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RITA REMAGNINO

#Milanononsiferma

#Milanononsiferma sono state le ultime parole famose (con tanto di maglietta dedicata) del sindaco Beppe Sala. Mai come stavolta i residenti nella metropoli lombarda lo hanno preso in parola, iniziando a correre come lepri verso stazioni ferroviarie e capolinea di autobus. Via dalla pazza folla, dalla zona rossa, dal contagio del Coronavirus, dalle restrizioni imposte dallo Stato. Ma soprattutto, dalla paura.

 

 

La bozza del decreto legge che ha istituito la “zona rossa” in Lombardia, chiudendola di fatto sia in entrata che in uscita, ieri sera ha provocato un vero assalto ai treni alla Stazione Centrale e alla Stazione Garibaldi, dove alle 23.20 è partito l’ultimo Intercity night per Salerno. Stiamo parlando di una folla di oltre 500 persone che ha cercato di salire sugli ultimi convogli in partenza, anche senza biglietto, dicendo ai controllori di essere disposti a pagare la multa pur di poter restare a bordo. Moltissimi altri hanno scelto l’autostrada e l’automobile.

 

 

E’ stato un errore madornale quello di “lasciar filtrare” la bozza di un decreto severissimo a mezzo stampa, mandando nel panico la gente. E’ ovvio che scappando i fuggitivi stanno spostando il contagio altrove, cioè in regioni in cui il sistema sanitario è in tilt tutto l’anno, anche senza emergenze. Ma a parte il solito prendere di mira il governo giallo-fucsia, che ormai è diventato come sparare sulla Croce Rossa, cerchiamo di mettere a frutto il periodo di quarantena che ci sta regalando ore aggiuntive di solitudine e riflettiamo sui primi due punti che saltano agli occhi.

 

Il primo è che i fuggiaschi queste cose che abbiamo appena detto le sanno perfettamente. Non sono cretini. Ritengono tuttavia più confortante l’idea di ammalarsi “a casa” anziché in un “non-luogo” dove sono costretti a vivere per racimolare un po’ di soldi. Cade miseramente il mito della metropoli da bere e da mangiare perché va bene il perenne luna park, i cinema i teatri i musei sempre in funzione, ma alla fine l’uomo per vivere ha bisogno di ben altro pane. Quando arriveremo alle porte del paradiso o dell’inferno, nessuno ci chiederà quanti film abbiamo visto, né quanti libri abbiamo letto, ma il nostro stato sarà determinato dalla quantità di ore liete e penose che abbiamo trascorso in mezzo ai nostri simili, perché siamo umani.

 

Il secondo punto di riflessione è forse il più evidente e conferma che i muri più malvagi costruiti dall’uomo non sono quelli che impediscono di entrare (è sufficiente dirigersi altrove) ma quelli che proibiscono di uscire. Sarà pure una banalità ma, forse, è meglio ricordarlo a quanti s’illuminano d’incenso ogniqualvolta un clandestino tenta di forzare la serratura.

RITA REMAGNINO

08 Mar 2020 in Attualità

67 commenti

Commenti

  • Tempo fa ho scritto che l’Italia è una nazione (una non-nazione) più che altro strapaesana. Anarchica, e incline più alle commedie che alle tragedie, i drammi. Solo quando le tragedie li colpiscono sul naso, diventano tali. Senza bisogno di farla lunga, basta guardare quanti italiani buttano i loro mozziconi di sigarette sulla strada (centinaia, migliaia ogni anno); imbecilli, uomini e donne, che fanno finta di non sapere che un mozzicone ci mette parecchio tempo prima di sparire, svanire dalla faccia della Terra.
    Milano, fino al coronavirus è stata la metropoli planetaria (a detta di tutti giornali: francesi, inglesi, americani, anche spagnoli) che riceveva più attestati di stima, invidia altrui, incrementava turisti, più di tutte le altre cittadone italiane senza dubbio; per non parlare delle cittadine, dei “luoghi vuoti”, che per soldi, e per altro sono in affanno ormai cronico, un pò ovunque, salvo rare eccezioni. Poi, chi scappa da Milano è soprattutto gente del sud d’Italia che è a Milano per lavoro, per studiare (quindi non milanesi, la maggior parte); i milanesi, gentile signora, quelli con le palanche non prendono il treno, in queste situazioni, ma tirano fuori dai loro giardini segreti il Suv e se ne vanno alla casa in montagna, al mare, ai laghi.
    Oggi, alle 12, su Radio Tre c’era il consueto concerto in diretta dal Quirinale di musica classica. Registrato giorni fa? Oppure no? Applausi del pubblico in sala. Come una qualsiasi domenica ante-coronavirus. Nemmeno una spiegazione, dire: il concerto risale a tempo fa. L’Italia, nei momenti di caos, torna il territorio strapaesano di sempre. Responsabilità scarsa (solo per i propri intimi); svicolare le regole. Come per i Datori di lavoro che sono invitati a concedere ferie e permessi ai loro dipendenti. Giusto. Ma se uno è dipendente sanitario si deve ammazzare di lavoro, niente ferie, niente permessi, niente di niente, e rischiare più degli altri. Peggio per loro. Mentre gli insegnanti si portano il computer in montagna, i dipendenti delle aziende pubbliche scappano in Calabria.

