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IVANO MACALLI

DIVORZIO destra sinistra

Senza dati statistici, così, a pelle. Non per rimarcare differenze che in questioni di cuore sono più complesse del bianco contro il nero, ma pochi giorni fa, con amici, passavamo in rassegna le coppie che in tanti anni abbiamo frequentato o conosciuto. Per arrivare ad una conclusione. I matrimoni tra progressisti durano più di quelli tra coppie diciamo di destra. Intanto ricordavamo le battaglie dei progressisti, contro i bacchettoni sobillati dalla Chiesa cattolica contro quel referendum che nel 1970 sancì la vittoria dei progressisti, che forse a quell’epoca non si chiamavano neppure cosi, contro quei bacchettoni della Democrazia cristiana che guai a spaccare una famiglia sacra, naturale e con tutti gli altri attributi per bene a corollario. Il tempo poi ha dimostrato esattamente il contrario così che le persone così dette per bene si sono trovate su un piatto d’argento una possibilità che ha salvato dalla tristezza rassegnata una moltitudine di uomini e donne vogliosi di rifarsi una vita o di una solitudine lontana da obblighi morali e istituzionali. Poi, dopo questa considerazione un po’ superficiale, ognuno tragga le sue conclusioni, e allo stesso tempo gradirei anche essere smentito se esistessero dei dati a confutare la mia tesi. Con questo non voglio esprimere giudizi morali per arrivare alla conclusione che le persone di sinistra sono più brave di quelle di destra. Di fatto assistiamo a chi le difficoltà le affronta, con maturità, magari pragmatismo e chi i casini non li regge. Perchè forse tutti, prima di una separazione, si ritrovano a tavolino nel tentativo di ricomporre l’infranto, insomma tentarle tutte prima di arrivare ad una decisione che per molti sarà comunque di sofferenza più che di libertà riconquistata. Pur riconoscendo che i tempi sono cambiati e un centrista di oggi non è più quello di cinquant’anni. Ora abbiamo un Papa che caccia i mercanti dal tempio e chissà che questa lezione morale, ci vogliono sempre gli scandali per agitare le acque, possa far progredire questa chiesa da dottrina sociale a macchia di leopardo, osteggiata da cardinaloni bolsi e volgari col mito terreno del danaro. Tralasciando naturalmente gli estremismi da sentinelle in piedi o gli antidivorzisti fanatici della famiglia indissolubile. Insomma, chi non voleva il divorzio in questi decenni ne ha approfittato vergognosamente, superando i pregiudizi che volevano un tempo la donna divorziata un po’ porca o il maschio traditore o superficiale, irresponsabile, insomma un poco di buono. Ma questa analisi antropologica naturalmente non interessa più a nessuno. Quello che mi interessa è l’oggi, alla luce di categorizzazioni che in ondate storiche esistono o si annullano in comportamenti sociali, che sono sempre, di riflesso, anche politici.
Che poi tutto si potrebbe chiamare semplicemente ipocrisia, che coinvolgerebbe altri aspetti della morale corrente volendoli analizzare, a tutte le latitudini e in contesti sociali e culturali planetari. Al mito del denaro ho già accennato. Insomma, tutto si perpetua, pur nella diversità dei momenti storici e temporali.
Stupida considerazione? Generalizzazione? Può darsi, ma già col proposito di confutarmi da me nel primo commento

IVANO MACALLI

09 Ott 2020 in Senza categoria

43 commenti

Commenti

  • “…..Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi”!
    E’ un problema di Religione Cristiana cattolica, un “Sacramento”.
    Non serve nemmeno ragionarci sopra.
    Certo, c’è il “giro” della Sacra Rota, che per ….”quelli che”, appunto aggira un ostacolo all’apparenza insormantabile!
    Se invece la mettiamo sul piano laico/civile, allora parliamo di un contratto, un impegno “tra uomini” (si insomma tra viventi umani in tutte le accezioni che le diverse ….dosature ormoniche consentono) che può essere soggetto a variazioni secondo regole definite da un “codice civile”.
    Che se poi vogliamo vederla come evoluzione temporale del rapporto di coppia, magari con figli e annessi e connessi, allora …..non è più finita, caso per caso, fuori da ogni ipocrisia, come hai ben detto tu Ivano!

