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ADRIANO TANGO

Un parco che inizia a “fare sul Serio”

Riprendo la notizia dal bollettino del Parco del Serio: progetto del Meandro Verde.
Cinquemila alberi per la ricostruzione del capitale naturale nell’alto cremasco, cioè Parco del Serio. Con la partecipazione di Università di Bergamo, Legambiente Lombardia, Parco dell’Oglio Nord, diversi Comuni, Consorzio DUNAS, e il sostegno della Fondazione Cariplo saranno messi a dimora alberi e arbusti per la forestazione nel Meandro Verde, un’area agricola incolta in un’ansa del fiume Serio, acquisita dal Consorzio Agrario di Cremona.
Siamo al confine con il Comune di Pianengo: superata la Basilica di Santa Maria della Croce la zona è accessibile da una strada laterale, ma sarà anche visibile sulla sponda opposta del fiume, dalla nuova ciclabile completata nelle scorse settimane: la strada vicinale delle Vigne, a san Bernardino.
La peculiarità è nella destinazione unicamente naturalistica, per la conservazione della biodiversità e tipicità territoriale; un bosco permanente associato a prato stabile e arbustato, come zona rifugio e di riproduzione per gli animali, e nel dettaglio, 70% di piante arboree come farnia, carpino bianco, acero campestre, frassino maggiore, e 30% di arbusti, quali frangola, pallon di maggio, biancospino.
Niente di antropizzato o verde attrezzato quindi: quel finto naturalistico contro cui Cremascolta drizza il pelo, perché poi si scopre che ci sta bene il barettino, i giochi per i bambini, ma il terreno è franoso, e allora una base di cemento ci vuole pure…
I cinquemila alberi saranno piantati nelle prossime settimane, con la collaborazione tecnica dell’ufficio forestale del Parco.

Perché tanta enfasi? Il fiume cittadino è nel cuore di Cremascolta: quando gli argomenti erano suddivisi per settimane il neonato blog gli dedicò uno dei primi numeri.
Poi a un certo punto, in un raro momento di bilancio positivo, si era pensato addirittura di piantumare in proprio con un migliaio di alberi, ma, avuti i preventivi, le difficoltà nell’irrigazione, la vera spesa dei primi anni, ci fecero desistere.
L’inversione di tendenza nel creare aree cuscinetto fra mondo selvatico e gli enormi serbatoi di vita animale domesticata, veri carnifici, è inoltre messa all’attenzione dalla pandemia che ci affligge ancora.
Le aree disponibili si moltiplicheranno con la conversione agricola in colture ad irrigazione intelligente, con l’abbandono delle zone svantaggiate, quindi di intere aree comunali.
Per ora la raccomandazione è ancora quella di non “abbandonare” questi territori, come se la presenza umana fosse un arricchimento, e non una manifesta intenzione predatoria, autolesionistica fra l’altro, ma iniziative così ci fanno ben sperare in un ravvedimento.
La nuova letteratura scientifico-divulgativa in merito agli errori fatti, causa delle nostre attuali sofferenze, parla chiaro.

ADRIANO TANGO

27 Mar 2021 in Ambiente

54 commenti

Commenti

  • Non potendo andare altrove, il Serio anche se non troppo serio come fiume, lo perlustro. A Ricengo. Da Santa Maria a Sergnano. Scavalcando a piedi, Ripalta Cremasca e attraverso i campi, il deserto dei campi, il fiume sporco, gli alberi divelti o castrati, l’ottusità efficiente lombarda che ha fatto pollice verso perfino al figlio di Ambrosoli, l’eroe borghese, il bravo e onesto avvocato Umberto Ambrosoli, surclassato da Maroni. L’ eccellenza lombarda nello spogliare il territorio, la sanità pubblica, gli sgobboni delle valli che non vogliono un pubblico che rompa i coglioni, che preferiscono ottimizzare i profitti e socializzare le perdite. Questo è anche il Serio. E ci meritiamo il risultato. E chi ha votato la destra lombarda in questi anni, dal Celeste alla Lega, non prova mica vergogna e continuerà a votare questi qui. E si’, ho già visto nuove piantumazioni a Capralba vicino a un centinaio di alberi castrati dagli agricoltori e ridotti una miseria. Ho visto nuovi alberi piantati nel Menasciutto. Cosa vuoi, Adriano, o mangio questa minestra di pianura di “biodiversità” ma che di diversità ne vedo poca, o faccio un giretto nei Grandi Magazzini, dove lì la varietà è un piacere e soddisfa tanti. Il Parco del Serio diventerà un luogo serio? Un parco bello? Speriamo. Come avevo scritto qui, da noi è sforzo vano sperare in una scuola internazionale di algoritmi; tuttalpiù di varieta’di rossetti, di tortelli, e di guide di quattro passi su un Canale, il Vacchelli, entrato a gamba tesa nel cremasco, per soddisfare la sete d’acqua dei potenti agricoltori cremonesi. Siamo poca cosa, di bellezza e di teste. La famiglia Giordana è rimarchevole per esempio. Uno era botanico, e il Comune lo ha snobbato. Gli altri due, Emanuele e Marco Tullio sono andati a Roma. Che avrebbero potuto fare a Crema? Nisba.Terra servile la nostra, di poca bellezza, ma ci si accontenta. Qualche passo avanti, nelle intenzioni, c’è. E con “le crape” lombarde che girano, è più di quanto si possa sperare.

    • “il fiume sporco”: immagini che ho appena visto su F.B. di ischiuma sul Serio sono orripilanti, altro che bosco nuovo. So di un documento relativo alla riscossione della taglia per l’uccisione di un lupo nel Comune di Romanengo risalente alla fine ‘800. Un bosco coi lupi, mi spiego?
      Siamo stati bravi, vero? E circa i motori poitici del disastro sfondi una porta aperta. Tuttavia ogni filo d’erba in più, ogni uccellino che vola, è un pezzo di natura salvato.
      Ma che ci vuoi fare, oggi mi sono alzato sentendo che i gabbiani annunciavano l’arrivo della pioggia, a Crema! e ho capito che se sono globalizzati loro cosa rompo io?

  • Nel rombare delle motoseghe, la notizia che ci dai Adriano, è di quelle buone, da “Pasqua di resurrezione” addirittura!
    Il Parco del Serio dal 14 Dicembre del 2019 ha finalmente un Presidente Cremasco, quel Basilio Monaci insegnante tecnico pratico presso l’Istituto Agrario Stanga a Crema per più di 30 anni, Direttore dell’Azienda agricola della scuola, imprenditore agricolo fino al 2002, insomma uno che la materia la conosce non per sentito dire!
    All’atto della sua elezione ha dichiarato:
    ” I principali obiettivi saranno la conservazione e l’aumento della biodiversità nel Parco, il potenziamento della fruizione pubblica, completando la rete di ciclabili quasi terminata.
    Si porrà grande attenzione alla prevenzione del dissesto idrogeologico, la valorizzazione del marchio agroalimentare e verrà consolidato il rapporto di collaborazione con il mondo agricolo, principale attore all’interno del parco.
    Si proseguirà con l’implementazione dell’attività di educazione ambientale e la promozione del territorio.”
    Questo del del “Meandro Verde”, che prevede la messa a dimora di ben 5 mila alberi, nell’ambito del  progetto “Arco Blu – ricostruzione del Capitale Naturale nella bassa pianura bergamasca e nell’alto cremasco”, è un “fiore all’occhiello” del Parco presieduto da Basilio Monaci e ci piace confidare che segni la rinascita di reale, fattivo interesse per un fiume, il Serio, che vorremo riacquistasse davvero dignità di fiume, luogo habitat vocazionale per flora e fauna naturale, fruibile da cittadini civili e amanti della natura, abbandonando definitivamente altre indegne finalità alle quali l’incuria, il disinteresse, l’inciviltà l’avevano relegato.
    Confido a questo punto che il Parco riprenda, anche con il dovuto interesse e continuità, ad occuparsi fattivamente delle realtà che compongono, innervano il Parco stesso, un esempio emblematico la zona del santuario del Marzale.
    Venendo da Crema si supera l’abitato di Ripalta Vecchia e ci si presenta una realtà di macerie (ex allevamento di maiali) che fa pensare ai più tragici paesaggi di Libano/Siria piuttosto che al Parco del Serio! E comunque proseguendo, per il Marzale e Ripalta Arpina, lo stato di abbandono della vegetazione è davvero miserevole!
    Forza Presidente Basilio, ottimo il Progetto Arco Blu, lo seguiremo con attenzione, epperò il lavoro da fare nel Parco non si esaurisce certo in quel “fiore all’occhiello”!

