menu

RITA REMAGNINO

Soldi, Soldi, Soldi

Non ho mai visto in vita mia il Festival di Sanremo né ho intenzione di cominciare a farlo. Non tanto per una forma di ostentato snobismo ma perché la canzonetta non è il mio genere. Sono nata ascoltando rock e morirò ascoltando rock, a ognuno il suo destino. Anche non volendo, tuttavia, in tempi iper-mediatici come questi si è costretti a sorbirsi ciò che mai si vorrebbe, e così anch’io facendo zapping tra i Tg sono venuta a conoscenza della polemica scoppiata attorno al vincitore del Festival, mezzo magrebino e forse gay, citato anche dal sindaco Sala come “esempio d’integrazione”, che sarebbe stato scelto dalla giuria per motivi “politici” anziché per qualità canore. Tralasciando tutto il resto, lungi da me l’idea di approfondire la questione, mi limito ad osservare che voce e canzonetta sono davvero pessime. Non capisco come si possa erigere a bandiera dell’italian style un testo che parla di un figlio di buona donna che abbandona moglie e figlio per fare soldi. Onore e gloria al blu dipinto di blu e ai cieli in una stanza, che la memoria li conservi.

Può darsi che non c’entri nulla ma, assistendo a questo scempio, il mio pensiero è corso automaticamente ai danni irreparabili prodotti da decenni di sotto-cultura globale e cosmopolita. Dopo di che mi è tornato in mente un documentario apocalittico in voga tra noi liceali del secolo scorso, il cui titolo impronunciabile era “Koyaanisqatsi”, che nella lingua “hopi” significa «vita pazza, folle, squilibrata, in via di disintegrazione», o, comunque, una condizione che richiede un urgente cambio di passo. Alla fine del cortometraggio una sequenza rapidissima d’immagini della civiltà contemporanea, senza trama né dialoghi, terminava con una citazione di un tale Leopold Kohr, un pensatore austro-americano quasi sconosciuto ai più, il cui slogan preferito era: piccolo è bello.

 

Già allora Kohr metteva in dubbio il mondo globalizzato e tutto ciò che in esso era gigantesco, sproporzionato, esagerato, dilatato, planetario. In una parola, complicato. Il perché era presto detto: il troppo stroppia e, inevitabilmente, finisce per scoppiare. Un pensiero mirabilmente rappresentato dal mondo attuale segnato dal gigantismo messianico e dall’ipnosi tecno-totalitaria, ma che calza anche all’idea della formazione di «grandi imperi» che segnò il percorso proiettato all’autodistruzione di molte grandi civiltà del passato.

Qualsiasi filosofia politica unificata e fondata intorno alla grandezza ha vita breve in quanto proprio la grandezza rappresenta un rischio enorme. Non c’è problema che non abbia la sinistra tendenza a crescere geometricamente con la crescita dell’organismo di cui fa parte, all’opposto della capacità dell’uomo di fare fronte ad esso che, per quanto possa essere estesa, procede aritmeticamente.

 

Se in uno spazio delimitato l’esistenza è facilmente armonica, in una società che si sviluppa oltre la sua taglia ottimale i problemi superano le facoltà umane che sono necessarie per risolverli. Nessuna ideologia della pace, nessuna «cultura dello spirito», può essere sviluppata in una baraonda di forme, suoni, odori e sapori dentro cui, al massimo, ci può stare il grigio Regno della Mediocrità, della sterilità culturale, musicale, artistica e, naturalmente, spirituale. Il mondo di oggi è l’opposto di quello che fu l’Isola Bianca per la Stirpe Aurea molto, molto tempo fa. E se ci ripensassimo?

RITA REMAGNINO

11 Feb 2019 in Attualità

20 commenti

Commenti

  • Suppongo dipenda da quello che cerchi e sostieni…
    Filtrando moscerino e cammello il festival è un’ importante fonte culturale.

