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IVANO MACALLI

BULLISMO

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Michele Serra nella sua Amaca del 20 Aprile: “il livello di educazione, di padronanza dei gesti e delle parole, di rispetto delle regole è direttamente proporzionale al ceto sociale di provenienza”. Inutile dire delle reazioni sul web. Da una parte il giornalista, dall’altra, coesi, i fomentatori di quel populismo imperante uscito dalle ultime elezioni. Tema non da ridere, e da non sottovalutare, che rimette in gioco tutta una cultura di sinistra che come niente rischia di apparire snob, radical chic, classista al contrario. Istintivamente, e dati alla mano, verrebbe da dire che Serra ha ragione. Riflettendoci invece verrebbe da dire, allargando la riflessione, che forse in questi decenni tutti hanno sbagliato: un assetto sociale ormai trasformato e che inevitabilmente rimette i discussione le categorie utilizzate per analizzare quello che rimane di cultura, politica, istruzione, educazione, valori, popolo, massa. Chi ha ragione?

 

IVANO MACALLI

23 Apr 2018 in Senza categoria

13 commenti

Commenti

  • ….credo che stiamo raccogliendo a piene mani i frutti di quanto abbiamo seminato/continuiamo a seminare anzitutto sui media (TV ovviamente in primis) in tema di violenza, aggressività, mitizzazione dei furbi, degli arroganti, dei mafiosi, con relativi comportamenti improntati a violenza verbale e fisica vincente.
    Le “agenzie” formativo/educative che quando ero adolescente erano nell’ordine la famiglia, la scuola, la società frequentata (ovviamente in relazione alla “classe sociale” di appartenenza, e non ci ho messo la “parrocchia”, che ho frequentato poco/poco, ma c’era ah, se c’era!) hanno cambiato radicalmente l'”ordine di classifica”, soprattutto in relazione alla prevaricante irruzione degli smart phone (addirittura dalla ….. scuola per l’infanzia), l’accesso ai “social” e quant’altro (senza “protezione” alcuna) relativo.
    Le “agenzie educative” che ho citato, si sono trovate di fatto totalmente impreparate ad affrontare la totalmente nuova sfida socio/educativa e la caduta “valoriale” è stata “verticale”.
    Gli obiettivi educativi che nelle scuole frequentate dai figli delle “classi sociali” di ….”secondo piano” erano già 30anni fà (vedi “Progetto 92” nei “professionali”) anzitutto e prioritariamente di “recupero delle motivazioni” non solo sono rimasti insoluti, ma anzi hanno trovato nella “miscela esplosiva” alla quale ho fatto riferimento sopra, occasione di esplosione in fatto eclatanti, esaltati (e, addirittura “motivati” ) dalle occasioni di “esibizione” in rete in …tempo reale, con effimera , esaltante occasione di “delirio di onnipotenza”!
    E …..non se ne esce!
    Prendersela con l’ottimo Michele Serra, a mio parere è la solita storia del …..dito che indica la luna!

  • Che la tecnologia sia servita principalmente a spappolare i cervelli degli esseri umani mi sembra che sia ormai chiaro a tutti. Essa è molto più insidiosa dell’eroina che qualche decennio faceva strage tra i miei compagni di scuola poiché s’insinua dentro di te lentamente, ti penetra, ti possiede senza che tu te ne accorga, rendendoti inconsapevole del tuo annullamento. Qui siamo di fronte a un’umanità intera che si è bevuta il cervello: il ragazzino viziato e beota, i genitori che lo difendono per difendersi, l’insegnante privo di polso e totalmente in balìa degli eventi, il preside che invece di bocciare l’alunno (perché qualche pirla/esperto ha suggerito ai politicanti che bocciare è inutile e dannoso?!) lo sospende per un paio di settimane, il ministro dell’Istruzione che non “impugna” la decisione ma si attiene ad essa. Mi chiedo quale essere umano sano di mente potrebbe scegliere di vivere in una società scombinata come questo, che sarà pure il frutto dell’idiozia di qualcuno.

    Ma per fortuna non funziona così dappertutto, solo in Italia si viene promossi per legge e il disagiato di turno può dire impunemente al professore “chi comanda qui? … mettiti in ginocchio”. Ve la vedete una scena del genere in Russia, Cina, India, Gran Bretagna, Europa dell’Est? Tanto per citarne alcuni, perché l’elenco sarebbe lungo.

