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IVANO MACALLI

NUBI?

NUBI?
Michela Murgia scrive o dice che i dittatori compaiono in pubblico sempre in divisa militare. Di Figliuolo si chiede se sia sempre necessario il look mimetico nelle sue funzioni logistiche, aggiungendo anche che questo le fa paura. Draghi dichiara che Erdogan è un dittatore e Augias commenta dicendo che per ragioni diplomatiche, di Stato, od economiche, che forse contano di più, le cose si possono anche pensare, ma prudentemente non dire. Lasciamo magari stare i giubbotti di finanza, polizia e carabinieri indossati da Salvini che ora, abbandonati, ha scelto un profilo più istituzionale tra maggioranza ed opposizione che non si capisce da che parte sta, no, si sa benissimo, e la Meloni che balza al 25% nei sondaggi. Tutto questo, tra crisi economica, disagio sociale e facinorosi, magari nostalgici dei tempi che furono, o emuli di bisonti americani, magari con una sfilza di precedenti penali, che cavalcano la pancia dei dimostranti. Tutto questo non vi fa pensare ad un cambiamento prossimo epocale? O magari semplicemente ad un aggiustamento? Dense nubi si stagliano all’orizzonte? L’ho fatta breve per non annoiare, ma avvisaglie se ne potrebbero sottolineare a iosa.

IVANO MACALLI

13 Apr 2021 in democrazia

40 commenti

Commenti

  • Si, Ivano, il “barometro della politica” italiana, punta decisamente verso il basso e, per chi vuol continuare a credere nella democrazia, nel “buffo stivale”, non è certo un buon segno.
    Per questo seguo con non poca apprensione il difficile e accidentato percorso intrapreso da Giuseppe Conte (anzi, con le parole di Ferramonti “questo cretino di Conte”, vedi FQ di Alessandro Mantovani | 11 Aprile 2021 “…..Di sé [Ferramonti] dice:
    “non sono massone”, ma anche “mi considero un gelliano”, rivendicando il legame con il Venerabile della P2. “Sono stato amico di Gelli anche gli ultimi anni della sua vita. Gli ultimi quattro Capodanni li ho passati a Villa Wanda, assieme a lui”, si vantava Gianmario Ferramonti, leghista della primissima ora e uomo di mille affari in mezzo mondo.
    Così parlava a Giorgio Mottola di Report ai primi di gennaio. Il giornalista è tornato da lui a fine mese, stavolta senza fargli vedere microfono e telecamera, precisamente il 27 gennaio e cioè all’indomani delle dimissioni di Giuseppe Conte, bersagliato tra gli altri – specie sui giornali di Antonio Angelucci, senatore forzista e signore delle cliniche – da un personaggio come Luigi Bisignani, che ha sempre negato l’iscrizione alla P2 ma compariva negli elenchi sequestrati a Licio Gelli nel 1981.
    A Ferramonti, che anni fa aveva raccontato il suo interessamento per dare una mano a Pier Luigi Boschi nell’avventura di Banca Etruria, Mottola ha chiesto dei suoi rapporti con la figlia renziana, Maria Elena: “Anche per questa crisi vi siete sentiti?”. “Diciamo che con la Boschi ho una corrispondenza”, gli ha risposto compiaciuto l’ex leghista. Report trasmetterà il dialogo domani sera su Rai3, nella prima puntata della nuova stagione. “Ci scriviamo, non ci parliamo”, ha chiarito un attimo dopo Ferramonti. “E la stai consigliando anche su questa fase?”, chiede Mottola. “Be’ – spiega Ferramonti – gli avevo dato una piccola notizia, che se buttavano giù questo cretino di Conte magari gli davamo una mano, vediamo”. “Ma gli davate una mano chi voi?”. “Allora, qui hai un rappresentante di Confimpresa – e Ferramonti indica un uomo, oscurato da Report, seduto alla sua destra davanti alla telecamera nascosta –, qui hai un rappresentante di Confimea, della Cifa – e indica se stesso… – Insieme qualche milione di voti ce l’abbiamo, no? E se decidiamo…”. “Spostarli sulla Boschi?”, chiede il giornalista. “Chi sarà al momento giusto al posto giusto…”, dice lui. E poi continuano a parlare di Cecilia Marogna, la misteriosa ex collaboratrice dell’ex numero due della Segreteria di Stato vaticana, il cardinale dimezzato Angelo Becciu. L’inchiesta di Mottola è infatti dedicata allo “sterco del diavolo” e passa da Immacolata Chaouqui a Ferramonti e a Francesco Pazienza, fino a protagonisti di vicende più recenti dei nostri Servizi segreti, passando per Flavio Carboni e Bisignani.

    Boschi ha risposto per iscritto a Report che “nei mesi di gennaio e febbraio” ha “ricevuto diversi messaggi telefonici da un numero che non conoscevo ma che, secondo il mittente, corrispondeva all’utenza di tal Gianmario Ferramonti. Non ho mai risposto ai suddetti messaggi – ha assicurato Boschi, né parlato con il sig. Ferramonti, men che mai della crisi di governo”. Sarà senz’altro vero, ci mancherebbe. Come è vero che un mondo di faccendieri legato alle massonerie si agitava e perseguiva uno scopo sostanzialmente sovrapponibile a quello di Italia Viva, promettendo o millantando sostegno a chi avesse agevolato la fine del governo Conte 2 e della maggioranza giallorosa che lo sosteneva. Il giorno in cui Ferramonti si è fatto registrare da Mottola iniziavano le consultazioni al Quirinale, verrà poi l’inutile incarico esplorativo a Roberto Fico e poi quello vero a Mario Draghi. E il 7 febbraio Bisignani, che qualche rapporto anche con Ferramonti l’ha avuto, passava all’incasso, con una lettera al direttore del Tempo Franco Bechis: “Caro direttore, grazie a Renzi e a un Mattarella risvegliatosi in zona Cesarini, l’Italia avrà un governo finalmente autorevole. A parte gli unici tratti in comune rappresentati dal tifo per la Roma, i capelli curati e il completo blu d’ordinanza, Mario Draghi è proprio l’antipode di Giuseppe Conte, per formazione, preparazione e stile di vita”)
    difficile e accidentato percorso, dicevo,intrapreso da Giuseppe Conte per “ricondurre a partito”, il “movimento” 5*, nato ed esploso elettoralmente appunto come “movimento” di protesta con i “meet up” ed i “vaffa day” di Grillo, in cornice casaleggica.
    Si perchè l’unica chance che mi sforzo di delineare all’orizzonte per la nostra bolsa democrazia, in vista del “dopo Draghi” è un vagheggiato, possibile accordo organico di governo tra “nuovo 5* elaborato Conte” e “PD elaborato letta”, con corredo di altro “cascame di sinistra”!
    Personalmente preferisco nemmeno pensare a soluzioni “di destra” melonian/salvinian/ cavalieran/masson/verdinian/renziane”!
    Mammamia che nuvoloni Ivano!