    • Mi sembra che stiamo dicendo la stessa cosa, signor Pasini. I “milanesi”, non diversamente dai parigini e dai londinesi, sono ridotti ormai a poche manciate di persone, non sempre ma molto spesso asserragliate nelle ZTL. Citta’ dentro la citta’. Nelle metropoli in talune parti belle “da vedere” e stracolme di distrazioni e svaghi, ci si va “per lavorare”. In attesa delle ferie per rornare a casa e “vivere”. La massima aspirazione di qualsiasi migrante e’ da sempre poter tornare indietro prima o poi. Un viaggio senza ritorno non e’ un viaggio.
      Come lei ben sa l’essere umano si forgia nei primi quattro anni di vita, e non e’ acqua fresca l’insieme di colori, luci, gusti, profumi, pregi e difetti del luogo di origine che viene immagazzinato nel primo periodo. E’ Coscienza. Biologia ed esperienza di una specie animale intelligente che ha memoria, nonostante tutto.

  • Ma nessuno ha pensato che la gente semplicemente fugge dall’epidemia, mica per tornare “fra le braccia di mammà” ma semplicemente per andare dove il virus non ha attaccato? Semplice istinto di conservazione, esasperato dai fatti magnificati. Io, come ho illustrato nel post appena sopra, ho fatto il precipitoso cammino opposto alla stesssa ora. Ovvio che si fugga dove c’è un minimo di accoglenza, un parente, un tetto, ma a questa storia delle origini, del sangue che chiama, non ci credo. Il punto è, e a bocce ferme consulterò qualche collega infettivologo, perché il contagio in val Padana e non nel Beneventano? Ragioniamo su questa fragilità territoriale per spingere, agendo alla cremascoltese, nella giusta direzione.

    • Forse sopravvaluto il genere umano, ma dubito che qualcuno creda veramente che da qualche parte il “virus non ha attaccato”. C’é dappertutto ma, notoriamente, qualcuno fa tamponi in quantità industriale e qualcun altro non ne fa. Giusto stamattina parlavo con un toscano che mi diceva “qui c’è pieno di polmoniti”. E grazie, i numeri però dicono un’altra cosa e gli anziani di qualche male devono morire.
      Non è il “sangue che chiama”, Adriano. Il sangue è sangue. Punto. Ma se proprio uno deve star male, la metropoli destabilizza e sconforta. Le grandi città della terra sono state costruite per scopi commerciali e vanno bene per i giovani sani che hanno voglia di spendere. Per le categorie più deboli sono trappoloni micidiali.

  • La solita italiuccia da buffostivale: anche su un provvedimento di portata inusitata come quello di stanotte, si lasciano uscire veline, spifferi, non dirlo a nessuno ma……!
    Che share ha fatto il festivaldisanremo?
    Quelli, siamo!
    Io mi sto occupando della mia family, dell’orto, dei miei libri, dischi,film!

    • Sai qual’è il problema, in Italia? Che i media sanno tutto subito (non gratis, immagino) e addirittura i politici e/o gli interessati apprendono le notizie dai media. Non paga mai nessuno. La giustizia in questo Paese serve a fare di tutto, fuorché a condannare i colpevoli.

  • Risponsdo a Rita: dal momento che la litigiosità per motivi di giuste cure, cioè il numero di cause per presunta malasanità, è molto più alta al sud che al nord, non credo proprio che scappi una polmonite al tampone. Se ha attaccato più spettacolarmente qui che altrove ci sono i motivi territoriali, anche orografici e climatologici. Se vogliamo affrontare il tema della fragilità del tessuto padano alle infezioni sono pronto, ma trasferirei il discorso su altro post più attinente. Chi sa che non ne esca una valutazione utile a chi ci difende dalla minaccia?

    • In Italia (del Nord, al 90%) sono stati fatti quasi 30mila tamponi, in Francia 1.000 e in Germania meno ancora. Come si può credere che in Padania ci siano più contagi che oltre confine? Un virus arrivato da Wuhan a Codogno via Francoforte, non sarebbe capace di oltrepassare le Alpi?
      Quanto alle Regioni italiane, sono stati gli stessi governatori ad esternare il loro pensiero, non si tratta di supposizioni. Rossi per la Toscana, ad esempio, ha detto chiaramente di non approvare l’operato dei colleghi di Veneto e Lombardia e di voler fare i tamponi solo a quelli che finivano in rianimazione. Ben sapendo, perché lo dicono i virologi, che oltre la metà dei contagiati è asintomatica. Ma infettiva.

  • Convincente. Comunque la decisione del Governo di porre nel pacchetto uno stanziamento per ditte ITALIANE per produzione urgente di macchinari e presidi mi sembra un’abile mossa. Oltre alla vergogna dei prodotti respinti, rosseto compreso, so per certo di camion che trasportano mascherine etc che fanno conversione a U prima della frontiera. Ma se parliamo di Italia mantengoil punto: la pianura paadana è epidemiologicamente fragile, per le condizioni stesse che causano l’altisssima incidenza di pneumopatie, per la rapidità di scambi non ostacolati dalle alture, e soprattutto per la bassa velocità dei venti.

  • Massì, sono abbastanza d’accordo anch’io con lo Zhok (non è uno pseudonimo, vero?) tranne che per il paragone del “frigo al polo”, che con l’andazzo che c’è …..!
    Non c’è stato ancora nessun ….reale cambio di passo!

    • No, non è un avatar, ma un giovane docente di Antropologia Filosofica.
      Lo leggo spesso e non mi dispiace.

  • Arianna editrice è un editore classificato populista. Tra le firme Alain De Benoist. Leggere bene quello che ne esce. Si può dire di essere d’accordo dopo aver letto con attenzione articoli e autori. In genere populisti che azzerano, almeno ci provano, le vecchie categorie di destra e sinistra.

