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PIETRO MARTINI

Il Borghese, il vento e la civetta

«Signori, grazie per aver risposto al mio invito. Mi fa piacere che nessuno manchi a questo incontro, dopo i mesi in cui abbiamo temuto il peggio a causa della pandemia. Ora, per fortuna, ci possiamo ritrovare senza rischio di contagio. Purtroppo, devo richiamare la vostra attenzione su un altro rischio, ancora più grande di quello a cui siamo appena scampati. Sarò franco e diretto con voi: signori miei, adesso rischiamo di non riuscire più a farla franca. Sapete bene a che cosa mi riferisco. Negli ultimi secoli abbiamo corso rischi piuttosto grossi. Ma adesso la faccenda è davvero rischiosissima. Certo, nessuno se l’aspettava. Ma è successo. Questo virus ha rotto ogni certezza, spezzato ogni sicurezza in milioni di persone, in popoli interi. Così la gente ha capito che niente è immutabile, senza alternative. Signori, sempre più persone, dopo l’esperienza di questo virus, stanno pensando che il mondo non debba per forza restare quello che è. Si comincia a dire che i nostri assetti sociali e i nostri sistemi economici potrebbero cambiare, forse anche drasticamente. Finora eravamo riusciti a far credere che questo fosse il miglior mondo possibile, quello dell’economia di mercato, dell’impresa privata, del libero capitalismo, della finanza globale. Bastava addurre, a riprova dell’assenza di ogni alternativa, i fallimenti dei regimi comunisti e delle dittature del proletariato. Ma oggi le persone pensano che, se è bastato un virus, così infinitesimamente piccolo, per cambiare così tante cose, allora chissà come potrebbe cambiare il mondo se a realizzare il cambiamento fossero degli uomini capaci di pensiero e d’azione. Miei cari signori, il rischio gravissimo che oggi fronteggiamo è quello del cambiamento. Perché la gente ha visto che cambiare si può. Sappiamo che il cambiamento, purtroppo, può motivare molti spiriti, soprattutto quelli non succubi della stampa, della televisione, della rete, della compulsività digitale, di tutte le droghe mediatiche che abbiamo propinato all’umanità. Il cambiamento può motivare soprattutto gli uomini di libero pensiero e di libero spirito. Ma c’è di peggio. Può motivare i giovani. I giovani, capite? Proprio quelli che più di altri possono sfuggire a qualunque lusinga o ricatto, a qualsiasi bastone o carota. Signori, un mondo che avevamo assopito, sonnambulizzato, letargizzato, un mondo che avevamo convinto dell’impossibilità di qualsiasi cambiamento riguardo ai propri assetti sociali ed economici, ora si è svegliato e sta per rimettere tutto in discussione. A partire da noialtri, dalle nostre posizioni privilegiate di potere, di rendita economica, di speculazione finanziaria. Ma c’è di più. Il contagio ha aumentato la povertà di molti, distruggendo posti di lavoro, fonti di guadagno, possibilità di sopravvivenza economica. Il virus ha messo sul lastrico una quantità impressionante di famiglie, allargando a dismisura le differenze sociali e colpendo la parte più debole della popolazione. La miseria è dilagata senza pietà, senza rimedio, senza soluzione. E voi sapete bene quanto la miseria possa indurre a gesti estremi. Parliamoci chiaro, signori miei: qui tira aria di rivolta. Stiamo attenti, perché i trucchi da noi usati per dividere gli