  • Il giocattolo del modo intero non può reggere. Si parla sempre di questo o quel problema senza rendersi conto che sono tutti concatenati. La nostra vita, la nostra economia drogata, la nostra riproduzioe incontrollata, la nostra etica edonista per non vedere, sono tutti aspetti di uno stile di vita basato sulla piramide di Ponzi. Vietata per legge? Mimetica e strisciante ricompare e ogni volta che una crisi ci coglie impreparati, anche quella sanitaria, il problema è riconducibile a tale peccato originale. La Murgia poi… ne ho un pessimo ricordo da un incontro scontro a Crema. Figliuolo è al banco di prova: tuta mimetica o meno vedremo di cosa è armato per la caccia al “cinghialone”. Scusa Ivano son frettoloso, e forse a ragione dirai “anche questa volta non si capisce un…”
    Ci torno su,

    • Ora più tranquillo riannodo i fili, ma soprattutto il tuo annuvolato filo conduttore.
      Lo spirito rapace si coniuga bene con il complotto, certo, ma mica c’è poi bisogno di complottare tanto, perché l’uomo, memoria corta, non ce la fa proprio a identificare tutte le scorciatoie tentate che già hanno portato al burrone. Ma neanche di fronte a testimonianze di prima mano, quali la rovinosa gestione lombarda, con più o meno manifesto prelievo indebito, oltre all’incapacità, serve da monito.
      Come non serve da monito l’allarme su una prossima sesta estinzione di massa, perché chi nasce rapace rapina.
      Che c’entra? Ma il problema è lo stesso: prelievo e individualismo contro equilibrio e cooperazione.
      Perché un periodo di autoritarismo in se stesso non sarebbe un problema, se il tiranno non fosse per definizione un improvvisato, impreparato.
      Attenzione, perché trovo più allarmante che una politica di sinistra, solo partitica o egemonica al potere, abbracci principi neolibertari spingendoli finoa strument di competizione cn la controparte, piuttosto che siano vessillo di una classe e una partitica “di destra”.
      E queste cose le dico dopo un’esperienza nella famiglia d’origine di idee destra, con tanto di affiliazione sia paterna che materna alla massoneria. Qundi ho toccato con mano. Ma il modo di allora era espansivo, c’era spazi per il “prelievo”, come per la contrapposizione di di idee, ora siamo di fronte all’esigenza della razionalizzazione del tutto.
      Che confusione che vige, alla caccia del maggior profitto, suicida!
      Ci vedi giusto Ivano, il problema c’è. Ma il colpo di vento fatale, è imminente? E sarà un fulmine a ciel sereno?
      E che possiamo fare?
      Peggio che mai invece! L’opposizione ideologica è talmente fiacca, anzi, ingarbugliata, che non c’è bisogno di uomini con le corna o carri armati per le strade.
      Perché vedo un pericolo all’orizzonte? Perché il pianeta, la società, non possono permettersi ulteriori appropriamenti indebiti, non piùperdite di tempo ed errori cui riparare.
      Cosa si può fare? Insistere nella promozione di una cultura della consapevolezza, di una politica gestita da qualificati, nel promuovere la riorganizzazione di quanto resta di una tradizione tutta italica.
      E in sintesi estrema, ma i miei sono discorsi da uomo “di sinistra”? Direi di no, sono discorsi di persona che teme i dilettanti all’arrembaggio, soprattutto se cavalcano una filosofia esplicitamente del profitto.

  • Paese di misteri, il nostro, può scivolare pure facilmente alla prima stanchezza di rabbia sorda, cattiva digestione di popolo, senza pensare cosa sarà ma per velleità di sfida; oppure per fiducia esagerata nelle promesse irrealizzabili, o perché siamo quel che siamo, fascisti d’identità, storia e autobiografia. Fascisti per opportunismo, più che altro. Falsimoderati, riformisti dell’attico e riformisti in piena pandemia del lavandino della seconda casa, e radicali che parlano alla Luna e per dispetto la darebbero vinta, pur di non stare con i piedi per terra, e poveracci che si fanno gli occhioni e si tolgono il cappello davanti ai prestigiatori e ai grandi evasori fiscali.
    Luigi Bisignani, e’ l’italiano vero; Gianni Barbacetto lo chiama l’uomo di collegamento: l”uomo che sussurrava ai potenti. Colui che Andreotti indicò all’Ingegnere Carlo De Benedetti, per risolvere il contenzioso con Berlusconi, che durò ben piu’ che un surplasse di Maspes al Vigorelli, e che fece tenere il fiato sospeso ai redattori di “Repubblica” che non dormivano le notti.
    E Licio Gelli, per ricordarci che siamo anche Sudamerica, , ma niente Messico e nuvole di Paolo Conte,il Sudamerica di miseria e corruzione della politica, e dell’Italia occulta, ben raccontata in un libro del magistrato Giuliano Turone, edito da Chiarelettere nel 2018.

  • Mi sembra che Ivano ci sottoponga un elemento principale, quello di un rischio, qui in Italia, come si diceva una volta, di “derive autoritarie”. E pare che lo faccia adombrando maggiormente delle “derive” che, sempre come si diceva una volta (oggi non saprei), potrebbero essere di “destra”, per lo meno un po’ più che di “sinistra”, continuando a impiegare riferimenti a locuzioni istituzionali e politiche ormai piuttosto difficili da utilizzare.
    Poi ci sono alcuni corollari. Il dittatore turco? Non ditemi che c’è qualcuno che lo definisce diversamente. Dittatore ipocrita, che continua a smantellare quanto costruito dallo statista di cui espone il quadro sopra la sua testa di rapa negli incontri internazionali (se il Padre dei Turchi fosse vivo, lo avrebbe già scuoiato, impalato e lasciato in pasto ai corvi, ‘sto farabutto). Per cui, viva Draghi quando lo qualifica per quello che è. Anzi, poteva andarci giù più pesante, SuperMario, con buona pace di Corrado Augias, visto che dalla rotta balcanica sappiamo bene che cosa quel figuro ci stia mandando a ondate sempre più incontrollabili. Che poi Charles Michel sia un babbeo e, soprattutto, un cafonazzo da strapazzo, è stato palese a tutto il mondo. Prima che di politica, è questione di stile. Qualunque gentiluomo avrebbe fatto accomodare Ursula von der Leyen di fianco al maleducatissimo padrone di casa e poi avrebbe chiesto un guanto al primo soldato del picchetto per schiaffeggiare con questo la faccia del bifolchissimo padrone di casa, sfidandolo a duello davanti alle telecamere dandogli appuntamento la mattina dopo all’alba armato di lama, e non certo per un duello “al primo sangue”. Purtroppo, gli europei mandano in giro per il mondo, anche in partibus infidelium, dei fighetti imbranati invece che degli uomini educati e formati alla sana dura vecchia scuola.
    Michela Murgia? Sono sempre un suo lettore. Un lettore soddisfatto. Apprezzo molte cose del suo essere giornalista, scrittrice e polemista. Ma non apprezzo tutto. In particolare, questo suo attacco alla divisa non lo condivido. Succede. In un paio di suoi libri ci sono cose molto vere. E dette davvero bene. Questa qui, invece, mi sembra una esagerazione. D’altra parte, mi pare che Michela Murgia stia consolidando anche un suo personaggio mediatico in certi ambienti intellettuali, e non solo in quelli del femminismo italiano. Per cui, è comprensibile che strizzi un po’ l’occhio da quella parte. Peccato, perché in questo per me ha toppato. E parecchio. Ma sugli attacchi al generale Figliuolo, mossi anche da gente diversa da Michela Murgia, attacchi che ritengo pretestuosi, indegni e ridicoli, mi esprimerò in un commento successivo.
    E Salvini, Meloni & C., pure indicati da Ivano tra i forieri di nuvolaglia? Bah, capisco che da “sinistra” possano essere visti come portatori di “cumulonembi”. Difficile a dirsi, visti i personaggi. Anche alla luce di certi precedenti storici. Io che sono di “destra” mi limito a dire che, non dico proprio a livello di “cirri”, ma se volassimo un tantino più alto forse perderemmo oggi qualche voto, subito, ma potremmo forse cominciare a costruire qualcosa che un domani, a medio termine, ci consentirebbe di presentarci in condizioni molto migliori. Ma la politica, ormai, lo sappiamo tutti, si nutre del “subito” e del consenso “immediato”, perché l’orizzonte sono sempre e solo le tornate elettorali successive. Vabbè. Peccato.