  • Caro Francesco, vedo non pubblicata la foto che avrei messo in evidenza. Evidentemente il mio solito errore informatico. Comunque va benissimo anche questa sostitutiva. Grazie.
    Quanto al commento minacciato, signor Macalli, mi scusi, ma Lei si preoccupa ancora di queste cose? Il divorzio è già stato più che digerito.
    Scusi, sa, ma Lei è troppo riduttivo signor Macalli. Non crede che il tema vada oltre l’istituto in oggetto per diramarsi verso un tema, ad esempio che potrebbe essere l’ipocrisia universalmente sempre esistita?
    Certamente signor Macalli, ma nella sua premessa al testo Lei enfatizza troppo la possibile differenza tra destra e sinistra catalogando alcuni comportamenti in categorie che nel caso del divorzio non hanno ragione d’essere.
    Può darsi signor Macalli. Difatti nel mio testo chiedevo, oltre le impressioni o la propria esperienza, nel caso reperibili, dati un pochino più scientifici dei miei. Cosa che Lai non sta facendo. In tutti i casi grazie per l’attenzione.

    • Non saprei se i matrimoni tra progressisti siano o sono più duraturi di quelli dei conservatori. Bisognerebbe essere sociologi e fare un’indagine seria, avere dei dati, e non mi risulta ci siano. Mi pare un’impressione buttata lì, come le buttava certe trovate il settimanale L’Espresso, ai tempi delle copertine scollacciate; ricordo per esempio questa: la doccia è di sinistra, e il bagno è di destra. Da riderci su.

  • “I matrimoni tra progressisti durano più di quelli tra coppie diciamo di destra.” tu dici in quanto rilevato.
    Innanzitutto bisognerebbe vedere chi è di destra per scelta, chi perché abituato a sentirsi tale per consuetudine familare, chi di sinistra per cuore, chi per un approccio sociologico, per lungimiranza… E forse un nesso ce lo troviamo fra destra e sinitra. e scioglimento del patto matrimoniale.
    Perché inequivocabilmente fra i motivi della scelta del partner entreranno in gioco discorsi e insegnamenti ascoltati in famiglia. Certo, poi ci si innamora e si “vuole” (il diavoletto confinato nel sottoscala vuole) quella persona, ma il senso della scelta sarà diverso per chi ha sentito parlare sempre di prevalenza delle ragioni di profitto o delle ragioni emozionali. Non mi si salti alla gola, non voglio dire che essere di destra significa esere anaffettivi, ma potrebbe esserci un nesso nel modo in cui si è sentito parlare del nostro patto sentimentale presuntamente permanente.
    D’altra parte viene il momento della caduta ormonale, della crepa che si allarga, del dubbio, del pentimento addirittura, e allora il nostro superio (la voce di mamma e papà) che ci dirà?
    Nell’austerità di certe famigle conservatrici forse sono stati tramandati insegnamenti di rispetto della coppia, come entità superiore alla somma di individui, ma è questo un appannaggio della destra? E questa coppia tenuta insieme con la colla, ha qualcosa a che vedere con la figura sociale ed emotiva originanaria?
    Bella domanda, ma allora stiamo parlando di un problema filosofico della trasformazione, del divenire, non di uomini e donne. Problema semplice da risovere: sì, in me c’è ancora fortemente radicato un nucleo del mio esordio al mondo. Non libero di fare i capricci come gli pare tuttavia, perché la scala delle priorità ha seguito ragionamenti semiautonomi e imposizioni occulte.
    E allora il dato statistico può avere un senso, perché anche lo scioglimento passa dalla pulsione alla cosciente decisione.
    Tuttavia prende forma anche una maniera diversa di essere di destra e sinistra, che comprende il senso del matrimonio fra i propri valori.
    E poi, i divorzi sono roba per ricchi, e allora se diciamo brutalmente che chi è abbiente tende ad essere di destra e chi meno pende a sinistra, ci buttiamo in una semplicistica chiave di lettura, ma molto pù squallida!

  • Non so, Ivano, se hai dati informativi validi a sostegno della tua affermazione, per la quale i matrimoni sinistri durerebbero più dei destri.
    Ovviamente, si tratta di “stare al gioco” del tuo discorso, senza sottilizzare troppo, da un lato, tra appartenenze alla destra piuttosto che alla sinistra, ammesso che ancora esistano, così come pure, dall’altro, tra i matrimoni in quanto tali (civili e/o religiosi) e le altre numerose forme di convivenza di fatto, anche stabile, oggi ormai molto diffuse. Diciamo che il discorso è possibile solo se si danno convenzionalmente per accettate certe semantiche assunte a mero titolo di riferimento orientativo.
    Per cui, ciò posto, resta in effetti interessante il tuo porre il tema del matrimonio (formale o informale, sia giuridicamente che religiosamente) in rapporto all’ascrizione politica e forse anche valoriale.
    Hai elementi statistici in proposito?
    Perché a me, sempre in un’ottica limitata alle conoscenze e alle esperienze, senza base statistica, in modo del tutto empirico e pragmatico in termini cognitivi, risulta proprio il contrario. Nel senso che le unioni destre siano più solide, stabili e durature di quelle sinistre.

