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WALTER VENCHIARUTTI

IL TEMPO DELLA FESTA

Fino al 10 giugno resterà aperta presso Sala Agello al CCSA di  Crema la mostra   “IL TEMPO DELLA FESTA” organizzata dal FOTOCLUB  Crema-Ombriano con immagini  di  Luigi Aloisi, Marco Mariani e Pietro Mognetti.  Il tempo della festa  non è omogeneo, lineare, progressivo ma   come hanno  insegnato Mircea Eliade e Karl Karényi , è un tempo  liquido, circolare, ripetitivo. Ė  legato al  ciclo dell’eterno ritorno. Per dirla alla Le Goff esiste un tempo  della chiesa e del mercante, un tempo soggettivo  e complesso.  La festa nasce essenzialmente come momento religioso basato  sul rapporto uomo-Dio. La parola  sagra deriva da sacro ed costituisce  un momento composito. Il  divino  si mischia al profano  nel  ricorso al gioco, al divertimento , all’alimentazione. Homo ludens e homo faber coesistono nelle FESTE TRADIZIONALI. L’omo della festa invoca il divino per tutelare il lavoro.   LE FESTE PRIMAVERILI prima dedicate alla Grande Madre e poi alla Madonna ( S. Maria del Marzale, S. Maria della Croce, Madonna della Pallavicina) sono volte a propiziare il raccolto, mentre LE FESTE AUTUNNALI si celebrano all’insegna  del  ringraziamento.

Le immagini delle festIvità cremasche presentate  in questa festa hanno per oggetto la contemporaneità.                                                                                                                 

    Sono:                                                                                                                                                 

   -FIERE, dove predomina l’aspetto ludico (bancarelle dei dolci e dei giocattoli, giochi e  giostre );

 – RAPPRESENTAZIONI  RELIGIOSE , che hanno preso in parte il posto delle liturgie religiose (il presepe di  Vailate, la Via Crucis di Palazzo Pignano, la processione sul  fiume (Montodine); 

  -MOSTRE LAICHE, compaiono con esposizioni degli  animali allevati,  attrezzi agricoli, mestieri,  stand commerciali (Vaiano, Sergnano).

Le belle immagini fotografiche presentate in questa mostra assommano la capacità tecnica, la professionalità artistica alla straordinaria passione degli esecutori. Il visitatore viene introdotto in un tour turistico tra i vari paesi del Cremasco dove può ammirare l’inventiva  espressa da ogni  singola comunità. Si tratta quindi di  veri documenti  di  storia contemporanea, segnali  e specchi, anima  di un passato che si rinnova alla luce di una ben definita coscienza identitaria.

WALTER VENCHIARUTTI

03 Giu 2018 in Mostre

3 commenti

Commenti

  • Foto davvero professionali e di grande efficacia.
    Tra le più affascinanti quelle… notturne di Castelleone, di Montodine e del Marzale.
    Begli affreschi che hanno come oggetto la nostra storia, le nostre tradizioni, le nostre radici, ma anche il nostro presente (vedi le “rappresentazioni” religiose).

  • ndr: inserisco un contributo inviato dall’amico Emilio D’Ambrosio – ft:

