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FRANCESCO TORRISI

Martedì 22 al via il Corso di Economia

Dopo lo tsunami della pandemia che, tra l’altro, non ci ha ancora abbandonato del tutto, e con una guerra in corso nel cuore dell’Europa, è più che opportuno tornare in presenza (con tutte le cautele del caso, naturalmente, previste dalla normativa sanitaria vigente) per capire, per quanto è possibile, frastornati come siamo dalle narrazioni spesso contrapposte, come stanno davvero le cose, interrogarci, confrontarci

e, magari, scoprire che anche noi, in qualità di cittadini, di consumatori e di investitori del nostro risparmio, abbiamo un ruolo da giocare.

 

È per rispondere a tale diffusa esigenza che la “La scuola di educazione all’economia” – che quest’anno, dopo quattro edizioni, sempre più consapevole del primato della politica sull’economia, cambia denominazione diventando SCUOLA DI FORMAZIONE POLITICA ED ECONOMICA – promuove un nuovo corso dal titolo significativo: UN MONDO DA RICOSTRUIRE.

 

Il corso è ideato e organizzato, come in passato, da CremAscolta ma con una novità sostanziale: quest’anno il blog si è avvalso della collaborazione di una serie di soggetti rappresentativi di diverse istanze sociali e culturali del nostro territorio.

Come nelle edizioni precedenti il corso in questione è aperto a tutti ed è gratuito: si raccomanda, tuttavia, l’iscrizione che potrà consentire di ricevere tutta la documentazione del corso.

Ecco l’indirizzo a cui rivolgersi per l’iscrizione: scuoladieconomiacrema@gmail.com

La Scuola di formazione politica ed economica registrerà le presenze e rilascerà su richiesta dei singoli corsisti l’attestato finale che potrà essere esibito ai fini dell’eventuale riconoscimento come “CREDITO FORMATIVO”.

 

Di seguito il programma del Corso:

CremAscolta Comune di Crema

COMITATO PROMOTORE:

ACLI, GIT CREMONA DI BANCA ETICA, CENTRO RICERCA ALFREDO GALMOZZI,

CGIL-CISL-UIL, I.I.S. RACCHETTI DA-VINCI, MCL, MEIC, PASTORALE SOCIALE E DEL LAVORO DELLA DIOCESI DI CREMA, RINASCIMENTI

SCUOLA DI FORMAZIONE POLITICA ED ECONOMICA

ANNO V – 2022

UN MONDO

DA RICOSTRUIRE

Trasformare “la fine del mondo nella fine di un mondo

e nel possibile inizio di uno nuovo”

(Chiara Giaccardi e Mauro Magatti)

Sede: Sala Alessandrini

Ore: 21

Crema, via Matilde di Canossa, 20

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Non abbiamo visto la tempesta che stava arrivando

perché stavamo guardando altrove,

governati dall’incontrollata e bulimica logica del mercato

(Vittorio Emanuele Parsi)

MARTEDÌ 22 MARZO 2022

ANTONELLA OCCHINO

Professore ordinario di Diritto del lavoro e Preside della Facoltà di Economia

dell’Università Cattolica del Sacro Cuore

GIOVANNI BOMBELLI

Professore associato di Filosofia del diritto, Università Cattolica di Milano

Moderatore: Michele Fusari

Il Recovery Plan: come gestirlo in modo da non lasciare indietro nessun lavoratore nella delicatissima fase della riconversione professionale?

(a cura di MCL-MEIC)

MARTEDÌ 29 MARZO

DOMENICO DE MASI

Professore emerito di sociologia del lavoro Università La Sapienza di Roma

Smart working. La rivoluzione del lavoro intelligente.

(a cura di CremAscolta blog)

MARTEDÌ 5 APRILE

IVAN VITALI

Fondatore, docente e consulente “Scuola di Economia Civile Impresa Sociale”

Condivisione, cooperazione internazionale, globalizzazione della solidarietà: come lo sguardo dell’economia civile potrebbe aprire nuovi e promettenti orizzonti per l’umanità dopo la pandemia

(a cura di Git Cremona di Banca Etica)

MARTEDÌ 12 APRILE

NICOLA GATTI

docente Politecnico di Milano, dipartimento di Informazione e bioingegneria

Le tecnologie digitali in un mondo da costruire: quali prospettive e quali rischi

(a cura dell’I.I.S. Racchetti-da Vinci)

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La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità

e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze

con cui abbiamo costruito le nostre agende,

i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità

(papa Francesco)

MARTEDÌ 26 APRILE

CARLO COTTARELLI

Economista, ex direttore del dipartimento Affari Fiscali del FMI, ex commissario alla revisione della spesa pubblica italiana, direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica di Milano

Il PNRR: un’occasione preziosa per dare al nostro Paese una svolta epocale e possibili rischi

(a cura di CremAscolta blog)

MARTEDÌ 3 MAGGIO

NICOLA BASILE-GIUSEPPE IMBROGNO

Ricercatori esperti di politiche sociali e welfare

Il Terzo Settore nel tempo post pandemico: coprodurre e distribuire potere

(a cura di Acli Crema)

MARTEDÌ 10 MAGGIO

MARIO AGOSTINELLI

Già ricercatore chimico-fisico presso l’Enea, presidente dell’Associazione Laudato si’

L’intensificazione degli eventi atmosferici estremi ci spinge ad accelerare “la guerra contro la fine del mondo”: la sfida dell’idrogeno e della fusione nucleare.

(a cura del Centro Ricerca Alfredo Galmozzi)

MERCOLEDÌ 18 MAGGIO

(in via di definizione)

Il piano Next Generation Eu è stato l’atto di rinascita dell’Unione europea dopo tante lacerazioni: come approfittare delle emergenze sanitaria ed economica per fare dell’Europa un Polo di eccellenza nel mondo in termini di tutela dei diritti alla vita e alla salute e di qualità della vita?

E come realizzare, dopo la tragedia dell’Ucraina, un’Europa che sia un baluardo di pace?

(a cura di Rinascimenti)

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Non c’è vento favorevole per il marinaio

che non sa a quale porto approdare

(Seneca)

MARTEDÌ 24 MAGGIO

VALENTINA CAPPELLINI

Segreteria regionale Cgil Lombardia

La pandemia ha pesantemente colpito le donne penalizzandole ancora di più: non è questa un’occasione da non perdere per liberare le loro straordinarie risorse, tra l’altro indispensabili per la ricostruzione?

(a cura di Cgil-Cisl-Uil)

MARTEDÌ 31 MAGGIO

Paola Bignardi

Già presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, già coordinatrice dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo

Niente sarà più come prima. Giovani, pandemia e senso della vita

(a cura della Pastorale sociale e del lavoro diocesi di Crema)

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L’avventura umana è arrivata a una gigantesca crisi

nella quale si gioca il nostro destino.

La probabilità è a favore del peggio.

Ma come sempre anche l’improbabile e l’imprevedibile sono possibili.

Sembra che Thanatos debba essere il vincitore.

Ma qualunque cosa accada, la nostra vita ha senso solo prendendo pa parte di Eros.

(Edgar Morin]

Dopo quattro edizioni la “Scuola di educazione all’economia” si rinnova.

In primo luogo cambia denominazione, diventando SCUOLA DI FORMAZIONE POLITICA ED ECONOMICA

perché siamo sempre più consapevoli del primato della politica dell’economia (un primato reso ancora più evidente dalla stessa pandemia).

In secondo luogo il comitato promotore si allarga a una serie di soggetti,

divenendo così più rappresentativo delle istanze sociali e sensibilità culturali della nostra comunità.

Cremascolta.it, comunque, continuerà a mettere a disposizione la sua piattaforma

non solo per pubblicare tutta la documentazione del corso, ma anche come spazio di confronto nella convinzione che il dialogo sia una ricchezza per tutti.

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Non ci rendiamo conto che il minuscolo impalpabile virus

è solo il segnale di eccessi, consumi e sprechi della specie ‘sapiens’,

che ha presunto di farsi ‘faber’ di tutto quanto lo circonda […]

al punto di voler progettare la terra come un proprio ‘manufatto’

(Mario Agostinelli)

INFO

La scuola di formazione politica ed economica, ideata e organizzata ancora in questa quinta edizione da CremAscolta, ha il patrocinio e il sostegno del Comune di Crema

ISCRIZIONI E INFORMAZIONI

Il corso è aperto a tutti ed è gratuito. L’ingresso è conforme alle disposizioni vigenti.

Si raccomandano l’iscrizione online e la comunicazione del proprio indirizzo di posta elettronica che potranno consentire a ogni partecipante di ricevere la documentazione relativa al corso

    scuoladieconomiacrema@gmail.com

ATTESTATI E CREDITI FORMATIVI

La scuola di formazione politica ed economica registrerà le presenze e rilascerà su richiesta dei singoli corsisti l’attestato finale che potrà essere esibito ai fini dell’eventuale riconoscimento quale “credito formativo”

DIREZIONE DEL CORSO

Ing. Francesco Torrisi

torrisifrancesco@hotmail.com

 