    • Non ti rispondo a tono perché non voglio essere maleducata. Alain De Benoist è un ottimo autore, e chi non lo ha letto non ha titoli per commentarlo. Idem dicasi per Cardini, Pecchioli, Lamendola, Veneziani, Bozzi Sentieri e molti altri. Trovo interessanti anche gli studi tradizionalistici di Aleksandr Dugin. E con questo? Dovrei rendere conto a quelli come te di ciò che leggo? Sappi che il fascismo-fucsia non mi impressiona, anzi, mi dà motivo di combattere. Tu hai argomenti per contraddire le affermazioni di Zhok? Non credo proprio. Tutto il resto che hai scritto è pura fuffa. Roba da rotocalco.

  • Signora Rita R., mi scusi, quelli che scappano da Milano è evidente che hanno casa altrove, quindi che c’entra Milano? Forse ha sbagliato obiettivo; magari dovrebbe chiedere alla Regione Lombardia perchè ha passato la notizia, le anticipazioni alla CNN, come ha ammesso il “giornale” americano, che la bozza del decreto è stata a loro anticipata, in quanto le regioni sono state informate prima dell’ufficializzazione. Hanno fatto i furbi i leghisti-populisti? Può darsi; in fatto di astuzia, i leghisti-populisti sono italiani veri non meno di altri, forse un filino di più. Un filino spesso di più. Poi c’è un’infinità di altre faccende quasi comiche, se il momento non fosse per niente comico. Dicono di stare a casa. Oggi, “costretto” a restare a Crema, sono andato a passeggiare ai Mosi, sulla ciclopedonabile. Una bella giornata di sole. Sedici gradi. La vista del pizzo Coca, della Presolana. Del panettone del Monte Guglielmo, in Val Trompia. Che meraviglia, Sa signora che c’era un’assembramento sulla ciclabile, tale, che bisognava fermarsi, per evitare di andare quasi addosso alle persone. In un ora e mezza di passeggiata – da italiano vero anch’io – avro’ incrociato almeno cento cinquanta persone o di più, e così per sfuggire dal traffico ho deviato per l’interno dei Mosi, superando le belle case del quartiere, verso la campagna dove hanno azzerato ogni pianta, perchè i campagnoli amano la campagna ma non le piante, e si vede Ombrianello a distanza. E’ un percorso che faccio non di rado, e sa quante persone ho incontrato, senza bisogno di citare pensatori della destra francese e magari altri “muratori” del pensiero? Almeno un centinaio che arrivavano da vari sterrati, anche un noto cronista nazionale, anche se in questa parte di campagna piatta, sgombra di alberi, anche noiosa, con il sole e una temperatura mite, sembravamo tutti felici. Un amico mi passa questo: a Nembro vedrai che la zona rossa non la faranno mai; lì, ‘sgoba anche la da not, figures se i bloca ‘l laura’ i ve fora da ca’ col furcu’ cuntra ‘l guern l’europa (traduco, perchè lei è ligure: lavorano come dei dannati anche di notte, figurarsi se bloccano i nostri paesi, andremmo fuori coi forconi contro il gobverno, l’Europa). Se ha capito non se abbia a male, il cremasco, da me mal scritto è gnucco. Frequento amici con brutti pensieri, cosa vuole. Cattive amicizie.

    • Bravo! Quelli che scappano da Milano “hanno casa altrove”. E’ esattamente ciò che ho detto. Non è stata comunque Regione Lombardia a passare la notizia, la vedo poco informato. Ne avrà forse dato conto a CNN in seconda battuta, ma in Italia il panico è stato scatenato dal “palazzo”, come hanno dichiarato diversi cronisti della parte politica di cui lei si fida, come la Fusani.

  • Rita, Milano s è fermata per le cose importanti ma non per le cose cretine. Che senso ha chiudere le scuole se poi gli stessi citrulli, lontano dai banchi, spandono in giro il contagio affollandosi per l’aperitivo?
    Che senso ha creare zone rosse, arancioni e gialle se poi migliaia di forsennati sciamano dalle stazioni milanesi verso il meridione propagando il virus, perché almeno ci si ammala tutti però con davanti una bella pastiera oppure le orecchiette o la caponata, tutti intubati però insieme a mammà?
    Possibile che non riusciamo, almeno per un po’, a “stare fermi”, a limitare le nostre ansie peripatetiche, a contenere le smanie logistiche, a frenare il vagabondaggio ossessivo, e placare gli strofinamenti e i palpamenti reciproci, a smetterla di sbaciucchiarci e cincischiarci in pubblico?
    Forse anche alcune norme di educazione nascevano anticamente come cautele sanitarie. Come quella di non andare a parlare a tre dita dal naso altrui o quella di salutarsi senza mimare abbracci e amplessi sul marciapiede. Cose che a Milano stanno ancora accadendo non appena si scatena la movida, nonostante tutti i DPCM e i divieti. Certo, in altre città è mille volte peggio. C’è tutta una parte d’Italia che non si è ancora resa conto di che cosa stia succedendo, che ascolta gli stornellatori della “solita influenza”, per cui tralalà e tiracampà. Ma non è una gran consolazione, visto che poi il nomadismo generale ricomincia dappertutto.
    Milano si è fermata per le cose importanti, Rita, ma continua a offrire rappresentazioni esemplari di come una certa compulsiva “dipendenza da prossimo”, che ha segnato determinate epoche dell’umanità, possa diventare, in periodi di contagio come questi, il miglior viatico per fare il male proprio e altrui.

