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RITA REMAGNINO

Dov’è l’uscita?

Liberalismo e capitalismo sono tuttora fattori egemoni, sebbene a partire dalla crisi del 2007-8 un diffuso pessimismo abbia inciso nella struttura complessiva crepe profonde, spaccature insanabili che la recente pandemia mondiale ha segnato ancora più pesantemente. Molti ritengono che l’ideologia basata sul «sistema liberale» sia giunta al capolinea e, in effetti, il suo tramonto è sotto gli occhi di tutti, sebbene non ci si decida a dichiararne la fine in assenza di un’alternativa conclamata, che tuttavia già s’intravede in lontananza.
Ma prima di andare avanti, scordandosi come sempre il passato, vale la pena di capire meglio come si è arrivati a questo punto. Quale è stata la genesi del liberalismo? E’ possibile una esegesi del suo farsi mondo nella contemporaneità? Cosa ha tenuto in vita la ragione liberale? Ha pesato di più la sua motivazione (il bisogno) o la sua determinazione (la volontà)?

 

Le prime avvisaglie sono rintracciabili nel 1455 con l’invenzione della stampa a caratteri mobili, che rese l’uomo un «soggetto riflettente» autonomo che si chiamava fuori dalla comunità, e successivamente con la Riforma protestante. Ma la nascita del vero e proprio liberalismo coincise con la rivoluzione industriale inglese, nella quale le istanze filosofiche di Hobbes, Locke e Smith, trovarono una sintesi attorno a tre assi portanti: l’affermarsi dell’individualismo, la creazione di danaro attraverso la ricerca tecnico-scientifica, il supporto di un solido Stato nazionale disposto ad impegnarsi nella moltiplicazione del capitale.

 

La tendenza della scienza a ridurre la Natura a una dimensione meramente quantitativa, leggibile attraverso la matematizzazione, fu determinante nel processo di sfruttamento delle risorse che aprì le porte al concetto di «manipolabilità», di cui oggi paghiamo non solo il prezzo ma anche i salatissimi interessi. Dalla fusione del mercato locale con il commercio internazionale nacque il mercato liberale, al quale Thomas Hobbes (1588-1679) diede dignità filosofica interpretando la Natura come il «luogo delle relazioni meccaniche tra corpi in moto».

 

Il mondo naturale divenne così il luogo del conflitto perenne, un campo di battaglia dal quale si poteva uscire solo delegando in toto la libertà individuale allo Stato assoluto. Ma poiché la proposta era tutt’altro che liberale, per non dire indecente, John Locke precisò che si trattava solo di una «delega parziale» a vantaggio dello Stato, niente di cui preoccuparsi. L’individuo e i suoi diritti rimanevano tali e quali a prima, se pure la famiglia sociale cominciasse ad essere un po’ troppo numerosa e qualcuno dovesse tirarsi indietro per permettere agli altri di andare avanti. Toccò al principio di «bene comune» che per millenni aveva retto e fatto prosperare la società eurasiatica, dopo di che fu tutto un correre a rotta di collo.

 

Si inserirono in corsa le teorie di Adam Smith (1723-1790), il quale giunse a sostenere che il perseguimento dell’interesse privato (giudicato un vizio dall’etica antica) era perfettamente in grado di produrre il bene comune (la virtù), e perciò andava favorito. Di conseguenza tutte le realizzazioni del liberalismo settecentesco furono giudicate un «progresso», consolidando definitivamente la ragione liberale, oggi esasperata dal concetto di «politicamente corretto» che marca i confini di ciò che può essere pensato legittimamente.

 

Contrariamente alle previsioni, la «religione dei diritti umani» fece perdere di vista alla società l’interesse collettivo. Tutto si fondava ormai sui «diritti» dell’uomo-narciso il cui mondo interiore era andato svuotandosi di senso per riempirsi di effimero, cioè del novum che il mercato continuamente gli offriva.
In un tale contesto il capitale si dimostrò perfettamente in grado di alimentarsi da solo creando sempre nuovi valori. L’obsolescenza programmata dei prodotti divenne uno dei principi basilari dello spreco, che amplificò «il solido», ex-caposaldo di una classe mercantile divenuta finanziaria.
Finché nella società fluida teorizzata all’inizio del XXI secolo da Zygmunt Bauman i vari componenti si sciolsero nell’«effimero», che sostituì ogni cosa: spreco, solido, duraturo, tutto. Le organizzazioni commerciali e finanziarie si trasformarono in reti, le nazioni confluirono in aggregazioni d’interessi, i rapporti sociali si dispersero negli scambi nomadi.

 

Insieme all’effimero finiva anche la logica mercantilistica del Mare, dell’Aria, della Terra, con il risultato devastante che in meno di un secolo l’uomo è riuscito a consumare le riserve costituite dalla Natura in trecento milioni d’anni. E adesso, come se ne esce? Mostrando una capacità autosalvifica in realtà inesistente (l’illusione di un mondo buono e giusto basato sui diritti) il «totalitarismo liberale» si è ingoiato persino le opposizioni, sicché al momento attuale non si capisce bene chi traghetterà la società umana dalle teorie ai fatti.

 

D’altra parte un’«uscita di sicurezza» va trovata, e in fretta, adesso che la casa brucia. L’incendio è doloso, non ci sono dubbi, ed è solo colpa nostra. Tuttavia io non credo che l’umanità attuale sia peggiore, né migliore, delle precedenti. Ha solo potenziato in modo disumano i mezzi a sua disposizione, a cominciare da quelli di distruzione poiché da sempre il Male viene prima del Bene. E’ molto più semplice distruggere che costruire e un mondo globale se ne va più velocemente di qualsiasi altro, essendo più facile preda di una setta di pazzi padroni di tutto, mentre un mondo circoscritto guidato da soggetti conosciuti e identificabili rischia di meno.

 

Mondi differenti, dunque, ma uniti da una prospettiva di «socialismo». Un termine improprio, in attesa di trovarne uno più adatto, che non ha nulla a che vedere con il marxismo, un pensiero ormai consegnato alla storia delle idee la cui inattuabilità è stata ampiamente dimostrata. Il «nuovo socialismo» dovrà essere in grado di coniugare le necessità reali con il pensiero di Tradizione, piedi ben piantati nella Storia più antica e sguardo puntato sul futuro, così da porre un freno agli eccessi e alla dismisura, quint’essenza della «ragione liberale».