  • Soprattutto grazie per i commenti intelligenti di tutti, indipendentemente dagli orientamenti di ognuno che comunque aiutano a riflettere e srozzare il pensiero comune che banalizza qualsiasi pensiero. Riprenderò il discorso che oggi mi é precluso da altri pensieri, sono andato però a rileggermi il mio post Neppure Macchiavelli di gennaio che forse trova corrispondenza, no, non la trova, nella breve affermazione di Adriano che quasi giustificherebbe la necessità anche temporanea, se non di autoritari di decisionisti, capaci di imposizioni, a fin di bene, che appunto giustificherebbero almeno in certi momenti storici i fini che giustificano i mezzi. Ho bisogno di rifletterci. Grazie

  • Considero inaccettabili e vergognosi gli attacchi alla divisa del generale di corpo d’armata Francesco Paolo Figliuolo.
    Quella di Michela Murgia è comunque una delle poche voci levatesi nei confronti del nostro Commissario Straordinario contro l’emergenza epidemiologica Covid-19 che sembrerebbe avere una certa giustificazione politica, in buona parte antimilitarista, il che per lei significa anche antimaschilista, soprattutto in riferimento al peggioramento istituzionale del momento e al clima politico sempre più deteriorato. Anche per questo, la menzione che ne fa Ivano ci sta tutta. Insomma, quelli di Michela Murgia sono attacchi abbastanza ben costruiti, anche se posti sulla falsariga di risalenti e persistenti e ricorrenti ragionamenti tipici di una certa “sinistra” italiana e di una determinata tradizione “ideologica” d’ambientazione social-libertaria, femminista, radical-shock, alternativa, post-sessantottina e via dicendo. Per cui, sono attacchi con molti padri nobili (magari anche con qualche zio poco presentabile), e tant’è, quando si scrive bene si riesce a essere più convincenti, a prescindere dalla provenienza dei contenuti.
    Invece, ho visto sul web attacchi al generale Figliuolo di una dozzinalità, di una volgarità e di una pochezza concettuale sconcertanti. Ogni tanto qualcuno risponde a questi attacchi con dei commenti molto validi. Ma sappiamo quanto in Italia il “tiro alla divisa” sia gratificante.
    Ho trovato comunque su una pagina Facebook del nostro territorio alcune frasi che condivido, riguardo a questi indegni attacchi al generale Figliuolo. Cito alcuni passaggi. Non sto a virgolettare, per non appesantire troppo.
    Molto spesso le divise le abbiamo trovate durante i post terremoti, inondazioni, disastri ferroviari e tanti altri scenari dove la loro presenza si è rivelata fondamentale, senza contare il quotidiano lavoro che svolgono per la nostra sicurezza. Guerra e dittature sono tutt’altro discorso. Di disonesti e approfittatori se ne trova una gran quantità in tutti gli ambienti di lavoro e mettere in dubbio l’onestà del generale Figliuolo e le sua capacità in questa attuale situazione è sbagliato e ingiusto. Sulla presenza dei militari durante il Covid, mi pare che l’impegno dimostrato anche a Crema durante il primo periodo di pandemia parli molto chiaro. Se il mondo è bello perché è vario, lo è anche perché, in diverse situazioni, contrariamente a quello che a volte certi pensano, sono proprio le divise militari a permetterlo, opponendosi a varie forme di prepotenza e sopraffazione, in particolare in determinate parti del mondo. Molti pensano che oggi si possa fare a meno dei militari, degli eserciti, di questa parte di attività e di competenze. In teoria, in un mondo perfetto, le guerre e i militari potrebbero non esserci. Purtroppo, però, questa rimane un’idea utopistica. Dobbiamo farcene una ragione e stare attenti al corretto uso della forza militare, finalizzandola verso gli impieghi più proficui per la comunità e la popolazione.
    Aggiungo, di mio, che se riuscirò a essere vaccinato in tempi decenti, ricorderò di doverlo anche al generale Figliuolo.

    • Presentarsi in divisa mimetica esplicita un messaggio ben chiaro di rigore. Purtroppo il ruolo di coordinamento si incrocia con la politica, e il generale si trova senza sciabola. Altrimenti rispetto a certe posizioni che nascondono forti spinte autonomiste dietro alla vicenda vaccinale, rispetto a scelte che vanno lette solo come tentativi di accaparramento di consensi anche dalla destra (ovviamente parlo del cinghialone), il generale armato non ci avrebbe messo molto a dare risposte più esplicite.
      Ma purtroppo l’uso di strumenti che la Costituzione già dà, non dipende da lui, non almeno senza concertazione. Nelle caserme ho passato l’infanzia, perché dopo scuola stavo volentieri con mio padre,
      un allora maggiore buono e colloquiale, ma la rettitudine e rigore delle risposte alle inevitabili deviazioni, rotture di protocollo, non ammetteva trattative. E qui invece non mi pare che la gestione sia molto militaresca. Sto deviando? Forse no, perché anche un generale contemporaneo è una figura assoggettata al compromesso. Tuttavia l’efficienza militare ed ecclesiastica sono due pilastri che reggono anche quando tutto si sfalda, in quanto capacità tecniche affinate nelle peggior condizioni possibili, fra guerre, complotti e carestie, situazioni cioè in cui la politica deteriore ci sguazza. Invece, assistiamo a una impunita posizione passibile di accuse pesanti in condizioni di emergenza (non dico da legge marziale, ma…) in cui si danno risposte del tipo “si però, rendiamoci che…” e non un secco “obbedisco” di atavica memoria militare.

  • Pietro, però é innegabile il ruolo dei militari nei vari colpi di Stato che nello spazio e nel tempo si sono susseguiti. Le divise, senza generalizzare, hanno sempre avuto responsabilità in comportamenti non sempre encomiabili, fossero Generali, Colonnelli, o semplici carabinieri, vedi Piacenza pochi mesi fa. So bene che si deve distinguere, e attribuire responsabilità circostanziate, ma é innegabile, oltre Pasolini, che molte debolezze umane danno vigore e forza ad individui che non solo devono sbarcare il lunario, ma che nell’emblema del potere, quello piccolo, trovano la loro ragion d’essere. I fatti americani di questi ultimi giorni dimostrano che l’uso e l’abuso della divisa non é aiuto nei terremori e nelle alluvioni, ma espressione di sopraffazioni ai danni diciamo dei più deboli, quando forse dalle Forze dell’ordine, di qualsiasi corpo, dovremmo tutto sentirci protetti, non sopraffatti. Quindi il problema non sono le divise ma chi le indossa. E Figliuolo sarebbe ugualmente credibile in borghese. Anche se ancora é presto per esprimere un giudizio.

