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ADRIANO TANGO

Sincretismo etico fra storia e attualità

E si strascica pesantemente anche questo problema etico del fine vita, o suicidio assistito, o dolce morte che sia, ma queste definizioni fanno da subito arricciare i baffi, meglio di no.
Eppure quanti anni son passati dalla raccolta di firme di Cremascolta?
Ma in Italia quest’atto assistenziale istituzionale non vuol divenir tema di legge! Vergogna!
Un paese dalle anime multiple, in avvicinamento, certo, ma negli opposti schieramenti si potrebbe sapere chi frena solo perché conservatore e chi per vera ideologia?
Eppure prima è toccato ad aborto e divorzio, e ancora i borborigmi non sono sedati.
Ma lì c’erano tante terze vie, e c’era così la possibilità di circostanziare i casi rendendoli pochi!

Già, ma per l’inizio vita è facile, responsabilità di adulti, o adolescenti ben educati, verso qualcuno che non c’è, ma potrebbe nascere, portando già il segno del dolore. Quindi è possibile far sì che il dilemma si ponga in casi veramente selezionatissimi: fatte le cose per bene che ci rimane? Qualche stupro? Qualche incesto?
Per il divorzio, tralasciando Santa Romana Chiesa, direi che è nel costume umano, nel patto di coppia stesso, c’è in tutte le culture. E poi, anche per il Cristianesimo Giovanni Cereti, sacerdote della diocesi di Genova, nel suo “Divorzio, nuove nozze e penitenza nella Chiesa primitiva”, afferma che si parlava al tempo di riconoscimento delle seconde e terze nozze. Ma anche in questo campo comunque, con educazione e tentativi vari, quando la Società non si girerà più dall’altra parte, in nome di un comodo alibi della privacy, si potrà limare sulla consistenza numerica del fenomeno, lavorare sulla trasformazione del rapporto perché torni accettabile, e chi sa, su qualche vero ritorno di fiamma…

Ma per il fine vita è diverso! Per quanto bene impostiamo le premesse, una vita che si trasforma in un incubo è sempre nella rosa delle possibilità!
E allora nell’incubo l’uomo è solo, privo della capacità di giudicare se il suo sentito è obiettivo. E nemmeno il fai da te è fisicamente spesso praticabile, e poi non dà garanzie: si ricorre a volte, in solitudine, a pratiche disumane, pur di liberarsi del fardello, altre a sistemi che invece di garantire il fine vita possono aprir la porta a un risveglio con un ulteriore deficit, fisico (parlo delle soluzioni chimiche).
E in tutto ciò internet ci propone dei kit sicuri per l’addio. E già, e perché non il droghiere?

Direi allora che, in questi super-temi, il primo passo è vagliare quali posizioni fanno parte della cultura tradizionale umana, il secondo quale etica è più vicina a quella, presuntamente, “biologica naturale”, e solo dopo se queste posizioni ancestrali siano da approvare o lentamente modificare nell’ottica comune della società attuale.
Lentamente, perché gli esperimenti di ingegneria sociale sono solo strappi che finiscono per ancor peggio ricucirsi.
E allora stiamo ai fatti, vagliamo le storie di vita che ben conosciamo, magari frughiamo fra i “segreti di famiglia”, e chiediamoci se in questi all’illegalità c’erano alternative. O non sono state soluzioni terribili, ma obbligate, atti di clemenza, nell’ottica della compassione umana, e non dei Soloni, magari tonacati (ma quelli hanno almeno l’alibi dell’obbedienza per voto!)

Consiglio quindi una rilettura dell’Antigone di Sofocle, per comprendere l’insolubilità dei temi etici a livelli multipli: etica umana, divina, naturale sopra tutte. E, visto che un cerchio non si quadra, soprattutto cerchiamo di perseguire la ricerca del più accettabile compromesso tenendo ben presente l’assoluta relatività (situazionale ed epocale) dei valori etici. Facciamo quanto meno peggio pronti a rivedere tutto, ma soprattutto legittimiamo la saggezza popolare! E siamo empatici: l’Individuo al centro, col suo dolore.
E guai a chi mi risponde : “A sì? E cosa intenderesti per Individuo?”