animi e sedare il malcontento non bastano più. Rivolta, tumulto, sommossa non possono essere affrontati con le solite marionette politiche di cui fino ad ora abbiamo mosso i fili. O con argomenti fasulli come l’europeismo o il sovranismo di facciata, la destra o la sinistra, i partiti di pronto impiego messi a far teatrino e finta baruffa sotto la nostra regia. Non basterà più distribuire i nostri tirapiedi politici in moderati (in realtà, liberali conservatori), in progressisti (in realtà, liberali populisti), in radicali (in realtà, liberali demagoghi), o in altre fittizie categorie alimentate dalla nostra greppia. Non basterà il solito gioco delle varie bandiere e sigle di partito, tutte a nostro payroll, dentro le aule istituzionali preposte alla formalizzazione giuridica dei nostri interessi economici di ceto e di censo. Non basterà la nostra fortunata trovata del voto popolare e delle elezioni, così utile per alimentare nelle masse l’illusione collettiva della democrazia. Ebbene, miei cari signori, ammettiamolo: negli ultimi secoli ci è andata di lusso. Siamo tutti Borghesi e sappiamo quanto ce la siamo spassata. Nessuno è mai riuscito a fare alla nostra classe sociale quello che noi abbiamo fatto alla precedente. Noi non abbiamo perso la testa sulla ghigliottina e nessuna rivoluzione ci ha mai creato troppi problemi, anche perché abbiamo imbrigliato ogni moto rivoluzionario nei tortuosi sentieri della rappresentanza politica, del cameralismo parlamentare e nel congegno dilatorio delle riforme e del riformismo. Come se non fosse evidente che solo una rivoluzione, una rivoluzione vera, potrebbe abbatterci e cancellarci, noi e tutto il nostro sistema sociale ed economico. Ebbene, signori, il problema è proprio questo: adesso gira aria di rivoluzione. Avete capito? Ri-vo-lu-zio-ne! Questo virus ha fatto alzare il vento del cambiamento. Ha precipitato nella miseria buona parte della popolazione. E miseria vuol dire rivolta. Tutto sta per cambiare. Tutto scorre. E, come dice il sommo, quando il vento del disgelo scioglie i ghiacci, la piena travolge gli argini e i ponti. Non servirà più contrapporre finti europeisti a finti sovranisti, sparnazzando fole sull’Europa dei popoli e sull’altruismo internazionale oppure sulle perfide lobby finanziarie e sugli scellerati complotti geopolitici. O foraggiare i ciurmatori di piazza, i fantasisti della comparsata politica, i virtuosi della chitarronata elettorale. Non basterà più. Già qualcuno tira fuori la Costituzione nazionale, dicendo che è contraria a questo mondo guidato dal capitale, dal mercato, dal profitto. Stiamo attenti perché sia gli europeisti da operetta che i sovranari d’accatto, da noi foraggiati, hanno fatto il loro tempo. Già molti parlano di Sovranità costituzionale, di Stato nazionale, di Sanità pubblica, di Scuola pubblica, di abolizione delle nostre trovate federaliste e regionaliste, architettate per moltiplicare le mangiatoie e gli affari. Signori miei, se il Pubblico torna al centro, il Privato perde terreno. Che ne sarà del nostro business, dei nostri patrimoni? Dobbiamo correre ai ripari. Per questo vi ho convocato. Altrimenti la situazione ci sfuggirà di mano. Abbiamo dominato gli uomini. Ma non siamo stati capaci di dominare un virus. E adesso rischiamo la rivoluzione. Avete capito? Ri-vo-lu-zio-ne!»