  • Marino, doccia o bagno, non viene tutto da Gaber?

    • Molto più igienica la doccia. Se però anche l’igiene è di sinistra, allora ho un problema. Mah, vedremo.

    • Un articolo dell’Espresso parlò di doccia preferita dai sinistrorsi e del bagno amato dsi destrorsi. L’Espresso rappresentava bene, allora, la sinistra palancosa, ma sbarazzina. Inchieste aggressive, diritti civili, ma le paginette economiche erano pari pari al Sole 24 Ore, di eva Giorgjo Bocca, che dull’Esoressi ci scriveva . Gaber ha cantato roba simile, negli anni dei “polli d’allevamento”; quando era di sinistra e progressista pure un mio compagno alle medie, che poi, passata la moda, è diventato capoccia di un gruppo di “bielle roventi” a sgommare nel tempo libero.
      Ma capisco che piacciono le stupidate, anche fra i “progressisti” di ieri e di oggi, altrimenti Berlusconi avrebbe scelto Ibsen o Bergman, e “Robinson” l’allegato culturale di “Repubblica” non dedicherebbe due pagine ogni numero a un gioco scaccia e vinci fra gli scrittori.
      Le sciocchezze sono indispensabili. Sempre sciocchezze sono.

  • Con Adriano e Pietro parlerò domani.

  • Scusate, ma telefono se non lo controllo bene va a casaccio. L’Esoressi è L’Espresso.

  • Pietro, rinnega il tuo nome, rassegnati. tu sei un uomo di sinistra 😝

  • Devo dire che Ivano la casistica attendibile forse l’aspettava da noi dopo aver lanciato una’impressione sul piatto.
    No, non credo che esista questo dato, come non credo che esista un uomo che riassuma tutte le componenti di un’ideologia destra, in economia, costume… come se sinistro, quindi progressista, equalitario…
    Resta un fatto, e mi ripeto: a che punto delle priorità mettiamo il profitto? O meglio, a che punto nell’educazione ci hanno insegnato a porlo?
    E per usare una torrisologia. “Se fossi un falegname, e tu una signora, tu credidavvero che mi ameresti ancora… No non mi rispondere…” Ricordate?
    Il resto nelle scelte in generale, quanto ne consegue, può sostituire benissimo il concetto nebuloso di destra e sinistra.
    L’unione, permanente o meno, risente fortemente di questo fattore. NìMatrimonio contratto o matrimonio pulsione, fascinazione?
    Tuttavia credo c’entri soprattutto non il valore della parola data, ma della coerenza interna, una sorta di rispetto per se stesso che non può farci vedere le cose sia nere che bianche.
    Coerenza verso un qualcosa di noi che permane pur in quel cambiamento che ci fa nascere Ferrari e morire trattori, o viceversa. Questo “nocciolo duro” è un carattere di destra o di sinistra?
    Direi che non c’entra niente, ma è sicuro?
    Ho capito Ivano, stai pensando che anche questa volta non ci si capisce niente!

  • Io ho capito una cosa. Il matrimonio é una spa, un investimento continuo anche quando da investire non c’è nulla se non la sopravvivenza. Per questa ragione il legislatore, in fatto di divorzio, ha avuto il suo bel da fare nel dirimere diritti e doveri molto più complessi della formuletta canonica di amore eterno e promesse nella buona e cattiva sorte. Tutto è mercato.

