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ADRIANO TANGO

Pubblicare a cent’anni

L’anno scorso un mio paziente mi promise una copia in omaggio, debitamente firmata, della sua autobiografia, appena fosse stata pubblicata. Avevo la sua scheda sotto mano, e buttai un’occhiata alla data di nascita. Un tipo tosto, che a novantasei anni veniva ancora a trovarci in macchina da Madignano (persona molto nota), ma ai cento non mancava poi molto, quindi ringraziai mostrando tutta la mia considerazione, ma credendo poco in questo suo ennesimo successo personale.
Tuttavia un caso analogo l’avevo sentito: un signore novantottenne che alla morte della moglie aveva chiuso casa, e scegliendo fra gli oggetti di una vita cosa conservare per ricordo, svuotando un ripostiglio si era trovato fra le mani una vecchia Olivetti Lettera, e senza pensarci due volte aveva iniziato a scrivere le sue memorie.

Della effettiva pubblicazione tuttavia non ho avuto notizia.
E ora invece mi trovo fra le mani, metaforicamente, diciamo il file avanti agli occhi, “Novacene”, autore James Ephraim Lovelock, nascita 26 luglio 1919. E sì, andiamo per i centouno amici!
Lo sapete chi è, vero? Ma quello della teoria di Gaia!
Due parole sulla nuova fatica, e gli auguro non l’ultima, e poi torniamo all’eccezionalità dell’età produttiva.
L’autore esplora le possibilità della specie H. sapiens dopo l’Antropocene. È ottimista sulla capacità del sistema autoregolante del pianeta vivente nel ricondurre in termini accettabili di normalità il danno a lui fatto dall’uomo.
Tuttavia nel 2004 affermò “ora solo l’energia nucleare può fermare il riscaldamento globale”. Ha cambiato idea o qualche gost writer ha capito male? Non sto denigrando o malignando, ovvio che abbia qualcuno che gli da una mano, e poi, anche se il suo fosse solo un marchio di fabbrica non autorizzerebbe mica la pubblicazione di fandonie!
Per quanto mi riguarda penso che nel 2050 competerà anche a me un marchio di fabbrica, ma di casse da morto.
Torniamo all’opera: l’I.A. avrà un grosso ruolo, in un’alleanza fra uomini carnacei e iperintelligenti sintetici, che avranno tutto l’interesse a mantenerci in vita. Ma è sicuro che parliamo proprio del futuro, e non ci siamo già dentro, si chiede l’illustre nonnetto? Nell’opera mancano ragionamenti basati su dati stringenti, il tutto è intuitivo, ma per chi come me (e come lo zio Albert) crede nel primato della fantasia sulla ragione, va bene così.

E torniamo al fattore uomo. Merito dell’aria della Cornovaglia dove vive? Una regione ricca di coste battute da venti marini, salubre, ma comunque Lovelock non è un Cornish autoctono, anzi, è proprio Inglese, e gli Inglesi vivono in media un anno e mezzo meno di noi.
Qualcosa potrei scoprire dalla sua genetica familiare, ma mamma e papà Lovelock non sono disponibili per un’intervista. E allora mi concentrerei proprio sulla sua attività quale fattore antiage.
Ci sono mestieri svantaggiati circa l’attesa di vita, e, a parte quanti riconosciuti come usuranti, generalmente i mestieri manuali non concordano, statisticamente, con la futura longevità. Ma si tratta proprio di un handicap legato alla manualità, espressione magica dell’uomo, o qualcosa sfugge? Esatto, le così dette “professioni” promettono maggior longevità rispetto ai lavori subordinati, che siano manuali o intellettuali poco interessa. Per capirci un chirurgo è favorito rispetto a un agricoltore.
Ma, e già, c’è un ma: sono penalizzate le libere professioni. Come mai? Livello di stress, direi, inseguimento continuo dell’obiettivo, una sorta di effetto prima linea. E affermerei anche che questa volta ci siamo: il nostro autore ha fatto quel che gli piaceva fare, ha immaginato e prodotto tanto e solo per passione. E allora avanti, tutti a scrivere, che buon libro fa buon sangue!
Ma, mi viene in mente, prima ho citato fra le professioni manuali premianti quella del chirurgo, e in Cina in effetti è stato segnalato un chirurgo operante a cent’anni. Ma uno come me che per tutta la vita ha fatto il chirurgo e lo scrittore… i due effetti si sommano o si moltiplicano?
Ma no, non sarò un fenomeno di longevità tranquilli, visto che il programma di calcolo sulle possibilità di sopravvivenza al Coronavirus mi da una percentuale appena del 31,11%!