    • Qui, però, farei qualche distinguo. Mi sembra che gli over 50, forse perché sono direttamente interessati, abhanno capito benissimo la gravità del momento e se ne stanno in casa. Tra l’altro, non vedo il problema, si sta benissimo. Una parte degli altri è combattuta tra la cautela e le necessità del lavoro, il restante sono la cosiddetta “generazione perduta” che non sa cosa fare senza l’aperitivo e l’after hour. “Stiamo sacrificando cose imprescindibili come il diritto all’istruzione, la socialità, infine l’economia di un paese in nome degli over75.” Così parlò via twitter l’idiota patentata che risponde al nome Fuani Marino, un’ottima arrampicatrice che è riuscita a farsi pubblicare il suo romanzo autobiografico da Einaudi. Non ci sono più gli editori di una volta. Molto probabilmente la valanga di insulti ricevuti dopo aver espresso il suo pensiero in un tweet. In buona sostanza, secondo Fuani Marino, rinunciare ad andare nei locali solo per salvare dei vecchi è fatica sprecata, non ne vale la pena.

    • Spiacente, mi è partito il dito, comunque quello che volevo dire s’è capito. E’ con questa genete che dobbiamo misurarci. E non sono pochi.

    • E che dire degli altri giovani (insomma..) stolti, quelli dei centri sociali che in queste ore stanno fomentando la rivolta nelle carceri? Giusto questa ci mancava. Stiamo offrendo al mondo l’immagine di un paese nel caos.

    • Distinguo pienamente condiviso, cara Rita. Senza dimenticare che la movida milanese (e non solo milanese) vede anche imperversare molti quaranta-cinquantenni di ambo i sessi, che a volte (forse per maggior consapevolezza del count-down anagrafico) sono ancora più esagitati dei ventenni. Con in aggiunta l’elemento (che non costituisce proprio un dettaglio) di un portafoglio più munito di quello di tanti ragazzi che contano gli spiccioli e i nichelini.
      Sul COVID-19 e su altri contagi da vedere come possibile soluzione “eugenetica” nei confronti degli anziani, forse varrebbe pure un distinguo. Da operare tra i giovani che parlano solo perché l’aria gli è uscita dalla parte sbagliata e quelli invece che sono giunti a un consuntivo documentato e ponderato dei risultati che la generazione precedente alla loro (in pratica, la mia) sta lasciando loro in eredità. Ecco, qui il discorso si farebbe forse un poco diverso. Ma andremmo fuori tema e, quindi, rientro subito nei ranghi.
      Di sicuro, dai sessant’anni in su, nell’interpretare almeno in parte l’attuale diradarsi di questa fascia di età nelle aree della movida, si potrebbe parafrasare il XXXIII Canto, dicendo: “poscia, più che ‘l piacer poté la fifa”.

    • Temo che molti “giovani quaranta-cinquantenni” vivano la vita in modo del tutto inconsapevole. Ma l’argomento meriterebbe ben altre dissertazioni, per cui mi fermo qui. Oggi, intanto, la Borsa di Milano ha perso 55mld., i morti aumentano e non si sa piu’ dove mettere i ricoverati. I Cinesi sono stati molto piu’ bravi di noi, che invece di sanzionare i trasgressori andiamo avanti ad autocertificazioni. Mancano un centro decisionale e una voce autorevole.

  • Tutti con la mascherina..!
    Poco che faccia,qualcosa fa.

    • Pare che la migliore non sia quella acquistata in farmacia, che dovrebbe essere gettata via ogni tot ore, ma la mascherina di cotone (casalinga) da lavare e sterilizzare dopo ogni uscita. Fermo restando che si può anche non uscire. Si può fare la spesa on line sul sito “esselungaacasa.it” e farsela portare a casa. E’ comodissimo.

  • Mi sembra che qui, oltre a lanciare il fatidico #Milanononsiferma, sia il caso di lanciare anche un preoccupatissimo #l’europanonsiferma. Di fare castronerie, voglio dire. A parte la vergogna di un’Europa che si è ben guardata dal verificare che i tamponi venissero eseguiti in ogni Stato in maniera sufficiente, sistematica e adeguata (così ognuno dà i numeri che vuole), adesso ne combinano un’altra.
    La barca affonda a causa della pandemia, e cosa fanno gli eurocrati? ANTICIPANO AL 16 MARZO L’APPROVAZIONE DEL MES!!! L’emergenza per l’Europa non è il COVID-19 bensì il Mes, così parlò l’Ecofin. Di sicuro avranno giudicato il momento estremamente propizio per fare quello che vogliono, visto che molti Parlamenti nazionali (il nostro in testa) sono letteralmente fuori combattimento a causa dell’emergenza sanitaria. E pretenderebbero anche che ci sentissimo in colpa per non essere europeisti. Ma che schifo!

  • La movida milanese, cioè una botta di vita, che nel cremasco sono briciole, al confronto, crea fastidio? Invidia? Adesso deve essere fermata. Giusto. Ma chi non prova il piacere di una città vera, che Crema non è, e tanto gode di restare a casa (cosa che dobbiamo fare in questo periodo), quando la faccenda sarà risolta non potrà far altro che farsi gli occhioni con la movida milanese, e il teatro, i tanti teatri, il cinema, i tanti cinema, e che cinema, la musica, tutte le musiche del mondo, le biblioteche serie e non quelle ridicole del nostro territorio, che hanno tutto ciò che vuoi consultare, i negozi, i turisti, e un’aria frizzante che a Crema non c’è, le iniziative culturali, e mille altre cose che Crema può solo sognare inutilmente, anche con il cielo azzurro. Altreo che Milasno non si ferma. Crema non è mai partita.

