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ADRIANO TANGO

Il “mostro sotto la coltre di ghiaccio” ha molto da insegnarci

Munch vide quell’orrore e ce lo dipinse, e non a caso quindi ho posto in copertina il suo “Autoritratto con febbre Spagnola”.
Egli ne studiò gli stati psicologici e li raffigurò attraverso l’immagine di se stesso riflessa in uno specchio nel suo studio. Ma abbiamo anche un secondo frammento del suo orrore, in uno scritto: “Non riconosci l’odore? Sì, non puoi intuire che sto cominciando a putrefarmi?”
Ma guarì, e ce lo documenta con il suo secondo “Autoritratto dopo l’influenza Spagnola”. Emaciato, ma gli andò comunque bene: nonostante l’aspetto, non ebbe le ripercussioni psichiche che costrinsero tanti Norvegesi a ricoveri psichiatrici a valanga negli anni successivi alla pandemia (incremento del 700%). Aveva forse superato il limite dell’instabilità con il suo lavorio intimo di incessante autonalisi?
Resta la drammaticità di questi fermo immagine, espressivi quanto il suo più celebre “urlo” per capire cosa provarono i nostri predecessori.
Ma la Norvegia, fra tutti i tristi primati dell’ecatombe, ne ebbe un secondo: quello della conservazione dei corpi sepolti in stato di quasi ibernazione, una conservazione utile all’indagine autoptica e addirittura alla ricerca del virus.
Noto il caso delle isole Svalbard, dove corpi di giovani marinai, perfettamente conservatisi nel permafrost, furono dissotterrati, sottoposti ad autopsia e prelievo di campioni istologici, pratica poi eseguita anche in siti sperduti dell’Alaska dove il male aveva infierito ferocemente.
Una pagina piena di patos della ricerca medica, perché si temeva “il risveglio del mostro”: la possibilità che dei microrganismi ignoti, forse in condizioni di criptobiosi, potessero riattivarsi in presenza di condizioni ambientali ridivenute favorevoli, anche a distanza di così tanto tempo (ottant’anni per le prime ricerche).
Il tutto avvenne quindi con le norme di precauzione dei laboratori di massima sicurezza, camere stagne costruite direttamente sul posto, e poi il trasferimento.
Ma cosa si cercava e si cerca ancora?
1. Conferme sulla natura dell’agente infettante, e possibilmente vie di trasmissione
2. Quadri anatomici e istopatologici sul male e causa finale della morte
3. Spiegazioni sulle enormemente differenti incidenze territoriali delle percentuali di morte, e in particolare sulle vere stragi nei siti più isolati.
L’analisi, sommaria:
1) Partiamo dalla prima conferma, ottenuta anche grazie al moderno sequenziamento del codice genetico, su campioni rimessi in sicurezza dopo i primi esami e ora riesaminati: sì, si è trattato proprio di un’influenza da agente influenzale H1N1. Taubenberger e Morens, epidemiologi, hanno soprannominato l’influenza spagnola “la madre di tutte le moderne epidemie”. Nulla di biblico, semplicemente i due numeri di serie che accompagnano H e N (le chiavi di casa del virus per le cellule da infettare) sono numero 1. Poi verranno H2N2, “Asiatica”, H3N2, Hong Kong, o con numeri progressivi ne verranno scoperte altre del passato: H3N8 ad esempio, con vettore il cavallo, la variante delle epidemie più antiche, forse a mio giudizio quella della guerra di Troia, ma non divaghiamo.
Erano comunque tutte trasmesse per via respiratoria.
2) Dalle autopsie emersero quadri di intasamento polmonare e cardiaco, molto simili a quanto si verifica per il nostro coronavirus. Più che l’azione diretta del virus era letale, ed è ancora, una reazione immunitaria impetuosa con rilascio di citochine (mediatrici dell’infiammazione). Una morte atroce per progressiva asfissia. Ma perché chi sì e chi no? Quesito collegato a quello successivo, epidemiologico.
3) Si parla di differenze, in territori isolati, anche non lontani, ma geograficamente poco comunicanti, dell’Alaska che variano dall’1,5% al 40% di mortalità, e nell’arcipelago arcipelago di Vanuatu (oceano Pacifico) anche del 90%. Se nei centri di grande comunicazione si è visto che le condizioni di vita erano determinanti, nei siti segregati il fattore è del tutto genetico. Per popolazioni isolate “incontaminate” da quei virus e prive di difese essenziali, l’interferone che si muove prima degli anticorpi ad esempio, è il meccanismo dei tanti virus che hanno sterminato le popolazioni americane. Ma, inoltre, le esperienze attuali nel Bergamasco stanno mettendo in evidenza che la tempesta immunitaria, il rilascio di citochine, che intasa i polmoni rendendo inutile l’ossigenazione e aggredisce anche il cuore, in rarissimi casi addirittura in fase di semplice vaccinazione, sono legate a specifici geni già identificati, pare discendenti da quel 4% di patrimonio dei Neanderthal con cui Sapiens si incrociò. Ipotesi non mia: a loro serviva una forza immunitaria immediata maggiore che a noi per sopravvivere, ma la biologia ci ha insegnato che, in via generale, ogni facoltà non necessaria in uno specifico ambiente si trasforma in una debolezza. Le valli del bergamasco sono ora in piena comunicazione, ma non è difficile credere che una certa segregazione genetica si sia verificata fino a tempi non lontani (unioni locali) con conservazione quindi di un patrimonio ancestrale.