ADRIANO TANGO

29 Mag 2020 in Cultura

16 commenti

Commenti

  • E parlando di inglesi, quando i toni della conversazione si accendono, sono usi parlare del tempo. Tuttavia in questo blog anche la metereologia potrebbe innescare commenti vivaci sul cambiamento climatico, quindi, mi son detto, longevità e saggistica dovrrebbero essere temi d’interesse ma poco polemizzabili. Ovviamente parlo di polemiche da evitare, non di dicussioni, anima stessa di un blog.

    • Caro Adriano, ho rispetto e stima per i vecchissimi che continuano a spendere la loro vita con l’energia dei ragazzini, o quasi la stessa. Ce la metterò tutta per fare idem. Giorgio Bocca diceva che a vent’anni ti credi invincibile, a ottanta, basta un colpo di vento per metterti in difficoltà. Dalle nostre parti il vento neppure esiste, come ho già scritto, ma l’aria, l’arie in cremasco, quindi, nonostante l’umidità che si taglia con il coltello, si può sperare di durare a lungo. Ma c’è un bel romanzo di Philip Roth, “Patrimony”, che è l’altro faccia della vecchaia, quella che “croda”, che va in deperimento drammatico. Non una lettura ottimista. Ma un grande romanzo.

  • Si, oggettivamente mettersi a polemizzare su longevità e saggistica ci vuole ….una bella passione!
    Però non è tanto il tema, che conta, sai Adriano, è l’atteggiamento di fondo che uno usa nei confronti dei tanti “altri” che costeggiano/attraversano/accompagnano la tua vita.
    Se d’acchitto ci spari li un sorriso di apertura o un sopraciglio alzato di separazione, se ti è facile l’abbraccio o se, al contario, fai fatica a dare la mano, se interloquisci con un “si, io credo, che…” opppure con un “mi dispiace, ma….”!
    Se becchi subito quello che ti differenzia dall’altro o se ti approcci con una delle tante cose che ti acconumano, all’atro.
    La polemica con l’altro è l’alimento dell’aggressivo, l’ascolto dell’altro è l’essenza del saggio.
    Cercare l’equilibrio tra questi due così diversi atteggiamenti, ritengo sia una bella gara nella quale cimentarsi.
    E il blog è indubbiamente un bel “terreno di gara”!

  • P.S. chiedo scusa ma ci aggiungerei, nelle interlocuzioni , l’assai sintomatico :” io invece”!

    • Scommetto che Lovelock, come me, attraversando scambia un sorriso e un cenno d’intesa con chi gli lascia la precedenza. Mica un ringraziamento, un atto di reciproco riconoscimento. Oddio, magari lo fa anche quando è lui alla guida e si ferma per far passare un ciclista!
      Altro particolare: avete notato gli occhiali sottili? nemmeno un +1 di correzione forse, che contro i miei + 2 e qualcosa….