    • Se è vero che conta di più chi indossa la divisa che la divisa stessa, allora in questo discorso abbiamo già fatto pulizia dei soggetti che, non appena scorgono una divisa in quanto tale oppure addirittura ci vedono sopra le stellette da ufficiale, proprio per ciò stesso, mostrano reazioni pregiudiziali negative per partito preso oppure manifestano esternazioni irridenti alla Franti o lanciano anatemi intrisi di spartachismo gauchista d’antan. Per cui, se è vero quanto sopra, già il campo si sgombra di un bel po’ di critiche preconcette.
      Quanto poi al fatto che le forze militari abbiano a volte, nella storia umana e in molti luoghi del pianeta, protetto la democrazia e altre volte abbiano contribuito a danneggiarla, m sembra un altro assunto tanto lapalissiano quanto scontato. E qui il gioco delle statistiche, in un senso o nell’altro, diventerebbe molto opinabile.
      Il fatto, in realtà, è che siamo in Italia. E da alcuni secoli, qui da noi, complice anche un facile romanticismo d’appendice e un certo fraintendimento di taluni borgorigmi narrativi popolari spacciati per antropologia (oggi anche i librettini dei barbieri di una volta, con su quelle signorine, oppure anche il calendario di frate indovino sarebbero contrabbandati per antropologia, per non parlare d’altro, lasciamo perdere), ecco che l’eroe delle masse e delle folle, l’eroe “popolare” (qualunque cosa ciò significhi) non è mai chi sta dalla parte della legge, dell’ordine e quindi delle istituzioni ma è invece il masnadiero alla Schiller o alla Irving, il Robin Hood da Langland e Winton a Scott e Dumas, lo Zorro da Mc Culley alle interpretazioni di Troncarelli, per non parlare di briganti e brigantesse del meridione postunitario, oggi in pieno revival mediatico, spesso con aderenza storica prossima allo zero. Insomma, noi italiani spesso troviamo più affascinanti i banditi e i farabutti dei militari e dei tutori della legge, dell’ordine, della convivenza civile. Facciamo serial e fiction su mafiosi, camorristi e ‘ndranghetosi commuovendoci su come spacciano, rapinano e uccidono, e intanto critichiamo Francesco Paolo Figliuolo perché, essendo un militare, porta la divisa, ragion per cui se si mettesse in wrangler o levi’s avremmo meno timori per la nostra democrazia. Come dire al cardinale di turno che, se si mettesse più casual, avremmo meno timori per le nostre anime; oppure al vigile urbano che sarebbe molto più friendly e smart e glamour se girasse a mettere le multe in salopette.
      Forse, a pensarci bene, mi sa che noi italiani ci identifichiamo di più, storicamente, nell’eterna lotta tra guardie e ladri, non proprio dalla parte della legalità. Sarà un caso? Mah ……

  • Qualche domanda: può una dittatura considerarsi democratica? In verità un ossimoro per noi occidentali, ma neanche tanto. Esistono declinazioni diverse del termine Democrazia? Possono i valori, considerati nostri e conquistati, essere travolti solo per la legittimità del voto popolare? Prendiamo il caso Turchia con Erdogan vincitore alle elezioni innumerevoli volte e il tentativo di

    “””””colpo di Stato in Turchia del 2016 è stato un fallito golpe militare messo in atto da una parte delle Forze armate turche il 15 luglio 2016 per rovesciare il regime del presidente Recep Tayyip Erdoğan e prendere il potere nel Paese.
    Le motivazioni dietro al tentativo di colpo di Stato non sono chiare: secondo Erdoğan, l’organizzatore del tentato colpo si Stato sarebbe stato il predicatore e politologo turco Fethullah Gülen, esule negli Stati Uniti. Gülen ha suggerito invece l’ipotesi secondo cui l’ideatore del golpe possa essere stato lo stesso presidente.[9] Nei primi giorni successivi agli avvenimenti, alcuni analisti hanno parlato di golpe improvvisato e poco organizzato, mentre altri hanno sollevato dubbi sulla reale genuinità del colpo di Stato, ipotizzando un’operazione false flag per poter legittimare ulteriori restrizioni alle libertà civili e una serie di purghe sulla magistratura e sull’esercito. Ulteriori dettagli e testimonianze emersi successivamente sembrano invece confermare che il golpe fosse stato ben organizzato e che fosse vicino al riuscire.
    Il tentativo di rovesciamento del potere ha portato alla morte di 290 persone e al ferimento di altre 1440. I dati forniti dal Governo riportano inoltre che, alla conclusione dell’evento, sono stati arrestati 2893 golpisti e 2745 giudici sono stati rimossi dall’incarico dall’Alto Consiglio. In particolare nella città di Istanbul, alcune agenzie di stampa hanno riportato il ferimento di molte persone che manifestavano contro i militari sul Ponte sul Bosforo, occupato dalle forze armate.
    Le reazioni internazionali al colpo di Stato sono state particolarmente caute, anche se nella notte i principali leader internazionali hanno condannato il tentativo di presa di potere da parte dei militari.” “” “

    Scusate il lungo virgolettato, comunque sintesi di quanto capitò in quei giorni, che si può anche tralasciare perché ne abbiamo memoria tutti, che vide i Militari contro Erdogan, anche se sottolineo i dubbi che accompagnarono quel tentativo di presa del potere, vero o finto che fosse, e che ristabilì quel potere che noi non consideriamo democratico, ma che per i Turchi del consenso lo è. Difatti la mattina dopo erano pronte liste di proscrizione lunghissime con migliaia di arresti. Lista redatta in una notte? Non credo proprio, e quindi ritorno alle domande iniziali che riproporrò. In quel caso assistemmo alla sconfitta degli uomini in divisa a differenza, tanto per rinfrescare la memoria, di America latina, Grecia molti anni fa e Birmania più recentemente,. Anche Mussolini ebbe la legittimità popolare, e ne conosciamo le derive. E Figliuolo potrebbe benissimo essere la persona più democratica tanto per fugare il sospetto sulla sua sempre indossata divisa.
    Insomma, ripropongo le domande iniziali. “Una domanda: può una dittatura considerarsi democratica? In verità un ossimoro, ma neanche tanto. Esistono declinazioni diverse del termine Democrazia? Possono i valori, considerati solo occidentali, essere travolti solo per la legittimità del voto popolare? Del resto la fragilità dell’elettorato, vedi i comportamenti pandemici e vaccinali, sì, no, sono sotto gli occhi di tutti. E in più la gravissima crisi economica che stiamo vivendo. Cosa ci vorrebbe perché un uomo forte prendesse il potere? Come dice Pietro certamente non Salvini o Meloni, ma perché escludere che qualcuno si stia preparando? Fantapolitica? Speriamo.
    Scusate ancora, il virgolettato è trascurabile. E forse anche le troppe parole.