    • O.K. e siamo alla valutazione del matrimonio come formula vita quindi?
      E allora devo tornare all’etologia, perché senza natura non c’è Istituzione laica, politica, o religiosa che abbia senso.
      In natura ci sono unioni fugaci o permanenti, tutte le soluzioni sono valide. In genere sono più i volatili ad adottare la soluzione “permanente”. E allora, siccome non c’è etica senza resa direi, perché ciò? Lampante! Cambiando bisogna rifare il nido, litigare per il proprio teritorio… C’è da guadagnarci a restare uniti
      E l’uomo? Premesso che secondo costumi e religione adotta tutte le opportunità che madre natura consente, ha qualcosa in più.
      Non solo condivide nido e territorio (il paniere dei beni materiali della coppia) ma anche beni immateriali: gli affetti. Il figlio del cervo se ne va e ti saluto, alcuni carnivori a distanza di tempo vanno a trovare i parenti e, dopo una diffidenza iniziale, rifanno gruppo, ma per l’uomo nello scindere il legame ci sono solo sofferenze e perdite economiche. Ecco perché l’etica corrente e la relifìgione sono saggiamente pro-unioni permanenti.
      E chi non ce la fa più? O adotta il costume delle “scappatelle” del concubinato propri di altre specie, o deve prepararsi alla sofferenza della separazione, nel senso di una perdita.
      Il profitto è insito nel concetto di destra fra i primi posti nelle priorità decisionali. Il coservatorismo, non turbar le cose sancite, d’altra parte è altrettanto destrorso. Ma la sofferenza è di destra? Di sinistra?
      Forse ci può essere una diversa impostazione iniziale nell’affrontate questa tappa miliare della vita e un diverso approccio finale di elasticità decisionale al momento di uno scioglimento, non di più, se vogliamo ridurre il discorso ai due semicampi di un tavolo da ping-pong.
      Personalmente… no, porta sfìga!

    • Qualunque visione si abbia del matrimonio (sacramentale religiosa, consensuale contrattuale, biologica evolutiva e via dicendo), è difficile negare che sull’architrave del matrimonio, comunque inteso, definito e regolato, poggi la realtà umana e funzionale della famiglia (comunque la si intenda), che a sua volta funge da comunità originaria e diffusa della società civile.
      Questa architrave del matrimonio è retta da due colonne di ugual forza e valore: l’affidabilità soggettiva dei coniugi e la solidità oggettiva del coniugio. Entrambe le colonne non nascono dal caso ma da un duro lavoro su noi stessi. Quell’indefinibile e fascinoso terzo elemento definito trobadoricamente come “amore” può mantenersi, svilupparsi e adattarsi nel tempo solo entro questa architettura ben munita.
      Il romanticismo più travolgente si esprime al meglio e, soprattutto, più durevolmente se protetto dalle intemperie esistenti fuori dal perimetro in cui si manifesta.
      Inutile dire che, di conseguenza, un buon matrimonio favorirà una buona famiglia, in cui i figli riceveranno una buona educazione formativa. Dove l’aggettivo “buono” può evidentemente variare in ragione dell’epoca, del territorio, dei costumi e delle consuetudini.
      Una valida famiglia favorisce una valida società civile. E una valida società civile favorirà il valido individuo. Il quale si impegnerà a essere soggettivamente affidabile e a costruire un solido rapporto di coniugio. Così, il ciclo virtuoso ricomincia.
      Il resto è romanzo d’appendice.

  • Se non esistono basi statistiche sulle tendenze alla “matrimoniosità” e alla “divorziosità” degli individui in relazione alla propria posizione politica, è chiaro che non ci sono informazioni fattuali sull’argomento e che ciascuno si basa su quel che sa (o ritiene di sapere) riguardo a parenti, amici, conoscenti o altri soggetti conosciuti indirettamente attraverso i media. In pratica, il discorso diventa casuale e aneddotico.
    Invece, sia sulla “destrosità” che sulla “sinistrosità”, qualche elemento di riferimento ce l’abbiamo. La letteratura non manca. Certo, i significati e gli argomenti in proposito si fanno spesso babelici e di difficile condivisione reciproca. E nella nostra epoca l’impressione di utilizzare, in questo, definizioni ormai poco aderenti ai cambiamenti politici in corso, appare con sempre maggior forza.
    Però ci resta un’ultima possibilità di catalogazione. Potendo sempre meno qualificare una posizione politica in base al pensiero dei politici, vale a dire in ragione della loro mente, rimane la possibilità di attuare tale qualificazione in base a dove i politici si siedono nell’emiciclo parlamentare, vale a dire in base al loro deretano. Per proprietà logica transitiva, ciascuno di noi potrebbe immaginare di dover pure decidere in quale posizione sedersi in quell’emiciclo, risolvendo così i dubbi sula propria fede politica. Non potendo definire la cosa in base alla propria mente, la si potrebbe risolvere in base alla collocazione delle proprie natiche. Il che potrebbe essere un altro “segno dei tempi”, come diceva il Papa Buono.

    • Ti avessi letto prima di rispondere a Ivano ti avrei assimilato nella risposta.