RITA REMAGNINO

10 Mag 2020 in Economia

54 commenti

Commenti

  • Chiara e ottima visione rivoluzionaria: ciò che ci configuaravamo/no come massima libertà si consolidava sempre più rapidamente nella nostra prigione. E capire quanto siamo vicini a un baratro inedito, del quale il rischio ambientale, la calamità ineguagliabile attuale, rappresenta, in rapporto al viaggio umano, solo la rottura dei freni, è difficile ai più. Perché se il talismano che ti libera da ogni privazione ti viene infine svelato come un vampiro la reazione più semplice è il rifiuto di questa verità e la maledizione di chi ti vuole aprire gli occhi.
    Ma come per ogni potente droga la via d’uscita è nella comunità terapeutica, così di fronte a una droga totalitariamente permeante l’antidoto non può non essere altrettanto globalizzante.
    Quindi l’organicismo si prospetta ormai come unica via.
    Ma come tutte le volte che una via associativa ha trovato prospera realizzazione bisogna però ben individuare il nemico, perché dall’inizio della nostra storia scritta, e quindi confrontabile con lo stato attuale con scarso spazio per l’interpretazione, la stretta associazione fra gli uomini in un’entità sovraindividuale, si basa non sulla fame di giustizia, ma sulla difesa.
    E posta questa difficoltà nel far vedere a tutti il vampiro travestito da lecca-lecca, valutiamo tuttavia i pro: non si parte da zero, la socialità ha strutture non ancora smantellate nel consorzio degli uomini.
    Si tratta quindi di attuare un gioco di rifiuti e proposizioni mirate che non perdano mai di vista i rischi più imminenti (perché sventare una calamità a un morituro non serve) e d’altra parte il quadro complessivo della negatività della condizione umana attuale.
    Perché son partito dal concetto di visione rivoluzionaria? Perché nessuno ci crede, e magari nemmeno ci capisce niente in quel che ho scritto. Quindi per il bene comune limitarsi a esempi semplici, piccole rivelazioni ineccepibili.

  • P.S. “«socialismo». Un termine improprio…” Organicismo l’ho buttato lì, ma non è male.

  • Un’impresa impegnativa, la tua, Rita.
    Dal mio stretto osservatorio filosofico vedo gli apripista del liberalismo Locke che ha teorizzato, contro ogni fanatismo religioso, la tolleranza religiosa: la tolleranza nei confronti di ogni “dissidente” religioso perché non solo lo Stato può entrare nel merito della fede (non si occupa della salvezza delle anime, ma solo di “beni civili”), ma anche perché qualsiasi chiesa ritiene se stessa ortodossa e le altre eretiche.
    Poi Spinoza: è lui che teorizza la “libertà di coscienza, di pensiero, di religione”.
    In altre parole, Locke e Spinoza hanno teorizzato la “libertà dell’individuo, della suo pensare…” dallo Stato.
    E’ con liberalismo che emerge, quindi, l’individuo, la dignità dell’individuo contro ogni Potere, una dignità dell’individuo, di ogni individuo, che era in ultima analisi radicata nel cristianesimo.

    Anche Smith ha teorizzato la “libertà dell’individuo” dallo Stato, ponendo l’accento sulla sua “libertà economica”. Smith, tuttavia, non ha mai fatto della sua “mano invisibile” un dogma perché ha sempre ritenuto fondamentale il ruolo dello “Stato” come portatore degli interessi “generali” contro quelli “particolari” del cosiddetto libero mercato.

    Si andrà verso il superamento del liberalismo?
    La tentazione c’è quando si vede un sistema illiberale come la Cina (un sistema che non riconosce il ruolo dell’individuo ma esclusivamente quello dello Stato, della collettività) essere più efficiente dei sistemi “liberal-democratici”(anche a proposito del Covid-19).

    • La Cina gha cambiato marcia in corsa. Peggio ancora di prima, le nefandezze del tolitarismo comunista senza i vantaggi dell organicismo societario e con le colpe del libìertarismo cui ha aderito per mettere il turbo nella grande competizone. Siamo come i trasportati di go kart i cui piloti hanno scommesso su chi arriva prima in una strada curva bordo prtrecipizio. La ricetta non c’è, è da inventare, ma passa su una felice autolimitazione e interazione.

    • Purtroppo la “libertà dell’individuo” sfociata nel liberismo, e poi nell’ordoliberismo, è servita solo a creare un’umanità di “narcisi” non producendo alcun giovamento alla società nel suo complesso. Sicuramente si sta andando verso la fine del liberalismo, ma la domanda è: per creare cosa? Il mito di Crono che si mangia i suoi figli è sempre valido, non vorrei che il capitalismo (Crono) s’ingoiasse la globalizzazione in attesa che sua moglie Rea sforni Green Economy, Realtà Aumentata, Robotica 4.0, Intelligenza Artificiale 4.0 ed altri mostri più aggressivi e devastatori dei precedenti.
      Non è un riassetto geostrategico quello che serve oggi, ma un cambiamento vero. Bisogna ripartire dall’uomo, ovvero dal concetto elementare di “bene comune”, e non si può perseguire un tal progetto su scala planetaria.
      Ma facciamo un esempio pratico: chi se l’è passata peggio in questi due mesi di lock down? Gli abitanti dei grandi centri urbani, murati vivi nella loro cuccia metropolitana. Non potrebbe essere un’occasione per ripensare la vita nelle aree più isolate del Paese? Molti borghi, anche bellissimi, sono stati abbandonati negli anni passati perché “il lavoro era in città”. Il lavoro, però, adesso non c’è più da nessuna parte per cui vivere in cattività non serve più. Si può scegliere.
      Per decenni gli investimenti pubblici si sono concentrati nelle città, mentre nei piccoli centri sono state chiuse scuole, ospedali, strade. Vogliamo andare avanti così? Prendiamo al volo l’occasione che il Covid-19 ci offre e cambiamo vita, lo dico soprattutto ai più giovani che la vita l’hanno ancora tutta intera. Ristrutturiamo i centri storici, abbattiamo i mostri di cemento che portano solo bruttezza e tristezza, non abbiamo timore di prendere in considerazione la montagna vicino a Milano o i borghi liguri. Sarà tutta salute.
      Non lo faremo in un mese, e neppure in un anno, ma sarà un primo passo accorgerci che quella che consideravamo fino a ieri “la normalità” è stata la nostra condanna. Manca come l’aria una figura di autentico rivoluzionario come quella di Pier Paolo Pasolini, manca un progetto politico socialista, manca una visione radicalmente ambientalista (non gretina) che pensi non solo a come trarre profitto dal sole e dal vento ma anche a difendere la vita delle api. E’ il momento di tirare fuori le unghie, dopo il virus arriverà un altro virus, dalla fase 1 si passerà alla 2 e poi ancora alla 1, così per chissà quanto tempo. Non illudiamoci che ci venga concessa la fase 3, né lasciamoci paralizzare dalla paura, ma cominciamo a pretendere delle cose.