    • Sì, ho letto le stesse cose sul Torrazzo di oggi. Speriamo. E oltre a sperare, vigiliamo attentamente, coi piedi ben calcati sul terreno, anche nelle zone dove si arriva solo dopo una robusta scarpinata.
      Il fatto che il nuovo corso GEV abbia così tante iscrizioni è un altro elemento che fa ben sperare.
      E, da cremasco, spero anche in un maggior “peso” decisionale rispetto al passato. Senza nulla togliere ai tanti, meritevoli e preparati amici di Romano e zone circostanti.
      Quanto a Franco Giordana, uno dei miei docenti al corso GEV del Parco Adda Sud, persona capace di creare un bosco da poche ghiande (esagero, è per rendere l’idea), credo che abbiamo il dovere di onorare la sua memoria evitando il peggio proprio là dove lui ha dimostrato quanto si possa fare anteponendo i fatti alle chiacchiere. Evitiamo vicende come quella sul pianalto che sappiamo. Multa paucis.

  • Più prosaicamente io finirei con un …..”multa, bella salata” , Pietro, a chi so io!!!!

    • Sono d’accordo con tutti voi. È da pochi anni che frequento il Serio a Crema, e ho visto un certo sforzo di renderlo un luogo vivibile, un polmone verde, con sentieri, alberi, quel po’ di manutenzione. Causa pandemia, i percorsi sul fiume, a piedi, in bici, sono frequentati. Se la cittadinanza, la politica locale che necessariamente deve cercare un dialogo con gli agricoltori, capisce che c’è un fiume che può diventare luogo di svago, di ossigeno per il territorio, e’ bene; non è mai troppo tardi, per smetterla di essere “crape da poco”. Per me, il Serio cominciava non prima di Valbondione, o Lizzola Alta; e lungo il crinale, salendo ripido, scoperto, in cima sono 800 metri circa di dislivello, si vede la cascatella del Serio, sotto il rifugio Coca, il sentiero che s’inoltra sotto la cascata, dove un giorno è arrivata la troupe di Luca Guadagnino a filmare una scena (e ci furono scambi di mail, carte e carte, e autorizzazioni: la cascata fu aperta e spalancata apposta per il film giusto il tempo, mi pare mezz’ora, per girare una scena). Il Curo’ fu un sentiero dei partigiani. Altri partigiani, salirono nell’altra valle, la val Brembana, al rifugio Laghi Gemelli, o da Gandino, sul monte che si affaccia sul lago d’Iseo. I repubblichini stazionavano a Gandino. In cima alla maĺga longa sopra Bossico, c’è un piccolo museo partigiano, della brigata che lì combatte’.
      Oggi, da Valbondione, si vede in alto, a 1900 metri che compare il nuovo bel ostello tutto in legno, moderno, bello assai, tanto da sembrare un prestito dalle Dolomiti o dalla Val d’Aosta; ed e’ costruito di recente. Davvero un signor ostello, con la vista sul paese sotto, tanto per rovinar qualcosa della bellezza. Ci si dimentica di essere ancora un po’ bifolchi di gusto.Dietro, c’è il Curo’, che fu distrutto dai nazifascisti,, e poi ricostruito dal Club Alpino. Si mangia bene al Curo’: eccellenti caramelle di pasta: i tosei di Rovetta, strepitosi, con vista davanti al lago artificiale. Come il cremasco è proprietà cremonese delegata ai cremaschi, le montagne bergamasche sono dell’Enel. Dighe e laghi artificiali, ovunque, al rifugio Tagliaferri, al Calvi. Non sono le Dolomiti, ma c’è una severità scura di queste montagne, un po’ simili a quelle del Piemonte: meno da cartolina, meno da selfie, più da mondo dei vinti, formaggiai e pecorai. Anche se ora i sentieri sono molto frequentati, e dopo il Curò ci sono persino installazioni di arte contemporanea, e si può proseguire fino al lago Barbellino. Ce n’è, anche scendendo seguendo il Serio, che si sporca, si guasta, s’insozza, pattumiera d’acqua, con certi vecchi pescatori che stanno lì con la sigaretta pendula, ad aspettare che il pesce abbocchi. E chissà cosa guardano, cosa pensano, con sopra lo stradone che non da’ tregua, con la canna nel Serio, l’acqua che corre, sozza, il pesce poi da ributtare in acqua, tanto mica lo puoi mangiare che t’intossichi lo stomaco.

  • Il corso per guardia fluviale era nei miei programmi, ma i rinvii Covid mi hann fatto superare l’età limite. Rimpianfgo ancora quell’isola verde con targa Cremascolta che non abbiamo realizzato, come altre iniziative pratiche (i sugheri) non soloper la mancanza di collabrazione, ma pensando alle nostre energie fisiche che non vanno verso una reintegrazione spontanea certo (un annaffiatoio non basta e i cubi di sughero da sollevare sono impegni da giovanotti!). E allora facciamo bene il servizio di vigilanza e sensibilizzazione almeno!

  • Frequento la campagna cremasca, altro non si può fare, a meno che si hanno altre case altrove, si è ricchi, si vola in Spagna. Faccende che il governo delle larghe intese, del Migliore come lo chiama Travaglio, del cambio di passo e dell’abbassamento dei toni, permette, perché non siamo tutti uguali. Cosa si vuol fare: all’uguaglianza non ci crede più nessuno; anzi, viene incentivata la differenza, forse per stimolare i meno fortunati a darsi da fare? Può darsi. E la campagna cremasca nella sua scarsa bellezza, nel suo essere terreno di produzione intensiva e di accanimento per sfregiarla, spogliarla, desertificarla, la trovo pure misteriosa per certi versi, o meglio, è incomprensibile. Dopo aver superato gli “affacci” del Marzale (tentativo anche comico, o patetico di scimmiottare altri luoghi con cose da vedere, e non un campo preparato al granoturco e sullo sfondo i capannoni artigianali, e ben sapendo, comunque, che il Marzale è uno dei pochi luoghi piacevoli del cremasco), si arriva al cartello che indica Ripalta Arpina. Sotto quel cartello stradale che indica l’accesso al paese ce ne sta un’altro: “comune del Parco Adda Sud”. Toh, ho pensato: credevo di essere sul Serio, e invece sono sull’Adda. Ripalta Arpina ha deciso di passare nel lodigiano? come Soncino nel bresciano, come diversi castelleonesi che piuttosto che venire a Crema in piscina, memori del loro passato orgogliosamente cremonese, andavano a Soncino? Succedono cose strane. E dopo quel cartello che segnala l’Adda, pochi passi, e un cartello segnala che ci si può addentrare nel Parco del Serio. Chi ci capisce è bravo. . A meno che sia un’altro “mester cremasch”, come dicono i vecchi della zona.

  • “mester cremasch” mi sembra la spiegazione più semplice. Parliamone e se ne parlerà!