  • Sempre simpatico Pietro. E forse in questa babele concettuale qualcuno di coerente magari c’è, magari qualche volta cambiando opinione e disosservando quel politicamente corretto che forse ha fatto il suo tempo. E questo può creare confusione in chi del parterre politico è solo osservatore. Quindi non sono molto d’accordo con te, che forse vorresti fossilizzare le idee per una sorta di coerenza, rilevando quelle che apparentemente sembrerebbero contraddizioni. E che invece potrebbero essere evoluzione dialettica, oltre la letteratura, la filosofia e la sociologia e la politica. Di fatto di apparenti irriducibili se ne registrano pochi e magari quei pochi vengono sgamati da fuori onda o riprese clandestine. Ricordo quel sobillatore di cui mi sfugge il nome che organizzando una manifestazione di extra comunitari pro accoglienza e integrazione cercava di ordinare il corteo al suono di “metteteli in prima fila quei cazzo di neri”. Naturalmente pane per Blob.
    Tornando al tema invece, dopo un po’ di ricerca inutile a contraddire la mia tesi ho trovato altri dati. Il primo sarebbe che i matrimoni celebrati in chiesa, di destra e cattolici, di sinistra meno, durerebbero molto di più di quelli celebrati con rito civile. Altro dato vuole che i matrimoni a seguito di anni di convivenza, spesso a sinistra, sono mediamente destinati a fallire. E questo contraddirebbe il mio pensiero o i dati empirici dai quali sono partito. Non so, magari mi sono sbagliato. Poi, quello che racconta la cronaca da gossip ha indubbiamente, e torniamo ai nostri politici, condizionato la mia spicciola statistica. I rotocalchi sono stati pieni in epoche passate di nomi di cattolici o ricchi di destra, caduti nel peccato, e naturalmente facendo scalpore. Insomma tra i cattolici ce ne sono stati parecchi. Un divorzio di sinistra stupiva meno. Forse questo ha ingannato. Pur non dimenticando Togliatti, sposato, e la sua relazione con Nilde Iotti. Ma questa è preistoria.

    • Non sono poi così in disaccordo con te, Ivano, su certe “evoluzioni dialettiche”. Anzi, devo proprio dire che mi piace pensare a certe situazioni politiche, sia soggettive che di gruppo, non tanto come a delle fotografie statiche ma come a dei fotogrammi dinamici di un filmato in divenire. In fondo, ciascuno di noi non ha esattamente gli stessi connotati politici di cinquant’anni fa, tanto per fare un esempio, tranne gli “irriducibili” che tu dici, veri o presunti.
      In realtà, gli elementi della posizione politica e della stabilità o instabilità matrimoniale non danno luogo a un rapporto logico “a due” ma a una matrice “a quattro”. Se immaginiamo un piano cartesiano in cui sull’ordinata inseriamo i diversi valori corrispondenti alla solidità del matrimonio (con più in alto i dati di maggior durata e assenza di divorzio) e in cui sull’ascissa inseriamo i diversi valori corrispondenti alla posizione politica (proprio mettendoli da sinistra verso destra), ecco che otteniamo una prima mappa, per quanto solo orientativa, su cui segnare i vari riscontri offertici in proposito dalle nostre realtà conosciute.
      Dividendo poi il piano cartesiano a matrice, in quatto aree, abbiamo la profilatura dei quattro “modelli” comportamentali di base, con le varie collocazioni dei singoli casi dentro i quadranti.
      Così si possono inserire i dati su noi stessi, sul parente, sull’amico, sul conoscente, su chi si vuole.
      Dalla densità o dalla scarsità di valori in certe porzioni di area potremmo trarre un primo set di dati.
      Certo, il tutto sulla base di quello che noi abbiamo inserito come elementi di conoscenza. Se inseriamo scemenze, peggio per noi. Come si dice in informatica, “shit in, shit out”.
      Ma questo sarebbe solo l’inizio della profilatura. Perché si potrebbe andare molto oltre.
      Ad esempio, nella vecchia programmazione “a oggetti” le dimensioni non erano due ma tre, con “oggetti” a modello cubo. Una terza dimensione potrebbe essere quella indicata da Adriano, per esempio.
      Ma fermiamoci qui. La tentazione della “modellizzazione” è già sin troppo diffusa.

  • Adriano, nel commento delle 11:55 Pietro ti ha battuto.

    • Ragazzi! Quando si dici “parole come pietre”!
      Altro che “shit” che, anche da subito, la …..spèsa, anche!
      E Pietro è la dimostrazione vivente di “nomen omen”!