FRANCESCO TORRISI

10 Mar 2022 in Cultura

46 commenti

Commenti

  • Un breve e non specialistico commento alla serata di ieri sera. Un plauso alla professoressa Occhino e allo spazio dedicato alle politiche attive del lavoro contro gli interventi passivi estemporanei e non formativi. Conosciamo tutti corsi e partecipanti ad incontri di formazione che non sono serviti assolutamente a nulla se non a far guadagnare agenzie e formatori o sindacati preposti a farlo. Una politica attiva deve dare risposte, non suggestioni. La ragazza liceale ha chiesto se fossero disponibili fondi per la riqualificazione informatica nelle scuole. Ora, sappiamo tutti che anche prima del Pnrr erano disponibili soldi europei che non tutti hanno saputo intercettare e spendere. Il problema sta qui. Scuole comprese. Il prof. Bombelli ha citato Olivetti, quando dal pubblico è stata sottolineata la necessità della partecipazione di tutto il personale, portinaio compreso, alla gestione dell’Azienda. Giustamente la prof. Occhini, con i piedi per terra, oltre il sindacalese, ha neppure velatamente osservato l’importanza dell’imprenditore in progetti che non sempre rimangono mitologici nel mondo del lavoro. Ne è esempio un’azienda cremasca dove i dipendenti non timbrano e che dopo trent’anni di lavoro ricevono come ringraziamento un viaggio per due persone in qualsiasi luogo del mondo. Premio fedeltà? Certamente, anche se sarebbe facile fare dell’ironia come faceva quell’attrice comica che chiamava il suo capo “donatore di lavoro”. Difatti nell’azienda in questione il clima di fiducia è reciproco, e questa per me è partecipazione. Ne ho conferma da chi ci lavora. Dicevo di Olivetti, ma vorrei ricordare anche il primo Agnelli che fece in modo che i suoi operai potessero acquistare le macchine che producevano. Certo, alle spalle c’era tutto il mondo del lavoro tra sfruttamento e rivendicazioni, le lotte sindacali si acutizzarono in seguito, ma l’intento di Agnelli fu lodevole. Il signor Fiat aveva capito che il mondo della produzione doveva aprirsi sempre di più al mondo dei consumatori, leggasi stipendi adeguati. Poi purtroppo il mondo è cambiato e questo adeguamento non c’è più stato. Dal pubblico è emersa poi la richiesta di chiarimento o piccola accusa sulla necessità o meno della differenziazione dei fondi tra i vari paesi europei. E giustamente la prof. Occhino ha fatto notare che ogni paese ha le sue specificità senza bisogno di uniformare gli interventi. Se Amsterdam è piena di piste ciclabili e Milano no è ovvio che i progetti debbano essere differenti. Dove ci sono asili – Bombelli-non ne verranno progettati altri. Che poi aggiunge che il progetto non può essere solo edilizio, ma di gestione, anche di numero sufficiente di bambini, sempre per ottimizzare i costi. Serata interessante, anche se io avrei sottolineato di più l’importanza della pianificazione e la capacità di presentare progetti concreti che non disperdano in mille rivoli i tanti fondi a disposizione. Che poi sarebbe, per fare il qualunquista, ma qualche volta ci si azzecca, il classico vizio italico. Ci sono Regioni che non hanno saputo spendere neppure soldi precedenti. Grazie e scusate la prosaicità degli argomenti, ma non sono uno specialista.

  • Grazie a te Ivano che……ci sei e dici sempre la tua, senza peli sulla lingua!

  • Francesco, a proposito di peli sulla lingua, hai notato come il registro di ormai ogni dichiarazione pubblica su tutti i media sia il “premessismo”. É come se fossimo sotto censura, di fatto tutto é premesso da “premesso che” come se ci fosse pudore ( la paura di sbagliare o di non essere politicamente corretti) ad esprimere un’opinione. Vedi la guerra. Secondo me.

  • Ho notato, si ho notato, Ivano e, devo dire che abbastanza spesso ho usato anch’io quell’artifizio.
    D’altra parte tra i “Premessismo” (premettere con chiarezza in quale ambito di comportamenti etici e morali intendo esprimermi) e il “Permessismo” (l’assillo di verificare se ho il permesso di esprimermi senza incorrere in sanzioni da parte di chi è in grado di esercitare su di me l’autorità, magari punitiva) scelgo senz’altro il primo!

  • Francesco, su instagram ho preso contatti con Andrea che ho invitato a collaborare con Cremascolta. Mente vivace e anche disincantata nonostante la giovane età, ma credo che nasconda una progettualita oltre i falsi miti contemporanei. Molto apprezzabile.

  • Ciao Andrea mi sono rivolto a Francesco come se corrispondessi privatamente. Mi scuso e ribadisco il mio apprezzamento per quanto hai scritto, artcolo che neriterebbe un confronto al quale arriverò. Niente di più intrigante del confronto tra passato e futuro, tra sogni e aspettative e magari delusioni in difficile equilibrio, tra giovinezza e anzianità. O senilità, giusto riferimento letterario. Ma mi sembra di cogliere nel tuo scritto un pragatismo che non tutti sanno mettere in campo. In attesa di tuoi interventi esprimo di nuovo il mio apprezzamento.

  • Di seguito la sintesi, a cura del prof. Piero Carelli, della prima serata del V^ Corso di economia 2022:

    SCUOLA DI FORMAZIONE POLITICA ED ECONOMICA
    ANNO 2022
    UN MONDO DA RICOSTRUIRE

    IL RECOVERY PLAN: COME GESTIRLO IN MODO DA NON LASCIARE INDIETRO NESSUN LAVORATORE NELLA DELICATISSIMA FASE DELLA RICONVERSIONE PROFESSIONALE?
    (a cura di MCL e MEIC)

    Relatori:
    ANTONELLA OCCHINO E GIOVANNI BOMBELLI
    DOCENTI UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE
    Moderatore:
    dott. Michele Fusari

    Una svolta epocale

    Un mondo da ricostruire: un tema, quello del corso del 2022, quanto mai attuale, reso anzi ancora più attuale a causa delle drammatiche vicende della guerra scoppiata nel cuore dell’Europa.
    Un mondo da ricostruire: ma come?
    I due relatori della serata di inaugurazione (aperta dal direttore ing. Francesco Torrisi e dall’assessora alla Cultura prof. Emanuela Nichetti), i proff. Antonella Occhino e Giovanni Bombelli hanno fatto una puntuale disamina della risposta europea.
    Non vi è dubbio: quanto ha predisposto l’Ue, un Piano di 750 miliardi di euro, non si era mai visto in tutta la storia dell’Europa, né sotto il profilo quantitativo né sotto quello qualitativo.
    Siamo davvero di fronte a una svolta epocale, a un vero e proprio cambio di papradigma: dall’approccio “sincronico” di Kant (l’attenzione ai contemporanei) a quello della “responsabilità” nei confronti della nuove generazioni del filosofo tedesco Hans Jonas.
    Una svolta che viene presentata con un lessico non a caso enfatico: transizione ecologica, rivoluzione, rigenerazione. In altre parole come una sorta di missione “palingenetica”

    Rivincita della “politica” sull’economia

    Siamo in presenza di una rivincita degli Stati, considerato che i Piani concreti vengono demandati agli Stati nazionali e di una istituzione transnazionale come l’Unione europea?
    Di siciro con la globalizzazione gli Stati, checché ne dicessero alcuni studiosi, non sono morti, al contrario, e il Next Generation declinato in chiave nazionale lo sta a dimostrare. Ma è anche vero che di fronte all’emergenza della pandemia l’Europa ha dimostrato di esserci, di essere compatta, in qualche misura di rinascere.
    È stata la rivincita della “politica” sull’economia, sia degli Stati che dell’Ue.

    Il rilancio dei “diritti sociali”

    Uno dei grandi pregi del Pnrr (la versione nazionale dell’Italia del Next Generation Eu)?
    Siamo davanti a un importante investimento nei “diritti sociali”, quei diritti che la stagione del neo-liberismo prima e la stessa pandemia hanno drasticamente ridimensionati, diritti che la stessa Europa equipara agli altri diritti fondamentali quali i diritti “civili” e “politici”.
    Un recupero alla grande dell’attenzione riservata dall’Europa negli anni Settanta del secolo scorso quando la Commissione europea sfornava in continuazione Direttive a salvaguardia dei lavoratori.
    La nostra situazione italiana? Mentre non siamo secondi a nessuno in fatto di ammortizzatori sociali (ammortizzatori, anzi, che in tempo di pandemia sono stati estesi anche ad altre categorie di lavoratori), sul fronte delle “politiche attive” del lavoro siamo strutturalmente deboli.
    È qui che dovremo investire di più. E dovremo investire non solo nella riqualificazione professionale ma anche nella formazione permanente, nel contrastare il lavoro sommerso nonché quel fenomeno preoccupante che è rappresentato dai NEET (giovani che né studiano né lavorano), che si è accentuato durante la pandemia, nel puntare di più sulla tutela della salute (e della vita) nei luoghi di lavoro.
    Dovremo operare anche sul fronte della “partecipazione” dei lavoratori nella gestione delle aziende. Non si tratta di copiare il modello tedesco della “cogestione” perché in Italia abbiamo organismi aziendali (dal consiglio di amministrazione agli organi di controllo) diversi da quelli tedeschi, ma una cosa è certa: più forte sarà la partecipazione, più forte dovrà essere la responsabilità (si avranno, in altre parole, più onori ma anche più oneri).

    Il rischio di un’ennesima occasione perduta

    I rischi del Piano nazionale di ripresa e resilienza?
    Innanzi tutto: che tutto si risolva in una mera operazione ”economica” e in questo caso ci troveremmo di fronte a un’ennesima “occasione perduta” perché non avremmo nessun cambiamento strutturale.
    C’è poi il rischio che, sul versante di una delle principali “mission” del Piano, la digitalizzazione, di confondere i “mezzi” col “fine” (questo anche nelle scuole) attribuendo al digitale una funzione palingenetica che non può avere.

    • Mi permetto di aggiungere alcune considerazioni. Mi ha colpito, tra l’altro, l’accenno fatto dalla prof. Occhino al servizio civile universale. Mi pare una buona idea inteso come una palestra di “formazione”. Non si tratta di una formazione strictu sensu professionale, ma altrettanto importante: penso a capacità trasversali come gestire relazioni, affinare doti organizzative, crescere livello di solidarietà umana. Il prof. Bombelli è stato molto attento ai possibili rischi del Pnrr. La mia sensazione (o la mia paura) è che la guerra in corso con i prezzi dell’energia alle stelle imponga un notevole allungamento dei tempi di applicazione della transizione energetica. Non solo: tema che le risorse che lo Stato è costretto a distribuire per affrontare la nuova emergenza possa squilibrare i conti pubblici e di conseguenza accentuare il nostro indebitamento presso i mercati finanziari in un momento in cui la Bce non è più così generosa come nel recente passato.

  • Un avviso/consiglio a coloro che si sono aggiunti la prima serata, scrivendo direttamente il loro nome e indirizzo mail sul foglio presenze: verificate il vostro indirizzo mail se appare in modo corretto, spesso gli indirizzi scritti a mano non sono risultati ben leggibili!
    Grazie, cordialmente Francesco Torrisi Direttore

  • Seconda serata del Corso: da remoto il prof. Domenico De Masi, nella sintesi di “Mastro” Piero Carelli”:
    SCUOLA DI FORMAZIONE POLITICA ED ECONOMICA
    ANNO 2022
    UN MONDO DA RICOSTRUIRE

    Martedì 29 marzo
    SMART WORKING.
    LA RIVOLUZIONE DEL LAVORO INTELLIGENTE
    (a cura di CREMASCOLTA BLOG)

    Relatore:
    DOMENICO DE MASI
    PROFESSORE EMERITO DI SOCIOLOGIA DEL LAVORO UNIVERSITÀ LA SAPIENZA ROMA

    In quindici giorni un miracolo che sarebbe accaduto in 210 anni

    Quanto è accaduto in quindici giorni qui in Italia, grazie allo shock della pandemia, avrebbe richiesto in tempi normali ben 210 anni! Parliamo dello smart working che è passato da circa mezzo milione di lavoratori a sette milioni. E questo è avvenuto nella Pubblica Amministrazione perché avevamo come ministro una donna giovane e digitale, donna che ha evitato la cassa integrazione per tre milioni e mezzo di lavoratori e ha salvato i servizi essenziali. Oggi, invece, sulla stessa poltrona siede un ministro vecchio e analogico che vorrebbe cacciare tutti i lavoratori in ufficio.