 

Si svegliò di soprassalto, sconvolto e con nelle orecchie quella parola. Ri-vo-lu-zio-ne! Seduto sul letto, nel buio della notte, nella sua bella casa nel centro storico, pensò al suo conto in banca, agli investimenti familiari, alla pensione d’oro che avrebbe cominciato a percepire tra pochi mesi. È stato solo un incubo, pensò. In quel momento, nel silenzio, il Borghese sentì il richiamo della civetta, che aveva il posatoio in alto, su uno dei due grandi pini posti nell’ampio cortile. Guardò fuori e vide che i pini stavano piegandosi, sotto l’azione del vento. Un vento improvviso, che si infilava nella via e scuoteva i palazzi, gli alberi, la città intera.

PIETRO MARTINI

29 Mar 2020 in Politica

23 commenti

Commenti

  • Che bella autobiografia Pietro, e che fifa che hai. E non sai che evocare la civetta porta sfiga? Non sai che il suo canto preannuncia la morte, che “canta il morto”? Perchè come niente nei momenti difficili ricompaiono le superstizioni. Pensa invece che andando avanti così io non prenderò mai il Tfr, tu magari l’hai già preso. Buona giornata, se mai si può dire.

    • Ovviamente la civetta è quella di Atena Ivano, e tu, uomo di gran cultura lo sapevi. Ma perché questi toni con.Pietro? Mi sembra obiettivo, ma vede il mezzo vuoto. Il mezzo pieno è che questa ventata non vada sprecata, è energia fresca che va ben usata! E ovviamente vorrei fare un giro per Roma per vedere chi abita in un palazzo con due pini nel cortile, perché Pietro parla di una persona in carne ed ossa

  • Caro Pietro, pezzo d’arte il tuo scritto, ma triste avvertimento. Non per giocare alla Cassandra, ma nel mio romanzo sulla pandemia, La Baia, tutto già c’era, nel 2009 quando fù pubblicato, iniziato nel 2007: la partenza del contagio dalla Lombardia, tipo di virus, tutto, tranne la rivoluzione e l’assalto ai supermercati con cui iniziavo a narrare, ed eccoli qua! E allora proviamo insieme a guardare avanti, e capire quest’energia tumultuosa che spinge come si può ben utilizzare. Facciamo l’inventario degli errori commessi, dei quali i fondamentali hai già individuato, e facciamo insieme il gioco del “se io ricostruissi”

    • Grazie Adriano, naturalmente era solo un esercizio testuale, senza pretesa di analisi politica o di diagnosi seria della nostra realtà. La “energia tumultuosa” di cui parli, in effetti, potrebbe essere, a seconda dei punti di vista e degli interessi in causa, il vero problema oppure la vera soluzione. Dipende, come avrai ben colto. Volevo solo dire che questa pandemia e le sue conseguenze economiche potrebbero rappresentare un momento di frattura sociale così rilevante da far venire, dopo tanto tempo dagli ultimi sommovimenti nazionali, qualche voglia di cambiamento non proprio ascrivibile al bon ton e al fair play, qualche tentazione di cambiamento non proprio improntata al savoir faire di certi minuetti politici. Dipenderà dalle rassicurazioni assistenziali, dalle elargizioni paternalistiche, dalle elargizioni alla panem et circenses che il governo metterà in atto per fermare sul nascere ogni velleità e illusione di effettivo cambiamento degli assetti sociali ed economici. Perché è vero che questa tragedia potrà “renderci migliori” e via dicendo (ne sta uscendo tutta una narrativa, su come “diventeremo migliori”). Ma è anche vero che ciò potrà riguardare soprattutto coloro che “potranno permettersi il lusso di diventare migliori”, non certo quelli che ne usciranno con le ossa rotte e quindi, perdona la bruschezza del termine, incazzati neri, posti cioè in una situazione in cui generalmente si diventa “peggiori”, più arrabbiati, più cattivi.

  • Ma dai Adriano, il mio commento, data la stima, oltre ad essere affettuoso, voleva solo essere ironico. Avrei potuto andare oltre, non so, consigliargli la fuga a Parigi come dopo la rivoluzione d’ottobre, ma sarebbe stata comunque una spiritosaggine, anche perchè sappiamo bene che nessun allontanamento è ormai possibile. Niente di irriverente quindi. Poi, Crema o Roma, che non ho colto, è irrilevante. In questo momento ogni modo è paese.
    Rispetto alla civetta invece il mio riferimento non voleva essere colto, voleva essere popolare. Quando nel medioevo senza luci in case e strade, col coprifuoco al tramonto, si usava comunque vegliare i morti durante la notte, al lume di candela. Queste poche luci, nel buio della notte, attiravano le falene e queste le civette, di cui sono ghiotte. E da lì associare il canto di questi notturni alla morte è stato conseguente. Che poi le superstizioni possano popolarmente tornare anche questo è scontato. Le fake che girano sui social ne sono solo la versione moderna.

