque più forte della nostra. E’ quindi più colpa nostra che non abbiamo investito niente in ricerca e innovazione, senza dare la colpe alla solita Europa dove ragazzi di ingegno sono costretti a scappare. Se però la discussione assume aspetti troppo tecnici mi ritiro di buon grado.

  • Sui protagonisti della nostra scena politica attuale sono d’accordo con lei al 100%. Sono d’accordo anche sugli investimenti in ricerca ed innovazione. Sul fatto che l’economia tedesca sia sempre stata più forte della nostra, invece, nutro seri dubbi.
    La invito caldamente a non abbandonare il confronto e a non rinunciare ad esprimere le sue idee.
    Il contributo di ciascuno di noi è prezioso.
    Distinti saluti.

  • Rita 19:35 di ieri. A questo delirante elenco culturale “identità, cultura, confini, patria, famiglia, valori condivisi” manca solo Dio e poi siamo a posto. E nell’elenco la cosa più insensata è quel “valori condivisi” (da chi?), come se potesse concretizzarsi. In quale paese o epoca storica è mai successo? A meno che Rita non intenda imporre i suoi per legge. E un uomo solo al comando potrebbe anche riuscirci. Coi rosari usati come bigiotteria, con il placet del Cardinal Ruini. Ma che bello.

    • Delirante? Forse dovresti ri-studiare la Storia.
      Nulla, nulla, nulla, ma proprio nulla è mai stato edificato in assenza di questi pilastri di cemento armato. L’uomo è un animale sociale e come tale, per essere invogliato a stare insieme ad altri, ha bisogno di valori condivisi, altrimenti si perde nella società liquida del tutto è permesso affinché niente si possa fare, dove immancabilmente annega, quando non sopravvive a suon di Prozac.
      Ognuno di noi condivide con altri dei valori, è un fenomeno naturale. Quando si è in pochi, nascono delle belle amicizie; quando si è un po’ di più nascono delle comunità che producono fatti; quando si è in tanti nascono degli Stati funzionanti. E’ così dall’alba dei tempi e non saremo certo noi, i peggiori della serie, a sostituire le regole di un gioco increato con le nostre pirlate.
      La religione è un optional, io infatti non ne ho parlato, ne parli tu (che ogni due per tre citi Bergoglio) perché sei un fedele. Per mia sfortuna, e lo dico con un certo rammarico, ma non posso farci niente, io non lo sono.
      Senza una comunità ben definita, concludendo, non c’è Stato.
      Senza Stato, non c’è civiltà. Mi sembra che lo sfascio-UE possa bastare come esempio.

  • Non c’è niente di stabilito, la società è una costruzione, non c’è niente di naturale e inamovibile, e i valori condivisi hanno sempre portato allo scontro, al conflitto, quando imposti. In tutti i casi i valori, quelli che lo sono per te non lo sono per me. Per questo ritengo che i valori condivisi siano un concetto senza capo nè coda, pura astrazione. Quanto al sottoscritto non sono assolutamente fedele. Di papa Francesco condivido solo alcuni valori che sono poi quelli di una società civile, nient’altro. Niente di dogmatico cara mia. Se poi si finisce ancora a parlare di identità vorrei che tu mi facessi un quadro, che per me non esiste proprio. Quanto allo Stato, se tu conoscessi la Storia, come consigli di fare a me, dovresti riconoscere che la geografia politica nei secoli è sempre cambiata. Se poi entro certi confini si pretende un’unità di intenti, appunto un’identità, quello cozza con quei principi fondamentali che garantiscono le individualità e le libertà di pensiero, cosa che tu aborri vista la veemenza con cui difendi il tuo pensiero unico. Io invece difendo la CONVIVENZA civile, anche con quelle come te. Naturalmente questo comporta grande fatica e riconosco che non sempre ci riesco.

