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ADRIANO TANGO

Scienza, Musica e Irriverenza

L’occasione per proporvi queste riflessioni mi giunge dal centenario della nascita di Dick Feynman: 11.5.1918. Certo, direte, potevi pensarci la settimana scorsa!, ma il momento era troppo caldo di novità, nazionali e nella vita di Cremascolta, per trovare spazio. L’associazione in copertina di Dick al bongo con lo zio Albert alla chitarra elettrica non è casuale: genio e musica vanno spesso a braccetto, e già in altri post dedicati da Einstein l’ho presentato in simbiosi con il suo violino, tanto da fargli dimenticare di mangiare nelle sue pause di evasione dalla riflessione profonda.

E così anche il nostro Dick, in un seminario informale dell’Università di Rio de Janeiro, dimentica di parlare all’uditorio di fisica quantistica, e si esibisce in un concerto per percussioni.

E le similitudini non finiscono qui: come per Albert la realtà nuova, la scoperta, si presentava prima sotto forma di immagine, che poi doveva, spesso aiutato, prendersi la briga di tradurre in termini matematici, così era per Dick, che “vedeva” la realtà sottile, prima di formularla, ed era spesso sorpreso a disegnare forme incomprensibili: toccava sempre a una “spalla” Dyson, capire cosa avesse in mente, e svelare queste verità al mondo scientifico, sotto forma dei suoi famosi diagrammi. E così fece quando spiegò i motivi della tragedia dell’esplosione del Challanger (1976 a 73 secondi dal lancio): prese un bicchiere di acqua ghiacciata e ci mise dentro una guarnizione di gomma. Solo dopo che l’immagine si era fissata nelle retine dell’uditorio iniziò la sua spiegazione.

Ma forse l’elemento più eclatante di similitudine fra i mosti sacri del pensiero fisico-quantistico dello scorso secolo sta nella loro originalità involontaria. Già Albert non ci scherzava: sarà vero l’aneddoto che narra che, tornando a casa e leggendo il suo stesso cartello in cui avvertiva “torno più tardi”, se ne sia andato mormorando “vuol dire che ripasserò”? Ma gli episodi sono tanti, e l’etichetta di “scienziato pazzo” ha le sue basi. Dick fu definito da Freeman Dyson “mezzo genio e mezzo buffone”.

E che dire di Paul Dirac? Basti pensare al titolo di un libro dedicato alla sua vita “L’uomo più strano del mondo”. Un giorno, mentre teneva una relazione fu interrotto da un ascoltatore che affermò: “Non ho capito”. Paul continua imperterrito, e quando il Moderatore gli fa notare che non aveva risposto alla domanda, risponde candidamente: “Ma non mi ha chiesto niente, ha solo detto di non aver capito!”

A proposito non mi risultano sue competenze musicali, ma una nota band contemporanea si è ispirata alla sua fisica sin dal titolo dell’ultimo l.p.: il nesso tiene.

Tentiamo una sintesi ora: ma questi uomini erano davvero così fuori dalle righe? O “ci facevano” per creare il personaggio? Non sono così irriverente, credo si tratti di semplice innocente individualismo. Perché la risposta ce la da Dick stesso, quando afferma: “Ho un’intelligenza limitata e l’ho usata in una particolare direzione”.

Chiaro? Non avevano tempo da perdere ad uniformarsi al modello vigente di uomo medio, seguivano un sogno, e se ognuno di noi si guardasse dentro sinceramente e scoprisse quante energie spreca per uniformarsi, tentando di scalare il suo obiettivo protetto da una sorta di mimetismo, sapremmo finalmente di essere tutti “pezzi unici”.

Ma questa doveva essere una celebrazione, non un saggio, e allora non mi resta che unirmi simbolicamente a quegli studenti che scalarono alla sua morte un alto edificio di Los Angeles, quello della Milkman Librery, per appendervi un grande striscione con la scritta: «WE LOVE YOU, DICK! »

ADRIANO TANGO

21 Mag 2018 in Scienze

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