  • Pietro, a proposito di quadratura mi vengono in mente le verticali ed orizzontali di Mondrian con aree di diversi colori, primari, bianchi e neri di diverse dimensioni. Col risultato almeno estetico in un equilibrio sapiente, così che nessuno spazio saltasse agli occhi più o prima degli altri. Molto difficile in alcuni istituti inventati dalla cultura. Poi non so se Mondrian sia riuscito a creare l’armonia anche nella sua vita privata.

    • Io Pietro l’ho capito, una visione matematica da esperto in rappresentazioni grafiche, cosa che forse gli vene dalla pratica gestionale lavorativa, non dagli studi classici. Lo capisco come terreno comune, a parte quando si riferisce a me. ” terza dimensione potrebbe essere quella indicata da Adriano”. Quella etologica?

    • No, l’affermazione mi girava in testa, e ho capito che Pietro, parlando della mia variabile, si riferiva alla caratteristica più o meno salda di coerenza interna, cioè a quella parte di sé che non cambia, nucleo duro centrale, nella metamorfosi individuale della nostra vita.

    • Sì, Ivano, il riferimento a Mondrian vale doppiamente: come ricerca di significanza (là artistica, qui banalmente rappresentativa del “dato”) e anche come impostazione concettuale, visto che la modalità “a griglia” è simile: l’adozione dello stile “a griglia” (ovviamente, Mondrian realizzò molto di più e ben altro) ha ispirato non poche soluzioni per il design grafico.
      Sì, Adriano, mi riferivo all’aspetto della coerenza, della congruenza tra fatti e parole, tra comportamento reale e dichiarazioni teoriche di principio. Sia a destra che a sinistra abbondano (ma comunque abbondano da sempre, nella Storia) gli ipocriti, i farisei, i sepolcri imbiancati, i gesuiti, i tartufi (in senso molieriano, niente a che fare con le meraviglie esposte in questi giorni alla fiera di Alba e tra poche settimane a quella di Acqualagna).
      Sia sul piano cartesiano a due dimensioni che sul suo eventuale sviluppo tridimensionale a cubo, vanno segnate le “tacche” di misura, che quando si fanno le cose semplici sono dieci (a volte nove).
      Naturalmente, qualunque fenomeno umano, naturale e d’ogni tipo può essere rappresentato in questo modo. Se valuto gli altri (persone, animali, cose, avvenimenti, tutto, anche Dio, che per San Bernardo è “peso, misura, numero”), esprimo un mio giudizio soggettivo, però per me valido. Se valuto qualcosa di me, devo sapere che la auto-percezione non corrisponde quasi mai alla percezione che di me hanno gli altri.
      Sui motivi per cui ho fatto ricorso a questa semplicissima e facilissima citazione cartesiana, caro Adriano, la cosa è banalissima: ho avuto l’enorme fortuna di avere alle Vailati la professoressa Giuseppina Caglio come docente di matematica, la quale è riuscita a insegnare la materia persino a uno come me che aveva tutt’altri interessi.

  • Solo una considerazione marginale, Ivano.
    Tu parli dell’attuale papa che scaccia i mercanti dal tempio. Un’impresa ardua se pensiamo che papa Ratzinger ha di fatto gettato la spugna perché si sentiva impotente (nonostante la sua autorevolezza). Papa Francesco – così almeno pare – nonostante la sua apparente fragilità – sta dimostrando di avere la forza che Ratzinger non aveva. Anche la Chiesa è fatta da uomini (anche se in veste cardinalizia) e anche la Chiesa ha a che fare col denaro ed è giusto così se vuole svolgere la sua missione “pastorale” a favore degli ultimi. Ma il denaro tenta sempre. E così abbiamo visto in pieno XXI secolo un’altra pagina squallida. Per papa Francesco è poi una necessità: se non riesce a fare pulizia, rischia di perdere la sua credibilità. Non è lui che sottolinea con froza l’esigenza di… ascoltare il grido dei poveri?

    • Chi non è con lui? Avevo lanciato tempo addietro il tema Papi, e andrò a rivederlo.

    • Piero, sarebbe pane per i miei denti. Di Chiesa istituzione ne abbiamo parlato moltissimo in questi anni. Io tirando le mie conclusioni/ostilità, anche alla luce del fango che le alte gerarchie cattoliche cercano di buttare addosso a questo Papa. Nel senso che la mia avversità continua.

    • “Apparente fragilità”, il “Papa con gliscarponi”, dici Ivano?
      A me pare tutto meno che “fragile”!
      E’ uno che ….”ci da dentro”, ma di brutto, di brutto! Purtoppo anche con la vicenda “Padre Bianchi” (e li mi è piaciuto di meno!) anche se comprendo.