    • Rita, poiché vado ripetendo da mesi che siamo in balia di dementi (l’alternativa è che vogliano distruggere l’Italia, ma un cosa non esclude l’altra) non mi sorprendo più di nulla.
      Però questa sottile distinzione tra attività motoria e attività ludica merita uno speciale encomio all’imbecillità. Quindi, mi raccomando, se uscite per camminare o per correre o per girare in bicicletta, assumete un’aria sofferente, se no si potrebbe pensare che la vostra sia un’attività “ricreativa”, non “motoria”, e rischiereste, giustamente, di venir sanzionati.
      E la colpa sarebbe solo vostra (come i più saggi qui hanno già spiegato), non di chi ha imposto tali sottili distinzioni.
      Verreste puniti perché siete umani, ancora legati a bisogni psicologici come il ‘ricrearsi’.
      Ci è concesso solo di essere ‘motori’, cioè macchine che si muovono. E le macchine, si sa, non sono libere, esistono solo per essere usate. Non hanno neppure dignità.
      Per non vedere in questo il segno della demenza (o di un disegno distruttivo, disumanizzante) bisogna essere dementi come tali regole e chi le ha scritte. E allora vorrebbe dire che ce lo meritiamo.
      Ma perché continuiamo a parlare di pandemia? È una pandemenza.
      Tu Rita cerchi una via d’uscita. Mi dispiace deluderti, ma non c’è. “Ormai solo un Dio ci può salvare.”

    • Mi sembra che il Covid abbia incanalato una serie di psicopatologie che prima erano presenti allo stato latente. Cio’ non significa che il virus sia buono, ovviamente, ma non risulta da nessuna parte che i nostri nonni durante la spagnola del secolo scorso si siano comportati in modo altrettanto paranoico. Allora pero’ erano umani, e non esistevano i fake-media, per loro fortuna. Non solo la scia di questa pandemia sara’ devastante sotto l’aspetto economico, ma avra’ ripercussioni tremende anche dal punto di vista psicologico. Basti pensare ai bambini che devono evitare i bambini…… una mostruosita’.

  • Al di là della retorica, che non provo a discutere, cosa vuol dire “nuovo socialismo”? Auspicate in qualche modo una maggiore forma di intervento degli apparati statali nell’economia? Viviamo già in Paese fortemente statalizzato. Volete un modello Alitalia su scala nazionale?
    Io andrei proprio dall’altra parte.

    • Mattia ho premesso che “«socialismo» è un termine improprio, in attesa di trovarne uno più adatto, che non ha nulla a che vedere con il marxismo, un pensiero ormai consegnato alla storia delle idee la cui inattuabilità è stata ampiamente dimostrata.”
      Mi sembra chiaro che la via d’uscita non è un ritorno all’Urss, improponibile sotto ogni aspetto. Conosco troppo bene la putrescente macchina burocratica statale italiana per auspicare una “maggiore forma di intervento degli apparati statali nell’economia”. Fosse per me, la demolirei da cima a fondo.
      E difatti una delle cose che meno mi piacciono del governo giallo-fucsia (la scelta peraltro è ampia) è proprio l’aver “burocratizzato” oltremodo qualsiasi azione amministrativa. Mille carte per muovere una biro. Tutti i giorni si parla di stanziamenti miliardari ma a nessuno arriva un euro perché i d.p.c.m. sono talmente pieni di cavilli e codicilli, condizioni e regole assurde, che il labirinto del Minotauro al confronto era una giostra per bambini.
      Qui si parla di “bene comune” non in senso retorico ma in soldoni, e per non essere fraintesa farò un esempio pratico. Gli italiani in queste settimane se ne fregano altamente del bene comune, o bene del Paese: chi ha un reddito fisso vorrebbe il lock down fino a Natale per proteggere se stesso, chi il reddito fisso non ce l’ha “deve” andare a lavorare per forza, anche a costo di ammalarsi.
      Ognuno pensa per se, mentre chi comanda pensa alla propria carriera. C’è un “progetto di ripresa comune”? No. Ci sono linee guida che tengano in considerazione le esigenze di entrambe le parti? No. C’è una strategia economico-politica per non fare collassare il Paese? No. E via di questo passo.
      Il motivo per cui negli Anni ’90 il Belpaese era la quarta potenza industriale del mondo, e le sue aziende godevano di ottima salute, mentre oggi siamo alla canna del gas è esattamente questo: sia la classe politica che quella imprenditoriale non hanno MAI perseguito il “bene comune”. Mai s’è vista al mondo una dirigenza (anche questo è un termine improprio) così pervicacemente anti-nazionale come la nostra, così asservita ad interessi stranieri, così corrotta da vendere la propria nazione per una poltrona.
      Secondo te, proseguendo su questa strada si può trovare il cartello “exit”? Il bene comune parte dal basso, dal piccolo, dal contenuto e lentamente si espande. Altro che castrare continuamente le amministrazioni locali!!! Nessuno meglio di un amministratore locale può conoscere la sua realtà e intervenire là dove c’è bisogno, e tante piccole realtà funzionanti formano la base di una società. Quella che oggi in Italia non esiste.

    • Il “bene comune” non è definibile, come non lo è il bene dell’individuo; lasciamo quindi che ognuno decida cosa è meglio per lui. Le società collaborano dandosi delle regole e rispettandole, non puntando sulla bontà dei singoli o delle piccole comunità. Se non ci piacciono le regole che ci siamo dati, o non le rispettiamo, non diamo la colpa al sistema o al “liberismo”.

    • Credo sia difficile condensare in quattro righe, e meglio del signor Bressanelli, il cancro del nostro tempo, cioè il totale collasso di un sistema assiologico.

    • Scusa Ivano, mi dispiace dover continuare a ripetere che non leggi quello che scrivo ma io non ho affatto detto che “durante la spagnola non furono prese misure di contenimento”. Ci sono fotografie di famiglie intere con le mascherine (anche il gatto) praticamente dappertutto!!!
      Ho scritto una cosa ben diversa, cioè che “non risulta da nessuna parte che i nostri nonni durante la spagnola del secolo scorso si siano comportati in modo altrettanto paranoico.” I nostri nonni negli anni ’20 del secolo scorso non si sono fatti chiudere in casa dai d.p.c.m., né terrorizzare dagli specialisti della scienza. La cosa non sarebbe stata proponibile, né ammissibile. Con la mascherina di tela bianca facevano la loro vita di tutti i giorni, chi doveva morire moriva e chi doveva scampare scampava. Loro erano umani, mentre noi siamo degli ologrammi che un perverso proiettore stampa su una parete grigia.

