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ADRIANO TANGO

pollution

Ed ecco Silvestro al III round pollution, dopo Caffaro Torviscosa e Biancavilla, Piombino, un trionfo dell’autolesionismo umano.
Tutto tratto dal gattone da un servizio in tre puntate del giornale periodico “Le Scienze”

“Decenni di intensa attività siderurgica a ciclo integrale, dal materiale grezzo fino al prodotto finale, hanno creato nell’area del comune toscano una complessa mappa di zone inquinate, per alcune delle quali la conclusione della bonifica appare ancora lontana
La varietà di situazioni e una grande incertezza sulla riconversione dell’area SIIN di Piombino rendono molto complicato il processo di risanamento. L’eredità di un sistema produttivo malsano condiziona il futuro. Da più di un secolo, infatti, Piombino è legata all’industria siderurgica. Dal secondo dopoguerra, l’area industriale della città si è ampliata e ha ospitato impianti per la siderurgia a ciclo integrale, dal materiale grezzo fino al prodotto finale.
Anno dopo anno, le realtà produttive e le centrali elettriche – alimentate con i gas prodotti dal ciclo siderurgico – hanno provocato una contaminazione dell’ambiente grave al punto che nel 2000 una consistente area del comune di Piombino è stata inclusa nell’elenco dei SIIN.
Oggi, la superficie perimetrata copre più di nove chilometri quadrati a terra e circa 20 chilometri di mare. Il territorio in questione è diviso in due grandi aree, settentrionale e meridionale, diverse sotto gli aspetti idrogeologici. All’interno si trovano discariche di rifiuti esaurite, lo storico polo industriale, l’area della centrale termoelettrica ENEL “Torre del Sale” e l’area portuale, con un notevole traffico sia mercantile sia turistico, almeno in tempi pre-COVID.
È una situazione molto frammentata. Nel SIIN si possono individuare 31 siti specifici, di cui 14 sono di competenza pubblica e i restanti di proprietà privata. II depositi con i materiali di scarto hanno compromesso il suolo e lo hanno contaminato con arsenico, cromo, cadmio, zinco, nichel, piombo, mercurio, rame, idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e idrocarburi complessi. Nelle acque sotterranee ci sono altre sostanze come ferro, piombo, arsenico, solventi e IPA.
L’impatto sulla salute umana di una tale varietà di inquinanti è stata oggetto di studi approfonditi, riassunti nelle pubblicazioni del Progetto SENTIERI (Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento). L’iter di bonifica procede a piccoli passi. Per alcuni “sotto-siti” il procedimento di bonifica del suolo può definirsi concluso. Questo è avvenuto in alcune situazioni di più facile intervento oppure in porzioni di terra in cui i limiti normativi di presenza di contaminanti non errano stati superati.
Ambiente, società e un futuro incerto
Nonostante questi primi risultati, il futuro della bonifica di Piombino è quanto mai confuso. La crisi del settore siderurgico ha reso la riconversione e il cambiamento ancora più difficili. La bonifica appare ancora oggi non come un’opportunità, ma come uno scoglio insormontabile. Da quando il principale comparto produttivo della città si è scontrato con la necessità di ripensare al rapporto tra produzione e ambiente, a Piombino sono emerse numerose criticità. Uno dei grandi nodi riguarda la discarica costruita nel perimetro industriale e vicina all’ingresso della città, realizzata durante gli anni ottanta dello scorso secolo.
La discarica, a gestione pubblica, avrebbe dovuto chiudere il percorso che parte dalla lavorazione delle materie prime e si conclude con il prodotto finito e il corretto smaltimento delle scorie. Gestita dapprima da una partecipata dell’Azienda servizi igiene urbana (AISU) di Piombino, la discarica ha accumulato una grande quantità di debiti nel corso degli anni, anche a causa delle tasse particolarmente basse per i conferimenti. In seguito, sulle ceneri del precedente progetto, è stata fondata RIMATERIA, azienda pubblica che si è occupata della messa in sicurezza della stessa discarica e che avrebbe dovuto ribaltarne le sorti. Secondo l’idea iniziale, l’azienda avrebbe dovuto mettersi al servizio della fabbrica per ospitare sia gli scarti industriali dell’acciaio sia una certa quantità di rifiuti speciali. Non si sarebbe trattato – è bene sottolinearlo – di rifiuti “pericolosi” ma di rifiuti “speciali”, come le batterie che si gettano negli appositi cassonetti.
La crisi del settore siderurgico, però, non si è arrestata, tra innumerevoli cambi di proprietà e licenziamenti. Con la chiusura dell’altoforno nel 2014 i materiali da smaltire si sono considerevolmente ridotti e allo stesso tempo è cominciata una contestazione contro la discarica.
Questi due fattori hanno portato al recente fallimento di RIIMATERIIA e a una conseguente assenza di prospettive a lungo termine per il risanamento dell’area. La fabbrica, portatrice di benessere nel passato, oggi viene rinnegata. Piombino, però, rimane in una crisi occupazionale e organizzativa che molti osservatori definiscono “spaventosa”. Il rilancio economico dovrebbe far leva sulla riscoperta del turismo ma, come appare evidente, necessiterebbe di una progettualità che ancora manca.
Una presenza fuori dal tempo
Lo stallo riguarda la società piombinese nel profondo. Nel perimetro del SIIN ci sono ancora interventi urgenti da fare, ma non risultano esserci veri e propri progetti di risanamento per alcune delle porzioni di territorio contaminato. È il caso dei materiali delle discariche abusive – una delle quali scoperta solo in tempi recenti grazie alle indagini aeree effettuate dalle autorità – o dei cumuli di materiali che da anni giacciono a terra.
Vista la gravità e la grande diversità delle situazioni, anche nel caso di Piombino è molto probabile che sii giunga a una messa in sicurezza operativa oppure permanente di gran parte del SIN, nella speranza che quelle aree trovino una nuova ragion d’essere.
Come ricordato da Giancarlo Sbrilli, responsabile del Dipartimento ARPAT Piombino-Elba, “i tempi della conclusione dei procedimenti di bonifica non sono a oggi prevedibili. Di fatto per alcuni siti non è ancora stato presentato un progetto di bonifica. Allo stato attuale dei procedimenti in corso non è possibile fare previsioni. Sulla scorta delle esperienze precedenti è possibile ipotizzare che siano prevalenti le azioni di messa in sicurezza permanente o di messa in sicurezza operativa (MIISP//MIISO) sulle aree sottoposte a bonifica con rimozione dei suoli contaminati. Ma, in generale, il futuro dell’area non è prevedibile da parte dell’agenzia”.
Nel comune di Piombino, il territorio offre paesaggi meravigliosi e incontaminati, come si può ammirare lungo il promontorio che da Calla Moresca conduce al golfo di Baratti. In questo contesto, la presenza di un SIIN appare quasi anacronistica. La necessità di cambiare l’identità di un territorio dovrebbe essere soddisfatta anche grazie a un dibattito responsabile, partecipativo e privo di slogan o visioni a breve termine.”