    Dove si lavora il 20 per cento in meno e si produce il 20 per cento in più

    Il prof. Domenico De Masi non ha peli sulla lingua. Lo dimostra anche quando, dopo avere sottolineato che in Germania si lavora il 20 per cento in meno e si produce il 20 per cento in più, non manca di puntare il dito contro i tanti dirigenti di casa nostra che, invece di staccare alle 17 come fanno tutti in Germania, continuano il lavoro per ore non tanto perché sono innamorati del lavoro, ma perché hanno in odio i lavori di casa che delegano alle loro “schiavette mogli”.
    In Germania, puntualizza, vi sono categorie che hanno per contratto 32 ore settimanali, i metallurgici addirittura 28 (contro le nostre quaranta)! E il confronto non finisce qui: in Germania, dove si lavora di meno, si registra il 3 per cento di disoccupazione, mentre in Italia si raggiunge il 10 per cento!

    Una Repubblica fondata sul 100 per cento della vita!

    La tendenza alla riduzione dell’orario di lavoro è, se diamo uno sguardo alla storia, un dato di fatto. Quando è stata promulgata la nostra Costituzione, si lavorava la metà della durata della vita e non è un caso che il primo articolo della Costituzione reciti che la Repubblica è “fondata sul lavoro”. Oggi lavoriamo solo un decimo della durata media della vita per cui l’articolo suona in modo molto diverso: la Repubblica è fondata “su un decimo della vita”. Una conquista? Certo! Anzi dovremmo arrivare a scrivere che la Repubblica è fondata sul 100 per cento della vita!

    Anacronistico il sistema pensionistico italiano

    È assurdo che si stabilisca per legge una soglia valida per tutti per andare in pensione: in questo modo non si fa che rendere infelici moltissime persone che vorrebbero lavorare ancora a lungo. Negli Usa, ad esempio, un docente universitario non può andare in pensione prima dei sessantacinque anni, ma può, se vuole e se il suo datore di lavoro lo acconsente, protrarre il lavoro fino alla morte.
    Non manca, inoltre, di fare un cenno critico alla cosiddetta “gig economy” (pensiamo ai rider) che si basa su un vero e proprio sfruttamento di una miriade di giovani.

    Solo (o quasi) vantaggi dello smart working
    Vantaggi per i lavoratori? Meno costi, meno stress, più salute (il 60 per cento degli incidenti stradali riguarda i pendolari), più tempo guadagnato, meno inquinamento, più flessibilità nella gestione dell’orario di lavoro, più cura per la famiglia, più integrazione col quartiere… Lo smart working giunge addirittura a salvare vite se pensiamo che il quaranta per cento degli incidenti mortali ha a che vedere col pendolarismo.
    Perdita di relazioni con i colleghi di lavoro? Se si lavorasse in smart working per l’intera settimana, sì, ma può lavorare da remoto solo per due-tre giorni e così si ha la possibilità di coltivare relazioni sia con l’ufficio che con il quartiere.
    Ha tutto da guadagnare, naturalmente, l’ambiente: è il caso di ricordare che che il primo esperimento – via telefono – dello smart working è stato effettuato nei primi anni Settanta negli Usa con l’obiettivo di ridurre lo smog! Anche lo smart working, certo, inquina, ma decisamente meno rispetto al lavoro in ufficio: il rapporto è di 1 a 10.
    Lo smart working è meno produttivo? Al contrario: le statistiche dicono che per uno stesso compito si lavorano sei ore invece che otto!

    Sono i dirigenti e i capi il principale ostacolo alla diffusione del lavoro agile: non avendo lavoratori da controllare, hanno la sensazione di avere meno potere. Non sarà facile, ma dovranno cambiare cultura aziendale organizzando il lavoro su “obiettivi” e sui “tempi di consegna”. Un tempo le grandi aziende avevano scuole interne di formazione quadri che oggi sono scomparse. Ora più che mai ci sarebbe bisogno di dette scuole, a maggior ragione per la Pubblica Amministrazione dove permangono (si veda lo studio di Sabino Cassese del 2019) gli stessi difetti denunciati dal Francesco De Santis 170 anni fa!
    Un caso esemplare di smart working? La più grande invenzione degli ultimi due anni è stato il vaccino anti Covid-19. Bene: se consideriamo il vaccino Pfizer, possiamo dire che è stato un capolavoro di smart working!

  • Che brutto discorso. Premesso che non tutti i lavori sono in smart working, e non lo sono necessariamente lavori qualificati, ma banalmemte impiegatizi, con tutti i vantaggi, niente stress pendolaristico, risparmio in tempo e carburanti, lavorare in ciabatte, meno spese di abbigliamento e lavanderia, ricordo alcuni che protestavano per la sospensione dei buoni pasti, mi chiedo che riconoscimento debbano avere i lavori necessariamente in presenza, ad esempio i lavoratori dell’edilizia, dell’assistenza ad personam o sanitario e i servizi in genere. Aumenti di stipendio, diritti? Perché altrimenti non ci siamo, del resto De Masi non é quello che aveva ispirato il reddito di cittadinanza? Più smart di così si muore. I vantaggi per l’ambiente? Certo, meno macchine in giro, almeno durante il lock down, ma c’erano altre restrizioni, ma chi rischia durante gli spostamenti, nessuno l’indennità di rischio, non ha avuto da parte del sociolgo un accenno? O vogliamo cambiare l’articolo della Costituzione recitando che la nostra Repubblica é fondata sul lavoro di serie a b c? Ps: ieri sera non c’ero.

  • “non avendo lavoratori da controllare, ( i dirigenti ) hanno la sensazione di avere meno potere.” Consideriamo come testuale questa dichiarazione che pare quasi una spiritosaggine. Si potrebbe obiettare che il problema non è controllare il lavoratore come sempre accade nelle dinamiche lavorative quando c’è un padrone, ma semplicemente la qualità del lavoro svolto, indipendentemente da simpatie o antipatie personali. La settimana di ventotto ore? Certo, potrebbe valere per le fabbriche e la pubblica amministrazione, ma per gli idraulici e i meccanici, gli artigiani in genere? E gli operatori sanitari a qualsiasi livello? Meno ore vorrebbe dire più personale da pagare. Immaginatevi cosa verrebbe a costare la sanità o la degenza in una casa di riposo. E’ anche vero che da che mondo è mondo il lavoro è sempre stato oggetto di discussione o rivendicazione, basti pensare alle fabbriche della prima o seconda rivoluzione industriale quando si lavorava 50 ore a settimana senza nessun diritto, ma non dimentichiamo i nuovi schiavi, vedi portatori di pizza a domicilio, adesso forse più garantiti, o badanti che lavorano h. 24. Insomma, a me questo De Masi sembra un gran facilone e selettivo se intende andare avanti a studiare alcuni lavori e non altri. Oddio, va anche bene, il tema della serata era quello, scelto dalla direzione o dal sociologo stesso, ma analizzare il tema lavoro in modo settoriale credo che non serva proprio a nulla, anche se da qualche parte questa rivoluzione deve pur partire, se proprio necessario per rendere tutti più felici. Ma non credo proprio.

  • La risposta sull’inventiva non mi ha convinto. Nemmeno l’esempio del vaccino, che è un’applicazione di metodica già in uso, Si sa che l’uomo inventa per paura (guerra etc, come in questo caso), profitto, lodi. Sì, lodi, status!
    Vedremo alle verifiche del numero di brevetti.
    Se così fosse, se bastasse accendere un monitor, perché fare i congressi? Servono forse solo a pagare vacanze camuffate da cultura come si vuol insinuare? Io posso dire che delle cose imparate a tavola con qualcuno dei “grandi” che giovanissimo mi prendeva a benvolere, magari per qualche intervento azzeccato in discussione, ho fatto beneficiare gratuitamente i Pazienti. E quella “fiera delle vanità” è il top dell’edonismo vanaglorioso, ma stimola la creatività.
    Ma altrimenti perché Einstein avrebbe passato una settimana senza quasi nutrirsi per arrivare primo a formulare la sua relatività? Lo sapeva che sarebbe nata ugualmente, ma voleva essere lui, e quelle lodi le voleva in pubblica piazza.
    con questo non intendo rinnegare il valore del lavoro a domicilio, in un giusto mix.

  • Ottima la terza serata della “Scuola di Formazione politica ed economica di CremAscolta, V^ edizione 2022”, svoltasi a cura di Git Cremona di Banca Etica, che vedeva come relatore IVAN VITALI, Fondatore, docente e consulente della “Scuola di Economia Civile Impresa”.
    Di seguito il link per accedere all’audio dell’intera serata.
    Buon ascolto!
    ndr: consiglio l’ascolto con gli auricolari!
    https://www.dropbox.com/s/ugoa0lctm21j8db/IvanVitali.m4a?dl=0

    • Di seguito la sintesi, a cura del prof. Piero Carelli, della terza serata Mrtedì 5 Aprile, che vedeva l’intervento del prof. Ivan Vitali:
      “CONDIVISIONE, COOPERAZIONE INTERNAZIONALE, GLOBALIZZAZIONE DELLA SOLIDARIETÀ:
      COME LO SGUARDO DELL’ECONOMIA CIVILE POTREBBE APRIRE
      NUOVI E PROMETTENTI ORIZZONTI PER L’UMANITÀ DOPO LA PANDEMIA”
      (serata a cura di Git di Banca Etica)

      UN AVAMPOSTO DI SPERANZA

      Il mercato siamo noi
      Una mera utopia un’alternativa all’economia dominante? Niente affatto: siamo noi la domanda, siamo noi il mercato, siamo noi, se coordiniamo le nostre iniziative, che possiamo obbligare le aziende, le stesse banche, a cambiare l’offerta.
      Noi che possiamo ritirare i nostri conti correnti dalle banche “armate” (che finanziano la produzione e la vendita di armi): basta farlo in molti e gli istituti di credito, pur di non perdere i clienti, non potranno che prenderne atto e mutare strategia.
      Noi che possiamo boicottare prodotti. Pensiamo a tutti quei beni alimentari che contenevano olio di palma: l’abbiamo fatto in massa e ora le grandi aziende esibiscono nelle etichette l’assenza di detto olio.
      Che cosa ha fatto la banca etica? Si è messa sul mercato e ora raccoglie appena l’1 del risparmio, ma questo è bastato: sono ormai numerose le banche che oggi offrono fondi etici.
      È questa “l’economia civile”, un’economia che nasce dal basso e che quindi esalta il ruolo dei cittadini/consumatori.
      Siamo noi, in altre parole, che possiamo rovesciare il rapporto tra domanda e offerta: non più le multinazionali che decidono l’offerta (magari, facendo scempio del pianeta, finanziando armi, mettendo sul mercato beni dannosi), ma noi che possiamo dettare la domanda scegliendo, selezionando, prendendo iniziative contro quelle piattaforme digitali che ricorrono allo sfruttamento dei rider.
      La nuova economia siamo noi. Noi che non vogliamo continuare a essere complici di un sistema iniquo, che ci ribelliamo al quieto vivere, che intendiamo essere protagonisti del nostro destino senza delegare nessuno.
      Oggi, poi, abbiamo a disposizione uno strumento potentissimo: il web grazie al quale siamo in grado di conferire una potenza di fuoco alle nostre iniziative “civili”.

