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RITA REMAGNINO

Voto, o non voto?

Tra i totem e tabù dell’attualità c’è Sua Maestà la Democrazia, e guai a metterla in dubbio. Quando invece sarebbe giunta l’ora di promuovere una seria critica della ragione democratica, a partire dal significato stesso della parola “democrazia”, che significa potere del popolo. Oggi nessuno può ragionevolmente sostenere che nel regime vigente il popolo detenga quote significative di potere, ristabilire tale elementare verità sarebbe dunque il primo atto rivoluzionario.

Il potere del denaro ha svuotato negli ultimi decenni la democrazia sino a trasformarla nel suo opposto. Partiamo dall’Unione Europa, dove il cosiddetto europarlamento emette norme e regolamenti che scavalcano il diritto nazionale in quanto resi immediatamente esecutivi in tutti i Paesi. E’ democrazia? A loro volta gli Stati, i cui governi sono espressione di maggioranze parlamentari costruite a tavolino attraverso l’ingegneria elettorale, mirano a conservare la “stabilità”, ovvero l’immobilità, architrave della nuova dogmatica democratica. E’ democrazia?

In questo clima ci avviciniamo all’appuntamento elettorale più atteso del 2018: le elezioni del 4 marzo. Forza Italia sembra ormai la sede di un dopolavoro ferroviario, piena zeppa di pensionati che giocando a briscola preparano il trappolone per Salvini e Meloni: prima si vince e poi si fa l’inciucio con Renzi per far piacere a Bruxelles e ai mercati. Il M5s ha finito per essere un partito come gli altri, dalla protesta alla poltrona, che dopo aver abbandonato il “salto di qualità” sognato dal compianto Casaleggio si accontenterebbe anche di esser primo partito e passare cinque annetti al calduccio in parlamento. Sul PD che ha toccato il suo minimo storico in termini di consensi e di credibilità residua non c’è molto da dire, parlano chiaro sei anni di fallimenti uno dietro l’altro.

L’alternativa ai Pinocchi di Stato che promettono tutto e il contrario di tutto sarebbe secondo alcuni l’astensione, ritenuta una “giusta punizione” per i politici incapaci, ai quali in realtà gli astenuti fanno un baffo: si può vincere in Italia, con questa legge elettorale, anche con il 40% del 10% di votanti a fronte del 90% di non votanti. Vero è che un’astensione dilagante farebbe sorgere un problemino dal punto di vista della legittimazione del Sistema, ma siamo sicuri che non sia un boomerang? In fondo, sono anni che l’establishment incoraggia la depoliticizzazione di massa, la cui conseguenza, insieme con il tramonto del pensiero critico, potrebbe essere appunto l’indifferenza per il dibattito pubblico e l’assenza di partecipazione attiva alla vita del Paese: minore è la partecipazione, prima si porta al massimo livello il governo della minoranza.

Anche l’astensione può essere dunque preda dei giochi sistemici, ritorcersi contro il popolo. Nell’attesa che si presenti sulla scena colui/colei che sarĂ  in grado di “meritarsi” il consenso della massa di astenuti, ci toccherĂ  pertanto andare a votare, anche questa volta e nostro malgrado, consapevoli in compenso di vivere in un Paese spogliato della propria libertĂ . Un Paese nel quale persino la decisione solidale di soccorrerci l’un l’altro, con politiche di piena occupazione e riduzione della diseguaglianza, ci viene formalmente negata da ormai sette anni. Listiamo a lutto sul nostro calendario mentale il 5 agosto 2011, giorno in cui la Bce uccise la sovranitĂ  nel nostro Paese, non per piangerci sopra ma per pensare concretamente alla nostra prossima resurrezione.

RITA REMAGNINO

07 Feb 2018 in Senza categoria

2 commenti

Commenti

  • Io voto.

    • Idem, probabilmente. Ma so solo io cosa mi costa.
      E non escludo che potrebbe essere l’ultima volta.

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