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ADRIANO TANGO

Il turismo ai tempi del coronavirus

Chiariamo subito, l’oggetto misterioso in copertina non è una ricostruzione gigante di coronavirus ma una semplice antica lampada a olio siciliana a becchi multipli. Tuttavia quando l’ho trovata la suggestione è stata forte, quasi si trattasse di un caso di preveggenza dell’artigiano.
Ma andiamo con ordine. Il primo viaggio, quello del fiore di mandorlo, è sempre il più atteso, quello che mia moglie e io programmiamo già nel cuore dell’inverno, come un punto di transizione che già dà calore. E cosa di meglio della Sicilia per un’anticipazione di primavera?
Ma questa volta iniziano a fioccare le notizie nefaste, e quella più preoccupante di tutte è che i Siciliani non ci vogliono! Ma che te ne fai del Sud senza calore umano?
Decidiamo di partire comunque, sia pur preoccupati dall’ipotesi di incappare in qualche controllo, magari febbricitanti per un qualsiasi altro motivo e risultare poi casualmente già contagiati, e finire in quarantena.
Le raccomandazioni a presentarsi in aeroporto con due ore di anticipo per i ferrei controlli non ci confortano certo, ma quando, imbottiti di tachipirina, arriviamo a Linate… nessuno. Né passeggeri, né controlli, nessuno, aeroporto vuoto, e aereo quasi privato, una ventina di passeggeri (Alitalia non sospende i voli, è una compagnia seria).
Approdo in terra sicula con un benvenuto di primo assaggio delle delizie gastronomiche che promette un incremento di 2-4 kg in una settimana, dato scientificamente testato.
Titubanti ci accostiamo ai primi siculi e… riceviamo la splendida accoglienza dei picciotti.
Poi si va. Guida di prim’ordine, una bella morettina di Palermo, laureata a Londra in archeologia, con cui posso confrontare le mie reminiscenze sulla colonizzazione greca. Compagni tutto sommato simpatici, ma soprattutto l’intera Sicilia tutta per noi, o meglio, noi e un paio di gruppi di giapponesi che abbiamo incrociato periodicamente, dei sorridenti “occhi a mandorla” che tuttavia ci evitavano come untori.
Ma il virus è il vero protagonista. Se ne parla nei bar, in dispute a voce alta, come si trattasse della partita della domenica. La gente con cui comunico è tuttavia matura e istruita, capisce la situazione, sa discutere con competenza anche della genetica del virus e sulle varie ipotesi sulla sua migrazione.
Metà viaggio, una coppia manca all’appello, dichiarando un’indisposizione di lei.
Metà giornata, la guida ha notizie del ricovero della donna, e sull’esecuzione del tampone. Lo sappiamo solo lei e io, che le sto alle calcagna per assorbire le sue conoscenze e portare avanti il gioco dei perché su fatti e reperti archeologici insoliti in cui incappiamo. Al rientro in albergo, ci siamo poi confidati, studiavamo le vie di fuga in caso di obbligo di isolamento, ma arriva la notizia: tampone negativo.
Sospiro di sollievo.
E così avrei dovuto continuare con animo leggero, ma le notizie che mi arrivano dall’ex mio ospedale non son belle, e il senso di colpa per non essere in prima linea inizia a rodermi.
Telefono al mio amico Ago, ex primario anestesista, che effettivamente, in Struttura convenzionata, sta nuovamente prestando la sua opera per esami in sedazione. Mi tranquillizza: “Fattela passare, un vecchio segaossa ci sarebbe solo d’intralcio!”
E arriva così la vigilia di un rientro, col botto: una splendida Palermo che esprime tutto il clima agrodolce, dei fasti e del degrado, sincretismo storico e anima dell’intera isola. Solo chi ha presente mi capisce.
Tocco d’arte: fuori dal giro organizzato, affitto un’ape-taxi, ovviamente con conducente-guida. Il piccolo veicolo saltellante sui lastroni in basalto del selciato antico si addentra fra i quartieri Ballarò e Vucciria, fra case pericolanti con porte e finestre sigillate da mura. Non un’anima in giro, se non smilzi cani vagabondi.
Azzardo un “Si potrebbe iniziare un piano di abbattimenti e riqualificazione”.
Mi guarda male, malissimo, e mi sbatte in faccia il rimprovero: “Ma non capisce il valore storico di questi ruderi?” Solo Ivano mi ha trattato così quando proposi abbattimento e riconversione della ex ferriera.
Me la son cercata, bruto insensibile modernista.
Anche se il mio report è legato all’epidemia uno sprazzo turistico-antropologico ci vuole: Palermo dalla mia ultima precedente visita è cambiata, la sicurezza la si respira. Lo spericolato slalomista conducente dell’ape me lo conferma: le stragi non sono state inutili, tuttavia la mafia si è spostata ancora più a braccetto con la politica. Ma Falcone e Borsellino rimangono due patriarchi osannati, due scogli che si oppongono a ogni nuovo dilagare della disonestà, eroi popolari in odore di apoteosi nei discorsi della gente. Commosso Tony, il conducente, mi porta nel vicolo dove è nato Borsellino, e dove, ancora studente, lavorava col fratello alla sottrazione dei giovani dalla manovalanza del malaffare.
Usciamo dalla Vucciria, e il simpatico nuovo amico mi sorprende dandomi l’etimologia corretta del nome del quartiere: “Dal sassone: una volta qui c’era il mercato generale delle carni, e la radice infatti è la stessa di butchery”. E pensare che vent’anni addietro una guida professionista mi aveva spiegato il nome col fatto che i Siciliani vociano! Che poi non è vero! Li ho trovati compostissimi, come sempre accoglienti, e colti.
Il gruppo ormai, dopo l’ultima giornata libera, si sta sciogliendo con saluti senza baci e abbracci.
Per il mio arrivederci all’isola mi faccio consigliare il ristorante più rinomato per il pesce, una trattoria finto rustico dai piatti superbi (addirittura i ricci, vietati per legge, anche se il proprietario mi dice che dipende dalla fase riproduttiva… Umh, sarà…)
E sempre con le dogmatiche due ore di anticipo siamo all’aeroporto Falcone e Borsellino: vuoto.
Nessun controllo, e quando finalmente siamo in fila per l’imbarco, con la scritta boarding che già lampeggia, per lunghi minuti non succede niente. Poi una telefonata, e si sale. Un fattorino porta trafelato in cabina i documenti di volo, che normalmente sono a bordo prima dei passeggeri. Capisco che ho ancora rischiato di restare lì.
Linate finalmente, e i controlli ci sono, e come!
E se la stanchezza mi avesse rialzato la temperatura? Accidenti, non ho preso la tachipirina!
“Si fermi! Fermo sulla sagoma dei due piedi e fissi questo punto! … … Prego passi”.
È fatta, la persona che ci accompagnerà a Crema c’è, si salta in macchina e si va, e la radio accesa trasmette gli ultimi provvedimenti restrittivi, ma trattandosi, come poi sapremo, di una fuga di notizie, il cronista dà il pacchetto del decreto come già operativo.
Attendendomi posti di blocco e arcigni militari con mitra spianati da un momento all’altro, con sollievo vedo scivolare alle mie spalle il cartello di confine della provincia di Cremona.
Casaaaaaaa!