    • Io, però, vorrei conoscerlo quello che cerca qualcosa dentro qua :

      “Soldi, Soldi, Soldi, tanti soldi
      Beati siano soldi
      I beneamati soldi perché
      Chi ha tanti soldi vive come un pascià
      E a piedi caldi se ne sta
      Soldi, Soldi ovvero Barba Braschi
      Ti danno donne e whiskey,
      salute e figli maschi perché
      Chi ha tanti soldi vive come un pascià
      E a piedi caldi se ne sta
      Prendi, spandi e spendi
      Non domandare da dove provengono
      Dindi, tanti dindi
      Che nelle tasche ti fanno din-din-din
      Soldi, Soldi, Soldi, toccasana
      di questa quotidiana
      battaglia della grana perché
      Chi ha tanti soldi vive come un pascià
      e a piedi caldi se ne sta. ”

      “Non domandare da dove provengono i soldi”, dice. E noi stiamo qui a parlare di tasse, quota 100, reddito di cittadinanza e caccia al lavoro nero …….. Certo che se gli adulti premiano questa schifezza, poi chi glielo dice ai ragazzini che la realtà è un’altra? Ci sta la canzoncina che non sa di niente, il ritornello mieloso e/o spiritoso, il testo un po’ scemetto, irriverente e/o inconcludente, ma qui siamo al delirio che rasenta l’istigazione a delinquere. Nessun diligente magistrato indaga chi diffonde questi messaggi (via Rai) per circonvenzione di incapace?

  • Non conosco, Rita, le ragioni della giuria, ma di sicuro (o almeno credo) se questa ha scelto la canzone “Soldi” non è per il testo (che è tutt’altro che edificante): immagino per chi rappresenta, un egiziano (?) di seconda generazione nato e vissuto in Italia (vissuto nelle periferie dove ha respirato i valori delle periferie).
    Non ho compreso, comunque, il clamore che si è fatto per l’origine di suo padre: è un giovane italianissimo.

    • Se il premio riguardasse il testo, sarebbero tutti da legare e portare via. Non riguarda nemmeno la voce, che è pessima, calando un velo pietoso sulla “musica”. Se davvero hanno premiato il sardo-egiziano cresciuto a Gratosoglio in quanto tale (sembrerebbe di sì), allora siamo proprio alla frutta. Anzi, al dessert. Poi non si stupiscano i giornalisti global-chic se il popolo (che aveva votato tutt’altro) non li può vedere e non legge le cretinate che scrivono. Ma perché vanno sempre a cercarsela, io mi domando e dico? Possibile che non capiscano? Sono così ottusi?