      Il naufragio dell’economia dominante
      La vecchia economia?
      È naufragata nel 2008 con la grande crisi finanziaria che ha provocato effetti nefasti in gran parte del mondo. È naufragato il sogno della finanza creativa (la presunzione di creare all’infinito denaro mediante denaro, senza alcuna corrispondenza con l’economia reale).
      È naufragata un’economia tesa a massimizzare i profitti e i beni personali, un’economia fondata sull’idolatria del mercato, sulla favola del “mercato libero”, libero dalle interferenze dello Stato, ma di fatto dominato dalle corporation.
      E così oggi abbiamo di fronte macerie. Sembrava uno spartiacque il 2008: dopo il fallimento della Lehman Brothers ci si illudeva che tutto sarebbe cambiato, ma non è accaduto nulla.
      Ci è piombato addosso, poi, il Covid seminando non solo morte ma distruggendo anche settori rilevanti dell’economia.
      E ora la guerra con le sue conseguenze devastanti.

      Mettersi in gioco
      È ora di cambiare. L’economia “civile” potrebbe diventare la nostra bussola. Nulla a che vedere con la guida del Gps, ma un punto di orientamento, sì.
      Anche per recuperare la dimensione “locale” rispetto alla globalizzazione: l’autoproduzione di energia e la sua messa in rete, l’agricoltura a km zero, la città a misura d’uomo dove ci si spostare per tutte le nostre iniziative quotidiane (dalla scuola al lavoro al negozio) in quindici minuti. Pensiamo al tempo che guadagneremo, al guadagno dello stesso ambiente, all’arricchimento delle nostre relazioni personali.
      Nulla è facile, certo. Tutto costa impegno: mettersi in gioco, mobilitare intelligenze e sensibilità, mettere a confronto il diverso (anche giovani e chi giovane non lo è più, chi ha competenze e chi non le ha e ha tutto da imparare). Costa “condividere”, condividere cioè modi di vedere diversi, punti di vista differenti: senza discriminare nessuno, senza ergersi a detentori della Verità e della Virtù, senza supponenza.
      Condividere è ascoltare, confrontarsi alla pari, mettere in discussione le proprie certezze, cercare la ricchezza che solo il dialogo può generare.
      E saper spostare lo sguardo.
      Saper donare e… per-donare.
      Sapere “prendere senza togliere”.
      Sapere riscoprire i cosiddetti beni relazionali che non sono contemplati da nessun contratto (la gentilezza, il sorriso, il rispetto reciproco…).
      Non saremo noi a cambiare il mondo, ma almeno saremo un “avamposto di speranza” in un mondo in cui le tenebre sembrano vincere.
      Ci vorrà tanto coraggio, ma se ci rimboccheremo le maniche, passo dopo passo, potremo fare grandi cose.
      Sono queste alcune delle tante suggestioni lanciare dal prof. Ivan Vitali (introdotto da Piero Cattaneo, referente provinciale di Banca Etica) nel terzo appuntamento del corso di formazione politica ed economica.

      Questo il suo indirizzo di posta elettronica: ivan.vitali@scuoladieconomiacivile.it

      La disponibilità del professore a rispondere alle domande degli iscritti è totale.

  • Comportamenti individuali, Vitali ha sottolineato questo, le piccole azioni di ognuno, così evangelico, quando ormai tutto è strutturale, tra inflazione e recessione, anche a seguito della guerra in corso e non serve a niente che si acquistino banane e cioccolatini equosolidali, o che si passi il tempo a cercare siti per poi boicottare le multinazionali che pagano le guerre direttamente o indirettamente. Come non serve a niente che io spenga una lampadina a fronte di una bolletta di 460 euro così che ne risparmio 10 o che abbassi la temperatura di un grado per risparmiarne 20 su un costo di 730. Gocce nel mare, non solo per il mio portafoglio, ma per tutto il sistema energetico. E che dire delle filiere lunghissime che i pomodori attraversano così che, pagati niente al produttore. al consumatore costano dieci volte di più? Lasciando perdere sfruttamento di lavoratori sotto pagati, caporalati e mafie. Certo, il Km zero, come se tutte le città fossero piene di orti e i balconi con piante di zucchine invece dei gerani, ma intanto ci rimettono i lavoratori della grande distribuzione che vedono assottigliarsi i loro posti di lavoro. Come ridicolo è l’invito alla sobrietà dei consumi in genere, che poi in molti praticano, nolenti, ormai da anni, con le disuguaglianze che aumentano, lo sapete che la metà degli italiani non lavora perchè campa di rendita? E gli altri? Gli altri ad accontentarsi di briciole vivendo di pane ed acqua. Magari non ancora, ma nei cicli e ritorni della Storia potrebbe succedere ancora, le premesse ci sono. Ricordate l’edonismo degli anni 80 con Milano da bere? In pochi decenni è cambiato tutto, ma anche complicando tutto in modo che la modernità esasperata impedisca ormai di individuarne i colpevoli così che non si sa più con chi incazzarsi. Tutti questi aumenti delle bollette finiscono in mano a chi? E noi paghiamo, perchè i forconi difficilmente troverebbero il target primo in questi intrecci terribili di interessi economici difficili da decodificare nelle dinamiche assolutamente estranee alla persona comune, attenta giusto al proprio conto corrente così che non vada in rosso e attenta a tutte le premesse di risparmio in questo o quel supermercato che chissà poi che cazzo mangi. Ai tempi delle rivoluzioni si sapeva chi decapitare o ghigliottinare. Ora questa modernità ha messo in luce l’impotenza dei cittadini che sempre meno sanno organizzarsi, tranne che per i vaccini. Tutti così comprensivi con chi ci governa perchè consapevoli del difficile momento socio-economico che attraversiamo o una cupa rassegnazione? Perchè la gente che protestava contro i vaccini non scende in piazza anche contro il carovita? Notizia di stamattina è che il governo tasserà del 10% gli extraprofitti dei grandi distributori di energie varie accumulati in questi mesi, e non c’è speculazione peggiore, sulla pelle di tutti. E chi glielo permette? E il Prof. Vitali mi invita a comprare banane equosolidali? No, non ci siamo, il mondo è molto più complicato da aggiustare con qualche consiglietto palliativo. Scusate lo sfogo di questo commento popolare o populista, ma mi rodeva da un po’. E la psicanalisi di un commentatore in sala chi l’ha capita?

    • Sorry: fucilare e ghigliottinare.

  • Ieri sera in Sala Alessandrini, incontro a cura dell’IIS Racchetti-DaVinci, nell’ambito della “Scuola di Formazione politica ed economica anno V^- 2022” era ospite il prof. Nicola Gatti del Politecnico di Milano.
    Il tema trattato, che ha appassionato il numeroso pubblico, è stato “L’intelligenza artificiale”
    Riporto il file audio della interessantissima relazione.
    Buon ascolto!
    ndr: consiglio l’ascolto con gli auricolari!
    https://www.dropbox.com/s/wf183mmdjm9n409/Gatti.m4a?dl=0

  • Secondo confindustria, anche per il proseguo della guerra, per i costi dell’energia un’azienda su quattro rischia di chiudere. Non iniziano così le guerre?

  • Troppa maledetta, indecente speculazione, extraprofitti, accise dalle motivazioni indecenti, filiere extralunghe dalle quali colano balzelli di ogni tipo. Davvero mi sarei aspettato interventi assai più incisivi in questo senso da un governo guidato da uno che di queste cose dovrebbe straintendersene, ma, evidentemente la eterogeneità politica della big coalizione porta all’attuale immobilismo che nemmeno i “Draghi” (ma, mi chiedo, i “Draghi” vorrebbero davvero farci qualcosa?!?) che pareva sapessero saper manovrare le “leve” al meglio, stanno affrontando in modo efficace.

  • Ritorno su uno dei temi trattati la prima serata di lezioni, quella del 22 marzo, per rilanciare una considerazione già espressa il giorno dopo. Non contro il sindacalese, ma oltre. Senza ribadire esempi storici, il primo Agnelli o Olivetti, é rilanciata oggi la notizia dell’imprenditore che prima di Pasqua ha fatto trovare in busta paga ai suoi dipendenti un bonus energia di 1500 euro. Nessuna rivendicazione sindacale, ma un clima di fiducia e collaborazione che l’imprenditore ha saputo creare in qualche decennio. Un imprenditore che non sta chiuso nel suo ufficio, che ha abolito le formalità, e che ha ridotto al minimo la burocrazua, naturalmente nel rispetto delle normi vigenti. Con i suoi operai trova il tempo di due chiacchiere e tutti gli danno del tu. Rispetto verso chi lavora e di conseguenza un clima di collaborazione e la promessa di ulteriori aiuti in caso di necessità. Esempi del genere se ne riscontrano anche nel cremasco. I sindacati? Se ormai la maggioranza dei tesserati é composta da pensionati é perché il ruolo del Sindacato é venuto meno cavalcando dinamiche finte-guerriere che in epoca di difficoltà economiche non hanno ragione d’essere, se non riconoscendo che nulla si può più avere gratis e che strappare rinnovi di contratti con aumenti di 10 euro al mese sono solo una presa per il culo per tutti i lavoratori. Quindi, imprenditori non solo avidi, ma riconoscenti, e molto, in cambio di assunzione di responsabilità da parte di tutti. Il sottoscritto ha lavorato nello Stato e modestamente con onore, credo. Discorso di destra? No.

    • Scusate, le ultime 4 righe avrei potuto ometterle.

  • ………….
    Fare il bagno nella vasca è di destra
    Far la doccia invece è di sinistra
    Un pacchetto di Marlboro è di destra
    Di contrabbando è di sinistra
    Ma cos’è la destra, cos’è la sinistra…..
    (Giorgio Gaber ’95/’96)
    Che se poi, Ivano, ti garbasse proprio togliere le ultime 4 righe (a ….futura memoria), lo dici e te le tolgo!