ADRIANO TANGO

08 Mar 2020 in Antropologia

21 commenti

Commenti

  • A ta set ‘n bel incuscient, President (che fa anche rima!).
    Cmq, assai ben tornato e….che tempismo!
    E grazie per averci fatto partecipare …..a gratis!

    • Non ho fotografato tutti gli esercizi di tua proprietà delle contrade etnee: bar Torrisi, Macelleria Torrisi, abiti da cerimonia Torrisi… Comunque sono stato rispettoso della popolazione locale, e seconsdo un gradiente di controtendenza erano loro a rischiare! il punto ora è, che faremo inchiodati qui? Contiamo i giorni cantando ogni mattina “che bello vivo ancor”? Non so nemmeno se potrei raggiungere la casa al mare clandestinamente!

  • Già, perchè ce ne siamo accorti tutti che siamo solo all’inizio “in questo inverno del nostro scontento”. Anche se siamo quasi in primavera. Alla paura data dall’informazione è arrivata la nostra consapevolezza, tranne per quelli dell’aperitivo, fanatici della convivialità, fatalisti o incoscienti, che adesso costringono i bar a chiudere alle 18. Forse le misure non sono state così rigide. Pensavo, penso: se immediatamente fossero scattati controlli a tappeto, non sintomatico, ma per tutta la popolazione italiana, se mai fosse stato possibile per questione di tempi e costi in modo da isolare i contagiati, forse ci sarebbe stata meno propagazione? Sarebbe costato di più rispetto a quanto la sanità sta mettendo in campo ora per curare il numero imprevedibile di malati? Non so, la sparo lì. Comunque Adriano se qualche viaggio in meno ti salvasse la pelle? La Sicilia può aspettare, non scappa per chi ancora non la conoscesse, come la tua casa in costiera.

