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ADRIANO TANGO

Anna Zanibelli: una promessa della narrativa

Il suo romanzo “il mistero del popolo del serpente” è frutto di una ricerca sui popoli celtico-camuni dell’età del bronzo che l’ha vista quale testimone diretta, scoperta per scoperta. L’autrice si guarda bene tuttavia, nonostante la profonda e rigorosa documentazione, dal farne un saggio: preferisce la via del romanzo d’avventura, che colpisca l’immaginario, e lasci un segno forte del suo amore per quelle valli; singolari, per fascino ed effetti di luce che fanno ben comprendere come abbiano ispirato credenze preistoriche di presenze divine, ma anche per visitazione da parte di personaggi storici, che vi hanno soggiornato anche a lungo, non certo solo per turismo.  Ricerca esoterica? O più venalmente di tesori occultati? Gli interrogativi che Anna pone sul campo, su cui lavora il suo assortito gruppo di auto-aggregati segugi archeo-storici.

Vi aspetto il 22.2. alle 21 alla biblioteca di Crema.

E il fatto che sarò io a presentare e dialogare con l’autrice, non fa differenza: il libro è ben scritto, si sta ponendo all’attenzione della stampa, e arricchirà le vostre conoscenze su fatti poco noti circa le origini di una misteriosa comunità umana lombarda, ideatrice del logo stesso della regione: la rosa camuna.

ADRIANO TANGO

19 Feb 2018 in Eventi

12 commenti

Commenti

  • Mi pare, Adriano, intrigante.
    Conoscendoti, presenterai il romanzo nel modo più efficace possibile: sei un grande affabulatore!

    • Sono solo un uomo curioso di tutto, che su molte ha un’opinione e che dice le cose con troppa sincerità.

  • Una presentazione molto interessante e gradevole, in una sede, quella della nostra Biblioteca, che sempre più sta ospitando eventi di buon affidamento. Grazie, Adriano, per l’invito. E complimenti per la conduzione. Da domani leggerò il libro, anche se mi hanno colpito stasera alcuni riferimenti che fatico a credere casuali. Magari leggendo capirò meglio. Ne parleremo, se credi. Dopo Cevo, Soresina e altri luoghi, era giusto presentare l’opera anche qui da noi. Mi spiace solo di essermi perso la lezione del corso di educazione all’economia. Certo che la citazione di Bernardo di Clairvaux all’inizio del prologo del libro, proiettata stasera su slide, è proprio in tema con l’articolo di Franco sui vandalici scempi di alberi sani perpetrati di continuo a Crema: “Troverai più nei boschi che nei libri. Gli alberi e le rocce ti insegneranno cose che nessun maestro ti dirà”. Non a Crema, dove si predica verde e si razzola a motoseghe.

    • Bello il controsenso;
      leggere un libro che ti dice che troverai più nei boschi che nei libri…
      Alberi e rocce ,,,Piantine e pietre.

    • ….grazie per la citazione ….”fuori spazio”, Pietro. Bisogna richiamare l’amministrazione a maggior sensibilità e riflessione prima di interventi irreversibili sul patrimonio arboreo cittadino! Io l’ho fatto, facciamoci sentire.

    • Certo, Francesco, pienamente d’accordo, soprattutto dopo la Coop, via Bottesini, il piazzale della Stazione e le altre vicende arboree cittadine. L’ammaloramento degli alberi: spesso si può prevenire o ritardare con cure adatte. I rami che rischiano di cadere: in genere basta un governo ben fatto dell’albero. Le frasche che disturbano i camion scorrazzanti: eravamo una piccola Venezia, vogliamo diventare una grande via Toffetti? Soprattutto, basta politica del fatto compiuto: ti svegli un mattino e trovi il colpo di mano, alla faccia di tanto esibito partecipazionismo condivisionista. Ho anche trovato interessante il commento di Alvaro Dellera.

      Sul libro di Anna Zanibelli, che ho finito di leggere giorni fa, tutto chiaro. Non entro nel merito di forma, contenuto e altro ancora in termini narrativi, non essendo un esperto di letteratura italiana contemporanea. Di certo mi ha fatto venir voglia di andare nei posti descritti e approfondire alcuni elementi del racconto. Magari, mentre altri visitano a Crema i luoghi di Guadagnino, ci saranno cremaschi che visitano in Val Saviore i luoghi di Zanibelli.