ADRIANO TANGO

25 Giu 2021 in Ambiente

9 commenti

Commenti

  • Visto che il pezzo è un pregevole copia-incolla, quindi non mio nè di Silvestro, apro con le considerazioni: fatti come quello di Taranto e questo fanno porre la domanda “ma non si poteva fare in un posto brutto?” La rispoosta è che certe lavorazioni necessitano di tanta acqua. All’Italia non mancano certo le coste, ma conoscete un mare brutto? Ai Romagnoli lo andate a dire voi che le fabbriche le mettiamo lì prché non c’è panorama di interesse? Si rivolterebbe come minimo il grande Fellini nella tomba! E poi di PIL dal turismo ne traggono più di tutte le belle scogliere mi sa…

  • E Marghera, la laguna di Venezia? E Priolo presso Siracusa? Chimico o siderurgico non fa differenza.

    • Yes! E aggiungici la poetica baia di Bagnoli a Napoli, che smontata la siderurgia giace lì dopo patrimoinio per disinquinamento nonostante la decantata da Bennato isoletta di Nisida in fronte e sovrastata da parco della Rimembranza, ma di posti brutti in Italia non ce n’è!

  • Di posti brutti in Italia ce n’è, nonostante il regalo offertoci dalla Natura. Ci si è messi d’impegno anche a “rapallizzare” ( da Rapallo) il territorio costiero. Poi, una bella donna è una bella donna pure se indossa degli stracci.

    • Forse addirittura più erotica, se gli streacci sono succinti, direi… Ma basta con queste cose da vecchi maschietti: le signore ci leggono! Sai Marino, mia nipote, come tanti sorrentini, venuta a studiare legge a Milano, a casa non ci vuol tornare nemmeno per le festività! Afferma che non c’à confronto di bhellezza, ma forse a 18 anni è attratta dalla vitalità, ma la storia e la bellezza non la nego. Certo, mica niente a paragone di Crema… Ciao regazzi, parto lunedì. Ma resto collegato.

  • Capisco tua nipote. Sorrento, Atrani, tutta la penisola è bellissima (qualcosa di simile è la strada panoramica occidentale del Lago di Como, che le corriere si sfiorano, e a Colonno, a Oliveto Lario gli autisti capita che passano al millimetro, se s’incrociano, e la stradetta è stretta che si debbono scavalcare a fatica i borghi); ha ragione eccome tua nipote. Milano è Milano; Sorrento è comunque Sorrento, ma Crema cos’e? Niente, per una giovane che ha voglia di vivere, che ha ormoni da vendere. Non scherziamo. Poi, uno può trovare interessante anche la campagna di Passerera; la chiesa di Crema Nuova; la Bassa padana di maialifici, capannoncini, Biancaneve e i sette nani, non uno sfogo dall’afa, idove nella lotta tra il bene e il male, ha vinto il mais.

    • Come similitudini lacustri direi Malcesine versus Positano. Come cremaschezza, che spudorati Simone Bandirali ed io, a convocare i medici scrittori d’Italia per tre giorni a Crema a fine agosto! E visto che l’ultimo paragone è stato la riunione pre covid di Matera, roba da far rivoltare Primo Levi nella tomba!

  • Non so dove scriverlo, lo piazzo qui: mi sono appena installato al mare. Seguono risposte

  • Va beh, adesso do una sistemata al tuo commento del 27 Giu alle 7, brother Adrian!

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