Dimenticavo una norma finale nella ricetta: aggiustare q.b. di “senso comune”.

ADRIANO TANGO

27 Nov 2021 in Senza categoria

28 commenti

Commenti

  • Su altro social mi si ricorda sul tema la posizione di “altre Chiese”. Torre Pellice (Torino), 30 il concilio conclude per una “resa’ alla fedeltà di Dio nella consapevolezza del proprio limite nel sopportare la sofferenza”.

  • Se la “resa alla fedeltà di Dio” riguardasse anche altri temi il mondo sarebbe migliore. Non si può costruire la Storia dell’uomo su un’invenzione. Quanto alla consapevolezza del proprio limite nel sopportare la sofferenza nessuna interferenza, nè religiosa nè scientifica, deve interporsi tra noi e il nostro sentire. Se ho ben capito.

    • Intendevo solo sottolineare che anche le Chiese cristiane non sono così compatte. Quel pensiero c’è, fortemente, non sempre negativamente nella prassi, e non lo si può ignorare dialetticamente.

  • Mi viene in mente il suicidio assistito di Lucio Magri, fondatore del manifesto, concretizzato pochi anni fa in Svizzera. Mi riaggancio al mio commento precedente chiarendo il concetto di “nè religione nè scienza”. Per quanto riguarda la religione è chiaro che si deve fare gli affaracci suoi. Per quanto riguarda la scienza immagino che qualche psichiatra abbia prima tentato di rimbambirlo con qualche terapia farmacologica o psicoanalitica. Magri ha scelto oltre le categorie.

    • Anche in Svizzera la cosa è presa seriamente: il ruolo dello psichiatra è nel controllare tecnicamente la capacità decisionale dell’infelice, e credo che, se possibile, l’atto dell’inoculazione del farmaco sia autocondotto.
      Il caso di suicidio assistito scandinavo per “assoluta infelicità irriducibile” ci dice che si tien conto anche delle cause non comunicabili di questo sentito. Tuttavia la vita è ciclica, e quante volte ci siamo detti “ma davvero io vedevo le cose in questa prospettiva?” Quindi la prudenza non è eccessiva. Una volta poi c’era la lue a mettersi di traverso, con tardive pazzie infelici, e allora che ci vuoi fare? Che altro fare? Quante morti infelici! Ma ho anche esempi vicini di persone praticamente paralizzate che con amorevolezza di cure hanno iniziato a trovar soddisfazione in cose banali. Prudenza!

  • Manifesto con la M maiuscola.

    • Non ha importanza, e scusami Ivano, ma “il manifesto”, giornale che per sfoggia, per mostrarsi controcorrente si dice ancora comunista, come Montanelli si diceva anarchico, è con la iniziale minuscola.
      Il Sinodo estivo Valdese, nella piccola capitale piemontese luterana, delle chiese evangeliche e metodiste, capitale anche partigiana, ha emesso un documento, e al punto sei, si parla di eutanasia. Si critica blandamente la scelta di porre fine alla propria vita, dal punto di vista cristiano. Ma si cita Dieter Bonhoffer, cristiano della chiesa “confessionale” che non aderì al nazismo, a differenza delle chiese cattoliche e protestanti. Bonhoffer dice che il suicidio non è un peccato, ma una scelta moralmente criticabile, per un cristiano. Hans Kung, che era un teologo cattolico, diceva che appioppare le norme cristiane ai non credenti, non è giusto. E il fine vita, riguarda gli individui, personalmente, al cospetto di Dio. E se a un Dio non credono non si può impedire per legge che stacchino la spina. Purtroppo, con il Vaticano in Italia, e la destra politica in gran parte schierata contro, solo i ricchi (o i radical chic, oppure se aiutati dai radicali italiani) potranno staccare la spina e smettere le atroci sofferenze che debbano subire.

  • Per chi non lo sapesse la malattia di Magri era la depressione.