 

La conseguenza logica è chiederci: ma se lasciassimo fare al virus, contando sulla filosofia del Wu Wei (lasciar passare l’onda come la canna che si china e non si spezza), come a livello politico si è proposto, cosa succederebbe?
Dopo l’ecatombe una pulizia etnica dai vecchi geni della specie umana di sicuro, infatti in tutto il mondo dopo il 1920 aumentò la prolificità, ma noi abbiamo tutt’altro che bisogno di aumentare le nascite, e poi l’orrore fu enorme: in posti dove i soccorsi arrivarono tardi si imbatterono in villaggi fantasma dove solo cani ringhiosi sopravvivevano, litigandosi gli ultimi brandelli dei cadaveri. Non rimase che abbatterli e dar fuoco al tutto. Lo vogliamo?
Prospettive? Sarebbe bello sequenziare tutta la genetica umana e mappare i soggetti a rischio, ma non è immaginabile.
Limitiamoci a diagnosi e interventi precoci, tutto tranne girare i pollici, ma soprattutto alla consapevolezza che non finisce qui, purtroppo, e bisogna creare centri in allarme permanente, capaci di risposte rapide e diffuse a livello mondiale, una sorta di pronto soccorso antiepidemico diffuso, fatto di laboratori e centri di produzione vaccinale e di farmaci (i famosi monoclonali), che non chiudano mai più, proprio come i vigili del fuoco.
Non ci credete? I visus cambiano look e tornano! Ogni volta che se ne segnala uno nuovo si risale anche alla sua parentela ascendente, ma la differenza è che, mentre dai tempi biblici si è sempre trattato per l’uomo di influenzali, orthomyxovirus, ora abbiamo a che fare anche con i coronarovirus, e poi quali altri da altri animali? In poche parole, anche io che con ieri ho completato il mio ciclo di vaccini per entrambe le tipologie virali, e altro (quattro dosi in sei mesi), non potrò sentirmi al sicuro per un tempo indefinito!
Ovviamente nel precedente post definivo questi provvedimenti delle medicazioni, e lo penso ancora, ma il cambiamento di rotta è ancora lontano. Diciamo che verrà il momento in cui produrre ci costerà più che non produrre, e allora capiremo.
Accontentiamoci, ma facciamo presto.

ADRIANO TANGO

06 Mar 2021 in Scienze

6 commenti

Commenti

  • Vedo che le tre scimmiette son sempre prolifiche

  • Adriano io vedo, sento e parlo, ma ….cheddire?
    C’è solo da imparare quello che non sapevo/sapevamo e rifletterci su.
    E’ proprio il lavoro di voi scienziati quello che deve essere divulgato, martellato nelle capozze dei cittadini e, soprattutto, dei politici, di quelli che devono prendere le decisioni.
    Ricerca, ricerca, ricerca (ovviamente potenziando adeguatamente i danè necessari!) e DIVULGAZIONE scientifica !.
    Proprio quello che hai deciso di fare tu, amico mio caro!

    • Il passaggio che io mi aspetto è trasformare questi presupposti in ingegneria sociale. Non a caso ho tirato fuori in ordine prima il dopo coronavirus e poi uno dei tanti segnali che la storia ci ha dato, perché se andiamo indietro, fin da quando una storia esiste, è sempre uguale.Ora, per esempio, se la storia si ripete al solievo seguirà un’impennata di natalità. Ne abbiamo bisogno? O dovremo sentire anche qualche politico incosciente che plaude? Se la gente capirà che così facendo crea le condizioni per il nuovo virus un rischio sarà limitato.
      E poi c’è tanto da studiare: le nuove città, la nuova alimentazione, la nuova socialità…
      Vivere in condizioni di rischio permanente richiede la tecnicizzazione dell’esistenza (torniamo all’esempio degli astronaiti), e non è bello, e allora studiamo dei compromessi.

  • Ci sono due cose in cui i benefici sono molto superiori ai rischi: il vaccino AstraZeneca e Lukaku, attaccante in forza all’Inter che ha, al momento, quattro giocatori infettati dal Covid. Lukaku è
    una forza della Natura per la nazionale belga di calcio, che lo ha convocato, perché segna anche se gli fanno bere un purgante camuffato in una bibita. Meglio rischiare in entrambi i casi; i belgi sono sicuri che vale la pena. Io pure.

  • Scusatemi. TG1 di stasera ore 20. Pari a centinaia di altre volte, fanno lo stesso errore ridicolo. E non soloil TG1. “La Lombardia è la regione con il maggior numero di contagiati”. Circa 5.500, oggi. Ma lo sanno quanti abitanti ha la Lombardia? Non lo sanno. Oltre dieci milioni. L’Emilia Romagna, oggi, oltre 3mila contagiati. Qual è la regione con il maggior numero di contagiati? L’Emilia Romagna conta quattromilioniquattrocento mila abitanti. Cribbio, qual è la regione con il maggior numero di contagiati, la Lombardia o l’Emilia Romagna? L’Emilia Romagna ne ha di più. Ma chi sono questi cronisti dei tiggi nazionali? Possibile che nessuno ci fa caso?

    • Gli stessi che hanno diffuso l’uso dominante di dire il Covid invece che, correttamente, la covid. Il corvir è maschile, la malarttia, derivando il termine dal neurtro inglese, prende il genere dalla lingua ricevente. Gente che con la lingua ci vive…
      In generale ho sempre visto una tale impreparazione che mi impedisce quasi di leggere un giornale. Ma ce l’hanno un ordine professionale?

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