  • Già: “la polemica con l’altro è l’alimento dell’aggressivo, l’ascolto dell’altro è l’essenza del saggio”. Ma come è difficile “ascoltare”: il nostro blog (ma non sempre) è la prova provata di questa difficoltà. Ed è difficile perché ciascuno di noi è attaccato con un cordone ombelicali alle sue convinzioni ritenute “vere” a priori (vere perché ispirate a fonti a cui diamo la patente di “verità”). E’ un’impresa quasi… impossibile.
    Adriano, il tuo duplice ruolo di chirurgo e di scrittore ti… preserveranno a lungo.
    Credo, comunque, che a… preservarci (a prescindere dalla professione) siano le “passioni” che possono essere coltivate ad ogni età.

    • Piero, parafrasando von Clausewitz, si potrebbe dire che la polemica è la continuazione del dialogo con altri mezzi. Quando gli strumenti del dialogo (della politica) risultano inutili per raggiungere uno scopo, si ricorre allo scontro polemico (la guerra). Non importa se lo scopo sia l’affermazione di un’idea o l’acquisizione di nuovi territori. Tu sei un relativista agnostico e vedi nel rispetto delle opinioni altrui un fondamento del dialogo. Per me questo atteggiamento è inaccettabile. Rispettare un’idea quando la giudichiamo profondamente sbagliata o cattiva significa annientare il senso stesso di un pensiero che procede per contraddizioni e opposizioni. E oggi, io credo, siamo in un momento di tensione estrema dei nostri valori. In altre parole, è in corso una guerra, non una trattativa diplomatica.

    • Bravo Piero, ci hai svelato il segreto della tua candidatura ai cent’anni!

  • Sì, Adriano, se n’era parlato abbastanza circa un anno fa, quando il libro era uscito. E poi la chiusura delle librerie ha ritardato di un paio di mesi, da marzo a oggi, la distribuzione dell’edizione italiana Bollati Boringhieri, almeno per chi va in libreria e sceglie libri tradizionali.
    Non so come tu la pensi sui 300 anni di Antropocene, da Newcomen a AlphaGo. A me, quando a suo tempo l’ho letto, è sembrata un po’ una forzatura.
    Adesso, questo nuovo libro di Lovelock è interessante, anche se la contentezza dell’autore riguardo allo scenario prefigurato mi lascia perplesso. Può darsi che i cyborg derivino tra non molto, come discendenti autosufficienti, dagli odierni robot, anzi dagli attuali sistemi di intelligenza artificiale. Gli sforzi per convincere il lettore che sarà interesse di questi nuovi soggetti conservare e persino migliorare le condizioni di vita degli umani superstiti mi sembra riuscito solo in parte. È vero che ci sta dietro il discorso della salvaguardia di alcuni elementi essenziali per la continuità dell’esistenza del pianeta (e qui le cose sono abbastanza ben argomentate), però c’è una parte del testo in cui la riflessione sul punto essenziale di questa scelta non mi sembra brillantissima. Ovvio quale sia: quella del passaggio dall’intelligenza artificiale a quella condizione aggiuntiva dell’essere che noi chiamiamo “coscienza”, un aspetto che è oggi la vera frontiera delle neuroscienze e della biogenetica. Vedi l’ultimo Harari e altri più precisi in proposito. Tu che ne pensi?
    Sul fatto che a cent’anni si possa ancora scrivere, la notizia è buona o cattiva a seconda di chi scrive.