  • Francesco, via mail ti ho chiesto di cancellarle, grazie. In verità quando leggevo che disinvoltamente le signore uscivano per fare la spesa in orario di lavoro, come uomini in palestra invece che in ufficio, o leggo dei furbetti del cartellino o di tutti i finti malati con doppio lavoro o invalidi in carico all’Inps, allora direi di lasciarle, anche per fare dei distinguo non retorici tra chi, appunto, con responsabilità il suo compito lo svolge anche se dipendente contro altri che notoriamente se ne sbattono, tanto nello Stato quasi mai si viene licenziati. Anzi, si viene anche premiati, come quegli insegnanti non vaccinati riammessi in servizio a fare i bibliotecari, cioè a fare un ben niente. Nella mia scuole chi si occupava della biblioteca veniva incentivato con riconoscimento annuale di 8 o 10 ore.

    • Ivano, come dire? …..scripta manent no?

  • C’è da preoccuparsi?😜

  • Mavala’!!!

  • Il 22 mese corrente ho accennato al ruolo dei sindacati in una società e in un’economia cambiate profondamente. Per riassumere ho ironizzato su contrattazioni da dieci euro mensili in più in busta paga contro bonus elargiti da imprenditori in evidente clima di collaborazione tra padroni e lavoratori. Lasciamo stare il ruolo sindacale degli ultimi decenni, per tanto versi encomiabile, ma leggendo le notizie di stamattinamo comincio a pensare che oltre compilazioni di 7.30, conteggi contributivi e domande di pensione non sempre lavorino bene, continuando con una logica che forse non ha più ragione d’essere, se non adeguandosi al mondo a cui ho accennato in inizio di commento. Ma vengo al sodo, dopo questo lungo preambolo. A fine giugno scadrà il contratto per 1900 navigator a traino del reddito di cittadinanza, fortemente voluto dai 5stelle e risultato dei soliti compromessi politici. Persiero da uomo comune: ma se non sono serviti a niente in questi anni perché dovrebbero servire oltre?

  • Ieri sera 26 Aprile espite d’onore del Corso di Economia, il rpofessor Carlo Cottarelli, con un pubblico delle …..grandi occasioni. Il tema trattato poi era il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che rappresenta un’occasione irripetibile di cospicuo finanziamente Europeo per mettere mano a una serie di riforme troppo spesso posposte e di fatto non affrontate con la giusta determinazione dai Governi che si sono succeduti.
    Il professor Cottarelli con la calma, la pacatezza, la chiarezza, la grande preparazione specifica che gli sono caratteritiche qualificanti ha ammaliato l’attentissimo pubblico e le domande che hanno fatto seguito alle “lectio” ne sono state testimonianza.
    Di seguito il link all’audio lectio Cottarelli
    https://www.cremascolta.it/wp-content/uploads/2022/04/Cottarelli.m4a
    e un primo piano del relatore
    https://www.cremascolta.it/wp-content/uploads/2022/04/Cot2-146914.jpg

  • Nell’incontro del 5 aprile il prof. Vitali ha parlato di città con tutti i servizi nello spazio di 15 minuti come ideale. Ogni tanto mi viene in mente e mi chiedo cosa volesse dire. Ha voluto dire che una città dovrebbe decentrare tutti i servizi con ufficetti delle Poste, dei Comuni, magari ospedali, sparsi per il territorio così da avere meno spostamenti, meno auto, meno autobus e magari più biciclette e meno inquinamento? Boh, misteri degli esperti. Magari Cattaneo, se in lettura potrebbe spiegarmelo? Senza tirarlo per la giacchetta, sia chiaro. Mi spiace inoltre non aver sentito Cottarelli che qualche sera fa in televisione ha dichiarato che la guerra in corso potrebbe avere un impatto minore sull’economia globale del Covid. L’ha ripetuto anche ieri sera? Perché la mia impressione é che sarebbe esattamente il contrario. O non ho capito io?

    • Sempre in tema energia e tornando a Cottarelli, se veritiero quello che ha detto, condivido che la mia ultima billetta del gas é di 520 euro dopo averne pagati 750 circa di quella precedente. Tra Covid e guerra é difficile raccapezzarsi in questi esagerati aumenti. Ammettiamo che siano dipesi dal virus e che la guerra dovrebbe avere un impatto minore, mi verrebbe da dire che certamente con la guerra spenderemo meno, ma solo perché ci taglieranno il gas. Quindi non spenderemo niente, non poco. Se così fosse avrebbe ragione Cottarelli.

  • La consueta sintesi ….ragionata del prof.Piero Carelli della lectio del prof. Carlo Cottarelli:

    SCUOLA DI FORMAZIONE POLITICA ED ECONOMICA
    ANNO 2022
    UN MONDO DA RICOSTRUIRE

    Martedì 26 aprile
    RELATORE: CARLO COTTARELLI
    TEMA:
    IL PNRR: UN’OCCASIONE PREZIOSA PER DARE AL NOSTRO PAESE UNA SVOLTA E POSSIBILI RISCHI
    (a cura di CremAscolta blog)

    Al 172esimo posto su 180!

    Un Paese malato.
    Malato di burocrazia, di tasse elevate, di giustizia lenta (tutti ostacoli agli investimenti, sia interni che esterni). Malato di evasione fiscale, di lavoro sommerso, di scarsa produttività. Un Paese con un esercito crescente di giovani che né studiano né lavorano (i cosiddetti NEET) e di giovani che scappano all’estero dove trovano migliori opportunità (ben 250.000 nell’ultimo decennio!). Un Paese schiacciato da un debito pubblico gigantesco (un vero e proprio macigno) che gli impedisce di respirare. Un Paese che si trova al 172esimo posto in una graduatoria di 180 in termini di tasso di crescita e con un reddito medio che nel 2019 risultava fermo, in quanto al potere di acquisto, al 1999. Un Paese ingessato, paralizzato, che non riesce a trovare la giusta terapia per guarire. Un Paese che è stato colpito più degli altri partner europei dal ciclone del Covid (che ha provocato un crollo del Pil di quasi il 9%, il livello più basso dalla seconda guerra mondiale). E ora la guerra in Ucraina che complicherà tutto.

    Un fiume di denaro a disposizione: ben 550 miliardi!

    Un Paese destinato al declino? Per fortuna l’Europa c’è. E c’è non col suo volto arcigno (attenta allo zero virgola). Un’Europa generosa come non è mai stata: 350 miliardi di euro in due anni (2020-2021) messi a disposizione dalla Bce e quasi 200 miliardi in cinque anni e mezzo dalla Ue con il Piano Next Generation Eu.
    Cifre imponenti. La Bce ha effettuato acquisti massicci di titoli di Stato italiani, offrendoci in altre parole un prestito ingente a tasso praticamente zero (senza il quale i mercati finanziari ci avrebbero strangolato). L’Ue, a sua volta, sembra proprio che abbia elaborato il Piano su misura dell’Italia: non solo questa riceve di più, in rapporto al Pil, rispetto agli altri partner, ma, dopo la rinuncia di alcuni Paesi ad accedere ai prestiti Ue (quelli che possono permettersi di indebitarsi a tassi bassissimi presso i mercati finanziari) risulta avere ben un terzo dell’intero ammontare (quasi 200 miliardi su 600). Sarà questo fiume di denaro sufficiente a salvarci dal baratro? Di sicuro, no perché le risorse della Ue vengono erogate solo a determinate “condizioni” (ben 527!) – riforme e stato di avanzamento degli investimenti. E, poi, ad eccezione di 80 miliardi a fondo perduto, si tratta di prestiti che pur in tempi lunghissimi dovranno essere restituiti e che quindi accresceranno il nostro debito pubblico.

    La variante elezioni politiche 2023

    Sono risorse che stiamo meritando? Il nostro Piano (il Pnrr – la declinazione italiana del Next Generation Eu) elaborato dai governi Conte e Draghi è nel complesso buono. Qualcosa, è vero, non risponde alle aspettative del Paese, a partire da un eccesso di finanziamenti destinato a delle “cose” rispetto alle “persone” (80 contro 20 per cento) – pensiamo, ad esempio, che solo 1 miliardo è destinato ogni anno al cosiddetto Piano Amalfi per la ricerca contro i 5 miliardi necessari; nel piano poi c’è troppa carne al fuoco e quindi il rischio è quello di fare tante cose e male; un terzo delle risorse, infine, sarà gestito dagli enti locali i quali non sempre e non in ogni area del Paese hanno dimostrato di essere adeguati a tale compito. Ecco perché è legittimo sollevare dubbi sull’applicazione. Non dimentichiamo che il super-bonus del 110 per cento ha incentivato sprechi. Non troviamo pressoché nulla per il contrasto all’evasione fiscale e al lavoro sommerso. Va aggiunto, tuttavia, che l’incidenza del Pnrr sulla spesa pubblica annuale è minima (30-35 miliardi ogni anno su una spesa pubblica di 930 miliardi circa: c’è spazio quindi per programmare interventi che non rientrano strettamente nel Piano in questione.
    Tutt’altro che irrilevante, inoltre, è la variante elezioni politiche del 2023: il nuovo governo considererà ancora il Pnrr come una priorità, oppure, per soddisfare settori di opinione pubblica, prenderà provvedimenti sulla scia di quota 100 e del reddito di cittadinanza?
    E, infine, di fronte a una decrescita demografica (che è partita nel 2015) e quindi alla necessità di aumentare la produttività pro-capite, riusciremo a invertire la rotta e ad allinearci con i Paesi più avanzati? È il caso, tra l’altro, di ricordare che l’Italia non ha una strategia né per affrontare il problema demografico in generale, né il problema di un’immigrazione regolare.

  • La capacita’ di sintesi (mettendo in luce gli aspetti rilevanti) del professor Piero Carelli e’ dote che e’ stata distrubuita con estrema parsimonia, e CremAscolta puo’ vantare la presenza tra le sue fila, di chi la possiede a pieno titolo. Grazie “padron piero”!

    • É un vero peccato che ci abbia un po’ abbandonati 😟

  • Ma solo …..”un po’”, pero’, Ivano!!!