  • La conformazione territoriale del comune di Ripalta Arpina è così allungata per ragioni risalenti e forse non è un caso che il suo territorio amministrativo arrivi fino all’Adda. Niente di strano o di particolare. Per questo, venendo da Montodine, prima di Gombito, si attraversa questa striscia di terra che collega il fiume alla parte alta del comune. Tra l’altro, è un territorio che si comprende meglio conoscendone l’idrografia, con l’andamento verticale del Serio Morto e delle importanti rogge Pallavicina e Borromea, oltre alla parte su riva sinistra del Serio. Si tratta di una zona molto interessante, anche per la porzione che dalla Saragozza scende fino al retro del vecchio campo sportivo di Gombito. I terrazzamenti morfologici presenti in costa sono molto particolari e in certe stagioni sono uno spettacolo. Anche il canale Serio Morto – Adda, se costeggiato a piedi o con altri mezzi “ecologici”, cercando di stare in capezzagna, merita una passeggiata, meglio senza i tafani di stagione. Certo, non sono paesaggi dolomitici o spiagge con palme in cartolina. Ma sono i nostri. E per voler bene a una terra, come a una persona, bisogna prima conoscerla.
    Quanto al Parco del Serio e al Parco dell’Adda, basta guardare la cartina per capire molte cose, anche se non ci si è stati per anni di pattuglia. La foce del Serio e la zona di Bocca Serio sono nel Parco dell’Adda Sud per ragioni legate a vari motivi storici, a partire dagli iniziali Piani di Coordinamento Territoriali, per non parlare delle diverse date in cui questi due parchi regionali sono stati istituiti. Tra l’altro, pochi secoli fa, la foce era molto più a nord e le anse dell’Adda parecchio differenti. Il catasto teresiano e le sue mappe dicono molte cose.
    Ovviamente, Ripalta Arpina non è nel lodigiano. Penso che nessuno di noi confonda l’appartenenza amministrativa a una provincia con il collegamento territoriale a un parco fluviale per ragioni, appunto, di affaccio fluviale. Ci sono parecchi comuni del cremasco che sono molto vicini all’Adda e che quindi sono collegati a questo parco regionale, pur continuando ad appartenere al cremasco e quindi (qualcuno dice purtroppo) alla provincia di Cremona. La cremaschissima Rubbiano, ma anche Rovereto, Cà de’ Vagni e Persia (quest’ultima solo dopo lo spostamento del fiume, prima era dalla parte di Cavenago) sono quasi in riva all’Adda ma il confine storico, che era anche segnato dai cippi della Serenissima (uno è scomparso di recente), resta sempre vicino al rio Stagno e prima di Abbadia Cerreto. Insomma, parlare di “mester cremasch” mi sembra eccessivo. Così come definire patetico o scimmiottante altri luoghi (quali?) il nostro Marzale. Non sarà un paesaggio mozzafiato come Ayers Rock o Machu Picchu ma arrivarci in bici dalla stradina in rialzo chiusa alle auto o in sella dal fiume è sempre bello per chi ama le cose semplici e il senso vero delle cose.

    • Comprendo la tua irritazione, Pietro, per il mio giudizio poco lusinghiero della campagna cremasca; di solito vengo ignorato, ma non sempre di può, sono giudizi, i miei, che a qualcuno vanno di traverso. Sono considerati ingiusti, e magari lo sono. O forse sono giusti. Crema non ha un fiume come il Po, il Ticino, il Mincio, neanche l’Adda, ma ha un fiume che è serio? Si chiama proprio così, fiume Serio, che stringe in certi punti, in pianura, da sembrare un grosso fosso: lo perlustro da un bel po’; e comprendo che è il luogo dove uno ha accumulato ricordi, esperienze, gite, magari un bacio rubato. Ma è
      un parco minore, anche conciato male in vari punti. Sono convinto che anche dalle parti di Gorgonzola, di Vizzolo Predabissi (Parco agricolo Milano Sud), si può trovare bellezza, come uno che si adopera con impegno a strizzare una maglietta quasi asciutta, ma ancora un poco umida: due gocce d”acqua le tira fuori ancora, non ho dubbi. Ci si affeziona ai luoghi della propria vita. Anche a quelli modesti. Dopo 15 anni a Casalmaiocco, Sordio, luoghi di un pezzo della mia storia lavorativa, brutti tanto, dopo anni di girovagare la pausa lunga del sabato (per me, spesso giorno lavorativo), ci trovavo angoli decenti. Sono convinto di avere un giudizio diverso, oggi, di Sordio, rispetto ai primi giorni. Ma è falsato dai ricordi che si sovrappongono al paesaggio. Sordio è un paesino brutto; ma i miei ricordi lo addolciscono, ora. Ma è un giudizio falsato. Ho l’abitudine di guardare, ormai, al territorio cremasco con occhi non da innamorato, ma quelli del turista della bassa bresciana che ci veniva in corriera a farsi spiegare il duomo gotico, in attesa dei tortelli; e il Nuovo Torrazzo, che mia mamma leggeva tutto, e si appassionava alla pagina mortuaria, magari segnalava con calore: turisti a Crema, in aumento il trend. Dietro le parole si nasconde, grattando, tanto ridicolo, tanto da ridere. Ma comprendo, che ciò che dico farebbe incazzare molti cremaschi. Succederebbe anche nel Comune di Sordio, basso lodigiano, o a Quintano dove hanno piazzato un fazzoletto di giardinetto chiamato: Oasi. Mester, diciamo cervello, che è meglio dire di uno o di una giunta del nostro territorio.

    • Proprio nessuna “irritazione”, caro Marino, e proprio nulla andato “di traverso”. Ho solo serenissimamente e garbatissimamente fatto presente una civile punta di dissenso sui tuoi continui giudizi così irritati (quelli sì) e denigratori nei confronti di tutto ciò che è cremasco. In particolare, ho cercato sommessamente di chiarire perché parlare di “mester cremasch” a proposito del territorio di Ripalta Arpina, dei due Parchi Regionali del nostro ambito territoriale e del Marzale fosse a mio modesto avviso un poco “eccessivo”. Negli ultimi sessant’anni ho viaggiato in tutti i continenti, so molto bene che cosa offra il mondo, ho vissuto lunghe esperienze all’estero (tutt’altro che “turistiche”) e quindi non sono una persona il cui orizzonte cognitivo ed emotivo sia così circoscritto da far innamorare per forza e per necessità del paesello natio, con occhio “falsato dai ricordi” e con sentimento “addolcito” dal caldo cuor del campanile. E per quarant’anni ho studiato e lavorato in Milano centro, che amo e conosco come le mie tasche. Questo non mi fa disprezzare la mia Crema, i miei cremaschi e la mia cremaschità. Tutt’altro. Sono un provinciale cosmopolita, non un cosmopolita provinciale.
      Quanto al Marzale e al suo santuario, so bene che non è la cattedrale di Chartres o di Notre-Dame. Ma risale al X o all’XI secolo e la costruzione è eretta probabilmente su un precedente tempietto altomedioevale. La località “Marzalo” è citata nel Codex Diplomaticus Laudensis e probabilmente presentava un insediamento proprio sulla “marka sale”, che in longobardo potrebbe significare “confine della costa alta” (vedi Ghidotti, Lucchi, Zavaglio). Per di più, vi sono state rinvenute monete e suppellettili di epoca romana, oggi al Museo di Crema. Nel complesso absidale, delle tre piccole cappelle, quella di sinistra è davvero molto antica e ancor oggi gli studiosi si interrogano su alcune risalenti decorazioni nei pilastri in cotto. Insomma, siamo tutti d’accordo che non è la cattedrale di Reims. Ma definirla come un “tentativo patetico o anche comico di scimmiottare altri luoghi” mi è parso, come ho detto, “eccessivo”. Anche perché non capisco quali altri luoghi sarebbero “scimmiottati”.
      Più in generale, non sono una persona che si “irrita”, men che meno in pubblico. Anzi, con l’età sto diventando talmente conciliante da non riconoscermi quasi più. E penso, su questo blog, di essere una delle persone con cui sia più difficile litigare e azzuffarsi. Tanto che, davanti a certe continue e pesanti censure e recriminazioni su tutto ciò che è cremasco, deglutisco e sto quasi sempre zitto, nella speranza, così facendo, dopo tanti “fioretti”, di recuperare un piccolo posto in paradiso, dopo i numerosi e gustosi peccati commessi quando, seriamente, mi “irritavo” per davvero.

  • Che conoscenza. Complimenti. Luoghi dove passo senza conoscere nè morfologia nè geografica nè storia. Solo il sufficiente per non perdermi che l’estate scorsa, tra il Todeschino e Trigolo, dopo aver deviato dal canale, tra campi di granturco che sembravano non finire mai mi sentii un esploratore, – oddio, se mi venisse un infarto non mi troverebbero -… Finalmente la cima di un campanile…

    • Maledetto mais. Dannazione dei camminatori agresti, dei cavalieri di campagna e dei pedalatori rurali. Una iattura, anche per l’acqua che ci vuole a irrigarlo. Sia quando tirano giù il trinciato, sia quando finalmente fanno la granella, è una liberazione. Il problema è che adesso, dopo la mangimistica, serve anche al biogas.