    • Tutto bene, Ivano. Parigi non so, non è più quella di una volta. Vedremo. E poi era solo un incubo. Non è detto che anche questa volta le cose non si aggiustino. L’importante è che si continui a parlare d’altro e non si metta in evidenza il problema vero, quello dell’economia a formula Pareto 80/20, continuando a divagare dal nocciolo della questione, un nocciolo che è tutto nostro, nostrano, nostranissimo. L’importante è che si parli dell’Europa sì e dell’Europa no, di Trump di qui e di Putin di là, di Boris Johnson che furbo, di Xi Jinping che bravo che ci fa ripassare le nostre frasi celebri come fossero i bigliettini dei baci Perugina, e poi l’atlantide e l’eurasia e l’iperborea, e poi la bioetica, ottima quella, più si parla di bioetica meno si rischia di dover parlare di saccoccia e scarsella. L’importante è che non si metta mano a “tagliare le fette della torta”, della nostra, nostrana, nostranissima “torta”, in modo troppo diverso da oggi. Se no, altro che civette. A proposito di strigiformi, tu hai ben colto l’aspetto della tradizione popolare. Io invece avevo inserito il richiamo della civetta in un senso differente, riferito al significato greco mitologico, alla funzione sapienziale e ammonitrice. Intendevo la civetta di Atena, simbolo di filosofia e saggezza, che vede dove gli altri scorgono solo tenebre, che “avvisa”, “ammonisce”, “avverte del pericolo”. E ti risparmio la civetta del Ramayana. Comunque, ripeto, era solo un incubo. Ah, dimenticavo, auguri sinceri per il tuo TFR.

    • Ma noi non siamo uno Stato sovrano, non possiamo affrontare di petto “il problema vero, quello dell’economia a formula Pareto 80/20”, per questo motivo tergiversiamo. Dobbiamo pur fare qualcosa, o no?

  • Non so se il Gufo rappresenta una proposta di cambiamento.
    Potrebbe servire da innesco, in effetti.

    • La si può vedere da vari punti di vista. Quello di chi sta bene così e quello di chi così invece sta male. O altri ancora. Comunque la si veda, Rita, non appena caleranno i morti, gli intubati, i contagiati e il focus si sposterà sul tira e molla delle prebende assistenziali (già si parla di estendere il reddito di cittadinanza), da un lato, e dei tagli economici (già si parla di rendere più progressivi gli scaglioni e le aliquote IRPEF), dall’altro, ne verranno fuori le solite sceneggiate italiche. Non appena Pregliasco, Galli, Rezza, Brusaferro e gli altri lasceranno la scena, verrà il momento della verità, non più medica ma politica. Con un numero enorme di italiani impoveriti, agitati, arrabbiati, esasperati. Ecco, io penso che quello sarà l’ultimo momento possibile per chiunque intenda agire di forza, in modo violento (forse parlare di rivoluzione potrebbe sembrare eccessivo), per sovvertire gli attuali assetti istituzionali ed economici. Certo, impresa ardua, forse impossibile. Per questo molti di noi possono stare, se non del tutto, abbastanza tranquilli. Però, in ogni caso, un’occasione così non si verificherà più per chissà quanto tempo a venire. Non dico che succederà. Dico solo che, qualora fosse possibile farlo succedere, il solo, l’unico, l’ultimo momento per farlo sarà quello. Questo virus ha sbalestrato tutto e tutti. Solo più avanti la gente riprenderà la vita di sempre, le solite abitudini, il tran tran quotidiano. Ovviamente, non sono un esperto di rivolte e rivoluzioni e la mia opinione vale quel che vale.