  • Hai ragione Marino, il manifesto è con la minuscola. Invece se proprio vogliamo quantificare il costo del suicidio assistito, in Svizzera è di circa 10.000 euro, non esattamente per ricchi, e da molte associazioni, non potendo, un aiuto arriva.

  • E poi “moralmente criticabile” é inaccettabile.

    • Mi spiego meglio: le chiese protestanti europee sono favorevoli al porre fine a sofferenze inaccettabili, e quindi a una legge che permetta l’eutanasia (vedi documento sei, già citato), lo staccare la spina alla propria vita in situazione di malattia incurabile e di sofferenza. Dal punto di vista cristiano, pensano sia meglio insistere con le cure palliative, e l’eutanasia solo in specifici e drammatici casi, ma è un consiglio “cristiano”, non un’imposizione normativa.
      Bonhoffer parlava del suicidio come non una scelta cristianamente immorale. In precedenza, non ero stato chiaro. Ma un problema personale al cospetto di Dio.

  • Adriano, in questo, come tu dici, “….strascicarsi pesantemente” del problema etico del fine vita, ritengo non possa non entrare in gioco (ops! Pardon) la Legge 219/2017 .
    La “Legge sul testamento biologico”, a mio parere di grande portato etico/civile, ha introdotto dirimenti, importantissime innovazioni, circa le delicate questioni inerenti il “fine vita” .
    Il “core” del provvedimento legislativo credo possa essere così sintetizzato: “Ogni cittadino è libero di esprimere per tempo le proprie disposizioni anticipate di trattamento ed avere la certezza che verranno rispettate”.
    Una sintetica panoramica su quanto prevede la Legge:
    L’art. 1 anzitutto, riguarda la disciplina legislativa del Consenso informato, istituto che racchiude in sé, da un lato, l’informazione, dall’altro, la volontà. Entrambe sono da intendersi sia nella loro accezione positiva, sia negativa: vi è dunque il diritto del soggetto ad essere informato (o a non essere informato), così come vi è il diritto ad acconsentire alle cure o a rifiutarle, cioè a dire una informazione completa che consenta una piena e consapevole esplicazione della propria volontà.
    Gli articoli successivi definiscono poi con chiarezza :
    il dovere del medico di adoperarsi per alleviare la sofferenza del paziente La legge infatti pone l’attenzione sulle cure palliative e sulla terapia del dolore, quali cura e assistenza rivolte all’esame della sofferenza fisica e psichica del paziente, allo scopo di migliorarne la qualità della vita, nel rispetto della dignità.
    il diritto di ogni soggetto di esprimere le proprie preferenze vincolanti: le Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT) Novità di grande rilievo è la previsione nella legge della possibilità, per ogni persona maggiorenne capace di intendere e volere, di esprimere, attraverso Disposizioni Anticipate di Trattamento le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari. Le DAT devono essere redatte (commi 6 e 7) per atto pubblico o scrittura privata autenticata o scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso l’Ufficio di Stato Civile del Comune di residenza, che provvederà all’annotazione in apposito registro (esse sono esenti da ogni imposta o tributo).
    il diritto alla pianificazione delle cure tra medico e paziente: il medico dovrà attenersi al programma condiviso laddove e quando il paziente venisse a trovarsi nella condizione di non poter esprimere il proprio consenso.
    La Legge rivendica la dignità del morire: le disposizioni non sono volte né a porre fine alla vita, né ad incidere sulla salute, ma ad evitare il prolungarsi di una vita-non vita, caratterizzata dalla sofferenza senza speranza; il soggetto, attraverso le DAT, non decide tanto della propria salute, a quel punto ormai irrimediabilmente compromessa, quanto della propria qualità di vita. Il perno dei trattamenti medici è dunque la volontà del paziente, il quale viene considerato come persona esercente un ruolo attivo e compartecipe in tutto il corso della terapia.
    Credo che questa Legge non sia stata adeguatamente recepita, dai cittadini, anche per una sorta di volontà di esorcizzazione/allontanamento di un tema, peraltro assolutamente non scongiurabile/eliminabile da nessuno di noi.
    Ringrazio l’amico Adriano che con questo post mi/ci ha richiamato sul tema e, potrebbe anche essere che su “consenso informato” e “DAT” ci dicesse la sua.
    Personalmente (fatti ovviamente i ….debiti scongiuri) da persona …..”anagraficamente sostanziosamente adulta” quale sono, mi sono messo nell’ottica di considerare con lucidità la possibile eventualità e trarne indicazioni comportamentali coerenti.