  • Sulla pertinenza (invocata dal signor Macalli): i martiri bigotti restacasisti e creduloni non sono certo una via d’uscita, questo il senso del link di Rita. L’obbedienza a decreti idioti e devastanti non è certo una via d’uscita, questo il senso della mia risposta (piccola soddisfazione stamane. Ho parlato con un dirigente di polizia che mi ha detto: “siamo governati da una banda di dementi”).
    Dov’è l’uscita? Non c’è. Ma qui qualcuno si illude ancora di trovare soluzioni ‘razionali’. Beati pauperes spiritu.
    Invece qualcun altro comincia a reagire:
    https://www.youtube.com/watch?v=F0dzSvh0yKA

    • I tedeschi si erano incavolati per benino anche cent’anni fa, se non ricordo male.

    • Signor Cadè, i contagi e i morti stanno diminuendo. Questo significa che le misure adottate hanno funzionato, anche grazie ai poveri di spirito, supini, proni, sudditi e tutti gli appellativi che vuole. Dal 18 molte attività riapriranno e quasi tutti, anche con un certo timore si apprestano alla nuova fase. Certo, rimane sempre la differenza tra chi ha sottovalutato o amplificato l’epidemia, e questa attesa di libertà mette ognuno di noi in prospettive differenti. La via d’uscita? E’ ovvio che non sarà come prima e per un periodo molto lungo, ma al contrario si dovrebbe provare ad ipotizzare se queste misure non fossero state imposte. Forse nè io nè Lei saremmo qui a scrivere. Con i dovuti scongiuri, sia chiaro. Poi rispetto ai martiri bigotti sono d’accordo con voi. Anche su Cremascolta ce ne sono, orgogliosi di dire di non farsi mai un aperitivo seduti nella nostra bella piazza.Che poi la loro morigeratezza di costumi li tenga lontano dalle epidemie è tutto da dimostrare. Del resto anche Lei, un tempo, mi sembrava un bigotto di tal specie. Non sta forse bene nel suo eremo lontano dalla pazza folla? Lasci che siano quelli della movida a lamentarsi.

  • ….mah, lascerei stare quello che hanno combinato i tedeschi , o si può anche andare fieri del ricordo del terzo reich?!? Si trattava di partito nazional socialista dei lavoratori (dicesi nazionale/socialista/lavoratori, sic!) guidato da un tizio con i baffetti a spazzolino!
    E quello che ne conseguì credo sia tragicamente chiaro a tutti no?

    • Spero che tu non stia parlando seriamente, perché la mia era una battuta. Il cinema e la letteratura traboccano di icone ironiche riferite a quel periodo. Tutti in manette? E poi le “rivoluzioni socialiste” non sono sempre uguali, ma tutte diverse, come insegna la Storia. Si chiamano “socialiste” solo perché vengono dal popolo, e di sicuro non c’è bisogno di avere i baffetti per sottomettere una nazione.

    • Bisogna risalire alle cause di quel fenomeno. I tedeschi dovettero subire il trattato di Versailles.
      E noi oggi quali altri trattati infami dobbiamo subire? (raptus retorico, chiedo scusa)
      Ora, il bello è che i tedeschi hanno ricevuto i soldi dallo Statoper l’emergenza e sono anche liberi di girare. Eppure si ribellano. Qui la gente è stata ridotta sul lastrico, non ha ricevuto aiuti (se non risibili), è ancora ai semi-arresti domiciliari, tartassata di multe, ma nessuno va in piazza a protestare. Siamo un popolo ‘civile’.

  • Scusa Rita, ma questo è quello che hai scritto: “ma non risulta da nessuna parte che i nostri nonni durante la spagnola del secolo scorso si siano comportati in modo altrettanto paranoico”. Io direi che prima di dare per buona un’affermazione del genere forse si dovrebbe tener conto del periodo storico, scientifico, culturale, massmediatico- informativo di allora. In uno dei due link si parla di censura in tanti paesi di allora dovuta tante ragioni. Le informazioni non giravano. Non facciamola sempre così facile pur di aver ragione. Il 1918, senza bisogno di tante analisi, non era il 2020. Poi si dovrebbe chiedere a chi operava sul campo se le misure sembravano adeguate o meno. E ci sono testimonianze. Appunto le mascherine, non le nere maschere veneziane. E le conoscenze di allora non erano quelle di adesso. Presero misure contenitive anche allora, ma forse gli uomini erano meno sofisticati, più ignoranti e non avevano i social su cui sfogarsi. La scienza di allora consigliava e imponeva quello, ma non perchè voleva che gli uomini di allora fossero più liberi di noi.

    • Nel 1918-1920 c’è stato un lock down mondiale? Tu non hai avuto dei nonni, o dei genitori, o degli zii, che ti hanno raccontato della “spagnola”? Ti risulta che la gente non andasse a lavorare? La terra si arava da sola e le fabbriche funzionavano per forza d’inerzia? Si andava a far visita ai congiunti fino al secondo grado, ma non ad amici e conoscenti? I bambini erano prigionieri in casa, a rimbambirsi davanti a un display? La più bella, però, è che negli anni ’20 del secolo scorso gli “uomini erano più ignoranti” dell’ebetino digitale.

  • Oddio non mi si dica che una frase come “siamo un popolo civile” (mi riferisco alla chiusa del commento di Livio Cadè) possa suonare a disdoro di un “popolo”, please!
    Cos’è ? Stiamo fremendo in attesa dei ….ruggiti delle pecore che non arrivano?!?

  • Per Rita delle 18:00. Ignoranti vuol dire non conoscere cose, come non le conosceva la scienza di allora.

    • Nel senso che la scienza ancora non era entrata nel ginepraio di scientismo e sogni ad occhi sbarrati che è la concezione del mondo giacobino-calvinista, costruita sul falso mito dell’universo come macchina, del dio-orologio, della società come conglomerato di individui eterodiretti dall’oligopolio multimediale. E stato un passo avanti? Non ne sono sicura.

  • Signor Macalli, Lei dice: “i contagi e i morti stanno diminuendo. Questo significa che le misure adottate hanno funzionato”. No, le misure adottate son servite a massacrare il Paese. Il Covid, ora sembra certo, circolava in Italia fin da ottobre (e non da dicembre come si credeva). Eppure, fino a marzo non ha prodotto alcuna emergenza. Durante il lockdown c’è stato un aumento vertiginoso dei contagi. I contagi e i morti stanno ora diminuendo perché le epidemie si esauriscono spontaneamente. Le pandemenze invece possono durare all’infinito.
    Franco, ‘civile’ l’ho messo tra virgolette.