    • Davvero impietoso, Marino mettere a confronto in …. termini assoluti la “Repubblica del Tortello” (e mi piace usare quanto coniato, ai tempi da Beppe Betenzoli) con la metropoli della “Bella Madunina”!
      Altro è puntare il dito con determinazione verso ciò che davvero potrebbe dare a Crema, fuori da ogni assurda, velleitaria competizione con la metropoli, una sua “autonoma centralità”: nella stessa sede di Via Bramante (ex Olivetti, con estensione al “Campus Pierina”), dove si erano consolidati con successo i Corsi di Informatica e sicurezza delle reti (risucchiati al “centro” da Milano), un “Polo di ricerca – Corso di Laurea in Matematica applicata e Scienza delle decisioni,” strategico per il territorio ed il Paese tutto.
      Questa battaglia, sposata da CremAscolta , solo momentaneamente in stand by, punta proprio l’obiettivo di “far ripartire” Crema con una sua “autonoma centralità”, dalle prospettive di sviluppo e arricchimento non solo al pur fondamentale livello culturale, ma anche con ricadute di grande positività per tutta la comunità Cremasca!

    • Invidia? Scusi signor Pasini, ma lei crede davvero che uno che passa la serata a stordirsi di alcool e droghe “si diverta”? Ha scambiato la disperazione per appagamento? Tutti i provinciali con la lingua fuori a sbavare di rabbia davanti al meraviglioso spettacolo di un gregge di pecore frastornate? Ma che film (dell’orrore) ha visto ultimamente? Passi il suo innamoramento per i luna park metropolitani, ognuno dopotutto può amare chi cavolo gli pare, ma un’analisi sociologica corretta meriterebbe ben altre argomentazioni.
      Nell’Era della Tecnologia è semplicemente ridicolo parlare di metropoli che offrono “teatri, cinema, musica, biblioteche”. Tutto questo oggi lo porta direttamente a domicilio il web. I libri, tutti i libri, arrivano da Amazon. I film, tutti i film, provengono da Netflix e similari. La musica, tutta la musica, si scarica da Spotify ed è pure gratis. Proprio ieri sera mi sono fatta un magnifico “giro in poltrona” tra i 7600 disegni di Munch che il Museo di Oslo ha messo on line in uno stupendo tour virtuale. Secondo lei nel 2020 c’è bisogno di prendere il treno per alimentare la propria anima? O crede che il segreto della vita sia andare a fare caciara sui Navigli?

  • Io dico che queste libertà perimetrate van bene in questo momento. Poi la vita sociale deve riprender, ognuno di noi con le sue modalità, o tra il casino della movida o nella ristretta cerchia di amici o parenti. In questa fase è sconsigliato anche questo. Io non mi auguro certamente un inversione di tendenza, da tutti insieme a tutti soli. La socialità, i rapporti umani vanno oltre il collegamento web. Quindi in questo momento non c’è nè da gioire nè da disperarsi. Consideriamo questi giorni come un momento di riflessione coatto che ad alcuni porterà qualche cambio di rotta, ma per la maggioranza non muterà assolutamente nulla. Quando tutti, o quasi, saremo sopravvissuti, allora sì che forse matureranno frutti nuovi. Adesso, sotto pressione, credo che una previsione antropologica sia azzardatissima, con alto rischio di errore. Se poi ci mettiamo l’economia allora gli scenari prossimi venturi sono assolutamente solo ipotizzabili. Speriamo bene.

    • Voglio ben sperare che gli arresti domiciliari finiscano! La vita monastica è meravigliosa quando la si sceglie, non quando viene imposta per legge. Ma il momento richiede un drastico cambio di passo, e chissà che a qualcuno torni utile. Al gregge da movida, non credo. Ma se non ci fossero in giro tanti utili idioti, come farebbe a girare l’economia? Di cosa vivrebbero 7mld. e mezzo di persone?

    • Caro Francesco sono stato impietoso, è vero.
      Caro Ivano, ora c’è questa emergenza, certo; poi ognuno deciderà, quando si tornerà alla normalità, cosa fare della propria vita, delle serate, e il resto. Sempre che possa. C’è a chi piace stare più che altro rinchiuso, monastico fra quattro mura, e passeggiare dove non c’è gente, e chi, magari non cammina ancora con le mani intrecciate dietro la schiena, aspettando il momento di tornarsene a casa, e guarda con fare sprezzante chi si fa l’aperitivo al bar, o ha voglia di un bicchiere di vino seduto a un tavolino di un bar all’aperto tra chi passeggia. Che male c’è passare la serata ascoltando musica dal vivo, andare al cinema, in un bel cinema con un buon film, una serata a teatro, decidendo quale teatro, e poi finire la serata in pizzeria? Solo gli stupidi, maschi o femmine, pensano che questi piaceri sono modi per “uscire di testa”, ubriacarsi fino a girare intorno ai lampioni. Forse è tutta invidia, magari perchè chi lo dice fa una vita misera.
      Alla signora Rita R., che dice cose confuse, anche preoccupanti, non rispondo, non è il caso.

  • Non esageriamo, sarà capitato anche a te di bere un bianco sui Navigli o su piazza Gae Aulenti a Porta Nuova, ed è un rituale piacevole. Ce lo impongono la nostra cultura e la nostra economia, senza farne uno stile di vita, ma stiamo dicendo tutti e due la cosa più ovvia che si possa dire, come è del tutto inutile ripeterci che dobbiamo cambiare abitudini. Ma a tutto questo dobbiamo opporre qualcos’altro di compensativo, è questa la sfida.

    • No, sinceramente dei bar non me ne può fregare di meno. E quando ci vado, di solito per cortesia verso qualcuno, non mi diverto particolarmente. E’ un “obbligo sociale”, punto. O un perditempo, il treno arriva tra mezz’ora per cui infiliamoci in un bar. Ma meno male che bar e ristoranti ci sono, senza il settore della ristorazione non so di cosa vivrebbero tanti giovani.

    • Signor Pasini, “cose confuse” le dirà lei. Non conduco una vita misera e non so cosa sia l’invidia, mi occuperebbe il tempo che non ho. Semplicemente esprimo idee che sono lontane anni luce dalle sue. Punto. Scenda dal pulpito, per favore.