  • da Repubblica , via News Letter di Osservatorio Conti Pubblici Italiani, un articolo del prof. Carlo Cottarelli, nostro recente ospite “di persona” al Corso di economia. Chi c’era ritroverà in questo articolo molte delle considerazioni fatte dal prof. nella bella serata di martedì che tanto gradimento ha raccolto tra il folto pubblico presente.
    Per chi volesse seguire il mio consiglio dato Martedì, ecco il link per iscriversi alla News Letter di “Osservatorio CPI”:
    https://unicatt.us17.list-manage.com/subscribe?u=0b4b8083b60da735a92882bae&id=7e0223faeb
    Buona lettura:

    “La guerra economica”
    30 aprile 2021
    Ieri l’Istat ha pubblicato nuove informazioni sulla nostra economia. Quelle sulla crescita sono cattive, anche se un po’ meglio di quello che sembrano. Quelle sull’inflazione invece sembrano relativamente buone, ma in realtà sono peggio di quello che sembrano. Per capire, occorre guardare i dati più da vicino (e scusate l’abbondanza di cifre in quanto segue).
    Cominciamo dal Pil. Il nostro reddito è calato dello 0,2 per cento nel primo trimestre di quest’anno. Perché cala il Pil? La prima causa è l’aumento del prezzo delle materie prime, in corso da circa un anno. Questo aumento comporta che quest’anno il conto presentato dai produttori di materie prime sarà più salato per almeno 80-90 miliardi rispetto al 2019. Questo maggior costo è come una tassa che toglie potere d’acquisto a chi la paga e quindi frena l’economia. La seconda causa, che ha iniziato a operare dalla seconda metà di febbraio, è l’incertezza derivante dalla guerra in Ucraina, incertezza che frena investimenti e spese per prodotti di consumo durevoli. Perché ho detto che il calo del Pil nel primo trimestre è un po’ meglio di quanto sembra? Perché poteva finire anche peggio. Il Documento di Economia e Finanza (DEF) di inizio aprile indicava che, in base a dati preliminari, il Pil poteva essere calato dello 0,5 per cento nel primo trimestre. Un calo delle 0,2 per cento (anzi 0,16 per la precisione) è un terzo del calo previsto.
    Come cambia questo minor calo nel primo trimestre la previsione di crescita per l’intero anno? Il governo prevedeva una crescita in media annua del 3,1 per cento rispetto alla media dell’anno scorso. Dato che il primo trimestre è stato meno peggio del previsto, vuol dire che quest’anno finirà meglio del previsto? Non credo. Il citato 3,1 per cento era basato sull’ipotesi, piuttosto ottimistica, di una ripresa molto accentuata nel secondo, terzo e quarto trimestre del 2022, con un ritorno a tassi di crescita dell’ordine dello 0,8 per cento al trimestre. Visto che il primo trimestre è andato meglio del previsto, la crescita trimestrale necessaria nel resto dell’anno per centrare l’obiettivo annuo del 3,1 per cento, è più bassa: si scende all’ 0,5-0,6 per cento, valore ancora alto, ma un po’ più facile da raggiungere. Quindi la più contenuta caduta del Pil nel primo trimestre non migliora la crescita attesa nell’anno, ma rende le previsioni del governo un po’ più credibili. Ciò detto, resta il fatto che si tratta di un segno meno, il primo da inizio 2021 quando eravamo nel mezzo di una delle peggiori ondate Covid.
    Inoltre, questi numeri sono realistici solo nel caso in cui il conflitto non si estenda e le sanzioni continuino a escludere il gas naturale: in caso contrario, si entrerebbe (per ammissione stessa del DEF) in una recessione piuttosto rapida per il resto del 2022.
    Passiamo all’inflazione. L’aumento dei prezzi nei 12 mesi terminanti ad aprile è del 6,2 per cento, più basso di quello di fine marzo (6,5 per cento). Una buona notizia, ma vuol dire che l’inflazione sta cominciando a scendere? No. Il calo dell’inflazione è dovuto in buona misura al taglio delle accise su benzina e petrolio, oltre che a una riduzione del prezzo delle tariffe regolate di gas e metano. Purtroppo, l’inflazione “di base”, che non comprende energia e alimentari, è aumentata dall’1,9 per cento di marzo al 2,5 per cento di aprile. Stessa cosa nel complesso dell’euro area, dove il tasso di inflazione di base sale dal 2,9 al 3,5 per cento.
    Si, potrà dire: ma l’inflazione di base è ancora bassa. Il motivo per cui dobbiamo però preoccuparci del suo aumento è che le banche centrali prendono, giustamente, l’andamento dell’inflazione di base come indicativo di un contagio dell’inflazione dalle materie prime agli altri settori. Questo contagio era evidente da mesi negli Stati Uniti, ma meno in Europa. Questo spiega perché la Banca centrale europea., al contrario di quella americana, non abbia ancora deciso un aumento dei tassi di interesse. La notizia che l’inflazione sta contagiando l’intera economia potrebbe allora portare la BCE ad anticipare l’aumento dei tassi di interesse. Questo aumento si aggiungerebbe ai fattori già citati (la maggiore tassa che paghiamo ai produttori di materie prime, l’incertezza causata dalla guerra) nel frenare l’economia. L’aumento dei tassi di interesse renderebbe anche più difficile per lo stato intervenire con manovre di sostegno. E già ieri il famigerato spread (un indicatore di quanto è rischioso investire in titoli di stato italiani) ha raggiunto il livello più alto in quasi due anni.
    Insomma, nel complesso le ultime notizie non sono molto buone ed aumentando la probabilità di uno scenario di stagnazione o, persino di recessione. Non occorre drammatizzare, ma è chiaro che la parola stagflazione è da ieri diventata molto più concreta.

  • Vi rendete conto dei nomi che negli ultimi decenni hanno rappresentato le nostre classi dirigenti? A livello locale, regionale, nazionale, europeo é stato costantemente un susseguirsi di macchiette che non possiamo derubricare a fenomeno folkloristico, ma di costume, che non coinvolge solo le poltrone occupate  ma soprattutto chi, palesemente o nel segreto dell’urna elettorale, ha espresso il livello culturale di un’italietta superficiale ed irresponsabile alimentata da un progresso sociale e culturale che non è
    mai cresciuto..si é  andati sempre per sottrazione. Non si tratta solo di condizioni sfavorevoli che hanno rallentato o impedito la crescita o il nascere di un paese normale, come si suol dire, ma si tratta di un declino che non é solo economico, ma é soprattutto culturale, con un paese frazionato che della propria fazione ha fatto una bandiera da sventolare solo a fini elettorali. Ultima trovata della Meloni che si dice pronta a presiedere il prossimo governo: nel suo già programma elettorale c’e la bocciatura delle bocciature a scuola così che un ragazzo può impunemente passare 5 anni di superiori scaldando il banco, nella migliore delle ipotesi, o altrimenti far casino tanto non rischierà nulla. Già, la selezione avverrà quando affronterà colloqui di lavoro e dovrà presentare il suo curriculum scolastico con dettagliatissimi meriti e demeriti. Almeno così vorrebbe la Meloni. Vi rendete conto? Mi viene in mente a tale proposito il programma di Iannacone
    Che ci faccio qui, che documenta con spietatezza scientifica, ma anche con emotiva partecipazione, tutti i disastri che una politica culturale misera ha proditto. Due settimane fa paesaggio metropolitano di Palermo. In uno dei quartieri più degradati la storia di ragazzi e ragazze giovanissime, dopo la fuitina, medioeoevo, le ragazze incinte a16 anni, mettono su famiglia. Con cosa campano? Col reddito di cittadinanza. Ora, tra recessione, inflazione, stagazione, tra tanti oni, non sarebbe ora di individuare le responsabilità di questo atavico sfacelo culturale ed economico via via peggiore di tempo in tempo? Certo, difficilissimo. Ha più colpe la classe politica o quella imprenditoriale? E colpa della globalizzazione e sarebbe meglio un futuro autarchico? O é colpa del destino, tra Covid e guerra, in una fatalistica rassegnazione? Ho messo troppa carne al fuoco, può darsi, ma quando di scrive d’istinto e di fretta, il pericolo di andare a ruota libera c’è.

  • Scusate gli errori di battitura, ma con il cellulare un testo lungo mi fa scorrere la pagina e sembra di scrivere al buio.

  • Ieri sera Martedì 3 maggio, sesta serata della Scuola di Formazione Politica ed Economica, in sala Alessandrini con due icercatori esperti di politiche sociali e welfare GIUSEPPE IMBROGNO https://www.cremascolta.it/wp-content/uploads/2022/05/Imbrogno.jpg e LUCA BASILE,https://www.cremascolta.it/wp-content/uploads/2022/05/Basile-scaled.jpg per la serata a cura di ACLI Crema.
    L’economia si è davvero “sposata” con la Politica, con i Valori, con l’Etica, col Sociale.
    Di seguito i due file audio dei due interventi:
    https://www.cremascolta.it/wp-content/uploads/2022/05/Alb-Giuseppe.m4a
    https://www.cremascolta.it/wp-content/uploads/2022/05/Nicola.m4a

  • Ed ecco la consueta sintesi del prof. Piero Carelli (grazie prof.!) dell’appuntamento di martedi scorso del Corso di Econmia, con Giuseppe Imbrogno e Luca Basile:
    SCUOLA DI FORMAZIONE POLITICA ED ECONOMICA
    ANNO 2022
    UN MONDO DA RICOSTRUIRE

    Martedì 3 maggio
    RELATORI: NICOLA BASILE E GIUSEPPE IMBROGNO
    TEMA:
    IL TERZO SETTORE NEL TEMPO POST PANDEMICO: COPRODURRE E DISTRIBUIRE POTERE
    (Moderatore: Alberto Fusar Poli, coordinatore Acli Crema)

    I “tecnici” e il massacro delle persone fragili

    Ci siamo affidati ai “tecnici” sia per governare che per gestire la pandemia e in questo modo abbiamo letteralmente massacrato le persone più vulnerabili.
    Abbiamo idolatrato la tecnica e così abbiamo perso di vista la dimensione sociale.
    Abbiamo smarrito il ruolo fondamentale della politica: una politica che non si limita a gestire, ma ha una “visione”, non si limita a erogare sussidi, ma distribuisce potere e opportunità.
    E oggi paghiamo il conto.
    È il momento di fermarci a riflettere, a confrontarci su cosa davvero è accaduto nel lungo interminabile periodo della pandemia. Le falle, ad esempio, del nostro sistema sanitario: abbiamo puntato sulle eccellenze ospedaliere, ma abbiamo smantellato la medicina territoriale e abbiamo contenuto il servizio pubblico per dare spazio al privato.
    È il momento di riflettere su certi eccessi, al limite del ridicolo.
    Qualcosa (o molto?) non ha funzionato. È un caso che il nostro Paese sia stato l’unico in Europa a non avere fatto neppure un tentativo di togliere la mascherina agli studenti?
    Non possiamo permetterci di arrivare di nuovo impreparati a una nuova, tutt’altro che improbabile, pandemia.
    Intendiamo ripetere lo stesso lockdown duro che abbiamo vissuto nella prima fase del Covid senza nemmeno prendere in considerazione altri tipi di risposte che hanno messo in campo diversi Paesi orientali che avevano ben altra preparazione?
    Ci rendiamo conto che anche oggi facciamo fatica, sia individualmente che collettivamente, a tornare a fare le cose che facevamo e prima e come le facevamo prima?