    • A domanda domanda: una dittatura, un sistema autoritario, non è altro che uno strumento storico di riequilibrio brutale, spesso meritorio negli scopi, non nei metodi. In genere classi sociali parassite angheriano il popolo, alta borghesia clero, e il proletariato trae vantaggio dalla soppresione di tante libertà. Il tiranno… solo un fantoccio storico, e la storia se lo sceglie adeguato ai suoi criteri evoluzionistici, per carità, ma vedi caso presto se ne disfa, come “inadeguato” all’usuale. Che poi il o i detentori di potere recalcitrino e divengano ancor più crudeli è altrettanto usuale. Domanda: quale classe trarrebbe vantaggio da un sistema autoritario in Europa? Il mondo dell’imprenditoria? Non certo il proletariato, che poi non esiste più. Insoma quali forze si servirebbero di questa leva, pur avendo alla lunga da perderci e non da guadagnarci? L’obiezione/domanda vale per il rischio colpo di Stato, non per il vettore plitico “moderato”, ovvio.

    • Comunque teoricamente sì: una dittatura può rispondere al criterio democratico di riequilibrio dei diritti sociali, in modo autoritario. Nella pratica no: l’effetto fattoria degli animali è immediato. La natura stessa della società non ammette scorciatoie, ma solo maturazione progressiva. ecco che siamo in piena caduta libera d valori, tutti copresi nell ‘hybris del win-win, bufala galattica!

  • L’ importante è che il signor Figliuolo, come ha segnalato qualcuno non si metta a dare numeri sballati di vaccinazioni possibili, cannando pure nelle basi dell’aritmetica. Si limiti a fare il suo lavoro, evitando di parlare a vanvera o fare proclami a uffa, che c’è già la politica a farli. Che sia generale, cassiere dei supermercati, ciabattino a me frega poco. Anzi, niente. Se poi finirà che qualche partito politico gli offrirà una seggiola sicura in Parlamento, questo è molto probabile. Non la offrono ai ciabattini, che sono in aumento, vari negozi, pure uno a Soresina. I ciabattini però, non è detto che siano deficitari in aritmetica.

  • Non sono preoccupato per il piglio militare, il linguaggio del generale Figliuolo, che fa sbrodolare quelli dei Fratelli d’Italia, che oggi fanno lezioni di democrazia, ma non quando andavano a cena con Steve Bannon, e tengono ancora in mente, con un pizzico di nostalgia, forse sì, le imprese del principe Valerio Borghese che voleva sudamericanizzare l’Italia, come se un po’ non lo fosse già Sudamerica, l’Italia.
    Ricordo alla segreteria militare di La Spezia (diciotto mesi, fui costretto a fare) che battevo a macchina gli avanzamenti degli ufficiali. Erano segretissimi. Tutti “eccellenti” o “superiori alla media” che garantiva il passaggio di grado. Tre erano i decisori: il primo faceva il giudizio. Gli altri due confermavano. Un terzo decisore, in un caso era l’Ammiraglio Eugenio Hencke, con Vito Miceli, parte di Storia d’Italia, e passaggi giudiziari, se ben ricordo. Tutte frasi di circostanza i passaggi di grado. Li conoscevo a memoria. Li poteva scrivere anche Totò. Fogli di protocollo segretissimi, finiti da qualche parte. Solo un ufficiale fu “cannato”: era “nella media”. Che sfiga. Gli altri tutti delle cime, o menti superiori. Ho visto cose, passaggi di cose, in quel periodo, privilegi e altro inenarrabili. Italiani. Un ragazzo dovette essere trasferito. Dai marinai pompieri, dove dormivo, nei letti a castello a tre piani, lo presero di mira, e gli facevano “gavettoni” di minestra fredda, e anche ci pisciavano dentro ai sacchettoni. Una notte ne ricevetti uno anch’io, per sbaglio, perché avevo cambiato di posto nella branda. In piena notte un rovescio d’acqua fredda. Forse c’era aktro nel sacchettone.Ci facevano marciare di notte, è successo due volte, nello stanzone di “nonni” ubriachi. Uno di noi, non io per fortuna, lo chiusero in un armadio di metallo e gli dissero di fare la voce di Sabrina Ciuffini, la valletta di Mike Bongiorno. La branda dei “nonni” era rifatta dalle reclute dei marinai pompieri. D’incendi sulle navi non ce n’erano. E si annoiavano peggio che passare l’adolescenza a Crema. E quando vedo un ufficiale italiano con le stellette, mi scappa da ridere. Allora, però non ridevo affatto.

  • Adriano, esercizio di fantapolitica o fantadittatura. Sappiamo bene che la Storia non si ripete mai uguale, e credo che ognuno di noi abbia paura dei propri di fantasmi, non degli altri. Alcuni in questi decenni hanno visto nella tecnologia, nell’intelligenza artificiale, tra visionari complottisti da scenario orwelliani e nostaligici immutabili del tempo che fu, l’avvento di nuove dittature. Secondo altri nelle misure pandemiche vedono una dittatura sanitaria, altri ancora vedono nella crisi economica la miccia che finalmente dà fuoco alle ceneri. Nessuno in questi decenni tra battaglie ecologiste, battaglie per i diritti, magari Regeni, studenti ricercatori in galera come spie, indica vie ottimistiche di salvezza se non annaspando di fronte alla necessità di correggere il tiro, in un gioco di utopia da disperati più che da fiduciosi. Insomma, in un mondo come questo, certo, in America ha vinto Biden, vuoi che non succeda nulla? Certo, sotto altre vesti.

    • Biden sta cercando di disfarsi delle vesti di colomba, questo spiega la risposta di duro di Draghi cmoe eco a quella su Putin. con Gigino negli States a sugellare la nuova alleanza. I due blocchi si stanno compattando alla luce del sole. Certo mica dico che vogliamo la dittattura perché ci riequilibri la società, ache perché poi per cacciarli bisogna ammazzarli, dico solo che il dittatore è uno strumento storico, e la storia, pur nella sua variegata realizzazione, ne produce uno quando ne ha bisogno. Dico inoìtre che l’uomo scopre in massima misura la socialtà di fronte a un pericolo incobente, quindi siamo ammalati di una falsa sicurezza.In sintesi fra le foglie di te non leggo una crisi totalitaria imminente ed eclatante, ma ua deriva strisciante con ricadurte antidemocratiche.

  • Tornando a quello che mi sembrava il tema principale del post di Ivano, quello delle “nubi” causate dai rischi che oggi potrebbe correre la democrazia italiana, quello di possibili “derive autoritarie”, quello di un timore fondato di un “cambiamento prossimo epocale” di tipo dittatoriale, mi sembra che sarebbe opportuno provare a identificare meglio quali potrebbero essere le forze, i soggetti, gli ambiti di simili operazioni di alterazione istituzionale. Magari evitando le solite filastrocche complottiste e gli usuali riferimenti a non meglio identificate trame oscure e a non meglio specificate lobby segrete.
    Già qualche nome è cominciato a uscire, nei commenti precedenti.
    Personalmente mi sembra che nessuno dei principali partiti dell’attuale cosiddetta “destra” italiana potrebbe rappresentare un pericolo di tal fatta. Salvini, Berlusconi, Taiani e Meloni non me li vedo proprio. Ma proprio per niente. E nemmeno le loro “seconde linee”. Giorgetti, Garavaglia? Gelmini, Bernini? Lollobrigida, Ciriani? Cito questa parte politica perché determinate ingenuità e superficialità ce le ricordiamo tutti, in particolare da parte di qualcuno patito di clothing merchandising (adesso un po’ meno). Invece, certe volte mi sembra che determinati atteggiamenti messianici e soterici, quelli cioè che spesso facilitano svolte istituzionali di un certo genere, siano venuti negli anni scorsi da tutt’altra parte politica, magari con l’intenzione di abolire la povertà dal balcone o di mettere in impeachment il Presidente della Repubblica (adesso, anche qui, un po’ meno).
    Certo, resta sempre Mario Draghi. E tutto il resto a lui collegabile, a torto o a ragione, dai “burocrati” europei ai “poteri forti della finanza”, dalle “multinazionali” alle basi NATO sul sacro suolo (le volevamo russe, magari cinesi, anzi no, magari turche?). Allora, è Draghi il nuovo dittatore italiano? E con lui Figliuolo, visto che è in divisa, birba birba, qui gatta ci cova? Lo chiedo perché su certi siti web fioccano le contumelie contro Draghi e von der Leyen, mentre brillano le lodi a Maradona.
    Così, tanto per capire dove stiamo andando a parare.