    • Hai mai visto una costruzione poggiata sul nulla? Casa tua è priva di fondamenta? Come fa a stare in piedi? Piaccia o no, l’uomo è un animale la cui vita di gruppo è stata decisa altrove. Se poi tu e i tuoi sodali volete improvvisarvi demiurghi e dare vita ad una realtà inedita, accomodatevi pure. Mi sembra che negli ultimi tre secoli (giusto per restringere) più che combinare disastri l’umanità non abbia fatto.
      E’ chiaro, comunque, che non capisci ciò che scrivo, se continui a menare il torrone con fantomatici “uomini forti” e “valori imposti”, problemi tuoi personali nei quali non voglio neanche entrare. Il mio discorso era tutt’altro, e il fatto che tu non lo condivida non significa nulla poiché in democrazia, fino a prova contraria, vale il volere della maggioranza, non della totalità, sennò si parlerebbe di totalitarismo.
      I sovranisti saranno anche brutti, sporchi e cattivi, perché no, in fondo ognuno è libero di guardare il mondo attraverso il proprio cannocchiale. Si dà il caso, però, che a distruggere l’Italia abbiano provveduto i buoni, belli e soprattutto intelligenti (che adesso dicono che l’Europa così mal-fatta è stata un errore):
      https://www.ilprimatonazionale.it/economia/distruggere-la-domanda-per-migliorare-la-pne-ecco-a-cosa-e-servita-la-cura-monti-136197/

  • Dimenticavo: quanto all’Europa, quando non ci sarà più, allora si che saremo allo sfascio di tutti gli Stati. Forse tu dovresti, anche in questo caso, ri-studiare la Storia.

    • L’Europa, fatti alla mano, per ora ci ha portato allo sfascio.
      E finiamola anche con la leggenda secondo cui l’Europa ci avrebbe “regalato” un periodo di pace. Non è forse guerra quella dichiarata dalle élite finanziarie contro i popoli? E quale nome diamo ai bombardamenti aerei della “coalizione”, ai “feroci tiranni” da eliminare al prezzo di guerre finalizzate in realtà alla destabilizzazione del Medio Oriente decisa unilateralmente dal blocco israelo-statunitense? Tuttora gli Usa mantengono bombe nucleari in cinque paesi della Nato (Italia, Germania, Belgio, Olanda e Turchia), nello specifico bombe di gravità B61, pericolosissime e letali. Imperterrita la Francia dispone di un arsenale nucleare e ha un seggio permanente al Consiglio di sicurezza Onu. Prossimo bersaglio (molto prossimo, purtroppo) l’Iran. Ad Aviano caccia Usa F-16C/D sono pronti all’attacco nucleare con 50 bombe B61; a Ghedi i tornado PA-200 italiani sono pronti all’attacco nucleare con 20 bombe B61. Tutti questi ordigni saranno sostituiti dalle B61-12, destinate in particolare ai nuovi caccia F-35. Tutto questo in aperta violazione del Trattato di non-proliferazione, chi se ne frega. Diciamo che come “continente di pace” l’Europa è un esempio da NON seguire. La guerra, in realtà, non è mai finita per cui sarebbe cosa buona e giusta archiviare per sempre la balla galattica della “lunga pace” che non c’è stata. Neanche in 10 vite nonno Benito, i cui errori non sono qui in discussione, avrebbe potuto fare i massacri della “più grande democrazia del mondo”. Salute!

  • Sarà meglio preparare un gruzzoletto per il giovane…
    E un gruzzoletto nella banca del cielo per il vecchietto.

    • Secondo me, la banca del cielo va bene per tutti, vecchi e giovani.

  • No, di equilibri o disequilibri mondiali non ne so niente, quando non sono i soliti complottisti a raccontarli, quindi non commento. Dello scontro tra ricchi e poveri, e della nuova lotta di classe in atto cavalcata appunto dai primi contro i secondi ne ho già parlato ricordando le parole di Revelli a seguito del post di Francesco, nel caso tu non avessi letto. E non credo proprio che sia colpa dell’Europa. Quanto alle guerre in corso in paesi più o meno lontani, e non è un chissenefrega, io preferisco aver vissuto i miei anni in questa Italia ed Europa piuttosto che in quella del periodo tra il 22 e il 45 del secolo scorso. Quindi posso dire aver vissuto in un periodo di pace. Anche tu.