    • Un papa come Bergoglio non ci sarà più. Un occasione così, non sarà ripetuta. Che la vita lo tenga in vita a lungo! È la prima volta che su diverse questionida ateo, da non credente, direi le stesse cose. Non era mai accaduto. Vive a Santa Marta. Non era mai accaduto. Teniamolo stretto, che ci mancherà. Con gli avvoltoi, i sublimatori del sacro, i tradizionalisti bigotti che puntano a scalzarlo, che non vedono l’ora che crepi

  • Adriano 8:08. Anch’io credo di averlo capito. Ho usato i quadri di Mondrian per questo, ma io credo che ci sia una bella differenza tra narrazione o rappresentazione grafica, con tutti gli schematismi che possiamo usare, e la realtà. Anche se questa è l’epoca degli algoritmi. Vediamo se commenta. Daltronde se con i mezzi a disposizione, parole comprese, riuscissimo ad avvicinarci alla complessità che siamo, sentimenti compresi, saremmo alla soluzione dell’enigma. Che mai scioglieremo.

  • E le corna? Sono di destra o di sinistra? Se il divorzio è più a destra o centro, secondo me anche le corna lo sono.

    • Ivano!
      L’interrogativo, almeno così come lo hai posto, è gustosamente provocatorio, magari di grana non proprio fine e un tantinello grossier.
      Indubbiamente comporta implicazioni complesse assai rispetto al rapporto di coppia, coniugi o no, che per quanto attiene al matrimonio “religioso”, spessissimo si risolvono brillantemente con una “confessione” ( e relativa assoluzione, previo congruo numero di pater/ave, è un Sacramento anche quella e ….”risolve”!?!) e ….morta li, mentre per quanto attiene alle persone coinvolte tutto risulta molto più complicato e relativo, impossibile generalizzare.
      Per via della destra e della sinistra, c’è stato poi un periodo attorno al ’68 nel quale “andava forte” la “coppia aperta”, magari più a sin che a dext, ma forse quelle non erano “corna” no?
      Fuor di celia, il core della questio è non trattare la tematica in modo egoista (magari “maschilista” o “femminista) e porsi con consapevolezza nei panni dell’altro, e del “bilancio” sofferenza/piacere che si crea.
      Se poi il problema, complesso di per se, si amplia alla eventuale presenza di figli, il ….”va dove ti porta il cuore”/ “altra frattaglia”, va davvero preso con le pinze!

  • Francesco, “Apparente fragilità” l’ha scritto Piero, non io. Io penso che sia un Papa con le palle. Sempre in rapporto agli altri, sia chiaro.

    • Vero, Ivano, peto veniam!!!!
      E anche “Papa con le palle” (questa è tua è!), non è male!!!!! La condivido!

  • Francesco, cambiamo domande: 1) c’e più morale, e non solo affettiva sessuale, a destra o a sinistra? 2) perché una brava persona, ragazzo giovane quasi sempre e questo pone mille questioni e un po’ inquieta, alla luce degli scandali o peggio che hanno attraversato i secoli perché entra in seminario? Solo perché a 20 anni crede di credere? Tanto si può essere brave persone anche fuori dalla Chiesa. E percentualmente credo sia così. Ci sono più laici che ecclesiastici nel mondo. Questa é per Marino: Mattarella abita al Quirinale, quando mi pare che Napolitano abbia continuato ad abitare a casa sua. Questo non toglie nulla a Mattarella, non credi? Certo, la coerenza…Magari fa più specie il pluri pensionato Monti che per un fine settimana a Venezia prenoto’ un albergetto a tre stelle. Ma questo forse è populismo. Scusate la leggerezza dei temi, ma oggi è domenica.😆

    • Di Mattarella e Napolitano, non so. Riesco a parlare di uno alla volta. Si parlava di Bergoglio quando ho scritto. Altrimenti sembra di essere su Rete4.Scusami Ivano, ma non discuto su Mattarella, mentre sto parlando di Bergoglio.

  • Che risposta del cazzo. Cioè nessuna risposta, ma il tono é indubbiamente indisponente. Marino, potevi astenerti.

  • A un certo punto del Dibattito si è parlato di Bergoglio, di papa Francesco; se non sbaglio lo ha citato Piero Carelli e poi Francesco Torrisi. Poi chi scrive. Quindi tu, Ivano. Mi chiedi di Mattarella che abita al Quirinale; ma che c’entra con Bergoglio, scusami? Bergoglio è l’unico papa, un religioso che parla dei poveri, e lui per primo vive in un piccolo appartamento condiviso. Lo si potrà confrontare con Bertone, con altri prelati importanti, altri papi del passato, non con Napolitano o Mattarella che preti non sono, e non parlano del Vangelo, di Cristo e San Francesco d’Assisi.