    • Fammi capire, Rita!
      Ti sei lanciata in un anatema contro la canzone “Soldi” vincitrice del 69° Festival della canzone italiana, vinto da un giovane cantante, praticamente esordiente che tu individui così: “mezzo magrebino e forse gay”! (sic!), giudicando poi cantante e canzone :”….voce e canzonetta sono davvero pessime” e poi, di seguito, metti il tutto in relazione con il testo di una canzone del 1961 (…..vestivamo alla marinara!) di Betty Curtis dal titolo solo simile “Soldi, soldi, soldi”, con un giudizio etico/morale (su quale canzone? Quella di Betty o di Mahmood? O tutte due, una del ‘962 e una delo ‘019) “…..Certo che se gli adulti premiano questa schifezza, poi chi glielo dice ai ragazzini che la realtà è un’altra?”. La “realtà” di Mahmood è senza dubbio quella! Non so se quella di Betty Curtis fosse quella, e cmq credo proprio che ai nostri ragazzini, della canzonetta del ’61 non gliene possa ……. !
      Davvero non capisco! Dai, spiegati ….. se vuoi.
      Non so, forse perchè testo, cantante, musica, hanno preso la mia attenzione, uscendo dai soliti accordi (cfr Jannacci ’94), dai soliti schemi nostri, centro europei, costringendomi, anche sul rutilante palcoscenico dell’Ariston a ….. “sporcarmi le orecchie e gli occhi” con qualcuno che nell’immaginario si collega a quella realtà che si vorrebbe, si vuole ignorare, portandoci ad avvallare l’indegnità della nuova shoa praticata nel “mare nostrum”, alla quale accordiamo l’esistenza.
      Il testo poi ( tu Rita, animatrice …..”recidiva” di eventi che coinvolgono, incentivano “poeti”, spesso esordienti, con i loro testi , le loro proposte, spessissimo fuori dagli schemi comunicativi usuali!) mi è parso davvero moderno, a flash graffianti, assai comunicativo e supportato da una musica quanto mai adatta al ….”messaggio”!
      A dire il vero un’altra canzone (“Rolls Royce”) l’altra portata in palmo di mano in TV da Fazio Fabio (mah!) nel suo “salotto buono” della domenica sera, quella si mi ha fatto sbattere contro il degrado cultural/esistenziale dell’esaltazione della perfidia assassina della droga che oramai si diffonde a piene mani ad ammazzare la vita dei nostri ragazzi. https://www.independent.co.uk/news/uk/rolls-royce-ectasy-pills-16-year-old-boy-dies-halloween-rave-gwytherin-hp-fest-a8026116.html
      Quella si, nelle immagini (quel volto massacrato di tatuaggi), nel modo, nel testo, nei suoni, scostumatamente di pessimo esempio per i nostri “ragazzini”!
      “SanRemo” è ormai un appuntamento rituale per la “canzonetta italica” assai significativo per un Paese, come il “buffo stivale” in cui la musica, il canto, più o meno popolare, più o meno serio/serioso, fa parte del portato culturale che ci portiamo (ops!) dentro.
      Anche l’immenso Enzo Jannacci ci andò addirittura quattro volte, a SanRemo, tra l’89 e il ’94, senza mai vincere, ovviamente, ma con un Premio speciale della Critica musicale, per l’interpretazione di una intensissima “La fotografia”, interpretata in copia addirittura con Ute Lemper!
      “Trattasi di conzonette”, diceva lui con un po’ di ….civetteria; e lui poteva permetterselo: diplomato in Conservatorio in pianoforte, cardiochirurgo specializzatosi prima in Sudafrica con Christian Barnard (scusate se è poco) e poi in America.
      Nato a Milano, padre nella Resistenza, nonno “terrone” immigrato da Bari, si, decisamente poteva permetterselo!

    • Franco la definizione “mezzo magrebino e forse gay” e social e non mia. Era una citazione. E se la canzone vincitrice di Sanremo per motivi “di opportunità” non fosse una schifezza non avrebbe preso il 14% di gradimento dai fanatici della canzonetta che pagano pur di poter esprimere il loro voto. Non stiamo a girarci intorno: va bene canzonette, ma almeno decenti 3e con cantanti che sappiano cantare.

  • Fosse anche questo il mio ultimo intervento, ma come si fa? Mahmood confuso con Betty Curtis e Alberto Sordi con un’informazione farlocca che nessuno nota, neppure il caporedattore esperto di canzonette. Curioso, che poi sarebbe bastato da parte della commentatrice una breve lettura per sgamare subito l’inattualità di un testo che magari cinquant’anni fa ci poteva stare, boom economico, tanto ottimismo, lontani anni luce da Tangentopoli, Berlusconi e i 49milioni della Lega. Molto spassoso tutto questo, se non fosse che la domanda sorge spontanea: non sarà farlocco anche tutto il resto? A meno che lo svarione non sia voluto. Si attendono spiegazioni.

    • Ivano, Rita ha forse preso il testo su Breitbart. Da Triulzi, Bannon avrà sicuramente seguito il festival di Sanremo … 😉

    • Rita, E non dimmi che Bannon non è più nella direzione di Braitbart. Ho voluto solo mettere insieme due delle tue fonti di ispirazione

  • E se provassimo a dare fiducia alla giuria..?
    Ho letto il testo di Mahmood…
    Chi l’ha scritto sapeva il fatto suo.