    • E sì, ho azzardato, ma non per me, casomai per i Siciliani! Tuttavia con la scarsa quantità di turisti in giro era facile rispettare le norme di sicurezza. Se c’erano solo giapponesi in giro, che la mascherina non la tolgono manco per far la doccia, vuol dire che la cosa era fattibile. La situazione la peso a ragion veduta, uno scenario che ho approfondito nel mio “La baia” , del 2010, che finiva con una sorpresa epidemiologica: quelli che più avevano combattuto per autosegregarsi in questa baia fuori dal mondo alla fine scoprono che erano già immuni, ma intanto hanno anche riscoperto i valori di una vita essenziale e con una buona dose di misticismo. Vuoi vedere cghe anche stavolta diventiamo tutti un po’ più buoni? Non lo credo, ma penso, e ieri in altro post ho riportato un parere qualificato a sostegno, che quest’allenamento ci farà bene, che per il prossimo virus avremo almeno le mascherine pronte in casa, che una maggior igiene ci insegnerà anche a limitare la diffusione di eventuali nuove infezioni batteriche, che magari qualcuno si decide a far fuori Trump che gioca con la pelle della gente anteponendo a tutto il profitto.

  • Adriano, mi pare che tu e io siamo stati gli unici su questo blog a cercare di ridimensionare il problema. Io, a costo di ripetermi e di espormi a critiche, vorrei cercare ancora una volta di dare un piccolissimo contributo alla sdrammatizzazione di questo fenomeno tanto irrazionale.
    I dati cinesi, verificati anche dagli osservatori di altri Paesi, mostrano che la curva dei contagi sta diminuendo, così come quella dei decessi, mentre aumenta rapidamente la curva delle guarigioni, segno che l’epidemia in Cina ha superato il picco e sta andando in esaurimento. I morti in Cina sono stati finora all’incirca tremila, vale a dire lo 0,0002% degli abitanti, ovvero, se ci si limita alla provincia di Hubei, lo 0,005%.
    Tuttavia, da noi si continua a diffondere il terrore e a far leva su emozioni negative. In sostanza, possiamo prevedere, se non vi saranno sviluppi imprevedibili, che l’andamento dell’epidemia in Italia mostri un aumento del numero dei contagi e delle morti nelle prossime settimane, raggiungendo il suo picco per poi calare e scomparire, come ogni sindrome influenzale.
    Per altro, secondo l’Istituto Superiore della Sanità, l’influenza ‘normale’ contagia ogni anno il 9% degli italiani (quindi tra i 5 e i 6 milioni) e provoca, direttamente o indirettamente, fino a 12.000 morti (nonostante i vaccini).
    Questo Covid-19 ha contagiato in un mese 6.000 italiani, e ha ucciso poco più di 300 persone, quasi sempre anziani e malati. Mi sembra che siamo assai lontani dalle cifre di una ‘normale’ influenza stagionale. Ma anche se arrivassimo a quelle cifre, perché in passato nessuno se ne è mai preoccupato, il Paese è sempre andato avanti normalmente anche d’inverno, mentre ora tutti sono impazziti?
    Sarà vero che questa non è una ‘normale’ influenza e che presenta in certi casi un più alto rischio, ma se ci basiamo sui numeri non mi pare vi siano ragioni valide per cadere nel panico. La peste nel medioevo poteva mandare all’altro mondo il 50% della popolazione, in certe città anche l’80%. Ma il Covid-19 muove percentuali che mi paiono insignificanti per una nazione. Vi sono certo i drammi personali, che nessuno vuole minimizzare, ma questi accadono ogni giorno dell’anno, senza che il Paese si paralizzi. Eppure, da alcune settimane, sembra circoli la peste nera. Perché? Forse mi sfugge qualcosa?
    L’unica vera catastrofe mi sembra sia quella economica e sociale provocata da noi, dalle nostre reazioni. Ma ancora più grave per me è constatare come si possa diffondere con estrema facilità e rapidità una peste psichica di dimensioni planetarie. Allarmante è anche l’ipotesi che questo Covid-19 venga usato poi come giustificazione per imporre un obbligo vaccinale o, più in generale, che si approfitti di una presunta emergenza per ridurre lo spazio delle libertà individuali.