    • Che bello discutere con te! Si chiacchiera e si impara! Innanzitutto le librerie: senso di colpa, compero per il lettore in ebook, e allora per dare il mio contributo alla ripresa ci vado a comperare per i nipoti, e fra l’altro i libri per bambini quanto costano!
      Sull’IA ci siamo spesi in altre occasioni, ma ci son sempre novità. Il libro in generale è un po’ una buona novella consolatoria. Sulla filosofia dell’autocoscienza io riparto sempre, come in tutto, dall’etologia. Bene, son giunto alla nuova conclusione che, anche se sarà pur vero che come presupposto richiede una decente intelligenza, in realtà è figlia della fantasia. Uno studio sui corvi (maledetti che mi vengono a mangiare i pesci nella vasca), dicevo ha dimostrato che sono in possesso d i autocoscienza. Dimostrato come? Semplice, sono stati in grado di costruirsi l’attrezzo per fare un certo lavoro con tre elementi da montare, e senza autocoscienza non si sarebbero potuti “immaginare” nell’atto dell’utilizzo dell’attrezzo. Visto che in natura una funzione inutile è un handicap in più, chiediamoci, a che serve l’autocoscienza? Appunto a mandare il proprio avatar in situazioni ipotetiche e fare un’esperienza gratis. A termine della dissertazione sì, con l’apprendimento profondo computer che saranno indistinguibili da un cervello animale triplanare la svilupperanno per le stesse ragioni: immaginarsi nel mondo che si avviano a conquistare, il nostro. Come ci tratteranno? Bene, non c’è conflittualità! Data la diversa matrice fisica non diamo loro alcun disturbo. Inoltre saranno immuni dalla nostra febbre riproduttiva, quindi non toglieremo loro spazio.
      Ci aiuteranno? Se saremo abbastanza furbi da inserire nei loro primi prototipi le giuste e permanenti istruzioni sì.
      Ma hanno un altro vantaggio a trattarci bene: questi laboriosi e abili animaletti possono servir loro da manutentori in condizioni inaspettate, per la loro versatilità. Diverso pensare come potrebbero reagire ad atti di ostilità umana: sarebbero implacabili, perché intelligenti fino alla compassione, no! Scusa, mi son lasciato prendere la mano. Buon fine settimana.

    • Vale il reciproco, Adriano. Grazie anzi di questa Tregua di Dio temporale e di questa Pace di Dio perimetrale.
      Sui corvi, come sai, così come su altre “learning species”, la discussione è sull’attribuzione dell’uso di strumenti, della “memoria d’utilizzo” e della “percezione di risultato” al campo della cosiddetta “intelligenza” piuttosto che a quello della cosiddetta “coscienza”, per usare termini poco tenici. Soprattutto l’accumulazione mnemonica potrebbe cadere nel primo campo, non nel secondo. Ma sono discorsi da specialisti, per cui non vado oltre i miei limiti.
      Benissimo fai a toccare l’aspetto di una preliminare condizionalità a noi favorevole, da impostare sin dall’inizio nella cyborg programmazione. Argomento abbastanza trattato e discusso. Ma intanto non si tratta di cosa semplice, proprio per nulla. E poi dovremmo fare i conti con la “loro” evoluzione, che potrebbe alterare questa “nostra” iniziale clausola di salvaguardia. E ciò sopratutto col passare del tempo. L’aspetto è anche in parte collegato a quel comparto che dalla “coscienza”, sempre per dirla in modo poco tecnico, può trasmutarsi in “sentimento”, cioè in quelle cose che noi oggi definiamo umanamente come “affetti”, se non qualcosa di più. Molta letteratura si è fatta sopra il cosiddetto “androide innamorato”, spesso quindi “ribelle”, dalla prima fantascienza fino alle note pecore elettriche di Dick e poi oltre ancora. Spesso, letteratura d’accatto. Ma la faccenda può proprio essere quella, in termini di impossibilità di controllo. “Al cuore non si comanda”. E, aggiungerei, per fortuna. Beninteso, per fortuna loro. Perché qui nostri possibili “love affairs”, come coi neanderthal e i denisoviani, appaiono, al momento, difficilmente ipotizzabili. Non voglio neanche pensarci.
      Nel complesso, Adriano, il tema sembra avulso dall’attuale quotidianità, per cui se vai a parlare di queste cose a un cassintegrato ti sfancula subito, e fa bene, anzi benissimo. Però, visto che il post non è sul lock-down ma al massimo sul lovelock-down, aggiungo che hai toccato un punto fondamentale sin dai prossimi, immediati, decisivi anni a venire in questo campo. Che poi è la vecchia storia del Golem da non farsi scappare di mano. Certo che se è andata male a un genio come Jehuda Löw, mi sa che per noialtri sarà dura, eccome. Non c’è più la Praga di una volta. E mi spiace per Lovelock, più ottimista a riguardo.
      Ricambio gli auguri di buon fine settimana.