  • Mais: 77, guida cremasca un nuovo amico, niente a che fare con la medicina: Ago Bonizzi, cremaschissimo, che mi mette una canna da lancio in mano, e via per le morte, gran sudate, poi birra e gazzosa in bar di campagna. Emozionante passare dalla traina o bolentino da una barca a questa nuova pesca fatta di cammino continuo, quasi una caccia. Cose nuove e belle che subito mi hanno preso. Il mais c’era, ovvio, Cristoforo Colombo era già rientrato all’ovile, ma non era così come oggi, e non c’era bisogno di parchi: il verde c’era, tanto verde e alberi intorno ai fontanili, che non era facile trovare, ci voleva appunto una guida. I campi non erano sterminate distese di mais, ma anche in monocoltura c’era più foraggio, ed ecco perché telefonai alla mia attuale signora e le dissi: “Raggiungimi qui, questo è il posto giusto, persone ospitali, tanta acqua, e anche i campi, sembra quasi un mare l’erba!”
    PS: e dei Cremaschi dal carattere chiuso e diffidente io non ho fatto esperienza. Dopo poco girava gente di tutte le condizioni sociali per casa e chi voleva si fermava per pranzo o per cena, senza invito.

  • Scrivi cose interessanti del Cremasco, Pietro, certo più di me. Anche del Marzale, che ha un passaggio sotterraneo che arriva a Madignano, fatto dai frati, per paura dei foresti. Per scappare da loro. Come ho scritto niente è modesto, o mediocre, se non nello sguardo “eccessivo” e poco lusinghiero di chi scrive, per esempio; quello che scrivo, certo è
    poco gentile, perché il Cremasco è quello che è, e ognuno ci vede quello che vuole. Un giorno, ho letto su “Cronache cittadine” un politico locale che ha scritto che Crema è bellissima. Non bella: bellissima. Sono abituato ad abbassare, come te, i toni, i superlativi quando suonano eccessivi. Ma mi viene anche da ridere, certe volte, per le stranezze, come l’apertura di una nuova libreria a Crema. Segnalata anche qui. No ho ancora capito quel editore Brioschi, che ci fa a Crema: se c”e’ una “sinergia” con la Curia o no. Se hanno messo la luce per vedere i libri in vetrina, o bisogna ancora andar lì con la pila per veder le novità dietro il vetro. Magari ora la luce c”e’, quando ci passero’, ci butto un occhio. Tempo fa, passando di lì mi sono chiesto se serve una colletta, o una offerta sulla luce. Mi preoccupa che sia un’altro mester cremasch, imparato stando qui, dai foresti: non prendertela: mester cremasch, ironicamente, è termine molto usato in alcuni blog locali da cremaschi doc. Non sono io ad abusarne. Se lo usano cosi di frequente, viene il dubbio che c’è un motivo.

    • Non per attizzare il focherello, ma Brioschi da qualche parte scrisse testualmente che aveva scelto Crema perlo spirito imprenditoriale della città, quale sede ancor prima di Milano. Boh, forse un investimenta basso rischio…

  • E non è vero che dopo aver perso il tribunale, la succursale del Politecnico di Milano all’Olivetti, Crema non cerca di rialzarsi. Ci prova con una bella collezione di Grandi Magazzini (ancora uno sforzo e con l”Esselunga ci sono tutti), e arriverà più accessibile il Mcdonald’s, a Ombriano, così c’è da fare per la gioventù, e non più il via vai a Bagnol che prima i tala da’ e poi i tala tol, prima te la danno, e poi te lo tolgono, il Mcdonald’s. Appunto. Tempo fa, a Offanengo c’era un gruppo culturale che si chiamava “Non solo a Crema”, per protestare contro l’esorbitante, che è da ridere, offerta culturale a Crema, e moscia nei paesini. Quindi, anche chei da Bagnol avranno da ridire. Per fortuna si può ancora ridere, di ‘ste fazende.

    • Vedi, questo fenomeno ha attratto la mia attenzione. Una volta intercettai, tramite conoscenze dubbie, un investimento in supermercati a Milano, e mi spiegarono tutto il meccanismo della … patacca. Ma magari solo una lavatrice, ma non i vendita. Del resto se hai lettoIo “Sono nessuno. Storia di un clochard alla riscossa”, di
      Wainer Molteni, racconta questa storia per filo e per segno, da brillante bocconiano a barbone in quanto adulato e adescato come testa di legno e poi incastrato nel fallmento fraudolento di tali investimenti. Crema è un po’ defilata, si presta bene a cose da fare lontano da occhi indiscreti. La presenza della malavita calabrese è forte in zona (altro libro del giudice Gennari: cosìì il nord ha spalancato le braccia alla malavita organizzata) . Li ho conosciuti entrambi, a Crema, e a voce me ne hanno raccontate di ancor più inenarrabili a stampa..
      Ma quanta dietrologia, cosa mi viene in mente, alla vigilia della Santa Pasqua poi!

  • A proposito di librerie. Non so se qualcuno a livello locale abbia già provato a scrivere una piccola storia delle librerie cremasche. Magari spigolando anche tra fatti e fatterelli non proprio notissimi. Del resto, quando a inizio Novecento il nostro Ridotto, di ascendenza veneta, fu riorganizzato da alcuni cremaschi benemeriti, le sue attività furono anche riformulate, sia pure per una parte specifica, come attività di un “Circolo di Lettura”, con una fornita libreria per i soci. Ma basterebbe partire dal secondo dopoguerra. E di cose da dire ce ne sarebbero.
    Da ragazzino andavo alla Galleria del Libro, dal signor Giorgio Orso. E non si rimaneva mai delusi. Poi è arrivato l’Albero del Riccio, che fu tra le cause della rottura tra diversi reduci della contestazione locale, alcuni dei quali erano miei amici ex del Collettivo (ho spesso avuto amici sinistri, lo confesso), e il Movimentone milanese. E via dicendo, fino all’attuale “tridente” formato dalle nostre tre principali librerie, che naturalmente rispecchiano contesti e impostazioni differenti (per fortuna, da sempre Crema è una città aperta e pluralista) e offrono cultura in senso molto ampio, anche con presentazioni, eventi, momenti di incontro molto apprezzati e occasioni di arricchimento personale.
    Ho citato queste tre realtà principali (solo indirettamente per non fare pubblicità commerciale esplicita, tanto sappiamo quali sono), però non voglio togliere nulla ad altre realtà locali più piccole e di nicchia ma non per questo meno rilevanti.
    In fondo, una storia delle librerie è anche in parte una storia dei libri e dei lettori di un territorio. Oltre che della “città che legge”, in senso culturale e civile. E per trentamila abitanti o poco più, dei quali peraltro solo una certa parte culturalmente attiva, l’attuale dinamica bibliofila e amatoriale, oltre che di scrittura e pubblicazione, dimostra una vitalità che molte città vicine, di simile dimensione o poco più grandi, stentano ad avere e, soprattutto, a mantenere nel tempo. Un “impulso” che spesso passa attraverso le librerie cittadine.
    Mi scuso per la deviazione dal tema del Parco del Serio. Rientro subito nei ranghi.

    • Ma Pietro, non rientrare nei ranghi, e scrivi invece questo saggio che ti calza a pennello, e donacelo!