  • A me non pesa la vita monastica, però vorrei capire alcune cose. Le indicazioni del consiglio dei ministri mi sembrano assai incoerenti. Si dice che posso uscire di casa solo per ragioni di salute, di lavoro o per fare spese alimentari. Quindi in tutti gli altri casi è vietato? Non mi pare, perché poi si dice che sono aperti bar, pub, ristoranti, centri commerciali e negozi. Se la gente non può andarvi cosa stanno aperti a fare? Posso andare da amici o parenti? Per fornire assistenza, sì, usando ogni precauzione. Quindi non posso andare a mangiare da un parente o da un amico che sta bene ma al ristorante sì? Non si possono fare attività sportive di gruppo ma si può fare ‘attività motoria’ da soli, a distanza. Quindi posso uscire di casa per una passeggiata o una pedalata in bicicletta o no? Posso portare fuori il cane ma solo per il tempo strettamente necessario. E cioè? E poi, che senso ha proibire i movimenti di alcuni e lasciare altri andare in ufficio o in banca, a lavorare, andare in autobus, metro o in altri posti dove comunque si può trasmettere il contagio? Per chi trasgredisce son previste sanzioni fino a 206 euro o l’arresto fino a 3 mesi. Ma non sarebbe il caso, prima di arrestare qualcuno, di spiegare meglio le cose?

  • Infatti, Livio, le sollecitazioni delle regioni del nord vanno proprio in questa direzione: se dobbiamo fare i monaci, facciamolo sul serio, non stile monaca di Monza. Vedo comunque che i cittadini, come sempre, sono più giudiziosi della loro cosiddetta classe dirigente. I commercianti stanno tirando giù la serranda di loro spontanea volontà, anche senza disposizioni e decreti che stanno covando a Roma. E caliamo un velo pietoso sulla “autocertificazione” che in Italia, da quando è nata, è stata all’origine di moltissimi mali.

  • Condivido la considerazione del signor Cadè sulla vita monastica. Certo, poterla fare in amena campagna o in opima biblioteca non è come farla in un monolocale di Quarto Oggiaro in zona pusher e viados, teniamolo presente. Fermo restando, comunque, che certe ascesi e illuminazioni si possono raggiungere anche in condizioni peggiori.
    E sono d’accordo con Rita sulle serrande lombarde che stanno andando giù da sole. Anche perché non ci sono dubbi sui motivi di giustificazione per uscire di casa. Per cui, certe attività e aperture, per coerenza, dovrebbero essere di supporto solo alle comprovate esigenze lavorative, alle situazioni di necessità (anch’esse già ben specificate), ai motivi di salute e ai rientri a casa propria. Negozi, bar, ristoranti, uffici, esercizi vari e via dicendo. E visto che i casi inseribili in autocertificazione sono solo questi e sono davvero pochi, chiari e precisi, si chiuda, almeno in Lombardia, dove conviene e si deve chiudere. E basta là.
    Il problema vero, ovviamente e come sempre, è quello dei controlli e delle sanzioni effettivamente irrogate, in una realtà nazionale in cui le grida si sprecano e l’ottemperanza alle norme scarseggia. In Lombardia potremmo forse non essere messi troppo male, quanto a spirito civico e senso di responsabilità, al netto delle solite eccezioni e furbate (i cretini convinti d’esser furbi ci sono dappertutto). A Crema, poi, potremmo esser messi ancora meglio. Lo stiamo già dimostrando, nei fatti. Stiamo reagendo, nel complesso, con ordine e disciplina ammirevoli. Tutt’al più, basterebbe tenere d’occhio soprattutto certe zone, in certi orari. Non ci vorrebbe molto.

    • Controlli non ce ne sono. Vieni a farti un giro nei dintorni della passerella sul Serio, Pietro. La mattina ancora ancora (dormono) ma il pomeriggio è un delirio: ragazzini sbraitanti dappertutto, gente con il cane, genitori che spingono il passeggino, giovani adulti che fanno jogging. Sono in ferie non in quarantena! Forse non hanno capito che “la campagna” va bene se si è in quattro gatti, ma se mezza Crema si riversa in campagna non ci siamo. Eh no, non ci siamo proprio.

    • Ma certamente, Rita. Infatti è una delle zone da monitorare bene, sin da prima del virus, magari non quella più problematica. Al mattino ci passo ogni tanto in bici per superare il fiume, tagliare fuori le Quade sotto la tangenziale nel passaggio agricolo, superare la Comparina e arrivare oltre Madignano dall’altra parte della ferrovia, poi a campi. Non sapevo che di pomeriggio, di questi tempi, si riempisse così. Sono i genitori che sbarcano lì i figli a far masnada, lasciati a casa da scuola. Non va bene. Prima del virus, almeno al mattino, c’erano solo quelli che usavano gli attrezzi del Rotary, che sono comunque ben distanziati. Comunque, Rita, lì è città, non campagna. Io intendo, per campagna, guardarsi intorno e non vedere un’anima a perdita d’occhio.