    • Una simile risposta da uno che millanta “umanitarismo” (?) ad ogni battito di ciglia, e’ surreale. Io, tu e le rose.

  • Visto che siamo al cazzeggio, non di qualità, ripeto che non era un “chissenefrega”. E poi io non millanto proprio niente e non sono un ipocrita. Piuttosto che sotto le bombe preferisco “vivere nelle nostre tiepide case”. Ciò non toglie che si possa essere umanitaristi, pacifisti, empatisti e tutto quello che la nostra sensibilità ci consente.

  • Lotta di classe dei ricchi contro i poveri, ripetere aiuta. Ieri, in quel delirio di Ikea e annessi, noto come ormai sanno tutti, come nelle città, che non esiste più un negozio in mano ai privati. In questa omologazione anche estetica, o vestimentale, mutande e maglioni sono tutti nelle mani di grandi marchi o catene. Tutto è Tezenis, Zara, Intimisimi, Carpisa. Sono multinazionali? Non so, di fatto la libera impresa non esiste più, di fronte a questi colossi che hanno fatto sparire i piccoli negozi, anche storici, che di fatto davano un’identità alle strade. Una omologazione che non lascia più spazio all’immaginazione, che fossi giovane in età di avventure saprei da prima che la ragazza indossa un reggiseno Intimissimi, che però difficilmente farebbe concorrenza alla bellissima modella che occhieggia dalle vetrine tutte uguali di tutte le città. Lo so, cazzeggio delle 06:58, senza tanto scomodare i sociologi.

    • Stiamo dicendo le stesse cose. Il globalismo e’ stato “un pacco” mostruoso rifilatoci dalle socialdemocrazie, principalmente per ignoranza e inadeguatezza. Correndo dietro alle loro vecchie ideologie (ancora lo fanno) non si sono accorte che il mondo stava cambiando.
      Comunita’, valori culturali condivisi, confini, Stati sovrani, sono un argine alla marea, poi si vedra’.

  • “Poi si vedrà” non mi piace neanche un po’. Che siamo di fronte ad una svolta necessaria e clamorosa è probabile, proprio per evitare il collasso del tuo titolo, ma credo che le strade siano più d’una. Se poi ci riferiamo a modelli esistenti, ammettiamo quelli indicati da Mainetti, o a modelli sovranisti più vicini a noi, o antichi, credo che non avrei nessuna remora a scegliere. Consideriamo la Norvegia (materie prime? ) o la Corea del sud (tecnologia, innovazione?) e consideriamo l’Italia degli scandali di corruzione uno dietro l’altro, materie prime niente, forse avevamo provato col petrolio in Adriatico, ma da tempo non se ne parla più, innovazione e ricerca inesistenti così che ragazzi di cervello se ne vanno, un patrimonio storico-culturale paesaggistico con un dissesto idrogeologico da far spavento, un cambiamento climatico da foreste abbattute, città allagate e arenili erosi, che questo magari è in parte anche colpa nostra se i torrenti di fango invadono i vicoli liguri. Ecco, ammettiamo tutto questo e mettiamoci una classe politica che riconosco in questo momento litigiosa che sembra muoia dalla voglia di consegnarci all’avversario, che sappiamo bene quale modello sovranista abbia in mente, e proviamo a ipotizzare quale sarebbe il connubio tra economia e appunto la Politica. Quella delle ex Ministre che rivendicato senza diritti mega appartamenti gratis, che in più racconta delle balle, o partiti che fanno sparire 49 milioni di euro e tramacciano con altri sovranisti per averne ancora di più? Naturalmente è tutto da provare nel secondo caso, ma riconoscerai che certe tue simpatie, cara Rita, lasciano il tempo che trovano. Ricordo bene il tuo sostegno al precedente governo che nel migliore dei ricordi era : ma sì, lasciamoli lavorare. Anche se una parte governa ancora. Ora, capisco che tra ius culturae tirato fuori nel momento sbagliato e sardine che non vogliono sentir parlare di bandiere e partiti, anche se credo si possa immaginare cosa votano, il futuro elettorale credo sia già delineato, col suo spirito autartico senza che ci siano le condizioni e le risorse per attuarlo. E da lì ad incazzarsi, cittadini, ma soprattutto Governo, il passo è breve. E’ già successo in passato. Insomma, quale svolta? Io non ne vedo se intendo un cambiamento dal mio punto di vista democratico come è stato in questi ultimi decenni. Ritornando invece ai rapporti tra economia globale e politiche nazionali anche lì non vedo soluzione possibile, se non sognando davvero una rivolta mondiale che una volta per tutte metta d’accordo poveri e medi di tutto il mondo contro i potentissimi ricchissimi e dittatorelli di tutto il mondo. Ammettiamo che per un giorno tutti fossimo capaci di azzerare tutti i consumi in modo da costringere i potentissimi a fare quattro conti. In verità un tempo era più facile scioperare contro il padrone che si sapeva chi era. Invece adesso l’invisibiltà dei potenti rende le persone ancora più impotenti e incapaci di reagire. Non sto parando del singolo caso, ma in senso lato di tutto il disagio economico che ormai attaglia tutti. E chissà che un giorno di austerity possa far riflettere anche quelli che del consumo han fatto la loro bandiera, non solo subendo, ma incrementando, dando manforte a tutte le derive del nuovo capitalismo. Quando poveri noi, ma anche poveri loro, anche solo per un giorno, chissà che si inneschino quelle riflessioni che rendano ognuno responsabile per sé piuttosto che nelle mani di politicanti solo attaccati al loro potere da far addirittura dire: datemi tutti i poteri così risolvo tutto. Sconcertato mi chiedo: vi sembrerebbe possibile? Non credo proprio che col sovranismo del signor Salvini si risolverebbe tutto. E qui si possono scomodare tutti i finti tecnici del mondo che dietro la loro autorità credono di avere la chiave per tutto. A questo punto io non mi fido né di esperti, né di politici, né di economisti. Io mi fido solo della mia sensibilità, magari infarcita di un minimo di conoscenza della Storia. Rita, stiamo dicendo le stesse cose? Può darsi, ma con scappatoie diverse…………se avrai o avrete la pazienza di leggermi.