    Carissimo Walter
    ” IL TEMPO DELLA FESTA è un tempo liquido circolare, ripetitivo legato al ciclo dell’eterno ritorno. Esiste un tempo della Chiesa e del mercante, un tempo soggettivo e complesso”.
    Feste tradizionali, feste primaverili, feste autunnali. “La festa nasce essenzialmente come momento religioso basato sul rapporto uomo-Dio”.
    Eg r. Walter, le tue dotte considerazioni antropologiche sulla festa mi hanno catapultato indietro nel tempo: nel 1982 a Seggiano, quartiere del comune di Pioltello e a Vailate dove mi sono trasferito con la famiglia. Infatti, nel 1992, con la presentazione di CINZIA FONTANA inizia la mia collaborazione al giornale Verdeblu. D’Ambrosio, scrive la dott.ssa Cinzia “offre la sua disponibilità a portare nel nostro paese l’esperienza da lui vissuta nel comune di Pioltello, ove prima risiedeva. Un’esperienza ricca, attiva, in cui D’Ambrosio ha operato con impegno e volontà muovendosi in diversi ambiti, sociale, culturale e amministrativo … Queste esperienze sono state accompagnate da vari scritti e documenti di cui ha seguito la pubblicazione …”. Tra i vari testi è stato pubblicato su “Verdeblu, luglio ’93 n.5″, rielaborato per la realtà di Vailate, un mio articolo titolato ” SIGNIFICATI E VALUTAZIONI DELLA FESTA”.
    ” L’antropologa IDA MAGLI, studiosa di realtà umane e culturali, in uno scritto del dicembre 1978, riprodotto nel libro ” Alla scoperta di noi selvaggi” analizza in modo critico la festa.
    Afferma che essa “E’ l’espressione culminante di una collettività che si riconosce come tale, è strumento di intensificazione del sentimento di appartenenza comunitario, con cui per mezzo del comportamento ritualizzato e collettivo, gli individui si esprimono e si costituiscono come comunità”.
    La festa è anche fuga, evasione, momento di rottura di fronte alla disperazione della vita quotidiana … Il potere, anche nel nostro sistema democratico, utilizza la festa per spostare la coscienza della gente dai problemi reali reali e per mascherare i meccanismi di funzionamento su cui si regge. Con questa operazione di manipolazione delle coscienze mira a
    – prolungare la sua conservazione,
    – rinnovare i consensi,
    – convalidare ed estendere la propria legittimazione.
    Ripropone la festa guardando al passato che esalta come momento di fondazione e giustificazione del presente. Ma in una democrazia sana e non malata come quella italiana, l’agire democratico, ha senso solo se riferito alla vita quotidiana, come aderenza alla realtà terrena della vita dei cittadini e dei suoi problemi, come impegno sempre uguale e costante nel tempo. Risultano pertanto strumentali l’agitazione di vecchi e nuovi fantasmi e i continui richiami e rinvii a realtà passate e future al di sopra e al di fuori del vissuto quotidiano delle persone”.
    Questa è la premessa apparsa, nel lontano 1982 sul giornalino ” CORRERE, n. 6 dell’Atthletic team Seggiano”.
    Grazie! Congratulazioni per la bella e stimolante mostra fotografica ricca di suggestioni. All’osservatore attento non è sfuggito il divenire dell’umanità con il fluire del tempo e dello spazio.
    Cordialmente Emilio

  • Che significa che “la festa è finita”. Il senso di comunità, di appartenenza, “le sagre di paese” non appartengono più al presente. Scomparse dall’immaginario di chi non aspettava che quello, la cultura e civiltà rurali, tutto ha ceduto il posto a globalizzazione, megalopoli, concentrazione che hanno distrutto qualsiasi tessuto sociale. E i tentativi, scomparsi i quartieri nelle città, anche piccole come la nostra, di rivitalizzare vecchi borghi collinari o montani, i nuovi mestieri del ritorno alla terra, sono una goccia nel mare della disgregazione sociale. In questi giorni a Venezia, ormai luna park mondiale, si sono viste lunghe tavolate indigene a riempire le calli, campi e campielli di alcuni quartieri, a rivendicare un orgoglio autoctono contro il turismo selvaggio, le navi da crociera e un turismo mordi e fuggi o da turismo immobiliare che hanno cacciato tanti veneziani nell’entroterra e oltre dopo la speculazione immobiliare di chi ha i soldi per vivere in un museo per diventare mummie anche loro, animali in gabbia o da esposizione artefici dell’esclusione umana che hanno generato. L’importanza è distinguersi, e gli altri ormai ridotti a povere comparse che avranno il loro bel da farsi a ricostruire la propria identità.

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