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GIORGIO CINCIRIPINI

Che fortuna i dipendenti statali svizzeri: possono lavorare in treno!

 

 

I dipendenti pubblici federali che rispondono alle e-mail, fanno telefonate o leggono i verbali che arrivano o arrivano dall’ufficio saranno in includerlo nell’orario di lavoro a partire dal 1 ° gennaio.

 

Un emendamento alla direttiva concernente le forme mobili di lavoro per l’amministrazione federale stabilisce che i lavoratori avranno semplicemente bisogno dell’approvazione del loro diretto superiore per avere il tempo speso a lavorare sul treno “pienamente accreditato”, secondo quanto riportato dal quotidiano SonntagsZeitung.

 

 

 

Un portavoce dell’Ufficio federale del personale, che ha parlato con SonntagsZeitung, non ha saputo dire quale percentuale dei 38.000 dipendenti pubblici attualmente sono autorizzati a lavorare durante il loro tragitto giornaliero o quanti dovrebbero trarre vantaggio dalla nuova regola.

 

https://www.swissinfo.ch/eng/out-of-office_commuting-will-soon-be-counted-as-work-too-for-some-swiss-civil-servants/45464562

GIORGIO CINCIRIPINI

07 Gen 2020 in lavoro

9 commenti

Commenti

  • Mi sembra che questa via possa risolvere il problema dell’assenteismo sui luoghi di lavoro, a patto che il controllo si trasferisca sul telelavoro! I risparmi di strutture adibite possono essere enormi se si arriva a una strutturazione del lavoro di questo genere. L’obiezione che non è una via applicabile all’Italia non mi convince. La capacità di produzione lavorativa non è dipendente dal posizionamento delle natiche su questa o quella superfice, né è ottenibile con mezzi coercitivi. Con una formazione adeguata dei quadri dirigenti si può in particolare ottenere di più che con qualsiasi coercizione. Impossibile rendere il lavoro uno scopo primario di vita? Non sono d’accordo, non è stato così nella mia esperienza né di lavoratore, né di responsabile delle persone che mi giravano intorno, che, comprendendo a cosa sono sensibili, cioè cosa si aspettano dal lavoro a parte lo stipendio, lavoreranno creativamente sia dentro che fuori orario e sede. Ricordare sempre le motivazioni più comuni: denaro e prestigio. Penso che questa via sia quindi gradualmente percorribile anche da noi.

    • E’ vero caro Adriano: ho riportato questa news a corollario di un altro mio post su demarcazione tra vita personale/famigliare e vita lavorativa. Un conto è il lavoro da ‘remoto’, istituzionalizzato, contrattualizzato per cui la persona ha il suo posto di lavoro … nel salotto di casa (sic!) … un conto la estensione dalle 8 alle 24 hr/giorno di disponibilità/connessione con l’azienda, che ha rovinato la vita delle persone (sia dal un punto di vista fisiologico – per le radiazioni – che psico-sociale).

  • Nelle aziende super-tecnologiche sempre meno ci sarà bisogno di un luogo fisico per lavorare (con un contratto legato a un certo numero di ore).
    Il lavoro sarà ovunque (anche in spiaggia!) e – come dici bene, Giorgio -, sarà di fatto esteso a 24 ore su 24.

  • Diritto alla disconnessione. Alcune aziende già trattano.

    • Una cosa è disconnettersi da una macchina, altra disconnettere la mente dal lavoro. Finiti gli anni delle tre M (macchina, moglie, mestiere) il lavoro resta sempre un motivo di identificazione dell’individuo: cosa si scrive sul bigliettto da visita, come da sempre sono stati identificati gli abitanti di un villaggio senza nemmeno bisogno di un cognome o paternità? Professione. Non a caso Google, come spesso ricordo, paga ore vuote di incombenze ai propri dipendenti, perché siano liberi di produrre creativamente, perché un’idea vale mille ore di lavoro. Credo quindi che un lavoratore motivato resti tale anhe durante il sonno, anzi, durante i sogni! (e quanto ve lo posso testimoniare!) Quindi la via è percorribile, e sarebbe bello che il lavoro entrase più spesso nei nostri temi di approfondimento.

  • Adriano, da nessun lavoro, idraulico o architetto o salumiere, ci si disconnette mai. Se però il mio dirigente chiede una risposta ad una mail alle tre del mattino o un consuntivo per il giorno dopo, allora sì che posso rivendicare la disconnessione.
    https://quifinanza.it/lavoro/diritto-disconnessione-basta-mail-whatsapp-fuori-da-lavoro/268459/
    Nella scuola:https
    ://www.orizzontescuola.it/contratto-scuola-introduce-diritto-alla-disconnessione-fasce-protette-lutilizzo-strumenti-tecnologici-insegnanti-non-piu-reperibili-h24/
    Del resto non esiste la reperibilità stabilita dai contratti nazionali o integrativi?
    Perchè reperibilità retribuita è un conto, essere schiavisticamente disponibili 24h. un altro. Insomma, nuovi lavori o contratti e nuovi diritti.

  • Adriano, dimenticavo i medici o chirurghi. Poi è ovvio che più i mestieri sono di responsabilità e più impegnano la mente giorno e notte, ma i professionisti di poco fa non devono stare con camice e ferri in mano tutto il santo giorno. Tutti hanno diritto, appunto, alla disconnessione, fisica e mentale, se ci si riesce.

  • È funzionale alla stessa produttività. Per riderci sopra … mi viene in mente una battuta (molto maschilista, sorry per le gentili lettrici) del capo del personale che diceva ai noi dirigenti (che non hanno orario di lavoro contrattualmente) eravamo ben felici perché l azienda ci pagava anche quando facevamo … l amore!!!

  • Di battute, Giorgio, me ne viene in mente un’altra, che forse conosci anche tu, quella per cui un dirigente è sempre in prova, è sempre reperibile ed è sempre responsabile. Ovviamente, la battuta si riferisce ai dirigenti di livello più elevato, al di là dei CCNL e a partire da certi compensi.
    Che per il ceto impiegatizio e categorie assimilabili una maggiore connettività, magari temperata da flessibilità d’orario e presenza, possa diventare effettivamente un vincolo con maggiori svantaggi che vantaggi, lo si sa da tempo. Solo, andrebbero distinti quei ruoli direttivi che, anche prima degli attuali sviluppi dei sistemi informativi, sono sempre stati portatori di determinati onori ed oneri. Fin dalla notte dei tempi, che si trattasse del piccione viaggiatore, del telegrafo o del web.

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