  • Maledetto mais. Gia’. Maledetti chi tortura le piante che le fanno sciancate, inguardabili, che passi campi e campi del Cremasco, del Cremonese, che non sono le Dolomiti, quindi che ti aspetti? La pianura è terra bassa, forse per qualcuno anche noiosa, ma se viene scuoiata dalle piante sulle rive, o castrata, cosa resta? La puzza di maialifici, Biancaneve e i sette nani, come raccontano Luigi Ghirri e Gianni Celati nel loro vagabondare fino alla foce del Po: fiume sozzo, come il Serio, altro fiume sozzo: con dei pescatori che ho visto ributtare i pesci nel fiume, perché mica sono scemi, non li mangiano: li pescano per farli spaventare un po’, e tirar sera bisogna: non si può solo tirar sera a sperare che a Crema passi la Traviata della Scala. Buonanotte. Siamo solo un paesone, dove tuttalpiù passa la Traviata delle compagnie riunite del teatro di terza classe, e dire questo è solo dire la realtà, non nascondersi dietro una foglia di fico. E meno male che c’è la televisione, internet, e altri marchingegni, che altrimenti bisognava accontentarsi dei fiati di Soncino. So bene che “parlar male”di Crema su un blog che si chiama “Cremascolta” sempre se ascolta qualcuno, e non due gatti, che si fanno i fatti propri, non è gentile. Ma la realtà è quello che è, se la si vuol vedere. Cosa volete, sono uno provinciale che non si vergogna di esserlo (neppure Bocca si vergognava, tanto da intestarsi cosi la sua autobiografia), e non sono neppure provinciale cosmopolita: magari lo fossi. Mica ho viaggiato tanto: a Roncadelle, a Bagnolo, Vaiano, già a Sergnano a sedici anni, alla Fondinox. Poi, certo, qualche gita, poca roba, ma qualcosa ho visto. E al mare, o in montagna, da piccolo non ci andavo mai, se non quell’anno, solo una volta, a Finalpia, con la Colonia. Poi, con mia mamma a Sotto il Monte, in corriera, ma siamo rientrati per sera. Sono un provinciale che vive in provincia. Questo sono. Cosmopoliti sono gli altri, quelli che alle medie inferiori sparivano a giugno e rientravano a settembre, e sapevano tante storie. Quelli che andavano a farsi la settimana bianca, mentre mia mamma cercava di tirare fine mese con il salario magro di papà, cucendo le gonne alle signore del paesone, per arrotondare, e i figli delle signore da cosmopoliti andavano a Londra per la lingua, perché il mondo è grande, e non è perché uno è di Crema, non può non sapere del mondo, basta far le valigie, una meritata vacanza. Non ci sono solo i centomila passi a consumar le scarpe su e giù dal corso che va da qui a lì, a tiro di sputo. Ma è la testa, la crapa di chi cerca d”indorare la pillola, di chi scambia il Milan con l’Albacrema, chi non ha il senso delle proporzioni, che mi fa sganasciare. Le cose son quelle che sono; poi si può pure ricamarci sopra, o vedere quello che non c’è, o far lustro il ferrovecchio, e cercare i lati positivi, che sempre ci sono in ogni cosa. Ma quelli negativi, metterli sotto le scarpe è inutile. Mi fa sganasciare ancora di più.

    • Io non so più che dirti, ma solo, la facccia ridente di chi viene da fuori Crema e la visita a volo d’uccello non ti dice niente? E anche se fosse una vera schifezza, ma una donna brutta con quel qualcosa di veramente erotico, che nessun altro può afferrare, non l’hai mai desiderata?

    • Marino, per adesso a Crema abbiamo il premio Cremasco dell’Anno.
      Se faranno il premio Anti-Cremasco dell’Anno, conta sul mio voto e su quello di diversi altri che ti leggono.

    • Capisco tutto, Adriano, ma che pur di salvare Crema da certe contumelie tu l’abbia paragonata a una racchia che però, magari, sotto sotto, può intrigare per certi motivi che sappiamo, questo non te lo perdono.
      Apprezzo la tua buona intenzione ma almeno tu ……

  • Il cremasco non esiste, come ho già detto mille volte; se esistesse non ci sarebbero cartelli stradali che indicano “strade del gusto cremonese” a San San Bernardino, Trescore Cremasco e Bagnolo Cremasco. Lo capisce anche uno stupido, questo. Non ci sarebbero cronisti dei giornaloni nazionali o televisivi che dicono: omicidio a Sergnano, paese del Cremonese. Sai quante volte ho letto o ascoltato di faccende avvenute nel “Cremasco” che figuravano nel “Cremonese”?
    Quindi, è inutile parlare di un territorio che esiste sulla carta, ma che viene costantenente baipassato. E del premio Cremasco dell’anno, o antiCremasco dell’anno della rivista o periodico Prima Pagina tipico dei “petit trou de province”, piccoli buchi di provincia, come Crema, m’importa come gli editoriali del “Nuovo Torrazzo” degli anni ’60 incluso quelli dell’era pandemica. M’importa un fico secco.

  • E sono talmente anticremasco che sono stato l’unico, tempo fa, per un fatto di cronaca avvenuto a Vergonzana, un pugno di case, con una piazzetta graziosa, che “Il Corriere della Sera” localizzo’ come piccolo paese del Cremonese, a inviare una mail al capo redattore delle pagine regionali (basta telefonare e ti forniscono il nome e la mail), accennando a due parole di storia e geografia territoriale che, o la si chiama con il suo nome, oppure tanto vale cancellarla dagli scartafacci. Mi ha risposto chiedendo scusa dell’errore, e la cronaca del giorno dopo riportava correttamente il luogo e il territorio a cui appartiene Vergonzana. Girano tanti affezionati cremaschi che si fanno comodamente prendere a sberle e neanche ci fanno caso. Sarà il piccolo buco di provincia, forse, che li ha un po’ storditi? Chissa’.

    • Bravo Marino. Se tutti facessimo così non si permetterebbero più di sbagliare. Se è per questo capita anche in dialoghi d’oltrePo di sentirsi correggere: “Crema? Cremona!”
      Ma se l’equivoco perdura doove abbamo sbagliato, o meglio, dove hanno sbagliato i vostri genitori?
      In presunzione di autosufficienza e riservatezza. E se queste vengono ancora scambiate per virtù allora chiudiamo la vertenza. La merce va esposta, perché prima o poi l’immagine diventa sostanza!
      Senza un orgogliosa etichetta “Made in Crema” il prodotto non lo comperano!
      Ma a questo punto, dopo la lode, ti rimprver l’autoriduttivismo, perché sei cremasco, molto, molto cremasco, e ti tocca portare alto il marchio di qualità!

  • Le tue affermazioni sul Nuovo Torrazzo e su Primapagina, Marino, sono molto pesanti.
    Come è davvero molto pesante affermare che il territorio cremasco non esista o esista solo sulla carta, dopo millequattrocentocinquanta anni di storia e a fronte dell’attuale realtà di Crema e del cremasco, anche perché qualcuno ha messo in tangenziale o a Trescore un cartello con scritto “strada del gusto cremonese”.
    Come è veramente pesantissimo dire che “lo capisce anche uno stupido”, dando quindi a chi non è d’accordo del men che stupido.
    Come è di una pesantezza estrema qualificare come “storditi” da questo “piccolo buco di provincia” i cremaschi che ci vivono e ci operano.
    Già era stato piuttosto pesante sentirsi dire di avere la sensibilità musicale di “un paracarro” perché si apprezzano i Cream e i Led Zeppelin, Bob Dylan e i Rolling Stones, e non si celebra invece il premio Tenco, vinto di recente da Fulminacci (mi sono consolato pensando al significato del paracarro nella canzone Alla Fiera di San Lazzaro di Guccini).
    Comunque, nessun problema, almeno per me.
    Anzi, una volta di più CremAscolta dimostra di essere un blog libero e aperto a tutte le opinioni, consentendo lo sviluppo di argomentazioni e discussioni vive e stimolanti.
    Una certa dinamica dialettica è anche segno di vitalità e di dialogo.

  • Pietro, per curiosità sono andato a sentirmi Fulminacci. Poverino, concediamogli il beneficio/maleficio dell’età. Si potrebbe dire lo stesso della giuria?

    • Non saprei, Ivano. Tieni presente che sono solo un “fitòn”. Nel 2019 il Premio Club Tenco all’autore o interprete emergente (in collaborazione con SIAE o IMAIE), come dice Wikipedia, l’hanno dato al signor Uttinacci, però la stessa fonte non dice nulla del 2020. Magari è andata meglio. Bah …

  • Apprezzare i Rolling Stones e Bob Dylan è segno, credo, di sensibilità musicale coi fiocchi. E comunque ringrazio di essere giudicato anticremasco; l’ho capito in ritardo, che era un complimento. Anche su l’Espresso c’era una rubrica, passata a cronisti veri, non cronisti pirla come chi scrive, che si chiamava “L’antitaliano”. Quindi, sono ben contento della faccenda. Crema è un luogo affossato dalla Storia; messo nel sacco, che non sa neanche di essere maggioranza di popolazione nella provincia. E quando ho scritto questo e altre corbellerie, su un blog locale, dicendone di cotte e di crude sul territorio che non esiste, il Cremasco, ho ricevuto una sola critica e un’ottantina di condivisioni. O sono tutti matti o scemi, me compreso, oppure di anticremaschi, che vorrebbero essere abitanti del Cremasco, se esistesse, ce n’è. Un mucchio.Pensa un po’. Scrivo stupidaggini e mi danno pure ragione. Come sono conciati i cremaschi.

