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GIORGIO CINCIRIPINI

Come siamo messi con il ‘Gini’ ?

 

Il coefficiente di Gini è un indicatore utilizzato per misurare la disuguaglianza di reddito.

Il coefficiente di Gini può essere espresso in termini percentuali in un intervallo che va da 0, corrispondente alla perfetta uguaglianza (in altre parole, il reddito è equamente distribuito tra ogni individuo in una data società), a 100, corrispondente alla perfetta disuguaglianza (in altre parole, quando tutto il reddito è ricevuto da una sola persona). Quindi, un coefficiente di Gini più basso riflette una distribuzione più equa del reddito.

 

Nel 2019, il coefficiente di Gini per l’UE era del 30,2%.

Le maggiori disparità di reddito tra gli Stati membri dell’UE (con un coefficiente di Gini di almeno il 35,0 %, come indicato dalla tonalità più scura nella mappa 2) sono state registrate in Bulgaria, Lituania e Lettonia. Un secondo gruppo di Stati membri, con un coefficiente di Gini superiore alla media UE del 30,2% (nell’intervallo dal 30,5% al 34,8%), comprendeva Romania, Spagna, Italia, Lussemburgo, Portogallo, Cipro, Grecia ed Estonia. All’altro estremo della gamma, il reddito era distribuito più equamente in Cechia, Slovenia e Slovacchia, dove il coefficiente di Gini era inferiore al 25,0 %. Tra i paesi terzi indicati nella mappa 2, coefficienti relativamente alti sono stati osservati in Serbia (33,3%), Montenegro (34,1%) e Turchia (41,7%, mentre coefficienti relativamente bassi sono stati osservati in Norvegia (25,4%) e Islanda (23,2%; dati 2018).

 

 

Al solito, ancora una volta, quando parlano i numeri la fotografia della nostra cara Italia non è mai molto bella!   Anche se in questo caso siamo più colorati … arancioni (non è che c’è un ‘loop’ con le altre colorazioni di moda in questi mesi ?!).

 

FONTE:  EUROSTAT

https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=Living_conditions_in_Europe_-_income_distribution_and_income_inequality

 

 

GIORGIO CINCIRIPINI

11 Mag 2021 in democrazia

1 commento

Commenti

  • Il problema è che tanto accentramento di ricchezza in fin dei conti non lo vorrebbero nemmeno gli straricchi! Ricordo un’intervista a un campione di un qualche sport (non seguo molto) che alla domanda su come avesse fatto a rifiutare un ingaggio molto più allettante economicamente rispose più o meno: “Perché se avessi accettato avrei potuto mangiare con due bocche o dormire in due letti contemporaneamente?”
    Sintetico e notevole. Ma c’è di più: l’accentramento di ricchezza è autolesionistico, e il peggior rischio non è la ghigliottina, ma una cattiva vita. E ancora, purtroppo, è anche involontario, perché la moneta da quando cresce da sola senza corrispettivo in alcun bene concreto, ha tuttavia conservato il vizio di avere una paternità.
    E allora? Come ai tempi di Roosevelt la questione è politica, e la forza d’impatto, in tempi di pace e normale nutrizione, non può che essere il potere assennato delle masse. Il voto, in altre parole, ha ancora un senso.

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