    • Se credi che le vie d’uscita siano più d’una, sarai anche in grado di indicarle. Personalmente, io ne vedo soltanto una e trovo che la sua esistenza sia già un miracolo, visto come siamo messi. Mi rifiuto di scendere ai livelli trash del Repubblica-pensiero, che mi fa ribrezzo, perciò passo oltre. Anzi, insisto. Va ri-scoperto lo “spirito di comunità” all’interno di uno Stato solido basato su una cultura ben definita e su valori condivisi. Il meticciato serviva solo al grande capitale per fare ancora più soldi, ma purtroppo molti allocchi ci hanno creduto. Senza valori condivisi, c’è il nulla.
      Riguardo al Conte 1, confermo, dissi ai tempi “lasciamoli lavorare”. Ma visto che non lavoravano, era perfettamente inutile averli lì. Il Conte 2, invece, oltre a non lavorare sta facendo danni inimmaginabili. Non voglio neanche pensare che sia vera la notizia del nostro sostegno alla modifica del Mes così come proposta dalla UE (te la raccomando), perché allora è la volta buona che tiro fuori il fischietto dal cassetto e scendo anch’io in piazza, come ai vecchi tempi. Questi sono pazzi, non sanno quello che fanno.

  • Che palle questa storia del Repubblica pensiero. Ti assicuro che molta gente che vota a sinistra non lo legge. Preferisce il Corriere, o La stampa o il Manifesto. O non legge affatto. In tutti i casi questo giudizio sul Repubblica pensiero è poco rispettoso, oltre ad essere poco rispettoso per chi lo legge. Pensare che siamo tutti degli imbecilli dal mio punto di vista qualifica te, non noi. Il mio giornale è spesso critico nei confronti della sinistra, non è pagato da nessun partito, non è l’organo di nessuno. E non credere di essere l’unica capace di senso critico o libertà di pensiero. Come te la pensano in tanti, ma essere un buon numero mai ne definisce la qualità.

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