    • Le epidemie si possono anche esaurire spontaneamente, ma ciò non toglie che non si vada oltre la registrazione empirica del loro esaurimento. Non si sa nè come nè perchè nè in quanto tempo. Forse è per questo che le cautele sono necessarie. Fino a maggiore conoscenza! Quanto all’evolversi temporale direi che anche questo si debba iscrivere nella natura subdola del virus e dei suoi tempi di incubazione. Forse dire di quindici giorni non aveva al suo inizio veridicità.

  • https://it.businessinsider.com/paper-influenza-spagnola-1918-correia-conclusioni-ripresa-economia/
    https://www.pharmastar.it/news/covid19/covid-19-e-influenza-spagnola-del-1918-analogie-differenze-e-lezioni-del-passato-valide-anche-per-il-presente-31859
    Prima disputare sentenze forse una lettura in più servirebbe. Anche se fare raffronti attraverso cento anni di storia medica serve a poco. Però alcune misure di contenimento, calate nei due momenti storici, si possono benissimo analizzare senza arrivare sempre alle solite posizioni politiche preconcette. Della serie: ogni pretesto è buono.

    • Direi che “Pharmastar” non poteva dire niente di diverso.
      Come li vendono, altrimenti, i loro prodotti?
      E’ come chiedere alla Bayer se gli insetticidi fanno bene.
      Ad ogni modo questo non è un post sulla “spagnola”, né sul Covid-19, ma sulle strategie economiche che si potrebbero mettere in campo per “uscire” da una crisi ben più pesante e duratura di quella pandemica. La vera tragedia è economica, e non mi risulta che nessuno stia facendo niente, fuorché parlare tutti i giorni di miliardi che non ci sono.

  • Se tu avessi letto con attenzione e non col paraocchi avresti capito che l’analisi si riferiva alle misure di contenimento non farmacologiche. In uno dei due link si analizza anche l’aspetto economico. Magari è discutibile leggere che le misure di contenimento avevano anche contenuto un tracollo ben peggiore, ma è questo lo spunto di riflessione che l’articolo offre. Immagina un numero superiore di malati in terapia intensiva in un sistema sanitario che è quello che è, oltre ad un numero maggiore di morti. Se non si fosse cercato di ridurre i danni con le misure prese forse saremmo messi anche peggio. Che poi i nodi stiano venendo al pettine lo riconosco. Le misure economiche non danno per ora risultati, per non parlare di misure che messe in atto appaiono in modo evidente insufficienti. Anch’io riconosco che alcune strategie, anche spicciole, non prendono corpo. “Marco”, a casa in malattia per un po di febbre, per tornare al lavoro deve esibire test sierologico o tampone perchè la sua azienda tassativamente lo richiede. Ad oggi non è riuscito in alcun modo a farseli prescrivere, e non sa neppure dove, così da prendersi un’altra settimana di malattia, tanto c’è l’Inps. E’ notizia di stamattina che la regione Lombardia firmerà oggi un’ordinanza per cui saranno le aziende a dovere farsene carico. E si sa come vanno le cose. Perchè questa ordinanza diventi operativa non so quanto tempo ci vorrà. Cara mia, non solo tu vedi che qualcosa non sta funzionando.

    • Ma qui serve un piano economico d’assalto, non dei buoni propositi, magari a lunga scadenza. Basta chiacchiere, e basta soldi virtuali!!! Mi fa piacere che altri vedano che le cose così non vanno, più siamo meglio è, non credo che qualche deficiente voglia avere l’esclusiva del cambiamento e brevettarla.
      Come ho scritto nel post, da queste problematiche si esce a mio parere solo abbandonando la forma di civiltà tecnoindustriale: 1) passando alle comunità locali caratterizzate da un livello tecnico quanto più basso possibile, non invasivo e distruttivo, comprensibile e gestibile dal basso; 2) passando dal controllo che le persone devono recuperare sulla propria vita economica; 3) passando alla partecipazione effettiva di ciascuno all’andamento complessivo.
      Il modo di vita autarchico economicamente, culturalmente, spiritualmente (anche qui la parola è impropria, magari qualcuno ne troverà una migliore) deve contrapporsi al modo di vita tecnoindustriale e acquisire valore di per sé, anche indipendentemente dalla situazione politica (sic!) generale in cui può venire a trovarsi. Ci vuole un modo di vita in cui l’essere umano abbia la possibilità di realizzarsi autenticamente e in cui le caratteristiche del bene comune possano cercare di preservarsi. L’alternativa è l’estinzione, mi dispiace per chi resta.

  • La mia impressione è che ci troviamo su una nave che sta affondando. Affonda l’Italia ma affonderà anche l’UE e non sappiamo quante scialuppe di salvataggio ci sono. Siamo sul Titanic speronato dall’iceberg e qualcuno continua a discutere sulla rotta da tenere, se si debba mettere più carbone nelle caldaie, pulire i motori e cose simili. E ci sono anche quelli che continuano a fare salotto, perché non capiscono cosa sta succedendo o perché disprezzano stoicamente il pericolo. Lanciamo pure i nostri SOS. Chi ci verrà in aiuto? Quelli che ci hanno fatto affondare?

  • Lei è un menagramo, Che alla fine di questa storia rimarrà ben poco ormai lo sappiamo tutti. Ma rimarrà pur qualcosa. Non facciamo che ripeterci che il nostro modello economico è ormai alla resa dei conti. Non facciamo che ripeterci che dobbiamo inventarci qualcosa, escluso il Mulino bianco. E allora forse questo è il momento giusto. Lei poi, castigatore di tutti i nuovi costumi, dovrebbe esserne contento. Io no. Egoisticamente spero che tutto ritorni come prima o quasi. Non vorrei finire la mia vita tra lacrime e sangue, sperando che le prossime generazioni siano più avvedute di noi. Per me, quasi vecchio, adattarmi ad un nuovo corso sarebbe difficilissimo. Toccherà poi ai prossimi iniziare una rivoluzione culturale che noi magari abbiamo sognato, ma che toccherà a loro costruire. Ben vengano quindi le prossime aperture che ci concederanno forse l’illusione di una ritrovata normalità. Mettendo in campo tutti le risorse che abbiamo a disposizione, magari una pizza in più e una vacanzina neanche programmata. Così, per mettere delle pezze ad un’economia che senza quella non andiamo da nessuna parte. Perchè senza consumi non falliranno solo quelli che li vendono, ma anche noi che facciamo tanto i moralisti, io no, e quelli che mettono da parte perchè è peccato spendere e consumare. Noi non abbiamo più il tempo di perseguire chissà quale cambiamenti. I “miti” dovranno cambiare, ma io alcuni dei miei me li vorrei tenere.