    • Approfitto anche per r rispondere a Marino: proprio della posizione valdese, citando malissimo, parlavo inizialmente. Veniamo alla legge: c’è l’area grigia dell’handicap motorio grave!
      Quello che non compromette la capacità di sopravvivere, ma la volontà sì, e non parlo del classico fratturato cervicale tetraplegico, ma di chi ha perso tutte le cose che gli davano gioia per una motilità ridottissima ma non nulla. In questo caso si parla di una soppressione attiva, non di un’astensione che porta a morte. Oppure mal interpreto la legge, a mio avviso ancor troppo prudente? La società deve entrare nelle nostre vite private, con dei rappresentanti, certo, non girarsi di lato! E le esperienze individuali devono essere patrimonio comune, non solo appannaggio di qualcuno che sulla sua storia scrive o si fa scrivere il libro. Certo, l’umore è ciclico, e un caso così, a me vicino, grazie all’amore di una moglie, donna di successo che consideravamo una streghetta, ma invece ha rinunciato a tutto per il suo uomo, l’ho visto tornare a sorridere, con la bocca storta, certo, per la semplice gioia di mangiare una pizza quando gli era stato detto che non avrebbe più potuto deglutire.
      Ma chi non ci sta? Ci si deprime irrimediabilmente per molto meno, e non mi si parli di psicofarmaci, che a quanto ho visto possono sopprimere il dolore esistenziale ma stravolgendo la personalità. Considerato che la posizione “Dio ti a dato la vita, e lui solo te la può togliere” è inaccettabile, credo fermamente che si debba dare spazio con una buona legge alla posizione di chi chieda un’azione soppressiva della propria esistenza, come minor male. Ma solo dopo un vaglio attivo e competente. Sarà un compromesso, ma sempre a colmare il vuoto.

      Ma mi piace in proposito ricordare anche il nostro socio fondatore Antonio Bonelli, defunto per K polmonare, che dopo aver scritto un bellissimo racconto lungo sul tema, esposto nell’ottica del paziente, si è trovato a vivere il dilemma. Anche questa volta l’amore, la dedizione anzi, della persona cara, con cui invece stava per troncare i rapporti, ha reso accettabile il trapasso, con qualche momento di commozione condiviso con gli amici e qualche accordo di chitarra, che fanno sempre bene. Ciao Antonio.

  • Sono d’accordo, Adriano e Francesco. Il caso Englaro l’ho seguito con indignazione. Il padre ha tutta la mia stima. Ha combattuto una lunga battaglia. Il fatto, in sintesi, sbucciandolo, al nocciolo è la diatriba tra chi ritiene che la vita non ci appartiene, na appartiene a Dio; e chi ritiene chi ognuno ha il diritto di vivere e di morire, in modo degno, e di finire di vivere, se lo decide, senza ostacoli normativi o religiosi che non gli apoartengono. Eppure, Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, contesta il diritto di ognuno di poter decidere la propria morte. Parla di omicidio assistito; ma è una manomissione carogna delle parole, come direbbe Gianrico Carofiglio. Del resto, l’utilizzo delle parole, appicicandole ad altre, alterando il significato originario, è l’ultima moda dei novax, che in questo vanno a braccetto con i cattolici come Tarquinio, il quale dice: non si aiuta qualcunoca suicidarsi buttandolo giù davun dirupo, ma lovdi prende per mano, salvandolo.

    • “Lo si prende per mano salvandolo”. Molto divertente. Ma capisco anche. Qualcuno non ha forse detto: “alzati e cammina” ?