  • Marino, tutti cremaschi che continuano a sputare nel piatto dove mangiano. Che se ne andassero se proprio trovano insopportabile l’aria di Crema. Molti l’han fatto, e non tutti ricchi, magari per tornarci da adulti. Già, le radici. O altrimenti che si diano da fare per costruire questa identità che secondo te manca. Non aspettarsi che la costruiscano gli altri. Non basta lamentarsi su qualche blog. Per mio conto stamattina ho fatto una camminata lungo il Serio dalla passerella Bettinelli a Ripalta nuova: anse di fiume, cormorani, principi di boschetti e sottobosco, magari dieci metri di porcilaia, ma stamattina vento favorevole. Ad un certo punto la riva si alza, e sulla destra la costa aumenta, certo non da collina, ma sufficiente da nascondere la 591. Poi inforcata la bici Zappello, Bolzone, Capergnanica. Giornata fresca, luminosa, gente a spasso sulle strade basse ciclabili. Se abitassi a Milano conquistare un pezzo di campagna, di natura, e il parco del Serio un po’ lo è, mi ci sarebbe voluto un sacco di tempo.

  • Mi sembra chiaro che attingiamo a fonti statistiche molto diverse. Succede. E poi, una certa disparità di risultati è un fenomeno noto alle scienze statistiche, basato sul tipo di campionatura e sulle modalità di raccolta dei dati.
    Oltretutto, le basi statistiche dipendono sempre dalle realtà situazionali contingenti, relative alle diverse condizioni soggettive e oggettive dei soggetti coinvolti. Per esempio, quelle soggettive sono in genere influenzate dai propri valori e obiettivi e da ciò che si vuole dalla vita. Sempre per esempio, quelle oggettive dipendono di solito dalla concreta situazione in cui ci si trova e dalla effettiva esperienza di vita vissuta in un dato contesto spaziotemporale. Ovvio quindi che ciascuno esprima cose diverse in merito a dati di realtà vissuti in maniera diversa. Certo, ci sono cose su cui invece si può facilmente essere tutti d’accordo. Ci sono evidenze facilmente condivisibili. Tutto sommato, nel complesso, va bene così. Succede, da che mondo è mondo.
    La bella notizia che mi sentirei di dare, sia pure soltanto come sommesso e rispettoso suggerimento, a tutti coloro che intonano geremiadi continue su Crema sui cremaschi, in un continuo processo alla nostra città, al nostro territorio e alla nostra gente, è che ormai da secoli è stata abolita la servitù della gleba, per cui non esiste più alcun vincolo giuridico che leghi obbligatoriamente un soggetto a un dato luogo. Forse l’equivoco deriva dal fraintendimento del concetto di “ostaggi cremaschi”. Mi permetto infatti di fare presente che a Crema gli “ostaggi” sono storicamente i cremaschi presi in ostaggio da altri. E non altri soggetti presi in ostaggio dai cremaschi. Crema non ha mai preso in ostaggio nessuno e, se proprio qui da noi tutto quanto fa proprio così schifo e deve essere incessantemente e pesantemente condannato e vituperato, la bella notizia è che nessuno è costretto a rimanere prigioniero di questa terra maledetta e di questo popolo di reprobi.

  • Critiche e condivisioni un’ottantina. Non mi sembra in tutti i casi un campione statistico rilevante.

    • Mi sembra infatti, Ivano, che il punto vero sia un altro. Che anche da noi, come dovunque, molte cose non funzionino, mi pare evidente. Mi sembra indubbio che Marino centri in pieno determinate debolezze del nostro territorio, a partire da certe sudditanze amministrative. Ha perfettamente ragione. E si sa che quando ci si lamenta sono in tanti a darti ragione. Certi nostri politici hanno costruito una fortuna elettorale sulla geremiade. Va anche detto che, in Italia, di posti in cui le cose stanno peggio che a Crema ce ne sono parecchi. Allora? Semplice. Ce lo insegna CremAscolta. Dalla protesta alla proposta. In termini più operativi, quando le cose non sono come si vorrebbe, il punto è quanto ci si impegni in concreto e per davvero per la collettività, così da cambiarle. Gli esempi di impegno civile e sociale praticabile sono innumerevoli. Basta guardarsi in giro, anche a Crema. C’è solo l’imbarazzo della scelta. Certo, se poi si ritiene che la situazione sia irrecuperabile e non ci sia più niente da fare, allora questo discorso non vale più. Ma in tali casi non è continuando a lamentarsi che si risolvono le cose. La lamentela può essere una modalità critica, non una soluzione ai problemi. A meno che non si tratti di risolvere i problemi ma di farne argomento, sfogo, esternazione. Anche qui, niente di male, va bene così. Basta saperlo. I blog e il web non devono per forza avere effetti taumaturgici sulle problematiche sociali. Anzi, leggere quello che scrive Marino è sempre interessante e stimolante, a prescindere dalle possibili soluzioni ai problemi, in certi casi veri e reali, da lui indicati.

  • Bello il commento di Pietro delle 17.00 di oggi, ma non creo che Adriano volesse dire questo. Consideriamo un errore di comunicazione. Magari Crema non è monumentale o pittoresca, non proprio per turisti magari, ma credo che abbia un’eleganza innegabile. Invece che mi rammarica è il vuoto storico e temporale che si è venuto a creare con gli interventi demolitori della zona nord/est per lasciare spazi a supermercati e sotto passi non so fino a che punto necessari. Oddio, forse il sottopasso sì, non riuscendo le Ferrovie a sincronizzare passaggi e sbarre per allentare le attese. Riprendo il mio chiodo fisso, cioè l’importanza della testimonianza anche architettonica di un passato industriale di cui non rimarrà traccia. Tutto distrutto, così che un turista attento potrà chiedersi: ma a Crema nel novecento cosa si faceva? Quando in tutte le città amministrazioni intelligenti hanno puntato in questi anni anche sull’archeologia industriale riconvertendo vecchie aree in luoghi della cultura e della progettualità. Peccato.

    • Dici bene Ivano, Crema credo sia proprio afflitta dalla malattia di “cancellare, rinnegare, distruggere il proprio passato” urbanistico in specie.
      In primis lo scempio che si è fatto delle mura venete (e del Castello!) della città.
      Scempio che continua nelle costruzioni addossate a cancellare le mura, peggiorate magari da superfattazioni e uso di tinteggiature, di colori …..stravaganti.
      E poi, tu hai citato giustamente la distruzione/azzeramento avvenuto nella zona nord/est, e della zona ovest cheddire? L’ubriacatura da super/iper mi pare purtroppo una dominante di questa amministrazione, che ha abdicato a ogni programmazione/gestione urbanistica del suo territorio, in favore di una sorta di “zona franca” per la grande distribuzione!