  • Poiché stiamo parlando di economia, una noticina a margine ci può anche stare. Ai Padroni Universali il lockdown ha portato bene. Chi è arrivato al suo ultimo euro sarà felice di sapere che i mega-miliardari americani hanno aggiunto 280 miliardi di dollari ai loro conti grazie al blocco, e ora valgono 3,3 trilioni di dollari. La situazione di emergenza è molto positiva per coloro che comandano. Eludono le leggi, si impadroniscono delle terre, formano i governi, creano la “nuova normalità” eliminando gli altrui diritti e usando il virus come giustificazione.
    Anche se la mortalità stagionale di molti Paesi è scesa al di sotto dei numeri dell’anno scorso, ci stanno già minacciando con una seconda ondata. Il motivo per cui il mondo esce lentamente, troppo lentamente, dall’era glaciale del lockdown è sotto gli occhi di tutti: ci sono forze che vogliono che il “gioco” continui.
    La parte medica della crisi di Corona è relativa rispetto a quella economica. Ora sappiamo che il virus starà con noi per almeno un paio d’anni, ma nessun Paese può chiudere bottega per un periodo così lungo. Isolamento o no, comunque, alcune persone moriranno. Ma molte di più saranno travolte dallo tsunami delle chiusure di attività commerciali e industriali che causeranno il tracollo di milioni di persone terrorizzate dal consorzio globale dei media liberali, lo strumento delle “tasche profonde”.
    Siamo ad un bivio storico. Dobbiamo scegliere, stare con il piede in due scarpe non è più possibile. Possiamo finire come non-persone controllate digitalmente, plastificate; possiamo diventare soggetti di test per gli esperimenti di Bill Gates con i vaccini; possiamo bruciare in un olocausto nucleare; ma possiamo anche diventare persone libere rifiutandoci di soccombere ai diktat dell’Impero. Nel “piccolo” (economico, sociale, spirituale) questa scelta si può ancora fare. E’ il principio del sottomarino che ha bisogno di molti compartimenti per poter navigare sott’acqua.
    Finché le diversità saranno preservate, c’è speranza. Se invece metteremo tutte le uova nello stesso paniere, continuando a ragionare in termini di “mondo”, abbiamo già perso. Che senso ha riempirsi la testa di sogni irrealizzabili come il “green new deal”, quando in tre anni non si è riusciti a piantare quattro (di numero) alberelli scalcinati nel Parco del Fiume Serio?

    • Si, Rita, su questa strada piace camminare anche a me!
      Sono quegli obiettivi per i quali io dico “abbiamo le unità di misura” e invista dei quali, anche personalmente possiamo/dobbiamo lavorare con determinazione.
      Che non vuol dire chiuderci miopemente affranti dal solo “particulare”, immergersi nel solo “localismo”, perdere di vista gli accadimenti, gli interessi, le azioni di ampio respiro, magari nazionale/sovranazionale/planetario, per le quali la nostra attenzione socio/culturale, politica deve restare cmq sempre attivamente….”connessa”, ma evtando di accampare scuse più o meno “nobili”, fare la propria parte con coerenza proprio a partire d tutto ciò per cui si possiedono “le unità di misura”!

    • Pulisci davanti a casa tua e tutta la città sarà pulita, diceva il saggio. E’ falso che chi si occupa della sua realtà non vede il resto, chiaramente questa baggianata è stata diffusa ad arte per poterci costruire sopra il mondialismo e far fare ancora più palanche a chi già le aveva.
      Il localismo, l’amore per la propria terra e le proprie radici, non è un “chiudersi” ma semmai un “aprirsi”. In una metropoli c’è meno socialità rispetto a un borgo, su questo non ci piove, laddove s’intende per “socialità” una reale solidarietà. Chi le conosce le persone che incroci in un luogo affollato? Chiami una di loro quando devi spostare l’armadio di casa, o quando hai bisogno che qualcuno vada in farmacia al posto tuo?
      Né marxismo né capitalismo ci hanno portato vantaggi, e perciò vanno superati. Abbiamo vissuto negli ultimi decenni divisi, pro o contro, sui due regimi in voga quello capitalista e quello comunista. In sostanza due facce della stessa medaglia, due regimi che hanno bisogno di grandi masse di schiavi salariati da sfruttare, dove è indifferente se chi comanda è il padrone o il partito.
      Ho espresso spesso concetti di comunità; ecco occorrono comunità capaci di produrre beni per le persone e non per il “mercato”. Ci siamo scordati tutti che la maggior parte delle merci necessarie può essere prodotta in casa o tramite aziende locali dalle dimensioni umane, azione che contrasterebbe e limiterebbe ferocemente la creazione di grossi interessi economici, di monopoli, origine di molti mali. La società della piccola produzione, dell’agricoltura a chilometro zero, del rispetto dell’aria e dell’acqua è l’unica società che non avrà paura di nessuna crisi e che avrà un futuro.
      Impariamo dai nostri errori. La Roma “globalizzatrice” del Sacro Romano Impero ebbe sino a due milioni di abitanti e merci provenienti da tutto il mondo, ma fallì, la città si svuotò scemando a 35mila abitanti ed alle persone non rimase che di spandersi per le campagne a fare i contadini. Ha senso ripetersi?

  • Locale e globale non sono, a mio avviso, due paradigmi che si escludono a vicenda, come del resto nazionale e internazionale.
    Ciò che conta è trovare un giusto equilibrio che valorizzi al massimo le potenzialità di ogni ambito (come potremmo,ad esempio, affrontare una nuova pandemia dentro la nostra… monade locale o nazionale?).

    • Chi sa di quanto sale il PIL per la pandemia? Certo, di meno dell’incremento per una guerra! Il sistema medico, usato per la razionalizzazione e aziendalizzazione il sistema il sistema DRG, si rende conto dell’inappropriatezza di un metodo quantitativo per misurazioni qualitative, o meglio di quanto sia difficile la scelta degli indicatori (per le opere d’arte sarebbe possibile?). E noi, sapendo che il PIL divora il mondo a noi caro come la nostra casa, continueremo così? Siamo lal dilemma: non è possibile metere giudizio da soli, l’aria nuova deve circolare in tutto i mondo.