  • Vita monastica, più estetica che altro, o godereccia che sia, con tutti i moralismi che ne seguono, che forse mi fanno incazzare anche di più, ha ragione Marino, vita sociale azzerata, spostamenti contingentati in questa bella primavera che ci viene sottratta, rubata. Tutti sotto stretta osservazione. Inquietantissima situazione, da arresti domiciliari, mai provata fin d’ora, necessaria, dicono, ma da film di fantascienza. Cause o conseguenze con inutili analisi che non servono più, perchè una passeggiata lungo il Serio negata, a debita distanza, dopo le raccomandazioni di un metro, o qualcuno in più, che credevo bastassero, adesso ci viene negata anche questa. Era così necessario vietarmi un giro in bicicletta, solo, lontano dalla pazza folla che non c’è più? E cosa fanno, mi fermano, mi sanzionano, mi arrestano? Metodi da dittatura, dopo aver lodato gli italiani per il loro senso di responsabilità, già ieri esercizi commerciali chiusi, pochissima gente in giro, incontri distanziati anche lungo il fiume, chi abbraccia, bacia e stringe le mani? Nessuno dal mio piccolo osservatorio. Fino al 25 marzo, magari in appartamenti claustrofobici, niente giardino, più rimbambiti ancora incollati al cellulare 24 h. su 24. perchè siamo animali sociali, in più italiani, con tutti gli stereotipi del bel paese, popolo caloroso, conviviale, ospitale. Ora televisione, perchè non tutti leggono, dipingono,studiano o riflettono. Quello lo fanno gli intellettuali, i pseudo artisti, i finti originali che fingono di fare buon viso. Buon viso a cosa? Adesso, anche se per breve tempo, tutto si azzera con buona pace dei bontemponi che si immaginano poi chissà quale nuovo stile di vita dopo questo imposto, didattico, propedeutico a cosa? E magari sognano il loro stile esteso a tutti, perchè io ho capito le cose, gli altri devono essere educati perchè da soli non ci arrivano a pensare che i loro comportamenti, la massa è responsabile di tutto questo, erano sbagliati. Ho amici che mai si siederebbero per bere un caffè in piazza Duomo, non è morale, e se invece fosse da bigotti e basta? Con uno snobismo un pò patetico se il mio star seduto sotto il sole primaverile e guardare più attentamente il colore del cotto e delle pietre della nostra bella chiesa, e magari leggere anche il giornale è riprovevole solo perchè loro non lo fanno.
    Che moralismi del cazzo! E scusate la sintassi, ma anche a questa regola comincio ad essere insofferente.

    • Signor Macalli. mi creda, non è il momento giusto per lamentarsi o contestare. Bisogna credere, obbedire e combattere. Se quel che accade le sembra follia, tenga i suoi pensieri per sé, lo dico per il suo bene. Siamo nella zona rossa della mente.

  • Vita monastica, molto divertente, di clausura magari. Tutto il giorno a pregare, o grattarsi le balle, magari facendo conserve e marmellate, curare l’orto, canti gregoriani, ma magari qualche disturbino esistenziale ce l’hanno. O vita da contadini, autosufficienti, come nei masi trentini, tutto edulcorato, tra speck e formaggi d’alpeggio, gerani ai balconi, abiti tradizionali in onor di telecamera, dimenticando di dire dell’isolamento invernale, della fatica perchè la terra è bassa, ma tutto è poetico, anticonsumistico, pochi grilli per la testa, vita spartana perchè solo l’essenziale eleva lo spirito, non corso Como. O altrimenti l’ascetismo da città, coltivare i pomodori sul balcone, il senso della famiglia ritrovata, riunita, guardare estasiati il cielo di primavera o le forsizie e le magnolie in fiore del giardino del vicino, se non hai di tuo, le giunchiglie che già sfioriscono, le viole del tuo metro di prato che resistono, la coppia di tortore sul cedro, magari anche i fastidiosissimi corvi, ascoltare il tempo, l’avvicendarsi delle stagioni, cosa c’è di meglio, basta quello.
    Quanti stili di vita alternativi, e che bello che forse cominciamo a renderci conto che abbiamo sbagliato tutto. E che bello quello che ci aspetta dopo aver trovato il senso della nostra esistenza. E che culo quelli che l’hanno trovato prima. Impariamo la lezione.

    • Anche quelli che stanno seduti per ore al bar a guardare la gente che passa (spettegolando e cazzeggiando) qualche disturbino mentale ce l’hanno. Siamo una società di disturbati mentali. E chissà che il virus, se non ci sopprime, ci stimoli a qualche considerazione più intelligente.
      Tra le centinaia di messaggi ironici che girano in questi giorni su WA ce n’è uno molto vero: “ai nostri padri hanno chiesto di andare in guerra mentre a noi stanno chiedendo di rimanere sul divano”, e ci lamentiamo pure. Quante balle.

    • Altrimenti ascoltare Kavafis, anche se può valere sempre. Questa epidemia comincia a starmi simpatica. Anche se io non vedo l’ora di uscire a mangiarmi una pizza. L’ordinanza è di ieri, ma siamo tutti in quarantena da un bel po’.
      “E se non puoi la vita che desideri
      cerca almeno questo
      per quanto sta in te: non sciuparla
      nel troppo commercio con la gente
      con troppe parole in un viavai frenetico.
      Non sciuparla portandola in giro
      in balìa del quotidiano
      gioco balordo degli incontri
      e degli inviti,
      fino a farne una stucchevole estranea.”

  • Che poi io cosa chiedo? Chiedo solo di fare un giro in bicicletta. Non di guardare il mondo dietro le sbarre. Non ci era stato detto che bastava una precauzionale distanza? Perchè il decreto non è chiaro. E come lo certifico tra le quattro opzioni?

    • Se La fermano può dire che sta facendo ‘attività motoria’

  • Posso andare pedalando oltre il cartello di Cremosano? No, non posso, sarei fuori Comune.

  • E perchè dovrebbero chiedermelo? Non lo vedono? E comunque siamo alle solite. In un commento di qualche giorno fa scrissi che queste misure si sarebbero dovute decretare subito. Ma poi, quando arrivano….