    Il ritorno alla grande del privato nella sanità

    Dopo anni di teorizzazione di didattica a distanza, non ci siamo resi conto che senza relazione fisica non si dà un’autentica formazione?
    Siamo andati, poi, a vedere in che condizioni tanti studenti vivevano nelle loro famiglie?
    Se non ci prendiamo il tempo per una riflessione collettiva, come potremo non ripetere gli stessi errori?
    Non è paradossale, ad esempio, che dopo quanto ci è accaduto sul fronte della sanità, il privato oggi stia tornando a occupare nuovi spazi (perfino lo spazio della guardia medica che viene messa a disposizione per un importo di 50 euro)?
    E che cosa stiamo facendo noi per i giovani nel post-pandemia? Se leggiamo il PNRR, troviamo solo il servizio civile: ma è davvero sufficiente? E, inoltre, che cos’è questo PNRR se non l’indebitamento per le stesse nuove generazioni?

    La campagna mediatica contro una misura che ha evitato una catastrofe sociale

    Che dire poi della campagna mediatica e politica contro il reddito di cittadinanza che, pur con le sue imperfezioni, ha impedito in piena pandemia una vera e propria catastrofe sociale?
    Quando, poi, ricattiamo il percettore del reddito di cittadinanza imponendogli di accettare un lavoro in un luogo lontano, gli diamo potere o lo depotenziamo, costringendolo a trovarsi in una condizione che potrebbe mettere a repentaglio la sua tenuta familiare?
    Stiamo rischiando grosso: senza una sensibilità sociale la politica non può che creare danni permanenti.
    Le Istituzioni pubbliche devono distribuire potere, non sussidi: è ora di smetterla con la politica dei bonus!
    Devono offrire alle persone che hanno più bisogno la possibilità di crescere in autonomia, di alzare la testa e diventare esse stesse protagoniste del cambiamento, non colpevolizzarle.
    E lo stesso Terzo Settore deve uscire dalla logica della pura erogazione di servizi e far pressione (grazie a… coalizioni, fuori dalla presunzione di autosufficienza) per far pressione sulle stesse Istituzioni perché queste facciano politica. E una politica sociale alta.

  • Scusandomi per il ritardo, dovuto a problemi organizzativi contingenti, di seguito il consueto sunto/commento del prof. Piero Carelli, alla lectio di Mario Agostinelli di Martedi 10:
    SCUOLA DI FORMAZIONE POLITICA ED ECONOMICA
    ANNO 2022
    UN MONDO DA RICOSTRUIRE

    Martedì 10 maggio
    RELATORE: MARIO AGOSTINELLI
    TEMA:
    LA TRANSIZIONE ENERGETICA: LA SFIDA DELL’IDROGENO VERDE
    (a cura del Centro Ricerca Alfredo Galmozzi)

    Il tempo che manca

    Nessuna generazione che ci ha preceduto si è mai misurata con un problema così angosciante: il tempo che manca.
    Già, quanto tempo ci manca?
    Ottanta scienziati di cui quanrantuno premi Nobel non hanno dubbi: … due secondi alla mezzanotte. Uno scenario da incubo e dopo la Terra continuerà a ruotare intorno a se stessa e a girare intorno al Sole ma senza vita.
    Uno scenario ineluttabile?
    Per nulla: il tempo che ci manca, è vero, è esiguo, ma tutto dipenderà da come agiremo in questo breve lasso di tempo. Il tempo per scongiurare il suicidio della specie umana dopo appena 300.000 anni dalla sua comparsa c’è.
    Il tempo c’è, ma a una condizione: che prendiamo piena consapevolezza del rischio che stiamo correndo.
    Il tempo c’è se riusciremo a liberarci dalle nostre follie.
    La follia di una alimentazione energetica delle nostre produzioni e dei nostri consumi che non regge più, se è vero che dall’energia che deriVa dai combustibili fossili e dalle centrali nucleari solo il 28,3 per cento si trasforma in energia elettrica (e il 57 per cento, poi, viene respinta nei vari meandri). Uno spreco gigantesco, come è uno spreco di energia trasformare il gas in liquido (per raffreddare ci vuole molta energia) e per rigassificare il gas liquido (un’ulteriore energia).

    Autentiche bugie

    La follia della guerra: In due mesi in terra ucraina è stata sparata tanta anidride carbonica quanto ne viene emessa in due anni da tutta la fascia dell’Africa subsahariana! Una follia non solo in termini di vittime, di profughi e di distruzioni, ma anche sotto il profilo ambientale.
    La nostra sfida? Sostituire tutto il nostro sistema di produzione e di distribuzione di energia con le fonti rinnovabili e con l’idrogeno verde.
    Non è così perché siamo ormai prossimi al traguardo della fusione nucleare che risolverà tutti i nostri problemi?
    No, amici: ci stanno raccontando delle autentiche bugie. Noi l’energia da fusione nucleare non la vedremo affatto almeno per trent’anni. Non solo: non è vero che la fusione non produce danni perché i neutroni ed i raggi gamma generati rovinano il contenitore e i magneti dovranno essere sostituiti ogni otto mesi.
    Ci sono pur sempre le centrali nucleari (da fissione) di ultima generazione?
    Una strada, questa, che andrebbe saggiamente evitata perché in questo modo la gestione delle scorie radioattive ci impegnerebbe per almeno 60.000 anni (addirittura 120.000 se ricorressimo al plutonio).

    Nessuna alternativa seria, oggi, alle rinnovabili sostenute dallo stoccaggio in idrogeno verde

    Non c’è alternativa seria, se vogliamo essere responsabili di fronte alle nuove generazioni, all’idrogeno alla condizione che sia verde, che non sia in altre parole prodotto da fonti combustibili.
    Lo sappiamo: l’idrogeno può essere ottenuto mediante scissione della molecola dell’acqua. Una procedura, tuttavia, questa che si scontra con due problemi: è abbastanza costosa e poi non avremmo acqua a sufficienza se usassimo le centrali termiche cha producono vapore per le turbine e vanno continuamente raffreddate.
    Non c’è, quindi, solo il nodo dell’anidride carbonica. Vi è pure il nodo dell’acqua.
    Da qui, allora, la necessità di puntare sulle energie rinnovabili (dai pannelli solari alle pale eoliche), energia che si può ottenere in qualsiasi area del pianeta (dove non c’è vento, c’è il sole e viceversa) e con investimenti inziziali piuttosto limitati.
    La strada è in salita perché tante sono le resistenze campanilisiche e burocratiche, perfino talvolta da parte di associazioni ambientaliste.
    In salita, sì, ma la rivoluzione non dovrà essere imposta dall’alto ma nascere dal basso, a partire dalle piccole comunità – come l’intero territorio cremasco – che, ricorrendo alle rinnovabili, possono diventare autosufficienti dal punto di vista energetico (senza, tra l’altro, il costo del trasporto di energia).
    Una rivoluzione che può maturare se sapremo leggere le trasformazioni in natura che sono già in corso: i coralli che sbiancano, i ghiacciai che si sciolgono (perfino il ghiacciao del Monte Rosa: il laghetto sottostante è letteralmente scomparso). Non desta inquietudine la domanda della mia nipotina se potrà andare ancora a Venezia quando avrà la mia età?
    Una rivoluzione che potrà crescere se tornassimo a credere nella possibilità di affrontare i problemi “insieme”, nella politica della cooperazione, della condivisione e della partecipazione.
    Nulla è ineluttabile. Anche alcuni governi si stanno muovendo con determinazione: la Germania, ad esempio, nel suo piano energetico ha previsto che entro il 2030 il 35 per cento dell’anidride carbonica verrà eliminato.
    L’Italia? Chiacchiera molto, ma è sostanzialmente ferma. Di buono è che ha messo a disposizione nel PNRR delle risorse: tocca alle comunità locali mobilitarsi per accedere a tali fondi.
    Dobbiamo, comunque, riconoscere il positivo di casa nostra: l’Enel, ad esempio, è una delle società al mondo che investe di più nell’energia “verde”, più all’estero che in Italia), mentre l’Eni continua a consolidare il suo potere nei… tubi e nelle… navi.

    La bussola della Laudato si’

    Tutto è interconnesso. È da questa consapevolezza che può prendere avvio la rivoluzione verde dal basso. Quando mi sono laureato in fisica e chimica, nessuno mi aveva spiegato i rapporti tra fisica e biologia. Quando, poi, nella mia formazione marxista ho affrontato il legame tra capitale e lavoro, nessuno di noi pensava fino in fondo agli effetti sulla natura.
    La Laudato si’ di papa Francesco può essere considerata una bussola.
    L’associazione omonima di cui io, marxista, sono il presidente, si muove proprio in questa direzione.

  • Di seguito la sintesi del prof. Piero Carelli della serata di Martedi 24 alla Scuola di formazione politca e economica di CremAscolta, che ha visto protagonista una davvero assai coinvolgente VALENTINA CAPPELLETTI, Segretaria regionale CGIL Lombardia :

    SCUOLA DI FORMAZIONE POLITICA ED ECONOMICA
    ANNO 2022
    UN MONDO DA RICOSTRUIRE

    Martedì 24 maggio
    RELATTRICE: VALENTINA CAPPELLETTI
    TEMA:
    LA PANDEMIA HA PESANTEMENTE COLPITO LE DONNE PENALIZZANDOLE ANCORA DI PIÙ: NON È QUESTA UN’OCCASIONE DA NON PERDERE PER LIBERARE LE LORO STRAORDINARIE RISORSE, TRA L’ALTRO INDISPENSABILI ALLA RICOSTRUZIONE?
    (a cura della Cgil Crema)

    Una politica disastrosa

    Sono quarant’anni che i lavoratori soffrono, che il loro potere conquistato con dure lotte negli anni Settanta è stato abbattuto, che i loro diritti sono stati smantellati. Il tutto a favore del Capitale. A favore della quota più ricca della popolazione.
    Siamo stati ingannati da chi ci ha fatto credere che l’arricchimento dei più ricchi avrebbe avuto come effetto uno… sgocciolamento che avrebbe favorito i lavoratori stessi.
    Tutto ha avuto inizio dalla svolta neo-liberista della Thatcher e di Reagan, svolta che è stata seguita di fatto (anche se in misura diversa) da tutti i governi occidentali.
    Una politica rovinosa, disastrosa. Una politica condotta così in profondità che oggi è davvero difficile invertire la rotta.
    Da qui, talora, lo sconforto e la sensazione di impotenza che colpiscono gli stessi sindacati. Ma un fatto è certo: con gli attuali rapporti di forza (consacrati dalla stessa Unione europea dove operano politici che hanno frequentato la stessa scuola di pensiero e le stesse università), le oragnizzazioni sindacali hanno svolto un ruolo di “resistenza” che almeno ha scongiurato un nostro scivolamento al livello degli Usa dove il sindacato in pratica non gioca più alcun ruolo.
    Una resistenza difficile non solo perché i diritti dei lavoratori sono stati fortemente ridimensionati per via legislativa, ma anche perché gli stessi lavoratori sono perennemente ricattati dalle imprese che puntano a contratti ulteriormente peggiorativi.