  • Adriano, la psichiatria. Già, prima della legge Basaglia, non é passato molto tempo, lasciamo stare le applicazioni, ma andiamo indietro do poche decine d’anni per vedere cosa succedeva nei manicomi. Un po’ d’acqua sotto i ponti é passata e non si deve banalizzare troppo. La mia considerazione rispetto alla vicenda umana di Magri era semplicemente questa: psicologia e psichiatrica non sono scienze esatte, se mai esistono. Oddio, meglio del prete al capezzale sicuramente, ma l’ultima parola sempre al malato. Ripeto, rima del suicidio Magri avrà pur tentato qualche terapia da strizza cervelli, ma senza risultati.

  • Albert Camus e Arthur Koestler si sono battuti, per l’eutanasia, quando ancora non c’era una mobilitazione in questo senso. Koestler, ebreo ungherese, anziano, malato di una forma incurabile di leucemia, con in più il morbo di Parkinson, non potendo ancora trovare modo di finirla in un paese, una nazione, che permetteva il fine vita assistito, si suicido’, nel 1983, nella loro casa londinese, insieme a sua moglie Cynthia che volle morire con lui.

  • Ma Livio ve lo ricordate? Quando il Caffé Filosofico lo invitò circospettamente a esporre le sue bizzarre tesi vitalistiche io mi portai dietro un giovane rianimatore, che allibito chiese: “ma in una rianimazione ci avete mai messo piede?” Non vi è più nulla di umano dietro quei corpi irsuti, anche le donne con la pelliccia.
    Poi è stato però messo a punto il coscienziometro, uno strumento che tramite risonanza magnetica permette di mettersi in contratto con soggetti in stato vegetativo, addirittura di fare domande, mediante un trucco: si insegna al poveraccio a pensare, mettiamo per dire sì a un vaso in fiore, per dire no a una nuvola nera. Conoscendo la mappatura standard di questi pensieri si può sapere, ìn base a quella zona che si accende, la risposta. Bene, primo se c’è risposta RMN vuol dire che c’è corrente, e questo lo rileva già da un banale EEG, e lo stato di morte presuppone l’elettroencefalo piatto, secondo, non ho trovato in nessun posto la risposta alla domanda chiave: “Ma tu, sei proprio contento di sopravvivere prigioniero lì dentro?” Eppure la nostra cultura feticistica ancora individua la persona nel corpo, trova giusto spendere energie per recuperare corpi inabissati, e così via. E NON VI PROPINO ANCORA LA MIA DISTINZIONE FRA PERSONA E INDIVIDUO… LA STRADA E’ LUNGA!

  • Suicidio come atto volontario quando le condizioni fisiche lo consentono. Il problema che si sta affrontando qui é quello di chi é impossibilitato a staccare la spina da solo. Francesco, il testamento biologico esiste solo sulla carta. Molti Comuni non hanno ancora predisposto un apposito registro. Una rete almeno nazionale di raccolta dati non esiste. Potrei anche andare da un notaio, ma se mi capitassero un ictus o incidente chissà dove nessuno lo saprebbe. Saremmo nelle mani del rianimatore e del suo pensiero.

  • Ho rispetto per la cultura cervellotica: quella dei quadrimestrali che fanno un’intero numero monografico sull’Arte dell’improvvisazione, e poi ne fanno un sunto su un blog chiccoso, come “Doppio zero”, e l’ultima spremuta, magari, passa da Edoardo Camurri, su Radio Tre, giocoliere della cultura, che si diverte, anche se, come saltimbanchi, a lui, preferisco quelli ai semafori che lanciano le palline e chiedono qualche moneta. Ho rispetto ma fino a un certo punto, per gente così. La cultura, anche quella per l’infanzia, anche le fiabe, sono pane, non un gioco per adulti per mostrare il loro quoziente d’intelligenza una spanna sopra altri. La cultura non dev’essere seriosa, spaccacervelli, noiosa; nemmeno banale e volgare. C’è stato un tempo, che Radio Tre della RAI, il canale culturale, a parte la musica, aveva programmi che avrebbero accoppato persino Nietzsche, che di roba tosta se ne intendeva (anche se poi gli veniva una terribile emicrania). “Pentesilea e il miracolo economico”; “Il cinema come problema”; “Ermeneutica del ferro da stiro”.
    “Del perché gli elettricisti non leggono Kant e non ne discutono al Caffè Filosofico”; “Petomani nel crocevia delle culture”.
    Sergio Saviane, uno che non aveva peli sulla lingua, scrisse, anni fa su “L’Espresso” (quando ancora si leggevano i giornali, e Andreotti non aveva accumulato una fortuna con L’INPS), che Radio Tre RAI, nei suoi programmi culturali, aveva quattro ascoltatori: il regista del programma, anche se era disattento, e fumava nel frattempo parlando con il tecnico audio; chi conduceva il programma; la mamma del conduttore del programma, anche se la signora ci capiva poco; e un intelligentone che si lavava non di frequente, e aveva in casa un mucchio di gatti.