  • Cara borghesia, il tuo è stato semplicemente un sogno d’incubo.
    Non cambierà nulla.
    Non ci sarà nessuna rivoluzione.
    There is no alternative!
    Saremo inondati da una massa ingente di liquidità (dalla Bce, dal Salva Stati, dal G7…) e tutti avranno gli ammortizzatori sociali (oggi chiamati “reddito di emergenza”), dai parrucchieri alle badanti, dai camerieri ai bagnini…
    Tutto tornerà come prima.
    Nessuna rivoluzione né da sinistra né da destra.
    Riuscirai ancora a dominare: hai dominato per secoli gli uomini e ora dominerai anche il virus.
    Il vento impetuoso si fermerà: non scuoterà più “i palazzi, gli alberi, la città intera”.
    Sta’ tranquilla: la ghigliottina è ancora lontana. Lontana!

    • Caro Piero, questo tuo messaggio augurale alla borghesia è bellissimo.
      Potrebbe anche essere un possibile seguito del mio post, partendo dal “Dobbiamo correre ai ripari. Per questo vi ho convocato. Altrimenti la situazione ci sfuggirà di mano”, per arrivare alla soluzione da te indicata, quella della “inondazione” di “una massa ingente di liquidità (dalla Bce, dal Salva Stati, dal G7…) e tutti avranno gli ammortizzatori sociali (oggi chiamati “reddito di emergenza”), dai parrucchieri alle badanti, dai camerieri ai bagnini…”. Con l’esito di sempre: “Tutto tornerà come prima”. Ma dovrà essere proprio una “inondazione”. Tanto, poi, per pagare i debiti c’è sempre tempo. Chissà, magari invece degli eurobond avremo i russiabond o magari i cinabond, vedremo. Comunque, tutta gente dello stesso club.

    • Se questo governo rimarrà in carica (ipotesi nefasta) il “reddito di emergenza” si aggiungerà al “reddito di cittadinanza” e vorrei sapere chi li pagherà, visto che ormai la cosiddetta economia reale (commercianti, artigiani, agricoltori, partite Iva, piccoli imprenditori, etc.) sarà defunta.
      Nessuno nei prossimi anni potrà dirsi realmente tranquillo, neppure gli stipendiati e i pensionati, senza contare che non è ancora stato raggiunto il vero obbiettivo degli avvoltoi che ci stanno girando sulla testa: il risparmio privato delle famiglie italiane. Lì si vuole arrivare, e dopo averci massacrato lì arriveranno, perché a differenza di tutti gli altri Paesi nessuno ci difende né fa i nostri interessi.
      Per motivi che non so spiegare la nostra classe dirigente ha sempre stipulato alleanze con il nemico. Ieri sera, nel frattempo, Ponzio Pilato ha colpito ancora: dopo avere scaricato ogni responsabilità decisionale sui virologi e ogni incombenza operativa sul personale sanitario, la palla economica è prontamente passata nel campo dei poveri sindaci. Se la pelino le amministrazioni comunali, d’ora in poi, a dare il sacchetto di noccioline agli arrabbiati (7€ a testa) per farli stare buoni. Non so cosa succederà, non oso fare previsioni. Non credo neppure che ci verranno restituite le libertà personali che ci sono state tolte. Laboratorio Italia.

  • Perchè dovrebbe rimanere tutto uguale? Non si è sempre detto che questa esperienza, magari con un pò di retorica, potrebbe insegnarci qualcosa? A meno che si non ricorra al solito trucchetto gattopardiano del cambiamo tutto senza cambiare niente. Ha ragione Mainetti, vedere il film “La zona”. Ma sarebbe lo scenario peggiore. Troviamo una via dimezzo. Putin tassa i ricchi, che non so se è una patrimoniale, ma in Italia quando si vocifera di questa possibile intervento apriti o cielo. Altro che solidarietà. E comunque anche una borghesia asserragliata come descritta nel film sarebbe un incubo. Chiuso in una bella casa, ma con le guardie fuori. Per carità. Qui se qualcuno ha qualcosa da imparare è proprio la borghesia.