  • “mentre a noi stanno chiedendo di rimanere sul divano”. Questa intelligente considerazione lasciamola a chi non è in grado di immaginare o prevedere scenari magari più foschi. Non l’hanno ancora capito che questa crisi economica derivata potrebbe preludere al peggio? Non si tratta solo dell’oggi.
    H. 9:24: si può spettegolare e cazzeggiare anche dal divano di casa propria. A me piace sedermi al bar in estate, non mi sento un imbecille e non ho sensi di colpa.

    • Il messaggio è rivolto evidentemente a quanti in casa propria mordono il freno, come se due settimane (forse) di clausura fossero la fine del mondo. Cosa c’entra la recessione economica? Che, tra l’altro, sarà mondiale. La propensione ai bar di te, me e quell’altro non c’entra con l’argomento in questione. Ognuno è libero di spendere il tempo concessogli come meglio crede. La vita è sua.

  • E poi quante balle. La piazza è sempre esistita.

    • Le case, anche.

  • Cadè 8:29 ” lo dico per il suo bene” . Suona minaccioso.

    • Certo, siamo minacciati. Occorre fare attenzione a quello che si dice e che si fa. La paura rende violenti.

  • Ha ragione, anche in me serpeggia un certo nervosismo. Non mi dica che in Lei no.

    • In tempi simili bisogna evitare il contagio, non tanto del virus quanto della follia.

  • L’epidemia di Spagnola, tra il 1918 e il 1920, scoppiò dopo la prima guerra mondiale. Poi sappiamo tutti cosa successe dopo. Cosa c’entra la crisi economica? Fai tu.

    • Amò fascismo … ma noooooo!!! In taluni soggetti questa forma di ossessione persecutoria non retrocede neppure in presenza di una pandemia mondiale. Non vorrei essere nei loro panni. Il post, comunque, è #Milanononsiferma. Oppure #iorestoacasa. Sul #andràtuttobene non ho certezze, per cui non lo rilancio.

  • ” Sul #andràtuttobene non ho certezze, per cui non lo rilancio.” Appunto, limitiamoci a questo. Cancella i precedenti.

  • “Un mio pensiero va ai testimoni di Geova, proprio oggi che ci avrebbero trovati tutti a casa, non possono uscire a citofonare”. Parola di WhatsApp.

    • Quella sui “Testimoni di Geova” è una signora battuta, Ivano, sempre che si possa ancora scherzare di questi tempi.
      Signora Rita R., avevo promesso già tempo fa di non dialogare più con lei, ma lei mi ha “sinsigato”, un termine che non dovrebbe esserci nel dizionario, più volte, quindi le ho risposto. Facciamo così: io scendo dal pulpito e torno a lavorare dal ferramenta, a sporcarmi le mani come ho sempre fatto, a mangiare polvere di calce e cemento, e con me viene anche lei, che viene dal popolo basso, quindi non avrà difficoltà, visto che ha avuto come chi scrive, magari anche lei genitori senza una lira, che non riuscivano in due (mio padre operaio e mia madre sarta) a tirare fine mese se non con enormi sacrifici. Scendiamo entrambi dal pulpito. Visto che siamo due poveracci, intendo persone povere, venga con me in ferramenta che le piacerà. Ma non una settimana. Quindici anni, almeno, poi forse, quando lei si rimetterà a scrivere, finito l’apprendistato si capirà qualcosa, finalmente di ciò che scrive, forse.

    • Signor Pasini se non desidera dialogare come me, basta dirlo. Sarà mia premura, d’ora in avanti, non commentare più i suoi commenti e non leggere più i suoi post. Problema risolto. Chiudo quindi con quest’ultima replica al suo commento che sembra uscito dagli “Hard Times” di Charles Dickens, i «tempi difficili» da dimenticare, gli anni tutti lacrime e sangue. Non mi risulta che lavorare in una ferramenta sia come calarsi in miniera o arrostire nei campi di cotone, ma se lo dice lei sarà senz’altro così. E “quindici anni di lavoro” francamente sono pochini rispetto alla media nazionale di quaranta, che nei prossimi anni diventeranno cinquanta. Mi sembra di capire, concludendo, che lei abbia lavorato né più né meno di quanto tutti abbiamo lavorato, e lavoriamo.

  • Io stento a capire: posso uscire, ma devo certificare la destinazione. Orbene, siccome alcuni esercizi sono attivi, cosa distingue l’andare in panetteria dalla tabaccheria? Perchè devo distinguere, specificare? O altrimenti conciliare i due bisogni, scelgo la tabaccheria più lontana da casa (forse sconsigliato) compatibile con una pedalata e a quel punto mi fermo anche in panetteria. Ci vogliono due moduli? O altrimenti opto per l’Ipercoop, dove trovo i due beni contemporaneamente. Ma in questo modo non mi sgranchisco la gambe perchè ci vado in macchina e così compro anche altro che mi serve. Ci sarei andato domani, ma visto che ci sono anticipo a oggi. Scelta saggia: una sola autocertificazione. Il secondo modello lo uso finalmente solo per fare una pedalata domani.
    Un piccolo sondaggio, anche se il primo giorno sarà difficile reperire dati significativi: nessuno è ancora uscito oggi?
    P.S.: senza stampante, ho solo due modelli. Altrimenti aspettare che me lo forniscano le forze dell’ordine.

    • Ma guarda che l’autocertificazione scaricabile dal sito del Ministero dell’Interno è sempre la stessa, basta barrare “situazioni di necessità” (cioè spesa) e tenerselo in tasca. Se non hai la stampante, prendi un foglio e scrivi. Le possibilità che ti fermino strada facendo sono minimissime.

  • E’ vero, domani dovrò uscire perchè ho prenotato le mascherine in farmacia, e poi abbiamo bisogno di un pò di spesa. Oggi invece del pane patate. Vediamo.

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