  • Forse potevo non postarlo, visto che Piero, altrove, mi dice “tranquillo che una buona legge arriva!” Ma le leggi vanno sentite come proprie, non come imposte, e volevo sottolineare quanto saremmo lontani da ciò. Inoltre volevo rendere pubblici due esempi di riunione coniugale che hanno risolto il problema, dando alla parte improvvisamente debole il supporto elargito a piene mani. Potrei fare esempi di storie umane non risolte, anzi azzerate brutalmente, ma poi diventa un confessionale. Ma soprattutto volevo dare a Cremascolta un tema forte da trattare, e, visto che ci leggono, da far leggere. Stop, missione compiuta.

  • Un amico, di altra città, mi tiene aggiornato sulle condizioni del compagno di una vita, e ieri mi dice: “ma quando la dottoressa delle cure palliative mi dice ‘sarà il caso di iniziare a decidere quando sedarlo’ che vuol dire?”
    Che gli devo rispondere, che l’eutanasia comunque si fa, anche nel Servizio pubblico? Però a chi non è in grado di decidere!

  • Difatti senza una legge sarebbe meglio che non si divulgasse e si procedesse evitando appunto eventuali denunce di chi si dice contrariato che questo già avviene in hospice e a domicilio. Sperando sempre di trovare medico o equipe provvisti di quell’umana pietà che tanti bacchettoni non hanno. Adriano, quanto alla risposta che hai dato al comune conoscente io aggiungerei che chi gli sta accanto, conoscendo il malato, sa bene quale sarebbe il limite dell’accanimento. Chi vuol bene sa quando é arrivato il momento di staccare la spina, senza tanti moralismi. Un’ora o un giorno in più non allungano la vita.

  • In tutti i casi si deve pensare al malato, non a chi lo assiste, a chi soffre di più,
    e non ho dubbi che sia il paziente. Si pensa sempre che la morte arrivi troppo in anticipo, sia la nostra che quella degli altri. Ma arriva quando vuole. Eluana Englaro decise lei quando morire, bypassando leggi, medicina, tribunali. É il solito delirio di onnipotenza di noi uomini pensare di stabilire una data. Il nostro comune conoscente non potrebbe morire anche oggi, prima della sedazione profonda? Pensa che bravo sarebbe. Toglierebbe l’impiccio a tutti.

  • A pensarci bene non mi pare che la sedazione profonda corrisponda all’eutanasia. Potrebbe durare giorni e giorni, invece la morte é un attimo.

  • Del resto l’abbiamo sempre saputo che la morte arriva quando vuole, e il sincretismo tra Storia e attualità rimarrà immutabile nei secoli e millenni, nel senso che mai potremo vincere il tempo che ci è assegnato. Storia contemporanea e attualità del progresso scientifico, o antichità e credenze religiose, o talismani e riti apotropaici, fin dai tempi di Samarcanda è così. Siamo noi moderni a sbagliare credendo di poter controllare questo e quello. Ma io sono un fatalista e il mio pensiero fa poco testo. C’è qualcuno che nella scienza crede più di quanto ci creda io, e forse hanno ragione loro. Qualche volta.

  • La sedazione è il tempo di accompagnamento alla morte senza sofferenza, l’eutanasia è quell’atto che ne anticipa l’accadere naturale.

    • Infatti così è stato nella parte “sana” della mia famiglia, in tempi insospettabili

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