    • Putin è uno statista, a differenza dei peones nostrani. Tassa i veri ricchi, petrolieri e magnati del gas, non il ceto medio come vorrebbero fare certi residuati bellici del sessantotto che non sanno cosa vuol dire faticare lavorando. In Italia manca solo la patrimoniale sulla ex-middle class, oggi in mutande e calzini, e poi possiamo davvero andare raccogliere le ortiche nei prati.

  • Io non la vedo così. A fronte di ricchissimi, parliamo pure dell’ITALIA, ma non solo qui, la maggioranza della popolazione è rappresentata dalla media, piccola e piccolissima borghesia. In verità potrei sbagliarmi, non ho dati precisi. Mi baso sull’osservazione diretta, sulla mia esperienza. E forse si dovrebbero anche fare quattro conti. Tassare i ricchissimi, come Putin, quali entrate sarebbero garantite? In tutti i casi sono domande che avremmo dovuto porci da sempre, non ora in stato di emergenza. Se la sperequazione tra ricchi e poveri è aumentata in questo modo non è colpa dell’epidemia. E’ colpa di un sistema economico, tasse inique, corruzione, privilegi, ingiustizie sociali, che ormai fa acqua da tutte le parti, quelle povere soprattutto. I ricchi il culo se lo parano sempre. Se qualche anno fa tutti ci fossimo opposti alle tante privatizzazioni, anche limitandoci alla sola sanità, magari lombarda, ora, in termini di assistenza agli infettati avremmo magari qualche posto in terapia intensiva in più. Chi ha permesso queste riforme? La piccola o media borghesia o il poveraccio? Chiediamoci per chi abbiamo votato in questi ultimi vent’anni e poi ognuno si assuma le sue responsabilità, almeno nella sua coscienza. Se poi ricominciamo a dire che tutto va male, come dice Piero, perche abbiamo privilegiato i diritti individuali ( a costo quasi zero) piuttosto che quelli sociali, vuol dire ancora cercare il capro espiatorio sbagliato, che stiamo sbagliando analisi. O forse ha ragione Pietro, recriminare non serve a niente di fronte all’emergenza, anche se credo che tutti gli aspetti, le variabili, non possano essere esclusi dai tanti perchè che ci attagliano.

    • Ma noi non siamo la grande Russia. Siamo la piccola Italia. Per noi sarebbe una manna se dimezzassero i quasi 900 miliardi all’anno di spesa pubblica, metà dei quali sono sprechi vergognosi e ingiustificati. Ma nessuno dei nostri nani politici è in grado di farlo.
      Dichiarano persino in conferenza stampa che al sud gran parte delle famiglie non ha di che fare la spesa perché normalmente lavora in nero, per cui se non va a lavorare non guadagna. No comment.
      Le privatizzazioni più feroci, comunque, quelle che ci hanno derubato di tutto, sono state le maxi-svendite (ai “fratelli” europei) degli Anni ’90 fatte da Prodi, D’Alema, Draghi, Amato e Ciampi. Ma indietro non si torna. E adesso che la nostra economia è in agonia manca giusto la patrimoniale, dopo di che ci diamo tutti alla macchia e cominciamo a fare i banditi, come ai vecchi tempi.

  • Martini 17:20. Hai assolutamente ragione. Il pericolo è reale. Perchè tra la civetta colta e quella popolare credo che l’audience maggiore ce l’abbia la seconda. Da lì la rabbia, non la saggezza.