  • La Cina ha preso misure più drastiche che da noi. Sarà che è una dittatura, a proposito di libertà personali, e si è comportata di conseguenza. Ho visto poco fa in televisione immagini della movida a Napoli. Nessuna precauzione da parte di nessuno quando sappiamo che le strutture ospedaliere al sud non sono in grado di fronteggiare un’eventuale emergenza. Per questo ritengo che fare pronostici sia azzardatissimo. Diciamo che la fase acuta in Cina è passata, ma potrebbe anche tornare, data la scarsa conoscenza del virus. Da noi è all’inizio. Non tutti quelli scappati da Milano l’altra sera, non solo verso Napoli, saranno così virtuosi da denunciarsi alle autorità sanitarie. Credo che tra ottimismo e pessimismo non ci sia altra possibilità di vedere l’evolversi. E poi scusi signor Cadè, perchè non dovremmo avere paura? E’ solo quella che magari con un minimo di precauzioni ci preserva dal contagio.

  • Io credo che questa sia la peste nera, certamente non quella antica, ma considerato il rapporto culturale con la morte dell’uomo moderno, e da quello non ci si scappa, io credo che sia uguale. E i numeri a questo punto contano poco,.

  • E poi perchè sottovalutare i drammi personali? Personali vuol anche dire di e per ognuno di noi. Chi ha voglia di andarsene? Perchè potrebbe capitare, non crede?

  • Per restare alle percentuali, mi pare che questo virus abbia ucciso finora (all’incirca) lo 0,0006% della popolazione italiana. Se invece ci limitiamo alle regioni del Nord, le vittime sono circa lo 0,001%, cioè una persona ogni centomila. Anche ammettendo la possibilità di evoluzioni sconcertanti, anomale, imprevedibili, non credo si possano far paragoni con la peste nera. Alimentare la paura è, a mio modo di vedere, un grave errore. Le precauzioni devono essere proporzionate al reale pericolo. E non credo si possa dire: “poiché non conosco l’esatta entità del pericolo, allora devo adottare misure estreme”. Questo modo di ragionare porterebbe a conseguenze catastrofiche. Bisogna fare ipotesi ragionevoli, razionali e non emotive.

  • Lei ne fa solo una questione di numeri, ma ripeto, il nostro rapporto con la morte va oltre i calcoli percentuale. Da qui l’allarme. Toccasse a me far parte anche solo di quel 0,0000 non mi sarebbe di nessuna consolazione.

  • O a una persona che mi è cara.

  • Lei ha ragione. Però dovrebbe spiegarmi perché l’anno scorso o quelli precedenti Lei, come milioni di altre persone, non aveva questi stessi timori ovvero perché un intero Pese scopre di colpo la paura di morire. Ogni anno si può essere contagiati da un virus influenzale. Cos’è cambiato concretamente?

  • Non lo so signor Cadè, ma gli esperti ci dicono che il Coronavirus non è una comune influenza. Altrimenti perchè si sarebbe creato tanto allarmismo? Se guardassimo i numeri potrei anche darle ragione, ma altrimenti, senza arrivare ai complotti, tipo le multinazionali dei vaccini, perchè tutto questo ambaradan? Me lo spieghi Lei, ma con argomentazioni razionali. Potrei anche concordare.

    • Il punto è proprio questo. Non me lo spiego. Se mi baso su un’analisi obiettiva dei dati, non lo capisco. Perciò ho fatto due ipotesi. La prima è che qualcuno (non so se deliberatamente o per incoscienza) abbia indotto un allarme esagerato, alimentando forme di panico collettivo e provocando una reazione a catena di fenomeni politici e sociali.
      La seconda è che i dati comunicati non siano reali. Gli esperti dicono che non è una ‘comune influenza’, va bene, ma questo in sé non significa nulla. Se anche ammettiamo che è più pericolosa, in che misura lo è? Dicono che il rischio è che, in certi soggetti, si sviluppi una polmonite non curabile con antibiotici. D’accordo, ma alla fine, che letalità è ragionevole aspettarsi? E in che misura questa letalità si lega a patologie già in corso o ai rischi naturali della vecchiaia?
      Io non ho risposte. Comunque, nel dubbio, preferisco buttar acqua, e non benzina, sul fuoco.