  • Pietro, la svolta non è imminente, anch’io ne sono certo. Però non banalizzerei certi simboli, Chiesa o Stato che siano. Che le divise abbiano sempre rappresentato simbolo di autoritarismo, ordine e disciplina, refrattario a molti per sacrosante ragioni, credo che sia innegabile. Questi ultimi 50’anni lo hanno dimostrato, dalle battaglie politiche e sindacali alle lotte per i diritti civili, e sono stati il tentativo riuscito di rimuovere anacronismi, o peggio, distintivi di una classe politica invece di un’altra. Ora, non che si voglia rimettere in discussione tutto quanto, per lo meno se ci accontentiamo delle rivendicazioni e conquiste dei lavoratori di Amazon o simili, è chiaro, ma viviamo un’epoca in cui non si può più dare per scontato niente di acquisito, come si diceva un tempo facendo sentire al sicuro milioni di lavoratori. E futuri pensionati. Dopo la copertura pandemica tra breve inizieranno i licenziamenti e i diritti acquisiti di un tempo saranno un lontano ricordo dovendo ricalibrare tutte le leggi dell’economia. Si procede per ora a scostamenti di bilancio che prima o dopo andranno colmati, e non vedo come, nonostante previsioni di crescita pluriennali sul filo dell’ottimismo. E lasciamo stare gli scenari politici europei e prossimi, dove dittatorelli da operetta, sultani vari, non hanno pudore a procedere per mire espansionistiche, vedi Erdogan e Libia, vedi paesi europei sovranisti, nazionalisti che pur dipendendo economicamente dalla Comunità rifiutano qualsiasi compromesso, ricattando magari per le quote di immigrati ospitati, pur con lauti consensi. Hai citato prima Di Maio e il balcone e nelle vicinanze c’era chi ingenuamente chiedeva pieni poteri, linguaggio in una democrazia come la nostra scomparso da tempo, una classe dirigente quindi senza conoscenza della Storia, senza esperienza istituzionaldemocratica che magari nel frattempo qualcosa ha imparato tra errori ed omissioni, e sparate che un elettorato frescotto gli ha perdonato e neppure considerate tali. Fallimenti dopo fallimenti siamo arrivati ora a questo governo raffazzonato e dalle mille anime dove sempre più difficilmente si fatica a trovare compromessi, magari tra rigoristi e aperturisti che soffiano sul fuoco della spaccatura sociale, e non importa se il nostro è un tempo emergenziale, di fatto dopo questa esperienza di Governo si dovrà andare ad elezioni, ma magari prima assistere a quelle piccole rivoluzioni corporative che non ci vuole niente nonostante i cronoprogrammi di possibili aperture tanto per pacificare gli animi ad attizzare. Ricordo comunque le leggi speciali di qualche decennio fa che non ci vuol niente perché ritornino. Certo, non vennero a suonare il campanello a casa mia, perché il bravo cittadino sta schiso, ma chissà in quanto si saranno sentiti controllati e minacciati. Certamente, non era fascismo, le libertà fondamentali erano garantite, però Pietro prova ad immaginare una pandemia che non si risolve, un’economia di fatto conseguente, categorie che minacciano la disubbidienza civile, e anche se la Storia non si fa con i se e con i ma, e neppure con catastrofismi più dettati dall’emotività che non dal raziocinio, prova ad immaginare ancora mesi di restrizioni, sacrifici. Cosa potrebbe succedere? Ma poi leggo le dichiarazioni di Draghi e di Franco, ristori, scostamenti di bilancio, fondi europei, riportati oggi sui giornali e allora mi dico che forse il mio essere apocalittico è fuori luogo. E aperture, dimenticando prima, seconda e terza ondata. Va bene, ora ci sono i vaccini che mitigano, compensano, ma allo steso tempo leggo che in Sicilia il 70% degli isolani ha rifiutato AstraZeneca. Boh.

    • I debiti si pagano, sempre. E l’attuale andazzo di continui e devastanti scostamenti, che sono ormai deragliamenti e sfondamenti economici, lo pagheremo molto, molto salato, forse nemmeno tanto in là nel tempo. Concordo quindi su certe previsioni realistiche (non pessimistiche, realistiche) che fai, Ivano. Aggiungo solo che, già prima del Covid, eravamo messi molto male. Sempre a condividere da tempo, in Europa, i vari fanalini di coda con Cipro, dove almeno possono ancora sperare nell’Idolo di Pomos, messo sul loro euro nella speranza di prosperità e fertilità. Messi davvero malissimo, a partire dal nostro debito pubblico e dalla nostra mancanza di crescita, produttività e competitività. Tanto, dice la filastrocca, c’abbiamo i risparmi. Tanto, canta il ritornello, i soldi ci sono (sì, però nelle tasche sbagliate). Oppure, in versione pia, c’abbiamo la provvidenza, fate come gli uccelli eppure eppure. Anche per questo, tra non molto, diciamo verso la fine dell’anno, con una quantità almeno decente di cittadini italiani vaccinati, quando gli arruffapopolo dovranno rivolgere le loro masaniellate verso argomenti diversi dalle paraculate corporative riaperturiste, l’enormità delle risorse economiche mancanti a livello pubblico nazionale si manifesterà in tutto e per tutto. E allora cominceranno le “cacce infernali” in stile caccia selvaggia, con i nostri governanti nel ruolo della masnada di Hellequin, per catturare quattrini e vittime, colpendo non dove sarebbe giusto ma dove invece è più facile. La criminalità organizzata, le mafie, gli evasori fiscali, i corruttori, i parassiti e tutti i profittatori, che siano celesti o di ogni altro colore, saranno colpiti dai proclami, dalle grida e dalle tavole rotonde, in pratica dalle chiacchiere. Le prede, le solite prede, saranno i lavoratori dipendenti, i pensionati, chi paga le imposte, chi versa i contributi, chi fattura e gli altri soliti italiani onesti (però, a proposito di certe cacce, qui Nastagio non c’entra).

  • Adriano 7:21. Concordo.

  • In tutti i casi mi pare che l’attenzione si sia ormai spostata dal virus alla necessità di superamento di questa crisi economica. Significa passare dall’anestetizzazione del dolore alla consapevolezza che l’economia in affanno potrebbe provocare danni anche peggiori. Quali non saprei dire, se non ricordando le cause che nel tempo hanno portato a rivolte, dittature e guerre.