  • Caro Pietro, il personaggio del tuo racconto è un borghese se ho ben capito, e parla ai suoi simili. Non tutti sono borghesi di portafoglio, anche se magari, c’è chi in qualche modo, con molti sacrifici e rinunce ha studiato, e quindi lo si etichetta come borghese senza averne, però, gli attributi finanziari, perchè non ha fatto carriera, non ha redditi, rendite, genitori con i soldi, case e terreni, ha uno stipendio che è magro. Il tuo personaggio dice “ce la siamo spassata”. C’è chi se l’ha spassata e chi ha dovuto scegliere e rinunciare. C’è chi ha avuto necessità, e chi ha potuto decidere cosa fare.
    I borghesi, il ceto medio, il popolo, le rivoluzioni, i populisti, i liberisti sono tutti paroloni che vanno identificati. Come? Dal portafoglio, prima cosa, e poi guardando in faccia le persone, una per una, e vedendo la loro vita. Poi ci sono le statistiche, i sociologhi, i rivoluzionari nostalgici della rivoluzione mai avvenuta; solo vetrine spaccate, sangue inutile e tanto dolore; poi tanti di questi, che hanno bestemmiato contro i poveri poliziotti e carabinieri che erano figli di poveracci, a differenza dei manifestanti, ora sono seduti comodamente sul divano, pronti ad accendere il fiammifero, sperando in qualche rivolta perchè la noia li trapassa. Mio padre, dico lui, perchè vado diritto al punto, ogni volta che vedeva in televisione gli studenti che inneggiavano alla rivoluzione, e ce n’erano a sgolarsi, sorrideva. Nessuno di quei ragazzi, lo sapeva, sarebbe poi andato in fabbrica, a faticare, a sporcarsi le mani, a umiliarsi. Tutti fasulli. Tutti che sarebbero finiti a raccomandare i propri figli, poi, per le belle scuole, e telefonare all’amico imprenditore; a dire: studia, figlio mio, sennò finisci a fare l’operaio in fabbrica o peggio. E’ questo il destino dei rivoluzionari, di destra o di sinistra, spingere avanti i figli in qualunque modo, trovargli un bel posticino, e ricordarsi i bei tempi, ma tenendo ben stretto il gruzzolo acquisito che deve fruttare. In questa tragedia, di oggi, c’è chi pagherà caro, chi perderà qualcosa, borbottando, ma il Suv nel garage ce l’avrà ancora, anche la casa in montagna o al mare, e c’è chi avendo poco dovrà inginocchiarsi e chiedere aiuto. Poi, piano piano, si tornerà come prima. Anche nel dopoguerra, il secondo dopoguerra, le illusioni furono tante, ma ognuno poi pensò al proprio tornaconto, finita l’emergenza, finita la guerra.

    • Caro Marino, sulla definizione di “borghesia” e di “borghese” si sprecano le biblioteche. Far regesto di ciò su un blog sarebbe impresa non solo inutile ma, soprattutto, noiosissima. Proporrei di convenire sull’ambito semantico marxista e poi marxista-leninista, che pure offre una letteratura sconfinata e tutt’altro che univoca. Direi di mantenere tale ancoraggio, per carità degli eventuali lettori e per pietà di noi stessi. Ciò posto, c’è chi dice che ormai le classi sociali non esistano più, quindi nemmeno la borghesia e il proletariato, figuriamoci la nobiltà (sui religiosi, sul vecchio “secondo stato”, il discorso si farebbe tanto divertente quanto imprudente, per cui no comment). Insomma, la società come chewing-gum, da cui le fole sulla società liquida, sull’avvenuto imborghesimento del proletariato, sulla società signorile di massa e via dicendo. Basta guardarsi in giro per ascrivere queste fairy tales ad Andersen, ai fratelli Grimm. Personalmente, sulle classi sociali, sui ceti e sui censi, penso d’essere stato chiaro, non solo in questo post ma da sempre.
      Ammirare gli scritti (non la vita) di autori come Marx, Engels e Lenin, così come ammirare gli scritti (e la vita) di autori come Bakunin e dei grandi anarchici italiani tra Ottocento e Novecento, non significa necessariamente essere comunisti o anarchici, bensì imparare da loro. Capire, apprendere, avere consapevolezza. Tu dici: “il personaggio del tuo racconto è un borghese, se ho ben capito, e parla ai suoi simili”. Il Personaggio non è solo un Borghese ma è l’inventore, tra mille altre cose, della Borghesia. Nella riunione da lui convocata nel post, è padrone di casa, mentore, ispiratore della Borghesia. Il suo rivolgersi agli amati Borghesi lì convenuti è al tempo stesso un richiamo, un warning, un incoraggiamento a fronteggiare un pericolo. È lo stesso Personaggio che si incontra nel mio post “Tutto bene, anzi benissimo”, del 22 dicembre 2018. Ovviamente, il mio è solo il racconto di un incubo. Fiction.
      Hai ragione. Molti padri, rivoluzionari da giovani, divenuti anziani s’impegnano per inserire i figli nell’establishment. È una delle carte vincenti di questo sistema sociale. Ma saprai anche, caro Marino, quanti altri invece, padri e figli, non rinneghino e non tradiscano. Ecco, per il sistema ciò rappresenta un problema. Ma questa è un’altra storia e andremmo fuori tema.