  • Mi limito a richiamare l’attenzione a una… difesa appassionata e convincente (anche se parziale) della scuola, di Paolo Di Stefano, apparsa ieri sul Corriere della sera.
    Una difesa contro corrente.
    E’ vero, Franco, corriamo il rischio di vedere il dito e non la luna!

  • IL limite all’individuo, labile, è nella paura della reazione ella controparte. Un caso analogo l’ho seguito a Cema, da genitore: l’asembrea era allargata a studenti e genitori. I rappresentanti degli studenti denunciarono che “un senza palle così non si poteva avere in classe come professore”. Capito? già 20 anni fa era deninciata l’incapacità di reazione. Certo che ora la reazione ti può costare una coltellata a scena aperta, ma la classe docente va educata anche in questo senso. Un pulsante antisommossa, di richiesta i aiuto, sarebbe semplice e dissusasivo, economico, e quantomeno necessario. L’episodio che cito è i 15 anni fa’, ma nel sessantotto era già di moda picchiare i vecchietti! Vacemmo addirittura un filmino denuncia amatroiale (con i vecchi super 8) sull’argomento. Chi ha memoria mi spieghi come il fenomeno si è spento: riversando la violenza in fome più eclatanti?
    Penso che individui e società debbano sempre e comunque ricordare il “dovere sferico espositivo” (mi capite vero?)

  • Un pulsante antisommossa, Adriano? Io consiglierei piuttosto il blackout del telefonino, per lo meno durante le ore scolastiche, come avviene in gran parte dei Paesi che non hanno frainteso la libertà personale con l’anarchia totale. E’ stato un errore madornale (sempre ammesso che la cosa non sia voluta) quello di mettere la tecnologia nelle mani di tutti, bambini e adulti, ignoranti e intelligenti, così che alla fine l’umanità s’è bruciata i neuroni, e i cosiddetti “nati digitali” quelli che non conoscono altro mondo che questo, sono senz’altro i più problematici.

    Ho letto l’articolo suggerito da Piero, in cui forse era superfluo rimarcare che non tutti gli studenti prendono a sberle l’insegnante, perché questo è ovvio. Al di là delle solite cose dette e ridette, nonché ampiamente risapute, credo comunque che oggigiorno ci voglia del coraggio a “sostenere la causa” degli insegnanti che sono senza ombra di dubbio dei privilegiati. A differenza di tutti gli altri dipendenti pubblici, ugualmente malpagati, lavorano 18-24 ore alla settimana a fronte delle 36 ore canoniche, hanno ferie/vacanze chilometriche, giorni di riposo infrasettimanale, permessi e benefit. Grazie al fatto di essere stati per decenni (ora non più) il bacino elettorale del Pd, ex Pds, ex Pci-Dc, margherite ed altre specie arboree, sia i docenti di ruolo che gli Ata hanno inoltre mantenuto il “vecchio” scatto di anzianità salariale, tolto invece agli altri dipendenti pubblici. Chi glielo va a dire ai figli del Jobs Act, che lavorano quasi senza tutele per € 3,60 all’ora, che gli insegnanti sono una categoria in sofferenza? Indubbiamente le ultime generazioni studentesche sono difficili, ma questi giovani selvaggi senza regole e senza educazione, che scaldano i banchi della scuola con risultati spesso appena sufficienti, ce li ritroviamo tutti quanti dappertutto, nei metrò come nelle strade e sulle spiagge, e tutti dobbiamo subire le loro prepotenze, tra l’altro senza essere pagati.

    Il bullismo è presente dentro e fuori dalle scuole, dove gli anziani vengono sbeffeggiati e derisi, quando non addirittura gettati in mare per divertimento, le ragazzine vengono stuprate dal branco, gli omosessuali malmenati e gli handicappati postati su Instagram in pose grottesche per strappare la risata. E’ cronaca di tutti i giorni, per questo bisogna intervenire con mano ferma e decisa. Il tempo della mediazione è finito. Anche la legislazione penale dovrebbe adeguarsi ai tempi poiché chi non paga tende a reiterare il reato.

  • Un’ottima iniziativa.
    Grazie, Renato, della segnalazione.

  • Non avendo mai insegnato, Rita, non puoi immaginare con quanta passione e sensibilità la maggior parte degli insegnanti lavora nella nostra scuola e il numero incalcolabile che dedica alla sua professione (ben oltre le attività connesse all’insegnamento), anche mediante la disponibilità a gestire “classi virtuali” con cui, oltre le ore di cattedra, oltre le ore per gli organismi collegiali, fanno un insegnamento personalizzato, dando i compiti ad hoc e correggendoli online.