  • Cari amici, visto che il dibattito sulla pericolosità si è spostato qui mi esprimo: se si parla di storia naturale delle malattie si intende la loro evoluzione in assenza di perturbazioni. Qui purtroppo si calcola la pericolosità senza distinguere pazienti intubati dai poco o nulla assistiti, e un tubo in gola non è natura. Idem per la contagiosità, calcolata dopo le misure profilattiche.
    Attenzione però, queste condizioni restrittive avvicinano di molto la nostra maniera di vivere a quella che dovrebbe essere secondo natura, estremamente sparpagliati sul globo terrestre.
    Ricordiamo che Ferrer spense la peste narrata dal Manzoni aprendo le porte del lazzaretto e permettendo ai degenti di disperdersi per le campagne, bonificando quindi il focolaio, in modo naturale. Nelle nostre condizioni di vita attuali quasi tutto il mondo è un unico focolaio. Comunque questo virus muta rapidamente, e quindi continuerà il suo cammino anche in forme attenuate che serviranno da competitori, come vaccino di se stesso.
    Ora, visto che il parere scientifico comune è vicino alla mia opinione che questa la possiamo considerare una prova generale per comportarci meglio la prossima volta, facciamo esperienza, diamo un taglio al pendolarismo visto che si può lavorare da casa, e diamo un taglio al turismo più snaturato, le crociere in primis. Ce ne sono di virus pronti a mutare! Sapete ad esempio qual è un sorvegliato speciale? Il vaiolo del cammello!

  • La cronaca dal “lazzaretto”, da chi ci “butta il sangue” giorno e notte (e apprezzerete il fatto che non abbia attinto all’abusato “h24”!) non è esattamente in questi termini!
    Banale influenza o pandemia, il fatto è che la nostra sanità è già al limite della sopportazione ed io non mi sento affatto tranquillo di non avere, in caso di necessità (che magari nn c’entra un bel nulla con il “corona”) un “pronto soccorso” che è ….pronto a soccorrermi!
    M’è capitato una volta, personalmente, nella vita e, per mia fortuna, nn era una cosa poi così grave e tutto ha funzionato come si deve, è capitato al mio bambino (ed era grave!) ed un bravissimo chirurgo l’ha acciuffato ….per i capelli e l’ha salvato!
    Ora noi, sulla tastiera, al caldo, disquisiamo sul perchè e il percome, ma li, nel “lazzaretto” per chi ci lavora, chi ci è tornato per ….passione, per senso civico, per etica personale (big abrazo Agostino!), non c’è tempo per ….ragionarla, si cerca di farla sfangare a più persone possibili!
    E chi sghignazza per il “metro di distanza” , sbuffa per i provvedimenti restrittivi, non vuole rendersi conto che sta mettendo a rischio se stesso ( e sarebbe poi il meno) ma tutta la comunità della quale (sulla carta) dovrebbe far parte, e lo fa, ne più ne meno di quando se nefrega dei limiti di velocità, delle distanze di sicurezza (ancora! in auto) del buttare la busta di plastica ripiena nella roggia e il mozzicone acceso dove capita!
    E’ questo il “brodo di cultura” che vorrei proprio si prosciugasse definitivamente!
    E se fosse che, come dicono al tuo sud (quello della “Baia” Adriano) “…..spess o mmmale porta bbbbene!”

    • Non è difficile immaginare i problemi negli ospedali, problemi che riguardano tanto i medici e gli infermieri quanto i malati e tutte le persone che necessitano di assistenza, non solo quelle con l’influenza.
      Io temo in effetti che la situazione negli ospedali possa giungere rapidamente al collasso, dato che i contagiati cresceranno rapidamente nelle prossime settimane e purtroppo anche i malati gravi e i morti. C’è scarsità di mezzi, di spazi e di personale, è ciò dipende anche da scelte politiche.
      Questo non giustifica secondo me il clima di terrore che viene quotidianamente diffuso, e neppure mi fa mutare idea sulla gravità intrinseca di questa epidemia. Mi fa però riflettere sulle conseguenze disastrose di un certo sistema mediatico, politico e sociale.
      Se poi il tentativo di avere un approccio razionale e non solo emotivo è visto come un reato contro l’umanità, mi dispiace. È superfluo precisare che non esprimo giudizi scientifici e che non ne ho le competenze, ma mi limito a esaminare opinioni di vari esperti e i dati relativi, e a trarre delle ipotesi personali. Oltre a mostrare solidarietà umana e a rispettare le leggi, penso che ognuno di noi abbia il diritto e il dovere di ragionare.