  • Pietro, a propò di “stile” di CremAscolta, cheddire del tuo post?
    Potente nella sostanza e godibile nella forma, ergo: assai più del 7+ di cochiana memoria!
    Devo anche dire però che più di quelli “nati col paltò” (o anche con la pelliccia!), il dramma vedrà/stà gia vedendo come interpreti la gran massa di personaggi nati (o messi) “in mutande” da questa immane tragedia.
    La speranza (ops!) è che la nostra (post) democrazia regga all’impatto prolungato, con un “colpo d’ala” (magari anche più d’uno) che ne aggiorni l’assetto alle nuove esigenze.
    Al proposito devo dire che dopo il farsesco cambio estivo di Governo “al ….Mojito”, non solo avrebbe potuto …… andarci parecchio peggio, ma mi pare registrare segnali di miglioramento nell’acquisizione di consapevolezza (Renzi a parte) della compagine .

    • Grazie, Francesco. Tutto vero. Si tratta proprio di una “immane tragedia”, come purtroppo nessuno può ormai negare. Sul trovarsi in “mutande”, come tu dici, sarà interessante vedere come reagiranno le varie parti d’Italia a questa situazione. In termini economici, già assistiamo a reazioni diverse. Basate su modelli attitudinali e schemi comportamentali risalenti. Immagino conosciamo tutti persone e famiglie nei territori lodigiani, bergamaschi, bresciani, intorno a noi. Per questo non ci basiamo solo sulla televisione o sulla stampa. Abbiamo ben presente come hanno reagito e stanno reagendo in queste settimane, con dignità, contegno, riservatezza, decoro. Invece i media cominciano a raccontarci di altri fatti e di altri avvenimenti in altre parti del paese. Intemperanze, violenze, persino atti criminosi. Personalmente, ritengo che in certi territori le mafie avranno ottime occasioni per intervenire, condizionare le popolazioni, sviluppare maggiori clientele, aumentare il giro d’affari. Perché è in momenti come questi che gli errori della decentralizzazione istituzionale, della tolleranza verso la criminalità organizzata, del disarmo della forza pubblica, della contaminazione mafiosa in ambito politico possono manifestare tutte le loro più dannose e nefaste conseguenze.

  • E per ora, Pietro, di questo nessuno parla, le “malavite organizzate” pare siano uscite di scena, cosa che assolutamente non è . E il loro “sistema” si metterà in moto, al solito con la grande efficacia che consente la loro organizzazione diretta, spietatamente senza se e senza ma, non appena Covid-19 darà tregua, sulle ….. ceneri di quel che rimane.
    Questa la “palla al piede” / “la risorsa” prerogativa in primis del “Bel Paese”!

    • Pardon, “o sistema” si è già messo in moto! Ne ha parlato Gratteri questa sera, ospite di “Accordi e disaccordi”. Sta già andando benevolmente a soccorrere imprese in carenza di liquidità, per “assorbirle” poi quando non resteranno al passo con le ….rate!

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