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ADRIANO TANGO

Luci e… ombre di Natale

Strisce luminose festonate, immagini rilucenti, montate a tempo di record. Non saprei dire se arricchiscano la bella Crema. Come tutti gli addobbi, di certo la snaturano un po’, ma è il temporaneo simbolo di festosità che la gente si attende, e l’Amministrazione provvede a soddisfare la richiesta. Beh, è giusto se nell’equa misura! Eppure c’è chi già critica, e non solo a Crema: costa! non son soldi che si potevano spendere meglio? E quanta energia sprecata!

Balle da bastian contrari: la tecnologia led permette consumi ridottissimi, un festone a pioggia non aggrava le nostre spese per oltre 30-60 €, e un eventuale proiettore LED o laser di immagini va sui 70, valida alternativa che vedo più consona ai tempi, perché permette risparmi sul lavoro di installazione, ma il cambiamento va fatto passo per passo. Se vogliamo luci siano luci! E poi gli esercizi commerciali hanno contribuito!  Tanto la festosa luminaria fa gioco a loro, perché se si trattasse realmente di una festa mistica, celebrativa, richiederebbe una meditativa semioscurità circostante un punto focale di luce preciso, quello della riflessione sacra!

E no! è proprio una festa commerciale che chiude il ciclo ritrovando le sue origini nei fuochi pagani del solstizio. Ma se serve a essere lieti, direte, il senso commemorativo, mistico, ognuno lo può trovare nel suo intimo, in una cappella poco sfarzosa, non certo picchiettata di lucine laser che si inseguono fra le volte come lucciole variopinte impazzite.

Insomma, cos’hai a criticare, mi bacchetta lo “spiritello natalizio”? Niente di preciso, tranne quelle ombre, perché, serve ad esser lieti la luminaria?

Dove si illumina si produce un’ombra; ma non è di queste ombre che parlo, ma dello stato melanconico profondo che l’ostentazione di esuberanza, gioiosità, opulenza, che alcuni scambiano per reale, produce in anime solitarie, proprio quelle che più genuinamente  potrebbero essere attratte da un evento mistico.

Non parlo di gente rimasta sola, anche di quelli, ma sono i più facili da identificare, i più abbordabili e pronti al contagio, perché son quelli che della comunicazione non hanno staccato le capacità di connessione. Parlo di quel numero crescente di persone che, immersi in uno stile di vita quotidiano “normale” non hanno mai dato nell’occhio, eppure, sfoglia su sfoglia, si son costruiti il  loro bozzolo di isolamento. E ci convivono, come astronauti in una navicella che attraversa la vita senza scossoni, salvo quando tempeste galattiche di luce, e presunta gioia, si abbattono su di loro. Non mi fraintendete, non parlo di patologici depressi cronici, anche, ma specificamente di quel crescente numero di auto-emarginati, anche se spesso conviventi in famiglie, operanti in comunità di lavoro, dei veri travestiti insomma, quelli del fenomeno nuovo. Sono stratificati su tutte le età, ma, preoccupantemente, più in quella giovanile. Sono fra di noi e soffrono dell’attrito con tanta luce, che dà loro energia solo per acuire la sofferenza. Già, e così la celebrazione periodicamente fa vittime.

Ma allora dovremmo essere tutti tristi e contriti per non far soffrire loro? Comunque una minoranza, se non casi isolati! No, basta che non ce li dimentichiamo, che li scoviamo. Anzi, che inventiamo armi nuove per forzare le loro corazze, e allora sarà una bella festa, con luci vere, fenomeni fotonici che esprimono un nuovo tipo di contagio, che rialimenta fiammelle sopite, e ne celebreremmo il risultato uniti.

Viva la Festa. Auguri.

 

 

ADRIANO TANGO

16 Dic 2017 in Senza categoria

3 commenti

Commenti

  • ….bel post il tuo Adriano, fuori dalla retorica, nel rispetto della (facile) tradizione. accettata anche la celebrazione dei i fasti di …. “dio consumone”, accende però uno spot su persone che la gran distrazione di massa troppo spesso ci farebbe dimenticare.
    Dai che magari Crema Ascolta anche col cuore!

  • Hai toccato, Adriano, il cuore del Natale.
    Non sono le luminarie, più o meno costose che fanno il Natale.
    Neppure l’albero di Natale.
    Neppure il presepe.
    Non è nella “tradizione” il Natale, ma è in noi se siamo on grado di rompere la corazza degli altri, se riusciamo a sintonizzarci con chi soffre (spesso di solitudine), con chi è meno fortunato di noi (io non smetto di dire che appartengo a una generazione di privilegiati), magari con alcuni migranti che spesso evitiamo: non è celebrare il Natale sedersi sulla stessa panchina di uno straniero – come suggerisce Donata Ricci – e “ascoltarlo” senza pregiudizi?

  • Mi fa piacere che mi abbiate capito. Certi Natali in streetto nesso di causalità con dei suicidi mi fan venir vglia di negare il valore della festività. Tuttavia Questa ha radici multiple, umane, mistico-religiose, così orti da resistereall’inflazione di festività importate, più o meno barbariche. E allora cerchiamo almeno in noi, e se possiamo nei fatti, di ritrovare un valore nella correzione di una malattia sociale nuova, che si sta diffondendo nel mondo “opulento”, con apice pare fra i giovani giapponesi. Ricordiamo che una nostra gioiosità potrebbe essere vissuta in altri come dolore del’anima.

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