    Scelte suicide per l’Italia

    Se i lavoratori soffrono (è il caso di ribadirlo), se il loro lavoro è sempre più precario, se il livello retributivo si è ridotto drasticamente in Italia, tutto questo è accaduto a causa di precise scelte politiche. Sono i governi italiani degli ultimi vent’anni che, dopo l’ingresso della Cina Nel Wto, ci hanno riposizionati nel mercato globalizzato su settori produttivi a basso contenuto tecnologico e quindi a basso valore aggiunto. Un esempio tra i tanti? Il tessile è sempre stato un nostro fiore all’occhiello, ma noi, anche dopo l’agguerrita concorrenza cinese, abbiamo continuato a produrre tovaglie, coperte (pensiamo al Bresciano), mentre la Germania ha fiutato il vento nuovo e ha scelto un tessile di nicchia ad alto valore, come il tessile sintetico per isolamenti… E così ci siamo suicidati.
    E questo è accaduto nei più svariati settori. Sono ormai trent’anni che investiamo poco e male nella ricerca e nell’innovazione e quindi nell’incremento della produttività e così altri Paesi europei si possono permettere retribuzioni decisamente più robuste.
    Certo, i nostri governi, già gravati da un debito pubblico pesantissimo, hanno subito gli effetti nefasti del Fiscal Compact che ha prodotto un ulteriore allargamento delle nostre disuguaglianze.
    Una domanda: a quanto l’abolizione del Fiscal Compact che è scaduto nel 2019? Non si vede alcun dibattito in merito.
    È vero che oggi abbiamo a disposizione generose risorse europee, ma il rischio che corriamo è quello di spenderle male. Che cosa abbiamo fatto col nostro superbonus edilizio del 110 per cento? Abbiamo fatto lievitare a dismisura i prezzi del settore a danno della collettività. Non è tanto un problema di bontà o meno di una legge. Una legge può essere mossa da buone intenzioni, ma ciò che conta è saper monitorarne gli effetti e avere il coraggio, se questi non corrispondono alle attese, di correggerla e di correggerla tempestivamente. Ciò che non è accaduto.

    Uno spreco abnorme di risorse sottratte alle stesse donne oltre che alla comunità

    Se i lavoratori in generale hanno sofferto, hanno sofferto ancora di più le donne: la pandemia le ha indubbiamente penalizzate molto più degli uomini. Ma per comprendere il fenomeno, dobbiamo leggere i numeri che si riferiscono a un lasso di tempo sufficientemente lungo: 2008-2021. Ora, con tale sguardo notiamo che il tasso di occupazione femminile è leggermente migliorato (da circa il 47 per cento a circa il 49 per cento), ma vediamo anche che le donne sono sotto gli uomini di ben quasi 20 punti percentuali. In altre parole, le donne recuperano ma non abbastanza e non abbastanza in fretta. E questo appare anche se confrontiamo i nostri dati nazionali con la media europea che è del 64,2 per cento (non dimentichiamo che nella Ue vi sono Paesi che stanno peggio di noi). Siamo di fronte a un vero e proprio spreco di risorse sottratte in primis alle stesse donne e in secondo luogo alla comunità.
    Se poi guardiamo alle professioni occupate dalle donne, ci rendiamo conto che si tratta di professioni, nella stragrande maggioranza dei casi, medio-basse.
    E il gap (quello che in gergo si chiama “gender gap”) lo osserviamo anche sul fronte delle retribuzioni: a parità di funzione e di orario di lavoro le donne ricevono un reddito netto mensile inferiore a quello dei maschi.
    In più molte sono le donne che lavorano in settori in cui è più alto il rischio di sostituzione tecnologica.
    E le sorprese non finiscono qui.
    Discriminazioni si registrano pure nella fascia più elevata. Prendiamo in considerazione i laureati in ingegneria del Politecnico di Milano: nonostante le ragazze registrino un voto di laurea superiore a quello dei ragazzi, nel mondo del lavoro sono più i maschi ad avere contratti a tempo indeterminato e inoltre le femmine percepiscono mediamente 200 euro netti mensili in meno.
    È possibile riorientare le donne verso professioni a più alto valore aggiunto? Certamente, ma occorre partire dalla prima fascia di età (da 0 a 6 anni): è in questo arco di tempo che i bambini e le bambine iniziano a imparare ciò che gli adulti si aspettano da loro.

    Miti da sfatare

    Dobbiamo poi sfatare il mito secondo cui ci sarebbero occupazioni esclusivamente femminili. Ecco un paradosso: quand’anche l’Italia, con le risorse europee, dovesse recuperare il gap con la media europea costruendo molti asili-nido in più, non avremmo personale sufficiente perché sono solo le ragazze a scegliere tale tipo di formazione.
    Da qui la necessità di abbattere tale tabù, come pure il tabù secondo cui la cura dei figli e degli anziani debba essere a carico delle sole donne.
    Un’ultima considerazione: a quando una “assicurazione universale” (pensiamo, tra l’altro, alla miriade di badanti e colf che lavorano in nero), un traguardo che potremo raggiungere solo ricorrendo alla leva del fisco, trasferendo risorse da chi ha più a chi ha meno?

  • E gli applausi sono scrosciati al termine della serata , soprattutto a seguito dei contenuti, dell’entusiasmo, del coinvolgimento anche personale che Valentina ha profuso, dopo la densissima, importante lectio, nel rispondere alle domande, alle sollecitazioni dell’attentissimo pubblico.
    Fa solo piacere incrociare persone, come lei (in un ruolo chiave nel gestire la tutela, gli interessi, del presente e del futuro dei cittadini lavoratori) che profondono tutto se stessi con tanta competenza, preparazione e disponibilità!
    Solo voglia di alzarsi e stringerle la mano (come puntualmente ho fatto!)
    Grazie, Valentina Cappelletti

  • Martedì scorso, 31 maggio 2022, si è chiusa la SCUOLA DI FORMAZIONE POLITICA ED ECONOMICA, con l’ultima “lectio” in programma, svolta dalla prof. PAOLA BIGNARDI gia’ presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana e coordinatrice dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo.
    La serata di chiusura, che ha vsto la partecipazione di un folto pubblico, nell’ambito del “Corso di Economia” di CremAscolta – V^ anno, si è svolta a cura della “Pastorale sociale e del lavoro – diocesi di Crema” ed è stata onorata della presenza di sua Eccellenza il Vescovo di Crema, che, in chiusura di serata, ha rivolto un cordiale saluto ai presenti.
    Di seguito la sintesi dell’intervento della prof. Bignardi, a cura del professor Piero Carelli, al quale va il mio personale ringraziamento per il suo fondamentale lavoro nella progettazione, gestione e sintesi della Scuola, lavoro al quale abbiamo collaborato con continuità io, Francesco Torrisi ed il prof. Adriano Tango, Presidente di CremAscolta.
    Il testo della sintesi del prof. Carelli:

    .SCUOLA DI FORMAZIONE POLITICA ED ECONOMICA
    ANNO 2022
    UN MONDO DA RICOSTRUIRE

    Martedì 31 maggio
    RELATRICE: PAOLA BIGNARDI
    TEMA:
    NIENTE SARÀ PIÙ COME PRIMA. Giovani, pandemia e senso della vita
    (a cura della Pastorale sociale del lavoro diocesi di Crema)

    Le domande che contano

    Hanno sofferto molto, ma hanno anche guadagnato molto.
    Hanno sofferto di solitudine, di vuoto di relazioni dirette, ma hanno anche preso consapevolezza che la vita è relazione, che le relazioni danno senso e consistenza alla vita.
    Hanno preso coscienza, di fronte all’esperienza della morte e della caducità dell’esistere, che la vita non è un che di scontato, ma è un dono da non sprecare e da vivere come qualcosa di prezioso.
    Hanno scoperto che il senso della vita è incominciare a darle un senso.
    I giovani, in tempo di pandemia, hanno toccato con mano la fragilità della vita e si sono interrogati: hanno iniziato a porsi delle domande, le domande che contano, quelle più profonde perché hanno a che vedere col senso dell’esistenza.
    Sono stati travolti da uno tsunami improvviso e, proprio per questo, sono cresciuti. Hanno percepito il senso del “limite” (la storia non è un superamento all’infinito di limiti, uno dopo l’altro!), hanno cambiato la percezione del futuro che vedono più ricco di rischi e di incognite.

    Il rischio di sprecare un’occasione straordinaria

    Sono questi, in estrema sintesi, i risultati di un’indagine da me condotta su un campione nazionale per conto dell’Istituto Toniolo, un’indagine sia di tipo quantitativo che qualitativo (mediante focus group) che ho inserito nel libro NIENTE SARÀ PIÙ COME PRIMA.
    Niente sarà più come prima, come recitava uno slogan dei primi tempi della pandemia?
    Una cosa è certa (per dirla con papa Francesco): peggio di questa crisi è sprecarla, non coglierne le opportunità, non guardarla come una straordinaria occasione (kairós) per non tornare al peggio di prima.
    Tutto dipenderà da noi. Anche da noi adulti: se riusciremo a liberarci dal nostro ruolo di giudici nei confronti dei giovani, se impareremo ad ascoltarli senza la pretesa di insegnare, se li considereremo come il fattore di innovazione, se non li lasceremo soli di fronte alle grandi domande.

    Un passo indietro rispetto alla vita che avanza

    Un mero auspicio destinato a cadere nel vento a mano a mano che ci allontaneremo da quell’esperienza drammatica che è stata il lockdown?
    Se cadrà, sarà perché l’avremo fatto cadere.
    Tutto sarà come prima se continueremo a tenere un atteggiamento di superiorità nei confronti dei giovani, a non ascoltarli, ad aspettarci da loro di essere la nostra fotocopia, a non fare un passo indietro rispetto alla vita che avanza.
    Non è uno scandalo che l’Italia sia nel top dei Paesi con il più alto numero di NEET, di giovani cioè che né studiano, né sono in formazione e né lavorano? Non è anche colpa nostra se questi giovani hanno perso fiducia nella vita?

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