    • Io credo che dovremo spendere di più nell’immediato. Spendere di proprio intendo, non demandare tutto allo Stato quando i conti correnti delle formiche aumentano, perchè non si sa mai che debbano servire a figli e nipoti. C’è un contingente disperato che ha bisogno di liquidità da parte di tutti quelli che possono spendere per far ripartire tutto, ben sapendo che i servizi erogati saranno forse qualitativamente migliori causa Coronavirus, più igiene, più attenzione agli altri, ma allo stesso tempo più punitivi nell’attenzione che tutti dovremo prestare alla socialità con i nostri comportamenti che saranno guidati dall’apprensione e dalla paura maturata in questa esperienza. Non sarà come prima andare al ristorante, nè autoservirsi al buffet le ricche colazioni che facevamo in hotel. Non c’è bisogno di essere dei tecnici o esperti economisti per capire che il nostro contributo, che non dovrebbe essere una patrimoniale perchè andrebbe ad incidere su tutti indistintamente, sarà fondamentale per rilanciare tutti i settori, oltre gli aiuti statale che la “finanziaria” di ieri sera ha messo in campo, e che saranno assolutamente insufficienti. Quando sento parlare di turismo, per scendere nel concreto, senza troppe astrazioni, e di incentivi per i redditi più bassi, mi viene da sorridere perchè sappiamo bene che i redditi bassi in vacanza non ci andranno di certo, neanche col bonus da 150 o 300 euro per le famiglie più numerose. E questo vale per tutti i 55 miliardi messi in campo. I progetti a lungo termine, fermo restando che si sappia dove si vuole andare, non affrontano il contingente che ha bisogno di risposte immediate da parte di chi potrà farlo. Tridico già a marzo dichiarava che le pensioni sarebbero state erogate fino a luglio e poi non si sa. Quindi, se nessuno lavora e nessuno paga contributi, l’Inps cadrebbe in sofferenza anche prima. Per non dire anche dei nuovi equilibri mondiali, con Russia e Cina, e magari Turchia, che chiederanno risposte per gli aiuti dati, e prima che impongano nuovi assetti politici mondiali. Io credo che un po’ di autarchia, oddio, non vorrei dare ragione a Mainetti, a questo punto sia l’unica strada percorribile per ridare un po’ di serenità a questo Paese più disastrato di altri e col morale sottoterra. E magari contemporaneamente pensare in grande, ma senza mangiare anche i sogni risultano indigesti. Statalizzare o privatizzare ulteriormente poi esula dalle mie capacità previsionali. Ma anche qui osservo che difficilmente si va oltre l’interpretazione o la riproposta di esperienze passate, ma sempre viziate o condizionate dal credo politico di ognuno. Non sempre il pensiero politico è una garanzia.
      E scusate la concretezza degli argomenti.

    • Allora Piero diciamo che negli ultimi 50anni, dagli Anni ’70 ad oggi, l’equilibrio non si è trovato. La domanda, a questo punto, è: si tratta di una strada possibile o era solo un’utopia tra le tante? La risposta è d’obbligo, se non si vuole finire come quelle coppie che s’intestardiscono a stare insieme per motivi d’interesse ma l’uno non è fatto per per l’altro/a. La testardaggine non paga mai.
      Siamo animali, non diamoci troppe arie, e il pesce grande mangia immancabilmente il pesce piccolo. Proprio in questi ultimi tempi, grazie al Covid, la massa ha scoperto che le grandi organizzazioni internazionali (ONU, OMS, Banca Mondiale e FMI, OCSE , WTO, eccetera) non sono neutrali. E da che parte stanno? Da quella del più forte, è ovvio. Di conseguenza non è peccato affermare “ognuno faccia per se”, e poi eventualmente si stringeranno accordi (vantaggiosi per se) con altri partner. Le favolette della buonanotte è ora e tempo di andarle a raccontare a chi ha difficoltà a prender sonno, visto che abita il mondo “grande e terribile” da addormentato. Basta chiacchiere e buoni propositi, forse l’ho già detto.

  • Ivano si spenderà poco o niente nell’immediato e i cittadini se la dovranno sbrogliare da soli, come sempre. Suppongo che anche tu ieri sera abbia assistito all’ennesimo “propaganda-show” del governo. Penosa la riproposizione del decreto Rilancio, già dl Aprile, poi dl Maggio, mentre si allungano le file davanti al monte dei pegni delle maggiori città. Il Rilancio in realtà è un Ritardo, e non rilancia un bel nulla.
    Non ci sono politiche di rilancio, investimenti né una prospettiva a medio-lungo termine. I 55 miliardi messi sul piatto dal governo (che per ora non esistono) servono subito, per l’emergenza. E non è detto che – nonostante le promesse del premier – i soldi arriveranno così in fretta nelle tasche degli italiani. Sul fronte degli sgravi fiscali, le misure sono una tantum. Ciò significa che nonostante la recessione inimmaginabile che colpirà il nostro sistema economico, prima o poi i cittadini e le imprese – attualmente con zero fatturato – le tasse dovranno tornare a pagarle, non si sa con quali soldi. Inutile ripercorrere l’elenco delle promesse, basta una sola affermazione a riassumere l’inutilità delle misure: “non abbiamo definito una riforma del sistema fisco”. Era la sola cosa che dovevano fare per dare fiato a famiglie e imprese, ma non ne sono capaci. Non hanno neppure snellito la burocrazia, che è il vero grande problema dell’Italia. Motivo? Il governo non si fida degli italiani (tutti collusi e furbetti del quartierino) e gli italiani non si fidano del governo (tutti collusi e furbetti del quartierino). Come accoppiata, non c’è male.

  • Rita, si dovrà ricominciare a spendere per forza. Abbiamo tutti i settori dell’economia in gravissima crisi. Immaginati per industria, manifatture, automobili, commercio, turismo se nessuno spendesse. Andremmo tutti a farci fottere, prima i privati e poi lo Stato, col pubblico e tutti i suoi apparati. Chi ti paga la pensione se nessuno ricomincia a pagare i contributi all’Inps? Cosa farebbero i lavoratori in cassa integrazione? Come farebbe lo Stato a pagare la scuola, la sanità, il pubblico impiego? Altrimenti il cittadino cosa potrebbe fare? Stare a guardare? No, non è possibile. Mai come ora c’è bisogno di sinergia tra tutti noi e lo Stato, senza quella sarebbe la catastrofe. A meno che tu pensi che nell’immediato il Governo avrebbe dovuto fare di più. Io dico di no, pur consapevole che gli aiuti elargiti da questo Decreto sono una goccia nel mare.

    • Bravo Signor Macalli, mai dare ragione a quello squallido complottista del Mainetti (che è anche marcio dentro).
      Siamo passati dal “Martedì arrivano gli eurobond” al “mettiamoceli noi”.
      Bravo.

    • Ma e’ cosi’ difficile da capire che non sono in grado di gestire un’emergenza economica. E’ come se chiamassero te o me a Huston. A fare cosa? Non e’ che questi “rimediati all’ultimo minuto” per evitare le urne ci fanno, ci sono proprio. Sono una causa persa e noi siamo i loro ostaggi.