  • Il modello cinese è l’unico modo per fermare il coronavirus, ma noi… democratici l’abbiamo snobbato per non violare le libertà dei cittadini e ora ci troviamo con uno tsunami in casa.
    Pensiamo che a Pechino (non a Wuhan) ci sono ancora misure drastiche: tutti con le mascherine, controlli di ogni movimento, misurazione della temperatura ogni qualvolta ci si sposta da un villaggio all’altro, droni che… sgridano se non segue con scrupolo le norme previste.

    Ridiamo pure, poi faremo i conti. Guardiamoci intorno (parlo di Crema, parlo del Cremasco): vediamo morire troppe persone.
    Ci vogliono pene durissime per chi sgarra, per chi viola la quarantena (Mosca, in questo, eccelle).
    Nella Corea del Sud si prevedono addirittura sanzioni per chi si rifiuta di fare il tampone (ne hanno già fatti oltre 200.000).

    • Tuttavia le misuure blande non sono inutili, servono a dilatare i tempi del contagio globale e a permettere al virus di produrre esso stesso una propria variante attenuata che inizia a girare come suo antagonista ma funge anche da vaccino. In questo modo si spengono le epidemie: raarefazione umana e immunità di massa. Pensiamo anche che avessimoo vissuto sempre così, secondo natura, non sarebbe nemmeno salito alla ribalta! Comubnque io sto lavorando, in locali ampi e aereggiati, con incopontri protetti, e non rischio e non faccio rischiare.

  • Adriano, io credo che il problema sia proprio questo, rallentare il contagio e ‘diluire’ nel tempo il picco epidemico. Gli ospedali sono già allo stremo, cosa faranno tra un mese quando (forse) l’influenza raggiungerà la sua massima intensità? Sembra che in Cina il picco sia stato raggiunto oltre due mesi dopo i primi casi ‘ufficiali’. Lì sembra che siano riusciti a contenere i danni, dato che tremila morti su un miliardo e mezzo di persone sono (per un’epidemia) nulla.
    I dati italiani sembrano per ora indicare una mortalità al 6%, che è altissima, mentre quelli, per esempio della Corea del Sud, sono allo 0,7%. Credo che ciò dipenda dal fatto che in Corea hanno fatto molti più tamponi di noi, quindi il numero dei contagiati è molto più alto rispetto al numero dei decessi. Qui, da quel che ho capito, stanno limitando l’uso del tampone a chi presenta sintomi preoccupanti. Così è logico che la percentuale dei morti risulti più alta. Inoltre, noi abbiamo una popolazione mediamente molto più vecchia.
    Fosse un’influenza ‘comune’ si potrebbe dire: “rassegnatevi, come al solito durerà all’incirca altri tre mesi, ci saranno all’incirca sei milioni di contagi e più o meno diecimila morti”, o cose simili. Ma mi pare che nessuno osi fare previsioni. Questo virus è nuovo, dicono, quindi imprevedibile. Tuttavia l’andamento epidemico in Cina potrebbe già fornire qualche indicazione, o no?
    Ribadisco la mia opinione che i danni peggiori li farà la paura. E chiedo scusa se rendo pubblici i miei pensieri e i miei dubbi pur non avendo alcun titolo di studio specifico in questo campo che mi autorizzi a parlare.

  • A riprova dell’efficacia anche di blanda profilassi la curva di nuovi casi in Lombardia di ieri è in caduta. Resta il fatto che se le strutture sanitarie sono al collasso ci vuole l’isolamento totale, perché anche un solo contagio potrebbe essere un’astensione terapeutica. Esaurito il senso di questo mio report, e la mappa dei contagi mi dice che ho “scelto “la parte indenne della Sicilia, propongo di concentrare il dialogo sul post dedicato (la vita al tempo…)

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