  • Grazie a te Pietro, Rita, Gigi e Mariangela, tutti quanti contesi fra più eventi hanno scelto questo, puntando su un nome nuovo, ma la cosa più bella è aver scoperto un giovane narratore e seguirlo nella sua crescita, di nome e di stile letterario.

  • Per graziano Calzi: carina l’osservazione, ma ovviamente è un’estremizzazione. Tuttavia una lettura profonda si può trovare in natura, ma dipende dalla capacità di capirne il linguaggio, mentre un libro ha fra i suoi pregi quello dell’accessibilità. Vale al proposito la metafora di Hermann Hesse di un singolo pelo di cervo rimasto impigliato in un cespuglio: cosa posso capirci io e un altro cittadino qualsiasi e quanto può informare un cacciatore esperto sulle caratteristiche, sesso, età e attività di quello specifico cervo (dal gioco di perle di vetro, se non sbaglio).
    È sempre il discorso della capacità estesa, progressiva e trasmissibile del pensiero occidentale e della conoscenza olistica ed immediata orientale, e per i sostenitori della posizione di quello “antico-naturistico” (anche qui sto estremizzando).

  • Grazie per la risposta, ma soprattutto per l’accenno al “Gioco di perle di vetro “,
    che sono andato ad indagare e mi è stato di grande aiuto.

  • Ho frequentato i luoghi di cui parla Anna da quando ero bambino fino all’adolescenza e li ho riscoperti sotto un’altra prospettiva, direi molto più interessante rispetto a come li ho vissuti in quegli anni. Allora il mio interesse era per ben altre cose e il contorno naturale e storico c’era ma non lo vedevo, non era importante. Potrei raccontare, su quelli di Anna, mille aneddoti, ma mi limito a testimoniare, dall’alto della conoscenza del mondo e delle esperienze per i molti anni ormai passati da allora, che ho avuto un sussulto di meraviglia e insieme di nostalgia per non essermi accorto in tempo di quello che c’era. Ma questa è la vita e non ci si può fustigare per non aver colto quell’attimo, ne ho colti altri, certo è che si è risvegliata in me la voglia di tornarci. Vorrei invece, per non commentare tutto il libro, citare una cosa che ho trovato interessante: l’utilizzo del termine Ouroboros, ovvero il simbolo del serpente che si morde la coda, una simbologia molto citata dagli scrittori, che spinge a infinite interpretazioni. Alcuni lo associano al ciclo della vita, altri alla metafora del moto infinito, dell’eternità, Vasquez Montalban, da convinto comunista, ne fa la metafora del capitalismo che mangia se stesso, come poi è avvenuto, ma Anna, devo dire, ne fa una personalissima interpretazione, calando perfettamente la simbologia nel contesto ambientale, romanzesco e intrigante del libro.
    Brava Anna

    Sergio Cigoli

  • Una bella testimonianza, Sergio, e una chiave di lettura del romanzo.
    Quanto alla metafora del capitalismo che magia se stesso mi pare azzeccata.
    Una metafora che potrebbe essere applicata anche alle tecnologie digitali in corso, di sicuro pilotate dal capitalismo. Un acuto studioso parla del SOFTWARE CHE SI STA MANGIANDO IL MONDO”!

    • Certamente Piero, nessuno lo nega, le nuove tecnologie ben vengano, ma che vengano in aiuto e non diventino esse stesse protagoniste, il deus ex machina deve essere sempre l’uomo perchè è l’unico che la natura ha dotato di intelligenza. Bisogna che ce lo mettiamo bene in testa che se sbagliamo sono cavoli nostri, non è come con il computer dove basta UNDO per rifare tutto, non funziona così, il computer o l’automobile non funzionano da soli, come la pistola non spara da sola, solo l’uomo è in grado di decidere quale sia il pulsante da schiacciare e se sbaglia paga, non si torna indietro. Purtroppo, soprattutto i giovani non si lasciano più stimolare, sono assuefatti a questo andazzo, non si incazzano più con i genitori, che a loro volta non si incazzano più con i figli. Forse è arrivato il momento che tornino a desiderare guide umane, a pensare che la tecnologia è pur sempre e solo uno strumento.
      Sergio Cigoli

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