  • Nelle mia incitazione verso Marino, tesa a valorizzare fascino versus obiettiva bellezza, che poi non esiste perché in tutto vale tanto l’osservato che l’occhio dell’osservatore, un rappoerto e non un avulso, dicevo ho usato un paragone estremo e infelice. Intendevo che Crema la scopri dietro i cancelli delle case patrizie, nei cortili in cui immagini carrozze con i cavalli attaccati e sbuffanti, nelle vie più strette che furono popolate da frettolosi religiosi e comercianti variopinti, non nel monumentale, nell’oggetto d’arte; che non manca, per carità, ma che esprime solo passata opulenza, senza il fascino sottile, un modello riproducibile ovunque, non il genius loci. Se con Simone Bandirali abbiamo scelto di convovocare la, già rinviata per virosi, riunione annuale dei Medici scrittori d’Italia a Crema, è per far conoscere loro, dopo Matera dell’ultima edizione, un diverso gusto dell’Itaia di carattere. E quando cito “…la facccia ridente di chi viene da fuori Crema e la visita a volo d’uccello”, parlo di personaggi di spicco della mia passata professione, che, invitati, pur avendo già girato il mondo, giunti a Crema, dopo una visita informale rapida prima del benvenuto, si felicitavano con me della scelta di vita in una sede così bella.
    E sempre ho insistito sul fatto che se Sorrento aveva, fino a tempi pre-epidemici, un milione di visitatori l’anno, ingiustificati con un’atmstera che fra la puzza dei motorini è solo un ricordo, Crema deve affacciarsi, senza snaturarsi, anche alla notorietà turistica, perché l’immagine prima o poi diviene sostanza, e ben venga una moda annuale cinematografica, ma la “tappa” deve divenire fissa negli itinerari.
    Ecco il senso di quell’infelice uscita, caro Pietro: veder le cose con l’occhio dell’affetto, del cuore avremmo detto un tempo, se la ragione ce le fa sentire lontane.
    La “fissa di Ivano”, come la definisce egli stesso, è più che giustificata, anche se la parte industriale è davvero ciclopica, quindi la scelta di una o più parti rappresentative va fatta, invece di provvedere ad abbattimenti indiscriminati Uno dei motivi di abbattimento pare sia guidato dalla contiguità con la stazione, e va bene, in zona multisala dalla necessità di disinquinamento profondo (in effetti in un punto lo scavo è sceso di molti metri), come mi hanno detto addetti ai lavori, e va bene, per il resto, fra tanti consulenti che girano, si spera che si facia un piano organico di rappresantatività, e non solo di riconversione di spazi.
    Molto avrei da dire su demolizioni e concessioni edilizie private che snaturano armonici colpi d’occhio: una bella villetta romantica di via Viviani, prospiciente il “bosco nuovo”, ha lasciato il posto a un cubo in cemento stile compound. Chi lo ha permesso? E non ricomincio con gli esempi di integrazione di nuova e storica architettura di altre città europee, ma il nuovo deve rispettare l’atmosfera!
    Ma se non abbiamo cavato un ragno dal buco con gli stalloni, direte…
    Ivano “Critiche e condivisioni un’ottantina” ho perso qualche passaggio: che sono?
    Chudo

    • Adriano, numeri letti in un commento di Marino del 5 aprile, in quota a questo post.

    • Caro Adriano, chiaramente la mia era solo una battuta, e pure affettuosa. Oltretutto, sappiamo tutti molto bene quanto tu apprezzi la nostra città e il suo territorio. E poi, chiedo scusa per il termine maschilista “racchia”. Non va bene. Diciamo “diversamente bella”. Il fatto è che noi vecchi stentiamo un po’ ad adeguarci alla modernità. In ogni caso, la tua descrizione di Crema, in questo tuo ultimo commento, mi ha molto colpito: “Crema la scopri dietro i cancelli delle case patrizie, nei cortili in cui immagini carrozze con i cavalli attaccati e sbuffanti, nelle vie più strette che furono popolate da frettolosi religiosi e commercianti variopinti, non nel monumentale, nell’oggetto d’arte; che non manca, per carità, ma che esprime solo passata opulenza, senza il fascino sottile, un modello riproducibile ovunque, non il genius loci”. L’iniziativa che tu e Simone state realizzando è davvero meritoria.
      Sui tempi più vicini a noi, Ivano da tempo indica con molta ragione il progressivo smantellamento di quel poco di buono che urbanisticamente il Novecento ha lasciato a Crema, soprattutto di quella parte di “archeologia industriale” che invece altrove ha consentito operazioni di recupero e di valorizzazione esemplari. Ogni tanto anche a Crema si svolge un convegno, si scrive un articolo, si fa una presentazione su questa esigenza di operare in modo urbanisticamente intelligente e con spirito di civile riconoscimento di un passato recente eppure già così meritevole di tutela e memoria, magari con riconversioni d’uso rispettose e discrete a favore della comunità. Poi però il sasso cade nello stagno e nulla segue.
      Quanto alle mura venete, lo scempio attuale esiste di sicuro. Ricordiamoci però che i danni più gravi furono iniziati già in epoca littoria e che poi il disastro principale fu compiuto tra gli anni Cinquanta e Settanta. Tra l’altro, fu l’unico sindaco comunista a dare allora il via libera all’assalto alle mura, a partire dalle speculazioni sulla vecchia “Ortaglia”, che di sicuro noi sessantenni non possiamo ricordare ma che diversi ultrasettantenni forse rammenteranno, con le polemiche che avvamparono allora. Certamente, il tutto con volonterosi seguiti di efferatezza architettonica anche nei decenni successivi, fino ai nostri giorni. Le costruzioni con tetto a spigolo, gli edifici civili a forma di hangar, le esibizioni creative in stile DDR sono state il degno coronamento al precedente scempio basato su chiese da incubo, villette a schiera da film dell’orrore e casermoni pubblici da distretto psichiatrico.
      Tuttavia, che cosa hanno in comune tutte queste manifestazioni di critica? Avversione per Crema? No di certo.
      Perché Crema rimane lo stesso molto bella e noi la apprezziamo ugualmente. Infatti il centro storico di Crema è stato sinora difeso, con le unghie e coi denti, contro la maggior parte degli orrori (purtroppo non da tutti) dell’urbanistica e dell’architettura novecentesca. Basta girarci, guardarsi in giro e avere occhi per vedere e testa per capire. Ricordiamocelo quando si ricomincerà a dire di buttar giù il muro degli Stalloni, per fare “cerniera” tra il centro storico e il resto, quando con la scusa di fare “housing” e di favorire il “sociale” qualcuno cercherà di trasformare tre ettari di polmone verde cittadino in una valanga di cemento e asfalto, di uffici e parcheggi, per non dire di peggio.

  • L’anticremasco e provinciale, che sono, due complimenti che ringrazio; mi piacciono sul serio, e nessuna confusione, per dirla chiara, per non confondersi con il fiume che si butta giù dal Coca, e con queste cose che mi appartengono, penso che sono fin troppo gentile con il Cremasco ( alla maiuscola, come se esistesse) ho letto, qui, cose che condivido. Commenti recenti che sottoscrivo. Crema è un piccolo buco di provincia: poi chiamatelo come volete, ma ha tante ciclabili, un centro storico architettonico che è bello, a parte le mura venete. Da “milanese”, quale sono, non mi sfugge la bellezza di certi angoli, piazzette di Crema. Piccole cose, certo. Un luogo servile di un”altro territorio, il cremonese, che soffre di cronico provincialismo, che è disabitato, che lo ha inglobato. E ringrazia, e se la ride. Tutto qui. Ma se ci si affeziona alla piazza di Orzinuovi, anche Crema può dire la sua. Da Crema, non mi aspetto granché.Il territorio cremasco sarà parte dell’area metropolitana di Milano, e succederà, prima o poi, anche se sarò allora crepato; forse, tanti giovani a cui il piccolo buco li strozza, li annoia, potranno vivere sereni anche alla periferia della metropoli, come succede in tutte le periferie delle grandi città allungate. Luoghi che hanno strade vicine e affratellate, trasporti continui e rapidi anche serali. E le crape cambieranno. Ma ci saranno resistenze. L’acqua degli ingorghi, la melma che gira su se stessa piace ai pensionati da ospizio. La faccenda m”interessa poco.

  • Se Crema è quella che è, Cremona, con la sua tv principe, Cremona 1, e’ la conferma di come il provincialismo sia pure da ridere, trasmissioni parrocchiali. C’è la rubrica dedicata agli oratori, all’Università Cattolica, alle cliniche private cattoliche che danno il loro contributo ( ci mancherebbe il contrario) contro il Covid-19, agli incaricati pastorali, che spiegano tante cose importanti per lo spirito. E non mancano mai i dottori, i titoli, le smancerie, il “non mancate” alla prossima puntata. E il lutto per aver perso la fiera delle vacche da latte (che oscura i violini, unico motivo per cui Cremona, oltre il Po, e la piazza del duomo, è roba seria), è stato drammatico per Cremona 1, per “La Provincia” di Cremona e della sua succursale cremasca, che ci tocca far finta di commuoversi. Roba da non mangiare manzo per protesta. È stata scippata da Montichiari, la cosa culturale più importante della provincia! E Crema che non veste il lutto! Ingrati, i cremaschi. Un dramma che dovrebbe essere condiviso, essendo sudditi.