    So bene che non tutti sono all’altezza (come in ogni settore), ma posso dire, sulla base almeno della mia esperienza, che la maggioranza si merita ben di più delle briciole del contratto appena firmato.
    Certo, tutto dipende dalle risorse disponibili, ma si tratta sempre di scegliere le priorità: la scuola è una delle priorità assoluta perché è qui che si formano i giovani che si troveranno ad affrontare, volenti o nolenti, con le sfide delle nuove tecnologie.

  • Piero, anche un giudizio sprezzante, ma soprattutto superficiale, è bullismo.

  • Perugia si è mossa in anteprima su tutta la nazione per la sicurezza, con comitati di cittadini organizzati, e molta informatica di collegamento, mentre la Lega faceva manifesto propagandistico delle ronde. Non c’è bisogno di dire, basta fare. La percezione di trovarsi non di fronte a un individuo ma a una catena umana lentamente si fa strada nei malintenzionati o semplicemente nei fuori regola. Basta applicare la legge dell’anti-fatti -propri, anche se dovesse costare una violazione della privacy, per esempio guardando in casa di un vicino. Il disinteresse è una forma di omertà e quindi di avallo dell’illecito, bullismo o meno. La catena umana funziona come dissuasore contro la ritorsione.
    Conosco un paese dove sono scomparse improvvisamente le presenze ROM sospette, quando i cacciatori hanno preso l’abitudine ad andare a caccia di notte, e non è un reato attraversare una strada urbana armati per recarsi in un teitorio di caccia. Non è mai stato sparato un colpo.

  • Caro Piero, io ho insegnato per ben quattro anni prima di decidere di scivolare verso l’apparato amministrativo e burocratico dello Stato, ho dunque esperienza di entrambi i mondi e non parlo per sentito dire. A questo proposito, considero il “secondo” dei mestieri che ho fatto decisamente più faticoso e impegnativo. Anch’esso richiede “passione e sensibilità”, competenza e aggiornamento incessante, se lo si vuole fare bene, ma è chiaro che tale discorso vale per qualsiasi lavoro, manuale o intellettuale che sia.

    http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/?p=24839

  • Non ho possibilità di fare raffronti, Rita.
    Mi limito a ribadire che sulla scuola non si possono scaricare le colpe di altri (e non solo dei politici), che nella scuola si debba “investire” molto e non tanto in tecnologie, quanto nel “capitale umano” che è rappresentato dagli insegnanti.
    Sono numerosi ormai i Paesi che hanno capito il ruolo strategico della scuola, anche nell’ottica della “formazione permanente” di fronte ai continui shock che saranno determinati sempre più dalle tecnologie digitali.
    Ma siamo alle solite: una questione di risorse finanziarie e di scelta delle priorità e, soprattutto (sto insistendo a iosa) di volontà politica nel reperire le risorse che pur ci sono.

  • Non so, Piero, se il progressivo degrado della scuola sia una questione di reperimento di risorse finanziarie. Se così fosse, non si spiega per quale motivo tale decadimento riguardi con poche differenze quasi tutti. Forse siamo arrivati al dunque: la fine dell’illusione del progetto istituzionale che ha ispirato tutta l’enorme macchina del sistema educativo occidentale.

    Praticamente ovunque, persino nella prestigiosa Berkeley, dove lo studente paga circa 60.000 dollari l’anno di tasse scolastiche, gli studenti sono sempre più ingestibili e la scuola langue. Probabilmente è stato un grave errore trasformare gli istituti scolastici in bar: il cliente entra, chiede ciò che vuole in quel momento, non quello che il barista ritiene sia meglio per la sua salute futura, e se il barista gli nega il permesso di mangiare con le mani il cliente può rivolgersi a un avvocato e rovinare la vita al barista.

    Nelle scuole d’Occidente sono ormai completamente assenti autorità e autorevolezza, caratteristiche che nulla hanno a che fare con l’autoritarismo ma che pure sono ingredienti essenziali del processo educativo. Dopo decenni di maestre-mamme e professori-mamme, si comincia ad avvertire la necessità dei padri. Le famiglie soffrono dello stesso male, non si capisce chi fa cosa, chi dovrebbe stabilire le regole e chi le deve osservare. E’ la società liquida. Un rebelot.

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