  • Veramente osavamo sperare, sperare che il motto scritto in tati posti “non più come prima” scalfisse anche l’economia: mai più un’economia su cui gli economisti stessi scherzano definendo il metdo delle valutazioni “a sunspotts” (a macchie solari, come dre a testa di,….) , in cui interi stati vedano arretrare di centinaia di anni il loro livello di vita in baser a prepotenze planetarie, in cui può essere piu conveniente fallire perché si è scommesso sul proprio faliemento in base a sistemi tipo CDS, in cui la piramide di Pnzi, ilegale, s ripropone contiuamente reimbellettata. Come continuo, mica lo esaurisco l’elenco. Però almeno prendiamo certe posizioni, arricciamo il naso di fronte ai bitcoin e tutte le forme di speculazione avulse dalla realtà economica, in quanto pura finanza senza riscontri di materie e beni. Comprendiamo che bisogna essere tutti più poveri perché così ricchi non si può essere: è stata solo una parentesi di cinque decenni di pazzia.

    • Formidabili quei decenni. Come indebitarsi fino al collo riuscendo a diventare più poveri.
      Siamo una generazione eccezionale.

    • “il settore finanziario è una formidabile macchina che produce piramidi di Ponzi,”
      “In Francia, in certi dipartimenti della cintura parigina, vi è una quota di dipendenti pubblici che a fine mese può mangiare solo grazie al banco alimentare” da “Transizione ecologica: La finanza a servizio della nuova frontiera dell’economia” di Gaël Giraud,che sto leggendo. Sconcertante.

  • Schema Ponzi, sono andato a cercare cosa sia e fosse. E tanta gente in galera. Non sta avvenendo la stessa cosa con le criptovalute? Le catene di Sant’Antonio? Alta finanza, speculazioni senza sostanza, concretezza, giochi di borsa, con qualcuno sempre più furbo degli altri.
    I banchi alimentari? Immaginate la vergogna e comunque la dignità di riconoscere e manifestare il bisogno. Lunghe file alla Caritas, tra immigrati e purtroppo ceto medio, genitori separati, famiglie monoreddito, disoccupati. Tutti questi disperati e pure quelli che lavorando sono comunque poveri. Ha ragione Pietro, tanto spendere pubblico per rendere la miseria del privato.
    Draghi comunque dichiara che se le previsioni economiche saranno azzeccate, si concretizzeranno, non ci sarà bisogno di chissà quali manovre quando prima o dopo si dovrà sanare il debito pubblico. Beato ottimismo.
    Riporto invece una poesia di Emily Dickinson che sintetizza bene il realismo che ci dovrebbe accompagnare, e da qui muovere i passi per una nuova economia che annulli moralmente lo Schema Ponzi, cancellando con un colpo di spugna avidità e speculazioni che non dovrebbero essere il faro per nessuno. Green economy o moral economy. Dignità per tutti e fine dei grandi imperi economici sempre creati sulle spalle di altri. Morale spicciola? Anche un po’ di retorica? buonismo più che bontà? Può darsi, di fatto le disparità, anche grazie alla pandemia stanno aumentando.
    LO SFACELO NON E’ ATTO DI UN ISTANTE

    Lo sfacelo non è atto di un istante
    una pausa fondamentale
    I processi di disgregazione
    sono decadimenti organizzati –

    Prima è una ragnatela sull’anima
    una pellicola di polvere
    untarlo nell’asse
    una ruggine elementare –

    La rovina è organica – I demoni operano
    di continuo e un po’ alla volta-
    Mancare in un istante, non l’ha fatto nessun uomo
    Scivolare – è la legge del crollo-

    Emily Dickinson una complottista?

  • Vedi Ivano
    me ne sto interessando un po’ a proposito del finanziamento della green economy, e le risposte di economsti che dicono di non capirci niente sono disarmanti. Leggi anche cosa ho risposto a Giorgio: la moneta non esiste, la crea il debito… cosa possiamo capire? Certo camminando su questo terreno possiamo divenire padroni del lessico, e solo dopo, dico, avremmo dovuto fare i corsi di economia di Cremascolta, come suonare il piano solo dopo aver imparato lo spartito.

  • Mario Draghi parla di “debito buono” semplificando molto, ad uso popolare, un concetto un po’ più articolato e complesso di economia politica, che persino ogni matricola di economia conosce. Si può farla lunga o breve ma, a rischio di banalizzare in modo fin vergognoso, molto dipende da quale debito, in quali circostanze e, soprattutto, con quali finalizzazioni di scopi e risultati. In pratica, debito per fare che cosa. E, a volte, diciamolo pure, per chi.
    Ovviamente, tutti abbiamo notato i “se” del discorso di Draghi. Mica è matto, sa bene come usare i disclaimer preventivi. Perché è proprio su certe condizioni realizzative e su determinate aderenze o meno alle programmazioni economiche iniziali che da noi, qui in Italia, ci si perde per strada, si sbarella di lato e, quasi sempre, casca l’asino. Gli investimenti sono una cosa, tanto per dirne una delle mille. I costi senza ritorno operativo un’altra. I supporti mirati a un effetto leva specifico sono una cosa. Il princeps che butta i sesterzi a pioggia dal loggiato sulle masse popolari un’altra. Le riforme, quelle vere, quelle strutturali, sono il motore del cambiamento. Il tiracampà, il cerchiobottismo, la captatio benevolentiae elettorale, la titillatio populi un’altra.
    Tutti gli auguri, veri e sinceri, a Mario Draghi. Perché mi sa che, se non ci riuscirà lui a far sì che il “debito buono” non diventi “debito cattivo”, sarà difficile che, dalla cocuzzara politica italiana, almeno da quanto oggi pare tristemente di vedere in giro, possa saltar fuori qualcun altro in grado, non dico di riuscirci, ma almeno di provarci.
    Comunque, oltre al “debito buono” e al “debito cattivo”, sempre volendo semplificare fin quasi alla banalizzazione, resta il fatto che esistono anche il “debito da insolvenza”, il “debito da bancarotta”, il “debito da fallimento”, il debito che, in quanto tale, oltre un certo limite, supera in termini quantitativi e oggettivi qualsiasi distinzione qualitativa e, diciamolo pure, in qualche misura pure soggettiva. Il post di Giorgio e altre fonti molto attendibili parlano chiaro. Chiarissimo. Bravo Giorgio. Perché oltre un certo deragliamento e sfondamento del debito pubblico, in un mondo in cui i mercati guidano, i mercati bastonano. E, francamente, illudersi di poter eludere il peso sempre più insostenibile di questo “macigno”, come l’ha definito Carlo Cottarelli, con qualche affabulazione e discettazione e distinguo che metta in discussione la realtà quale è oggi, sostituendola arbitrariamente con la realtà ipotizzata e propugnata per un illusorio futuro di fairy tales e afflati di naïveté economica, illudersi di questo, dicevo, può solo accelerare il nostro suicidio economico nazionale.
    Il debito, da che mondo è mondo, privato o pubblico che sia, resta debito. E i debiti si pagano. Inutile sofisteggiarci sopra. Si potranno rinviare i pagamenti, evitarli no. Anzi, rinviandoli il debito cresce. Basta guardare gli interessi annui che paghiamo. Non pagare i debiti produce ancora maggiori debiti, se non ti dai una regolata. Ogni brava massaia lo sa. Ogni buon padre di famiglia lo sa. E non è che, siccome il debito ce l’anno sessanta milioni di persone invece che una sola famiglia, le cose cambino e quindi chissenefrega, la c’é la c’é la provvidenza. Quando vivremo nel vangelo e mangeremo beatitudini, forse, ci potremo permettere di citare uccelli e fiori di campo davanti ai creditori, che di rimetterci i debiti proprio non hanno alcuna intenzione. Cipiromerlo. Su questa terra, dalle nuvole in giù, certi appuntamenti arrivano sempre. E sono anche, di solito, gli appuntamenti con la verità, bella o brutta che sia. Però, finalmente, verità.