  • Tornando al Parco del Serio, tra le valide iniziative intraprese sul territorio di questo Parco, segnalo il Bosco d’Istituto promosso da Racchetti-Da Vinci.
    Domani 22 aprile, 51a Giornata della Terra, alcuni bravissimi ragazzi delle classi IV-A e V-A del nostro Racchetti, accompagnati dai loro professori, inizieranno la piantumazione per creare questo Bosco. Parco del Serio e Comune di Crema ovviamente in piena collaborazione. Chi spesso passa dal cosiddetto Meandro Verde in zona Santa Maria conosce bene l’area interessata. Per maggiori informazioni, ultimo Nuovo Torrazzo, pagina 39.
    Cito questa lodevolissima iniziativa anche perché mi era parso che in passato (se non sbaglio) si fosse citata la possibilità di identificare un’area per scopi simili anche da parte di qualche commentatore del blog.
    Naturalmente, il punto non è lanciare le iniziative ma mantenerle poi nel tempo. Vedremo.
    Intanto, bravissimi i responsabili, i docenti e gli studenti del Classico. E ottima la sinergia del Parco del Serio e del Comune.
    Tra l’altro, proprio nei giorni scorsi, sono avvenuti episodi di danneggiamento e maleducazione alla struttura del Salice Bianco in territorio del Parco a Casale Cremasco. Come sempre, c’è chi fa e c’è chi disfa. Anche in questo caso, il bene e il male, la virtù e il vizio, chi costruisce e chi distrugge. Storia antichissima, dai tempi in cui siamo scesi dagli alberi.
    Dopo decenni di confusione civile, sarebbe ora di ricominciare a guardare la realtà con occhi di verità e giustizia. Pieno sostegno ai “buoni” e punizioni esemplari ai “cattivi”.
    All men are created equal. But get different. So ……

    • “Created equal”?!? E del DNA chemmidice dott Pietro?

    • Già, il DNA.
      Dico, caro Francesco, che il DNA, e più in generale la nostra dotazione di partenza nella vita, è uno dei due motivi del “get different”.
      L’altro motivo del “get different” è quello che noi facciamo nella nostra esistenza, non grazie alla dotazione genetica ma in forza della nostra personale onestà, della nostra volontà particolare, del nostro coraggio individuale. Insomma, delle nostre virtù e dei nostri vizi, per quanto da noi direttamente esercitati e non per quanto già forniti come bagaglio iniziale alla nascita (so che qualcuno sostiene invece il nostro essere soltanto dati e algoritmi, per cui del libero arbitrio resta solo l’arbitrio).
      Comunque, nel diventare differenti, è gusto che si premi il merito e non si riconosca il demerito.
      Tuttavia, siccome il merito deriva da quei due motivi, visto che uno dei due ce lo siamo trovati alla nascita già confezionato nelle due eliche di Watson e Crick e quindi siamo stati, semplicemente, più o meno fortunati, ecco che per bilanciare, laddove possibile, l’alea rappresentata dal DNA esiste una cosa molto importante: la solidarietà.
      Con la solidarietà temperiamo il criterio del puro merito. Una sorta di “indennizzo sociale”, dovuto e motivato, a fronte della sfortuna di chi è partito nella gara della vita con minori potenzialità genetiche.
      Però, fino a un certo punto.
      All men are created equal. Per cui, in questa gara tutti dalla stessa linea si deve partire.
      Ma chi dice che si deve anche tagliare il traguardo tutti insieme, così facciamo contenti gli Atti degli Apostoli e Das Kapital, per me sbaglia di grosso. Il mondo si ferma e si ferma la vita. Non sì è mai vista, dalla comparsa della vita sulla terra, una evoluzione della specie che premi i “meno adatti”. Con buona pace dei beati ultimi.
      Per prudenza, tutti questi discorsi di solito non si fanno in pubblico ma in privato, perché in Italia, nonostante il progresso scientifico enorme avvenuto dal primo modello del DNA, presentato nel 1953 (quell’anno non fu l’unico evento per me importante), ancor oggi c’è gente che storce il naso sulla biogenetica travisandola per eugenetica. E dire eugenetica vuol dire prendersi del fascista, così, tanto per essere accusati di non essere democratici riguardo alle sequenze amminoacidiche. Un po’ come certi creazionisti anti-evoluzionisti o come taluni negatori della scienza e del progresso. In pratica, come ogni tanto capita di leggere persino sui media più seri e validi.

  • Esulto per il nuovo verde come fossi una pernice. Per i danneggiamenti… certi miei amici toscani realmente mi hanno parlato dei tempi delle cratucce caricate a sale…

  • Pietro di ieri h.16:06. Fuori tema, ma un gran bel tema. Già toccato in passato, anche sviluppato, credo meriterebbe ulteriori approfondimenti. Peccato che non sia un post. Io starei già preparando un possibile commento che mi avvicinerebbe al tuo pensiero. Già non solo cambiano i tempi, cambiamo anche noi. E forse basterebbe sgombrare il campo da tutte le ipocrisie dei vizi privati e delle pubbliche virtù.

    • Grazie, Ivano. Sono sempre interessato ai tuoi commenti e anche su questo tema mi pare che si potrebbe scambiare qualche pensiero con te e con gli amici del blog eventualmente interessati, in una delle tante occasioni che di certo non mancheranno.

  • Il Parco del Serio, da Santa Maria della Croce a Pianengo, Menasciutto, Serio Morto e ‘ piacevole, con sentiero sterrato, spesso, ben battuto e sistemato; Sergnano, Trezzolasco, meno interessante; poi di nuovo quasi un vero parco all’accesso di Mozzanica, fino “alle panche di legno”. Da lì a Bariano si abbruttisce; il sentiero che diventa ciclovia per Bariano, Cologno, dei laghi sud, ha il fiume Serio che si abbassa molto di livello e pare il Taro che si vede dalla Parma-La Spezia, senza le colline, con gli stessi spiaggioni. In bici da città, Santa Maria della Croce -Cologno 4 ore e trenta, andata e ritorno. Pitost da nigot, l’e’ mei pitost, ‘l parc dal seree!

  • Da quattro foglie che se non piove saranno in autuno stecchi (che poi, piantarli in autunno no?), alla meritocrazia: bel salto! In sintesi la gentica è cambiata nell’interpretazione: un gene un carattere non ha più spazio, mentre sappiamo che il nostro comportamento nella vita lascia traccia genetica: comportarsi bene!
    Sulla meritocrazia non ci piove, e non esiste genetica, destra o sinistra! Solo che esistono ottiche che confondono la corsa all’arrembaggio con il merito. Quanto vorrei riparlare con mio padre, eroe di guerra e uomo granitico, per spiegargli perché non posso più fare affidamento sull’intero pacchetto di precetti che mi ha instillato, ma sono costretto a fare una selezione dopo gli spettacoli a cui ho assistito nella seconda metà di questi 71 anni! Tuttavia in riferimento a Pietro io non conosco un movimeto culturale che non valuti i valori del passato e il valore indiviuale. Sì, merita un post, e non lo scrivo io.

  • Pietro, un anticipo a corollario della tua evasione tematica del 23 aprile h. 16:06. Parlo del DNA e dei possibili sviluppi sul tema. Adorno diceva, a proposito di solidarietà, ne parli anche tu, e della capacità di immedesimarsi nelle difficoltà degli altri, che “la più alta forma di moralità consiste nel non sentirsi mai troppo a proprio agio, neanche in casa propria. Continua. a breve in nuovo post.

    • Ottimo, scienze biogenetiche e filosofia morale. Al nocciolo di molte cose, Ivano.
      Sentirci “troppo” a nostro agio non fa male solo alla solidarietà verso il prossimo ma anche allo sviluppo di noi stessi. Ma anche il “troppo poco” agio può causare guai. Agli altri e a noi stessi.

  • Certo, il solito paradosso di quei bontemponi dei filosofi.

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