  • Ivano, in tutta amicizia, ma che,…… cerchi risse?
    Cmq, così, in generale, non sarebbe male attenersi al tema del post no? Che poi era roba tua, anche!

  • Francesco, stare in tema? Ma quando mai? Cerca in un qualsiasi post e poi mi dici. Nello specifico, dato il breve accenno di Marino a Santa Marta, mi é semplicemente sembrato che un breve paragone tra i luoghi dove il potere, temporale o spirutale che sia, si esercita si potesse fare. Quindi nessuna rissa. In tutti i casi anche Bergoglio c’entra una mazza. Potrebbe anche spendere una parola sul divorzio, stando in tema, ma sarebbe un parere ormai inascoltato e non richiesto. Il “marginale” é entrato nel post prima dei miei ultimi commenti caro Francesco.

  • Ivano, Bergoglio c’entra sempre. Siamo in Italia, mica in Lussemburgo. Lui tenta sempre e comunque di c’entrarci (e fa bene, se no invece del mestiere di Papa faceva il mestiere dell’Eremita) e gli italiani tentano sempre e comunque di farlo c’entrare (e fanno bene, se no finisce che, al suo posto, arrivano a c’entrare gli imam, i mufti e i mullah). Bergoglio, in questo senso, è il miglior vaccino che abbiamo.
    Tornando invece al tema principale del tuo post, proprio volendo qualificare di destra o sinistra dei fenomeni probabilmente trans-politici (dico trans in senso solo etimologico, absit e superabsit, di questi tempi non si sa mai), come ad esempio i conflitti coniugali, le corna, il lancio di piatti reciproco, l’esser zuzzurelloni o puttanieri o altro ancora, fenomeni che in genere provocano più separazioni o divorzi dell’ideologia marxista o delle fascinazioni evoliane, mi permetto di segnalare un rischio.
    Il rischio è quello di confondere la sola durata temporale di un matrimonio con la sua solidità, stabilità ed effettiva riuscita. Conta poco celebrare le nozze d’oro se per mezzo secolo si è vissuto l’inferno coniugale, se è successo di tutto e se si voleva solo salvare la faccia e così la facciata. Certo, il decorso del tempo è necessario. Se no andiamo tutti a Las Vegas o e dopo una settimana ci facciamo cipiromerlo e tanti saluti. Ma non è sufficiente. Ci vuole ben altro.
    In Italia, poi, e nei paesi controriformisti in genere, esiste una sconfinata letteratura in proposito. Anche cinematografica. Ad esempio, sul divorzio, sarebbe sin troppo banale citare il “divorzio all’italiana” di Germi del ’61. Ma i casi sarebbero infiniti. Del resto, basta guardarsi intorno.
    E non si dica che certe ipocrisie siano solo “borghesi”.
    La storia del comunismo ha molto da insegnare, anche in questo senso.
    Non considero ovviamente comunisti i figli dei fiori, gli hippy e tutti quelli del libero amore e del libero buco (anche qui, attenzione, intendo il buco in vena con siringa di sessantottina memoria, absit e superabsit, di questi tempi non si sa mai).

  • Sul divorzio c’è stata l’apertura di Bergoglio. Un passo avanti importante che riguarda tanti credenti che sono stati esclusi a certe faccende, come la comunione, il pezzo sottile come una minisogliola di pane da appoggiare al palato che sarebbe il corpo di Cristo. Non so se la faccenda è stata superata nei fatti.
    Con tutto il bene che voglio a Bergoglio, da non credente, ciò non vuol dire che l’apertura è su tutto i temi etici che m’interessano. Sull’eutanasia, per esempio (mi scuso, perché è fuori tema, ma lo segnalo solo per sottolineare che la chiesa cattolica ha ancora posizioni rigidamente tradizionaliste), il New York Times, giornale laico, picchia duro sulla posizione di papa Bergoglio. L’eutanasia, secondo una recente dichiarazione del Vaticano è “intrinsically evil”; “is a crime”. È un peccato grave con l’aiuto di altri peccatori: “a grave sin that others will execute”.
    C’e ancora tanta strada lastricata che separa quelli come me e il Vaticano e la “dirigenza” di questo papa, il migliore da sempre. A cui auguro lunghissima vita.

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