    • Ovviamente, “ce l’hanno”.

    • Pietro, che strano, ho conservato un articolo di Cottarelli di Repubblica di venerdì 16, e io ho capito il contrario di quello che riporti tu. Mi è sembrato un Cottarelli assolutamente positivo, pochissimo prudente, anzi per un rilancio ulteriore delle misure in atto, sfidando appunto il debito pubblico che mi è sembrato definito buono, non solo necessario, dati i tempi che corrono. In effetti, oltre il suo realismo, mi è sembrato decisamente ottimista. Se ti fosse possibile e ne avessi voglia, magari in rete lo trovi. In verità ha stupito anche me.

    • Semplicissimo, Ivano. Intanto, grazie per l’indicazione dell’articolo e per la precisazione. Senz’altro è vero che ogni tanto Cottarelli, di recente (e qualche volta, di meno, pure in passato), ha esternato condivisione riguardo alle misure governative (certe di più, certe di meno) e magari un determinato ottimismo economico, per quanto sempre molto circostanziato in vari “distinguo” e in parecchi “qualora se”. Comunque, fermo restando che la logica “finanziaria” (ha ragione Adriano) considera sempre, soprattutto in articoli giornalistici a larga diffusione, la parola d’ordine dell’ottimismo mediatico, va in ogni caso preso atto di tale atteggiamento positivo di Cottarelli, soprattutto verso le misure di questo specifico governo, cioè di un governo guidato da un uomo come Draghi (il buon Cottarelli non mi sembrava così ottimista riguardo alle misure, ad esempio, del governo gialloverde, dopo alcune sparate con finalità elettoralistiche che ben sappiamo). Per cui, pur non osando minimamente fare confronti tra la mia piccola opinione di pensionato di provincia e quella di un simile economista, devo proprio dire che condivido il suo attuale ottimismo, peraltro opportunamente farcito di non casuali precisazioni, solo per il venti o trenta per cento.
      Invece, il mio riferimento preciso a Cottarelli riguardava il titolo del suo libro “Il Macigno” (Feltrinelli 2016), in cui tale macigno era il debito pubblico e nel quale l’analisi, la valutazione e la proposta di uscita da questa gravissima problematica erano ben esposte e argomentate. Del resto, anche nei sui successivi tre libri “I sette peccati capitali dell’economia italiana” (Feltrinelli 2018), “Pachidermi e pappagalli” (Feltrinelli 2019) e “All’inferno e ritorno” (Feltrinelli e ritorno” (Feltrinelli 2021), sia sul debito pubblico che sul resto non mi sembra di aver trovato prese in esame, giudizi e suggerimenti molto diversi. Le distinzioni tra “debito buono” e “debito cattivo” sono una cosa. Uno dei nostri sport nazionali è quello di trasformare il primo nel secondo, passando dalle petizioni di principio alla concreta attività realizzativa, il che è un’altra cosa. Questo intendevo.
      Resto comunque un “cottarelliano”, nonostante il mio minor ottimismo, oltre che un “perottiano”. E pure, per il momento e in attesa di sviluppi più operativi (il diavolo si nasconde nei dettagli), un “draghiano”. Col che so di rendermi antipatico, visto che Cottarelli non promette soluzioni facili, immediate e gradite come quelle esposte dai ciceruacchi arruffapopolo (per i quali la complessità del reale è un trucco intellettualistico dei radical-chic); posto che Perotti opera anche in quella realtà maledetta dai masanielli demagoghi che è la Bocconi (è piena di “professoroni”); e alla luce del fatto che Draghi è la bestia nera dei complottisti e degli spartachisti mediatici (ah, il perfido Bilderberg, ah, “i diabolici tecnocrati di Bruxelles”).

    • C’è un “Feltrinelli e ritorno” che è di troppo, naturalmente. Mi scuso per la frettolosità.

  • Mi procurerò il saggio di Cottarelli da poco uscito, di lui mi fido.

    • All’inferno e ritorno, anche in ebook. In effetti già il titolo, e un’intervista che ho ascotato, sono ottimistici, ma in un mondo finanziario che risponde solo all’emotività sarebbe nefasto il contrario.

  • Adriano, l’articolo ne potrebbe essere una sintesi, per me meno impegnativo di un libro di economia. In effetti, andando a memoria, il pensiero di Cottarelli a me è sempre, almeno rispetto agli ultimi governi, sempre sembrato assolutorio, giustificatorio. Non so se é il pensiero della rassegnazione, del fare di necessità virtù, ma i detti non sempre vincono.

    • Un mondo difficile! In rotta di collisione con un’asteroide, e l’europa, ammesso che esista, è spietata, ma ha una regola, se fossimo negli Sati Uniti, follia al quadrato, un debito deregolamentato. Il problema è che quelli ci tirano nei loro naufragi., e dann il cativo esempio al mondo intero, inducendo annzi i nemici a imitarne le mosse. Pietro parla di cose che sa invece, ma già noptare che certi suoi termini iniziano per me ad avere un significato mi spinge ad nsistere. Beninteso lo scopo per me è solo capire se un salvatagio “verde” sullì’orlòo del burrone è compatibile con l’economia drogata.

  • Nubi che si addensano. Tutti i giorni i comportamenti me lo confermano. Poco fa, prima della chiusura, passando per il centro, osservando l’assembramento in piazza di fronte e all’interno del bar più frequentato, confusione di ragazzi vicinissimi, alcuni brilli, mascherina abbassata perchè altrimenti il Mohito o il Negroni si dovrebbero aspirare. Intanto due vigili “stanno a guardare”. Crisanti considera una follia l’apertura del 26, scelta politica, anche con Draghi, e lo scenario è facile da immaginare perchè prima di settembre, giovani refrattari e no vax, non saremo tutti vaccinati e l’immunità di gregge è un miraggio. Non siamo in Israele. Già, il 26, tutti liberi o quasi. E poi? Nella prima elegia Rilke, estrapoliamo pure, dice che “il bello non è che il tremendo al suo inizio”. Altro che nuvoloni.

  • Anche qui fuori tema, ma annuncio finalmente un’efficienza della regione. Avente diritto alla prenotazione da stamattina, operazione di un paio d’ore fa, ho appuntamento già domani per la prima dose.

  • Che poi sono le Poste, non la Regione. Non attribuiamole meriti che non ha.

  • “Michela Murgia scrive o dice che i dittatori compaiono in pubblico sempre in divisa militare”.
    Beata innocenza.
    Persino ottimista.
    I fatti di questi giorni rischiano di portarci a pensare che le “dense nubi” magari “si stagliano all’orizzonte” quando la dittatura compare in pubblico in divisa da calcio.
    Annamo bbene!

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