  • Dimenticavo un particolare: ovvio che la stesura in tandem è esplicitata, mica gente che frega il prossimo questi centenari!

  • Dimenticavo anch’io una cosa, Adriano. Il focus tematico non era coincidente del tutto, però dei riferimenti interessanti c’erano anche nel post “L’AI prenderà il controllo del pianeta?” del 28 novembre 2017, scritto da Mattia Bressanelli, per me molto interessante e con commenti pure piuttosto interessanti. Ho ripercorso e tracciato di recente determinati contenuti passati e mi stavo dimenticando questa cosa nel commentare questo tuo ultimo post. Ovviamente, su CremAscolta anche altri contributi sono comparsi su questo tema, per cui il mio è solo uno dei possibili esempi di cose dette in proposito. Mi sembra importante quanto accumulato in questi anni sul blog e la rilettura di certe cose è sempre istruttiva. Mi ricordo che il recupero della parte pregressa di archivio era stata definita come già prevista e che si trattava solo di avere solo un po’ di tempo e di risorse in più. Sarebbe, a mio modesto avviso, un’ottima cosa, su cui sarei certo che si potrebbe operare agevolmente, caro Presidente.

  • Visto che ho utilizzato già lo spazio risposta rispondo qui a Pietro. Non sono aspetti per niente secondari questi speculativi. Nella fase a rubinetti chiusi delle risorse della mia vita, per mie scelte, non sono stato meno speculativo. Sapere che ci stiamo a fare e se falliamo noi a chi potrebbe toccare, cellulare o transistore che sia, mi sembra fondamentale, altrimenti chi ce lo fa fare? Tu mi batti in capacità d’indagine, non ne perdi uno, io forse, visto che seguivo la neurologia e il behaviourismo già dal liceo e rigorosamente in inglese su testi prelevati alla biblioteca americana (bei tempi) e una nuora neurologa ricercatrice forse ho qualche conoscenza interpretativa in più, quindi continuiamo a seguire il tema.

  • Visto che ho utitlizzato già lo spazio risposta rispondo qui a Pietro. Non sono aspetti per niente secondari questi speculativi. Nella fase a “rubinetti chiusi”, per mie scelte, della mia vita, non sono stato meno speculativo, pur avendo pressanti problemi immediati. Sapere che ci stiamo a fare e se falliamo noi a chi potrebbe toccare il testimone, cellulare o transistorizzato che sia, mi sembra fondamentale, altrimenti chi ce lo fa fare? Tu mi batti in capacità d’indagine, non ne perdi uno, io forse, visto che seguivo la neurologia e l’etologia fin dal liceo forse ho qualche elemento di base in più, quindi continuiamo a seguire il tema, eventualmente con nuovi post in caso di novità.

  • Mi rispunta fuori questo vecchio post, che voleva essere solo una recensione, e invece è approdato al tema del contendere fra umani e androidi per la preminenza. Ricordo solo per chi ci volesse tornarci a dissertare/riflettere che l’essere organico ha delle carte in più da giocare: un’ottimizzazione del rendimento energetico al cui confronto l’essere sintetico perde per una misura a tre zeri (calcoli miei di conversione delle calorie in volt e forza lavoro controllati da un ingegnere). Rimarrà per sempre inoltre la versatilità, a partire da quella motoria e a finire con quella concettuale. Qualcuno allora dirà: visto che siamo così economici allora ci useranno come schiavi!
    Credo piuttosto nella simbiosi, come avviene sempre in natura, e di natura parliamo. Se tanto intelligenti sapranno bene che li potremo sempre cavare dagli impicci.

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