    • Confermo cha tocca a noi fare, ed è sempre stata la mia posizione. Al governo spetta riavviare la barca, e spetterebbe chiudere un occhio su tante cose, ad esempio la normativa sula ristorazione. Non è pensabile aprire in città? Azzerare le norme di sicurezza per gli agriturismi, basta antincendio e tutti gli anta. Concesssioni rapide a termine ovunque si possano pantare due mura in cartongesso e un cesso da campo o addierittura una cucina da campo sotto tenda e tanti tavoli a distanza di sicurezza se prorpio ci teniamo, concessione a termine per la stagione turistica, col sottinteso che non si metterranno mai a norma perché costa meno abbattere quel che è stato montato, si chiude e si riapre in città. Per le spiagge è più difficile, ma con turnazioni brevi, due ore, si risolve. Idem musei, a prenotazione. Pompei ha cambiato gli itinerari e riapre. A noi andarci e rompere l’immobilismo. E far manutenzione, comperare libri e regalarli……..

    • Il problema è esattamente questo, Adriano: il governo sta facendo affondare la barca (non ha la patente nautica) e il fatto che parli delle sue iniziative al condizionale significa che lo pensi anche tu.
      Mentre gli italiani in questi tre mesi sono stati bravissimi, meglio di quello che hanno fatto non avrebbero potuto fare. E giustamente, adesso, ne hanno piene le scatole di un’accozzaglia male assortita di dilettanti che si spacciano per esperti.

  • Nella Germania degli anni ’30, sotto il nazismo, gli ebrei avevano buone ragioni per fuggire all’estero.
    Oggi in Italia, sotto la pandemenza, le persone oneste e intelligenti avrebbero buone ragioni per scappare. Non è più posto per loro. Ma scappare dove?
    “Dov’è l’uscita?” per me non significa trovare una soluzione (che non esiste) ma una via di fuga.

    • Certamente non nel mondo occidentale.E se fosse come dice Lei ci verrebbe impedito. Per gli ebrei, in dittatura, non ci furono vie di fuga.

  • No signor Mainetti, io parlo di misura temporanea, non per sempre, che non reggeremmo al fai da te. Poi si dovrà riaprire ai mercati, in entrata ed uscita. Sperando che la notte abbia portato consigli, confidando in innovazioni pensate e maturate nel corso di questa prigionia. Ma anche qui non sto parlando di grandi rivoluzioni. Dovremmo stare anche peggio di così perchè si inneschino. E poi quelle improvvise sono terribili. Accontentiamoci ancora un po’ di questa mediocrità economica e culturale. Vorrei morire nel mio letto.

  • Ivano, fai bene a preoccuparti.
    Non mi preoccupa tanto la situazione presente (bene o male la liquidità arriverà e lenirà le ferite: già la manovra di 55 miliardi è un unicum nella storia della Repubblica ed è un unicum, naturalmente, perché la situazione è unica, eccezionale), quanto il dopo: quando la cosiddetta strategia dell’helicopter money finirà e allora la guerra commerciale riprenderà più aspra di prima.
    Non dimentichiamo che la Germania, sta spendendo di più di qualsiasi altro Stato per sanare le proprie aziende approfittando della sospensione del veto degli aiuti di Stato.
    La Germania (ma anche altri Paesi) le risorse le ha (e sicuramente anche grazie alla moneta comune), mentre noi siamo… incatenati.
    Ci vorrà un cambio radicale nelle regole europee! O ci sarà, o l’Europa finirà.

    • Faccio umilmente presente che i famigerati 55 mld., ad oggi, non hanno ancora trovato le coperture. Per crederli reali, si dovrebbe fare pertanto un atto di fede. E anche quando si troveranno, nel caso si trovassero, entrerebbero immediatamente nel tritacarne burocratico prima di finire nelle tasche degli italiani. La Germania, Piero, come tu ben sai, non deve affrontare problemi di questa portata.

  • Per chi intende fare le vacanze al mare e non è abile nuotatore, riporto un’informazione importante. Quest’anno il salvataggio di persone a rischio di annegamento dovrà conformarsi a nuove procedure. La Società Nazionale di Salvamento, recependo le direttive politiche anti-contagio specifica che:

    “Considerando la probabilità di utenza affetta da COVID-19 o portatrice del virus occorre che:
    1. Il BDS (il bagnino) modifichi la procedura di salvataggio: obbligo di “rescue can” (che consente un relativo ma possibile distanziamento dal pericolante). In alternativa , a giudizio dello stesso BDS, l’uso di pattino o di tavola di salvataggio (surf rescue). È importante che il BDS in occasione di un intervento di salvataggio indossi una maschera integrale, a protezione della propria integrità, onde limitare la possibilità di contatto col pericolante e minimizzare la trasmissione di secrezioni respiratorie ipoteticamente veicolanti il virus
    2. Il BDS modifichi la procedura di soccorso: … Tale ventilazione deve essere tuttavia effettuata con sistemi e modalità che assicurino un distanziamento e riducano l’eventuale contatto con il paziente. Pertanto si ritiene necessario raccomandare la ventilazione esterna solo con uso di pallone auto-espansibile (tipo Ambu) o al limite con pocket mask con tubo distanziatore tipo Mount. … Sono invece da evitare ventilazioni bocca-bocca o con telino da interposizione.
    In particolare si suggerisce da parte dei soccorritori di:
    • Verificare la presenza/assenza di respiro spontaneo solo mediante osservazione del torace della vittima
    • Eseguire la RCP solo mediante il massaggio cardiaco, astenendosi dalla ventilazione
    In attesa di nuove evidenze scientifiche, si raccomanda di valutare il respiro soltanto guardando il torace della vittima alla ricerca di attività respiratoria normale, ma senza avvicinare il proprio volto a quello della vittima e di eseguire le sole compressioni (senza ventilazioni)”

    In poche parole, si può soccorrere chi sta annegando ma tenendo le distanze di sicurezza e indossando una maschera integrale. Dovrà poi evitare la respirazione bocca a bocca.
    Se quindi vi troverete in pericolo di affogare dovete sperare che passi di lì Sigfrido o Lancillotto o Parsifal o Gandalf o anche solo Topolino, Super Pippo o le Giovani Marmotte. Cioè qualcuno che viva ancora nel mondo reale e che se ne freghi di regole dementi.

  • I due post economico gestionali si intersecano. Ho risposto sopra per risponsdere essendo stato chiamto in causa, ma la mia risposta è molto aderente alla terza via. Qundi mi potete criticare qui o lì indifferentemente.

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