    • Non ci sono dubbi che chi ha scritto quel testo sapesse il fatto suo: è una perfetta operazione di marketing!!! Il povero Mahmood (bastava guardarlo in faccia quando l’hanno premiato) è la prima vittima del (pseudo)raggiro posto in essere dai soliti noti. Sempre più disperati, meglio Sanremo che niente.

      Oltre a ciò, qualche domanda sorge spontanea. Gli italiani si sentiranno rappresentati al prossimo Eurovision Song Contest di Tel Aviv, quando la vincitrice di Sanremo sarà la loro canzone-simbolo nel contesto internazionale? Sembra di no, visto che lo storico voto popolare degli appassionati del Festival gli ha dato un misero 14% di preferenze. Tra l’altro, il ragazzo oriundo sembra che in Israele non ci voglia proprio andare, per cui l’Italia, eventualmente, non sarebbe rappresentata per la prima volta nella storia della canzonetta mondiale. Sopravviveremo ugualmente, su questo non ci piove, tuttavia il passaggio dalla tiritera melodica italiana al “maroccopop” sa troppo di politicamente corretto per essere casuale. Conosciamo quel gusto.

  • Rita, non stai rispondendo. Perché non spieghi la cantonata che hai preso pubblicando un testo che non c’entra nulla col quello della canzone che ha vinto Sanremo ? Mi chiedo perché tu ci perda del tempo. Solo perché il ragazzo ha la pelle un poco più scura ? Questa storia, marginale ma significativa, dimostra da dove prendi le tue fonti e ti toglie credito.

    • Il testo, ovviamente, è stato scaricato dal canale you tube. Se fossi stata in malafede e/o avessi voluto taroccare il testo per dimostrare non si sa bene cosa, non avrei postato direttamente il video per far si che chiunque ascoltasse di persona, non credi?

      Se hai letto il post e i commenti successivi, ma forse no, ti sarai resa conto che la riflessione proposta non riguarda affatto la pelle del povero Mahmoood (sarebbe semplicemente demenziale), il quale è la prima vittima di questo gioco e adesso si trova pure costretto ad andare a Tel Aviv suo malgrado. Il discorso riguarda in primis i cosiddetti “salotti buoni”, ormai esautorati ma ancora convinti di fare tendenza e, di riflesso, un certo modo di affrontare la realtà che appartiene a una certa mentalità tipicamente vetero-novecentesca. Riguarda anche lo storico “voto popolare” di Sanremo, che esiste da sett’antanni, snobbato di proposito dall’intellighenzia chiamata a votare (che ha dato pure delle “merde” agli altri finalisti, noblesse oblige) e della quale la Rai non ha tenuto conto. La canzone vincitrice non avrebbe neppure dovuto arrivare in finale, avendo totalizzato il 14% di gradimento. C’è infine un ultimo aspetto, che in realtà è il primo e riguarda i premi in generale: chi se ne frega del merito, vince chi è funzionale alla diffusione di un certo “messaggio” mediatico. Il cantante è stonato? E allora. Lo scrittore non sa scrivere? Ma chi se ne importa. Il pittore è un pataccaro? Fa tendenza. Grazie a questo sistema le arti in generale sono in caduta libera.

      Se vuoi, parliamo di questi punti a mio avviso importanti. Punti sui quali, postando ciò che ho postato, intendevo dirigere la conversazione. Non so come tu abbia potuto pensare anche solo per un momento che il fulcro del discorso potesse essere il “ragazzo con la pelle un poco più scura”. Sia i sardi che gli egiziani, in effetti, ce l’hanno. Mi auguro che tu non sia prevenuta in questo senso, perché allora sì che subentrerebbe la perdita di tempo.

  • Bentornata, Natalina!
    Una voce, la tua, di cui sentivo la mancanza.
    Abbiamo tutti un grande bisogno, tanto più in questi tempi del mainsteam anti-mainstream, di voci critiche!

    • Ma che siano davvero critiche e non restauratrici, però.
      Abbiamo tutti bisogno di respirare un’altra aria.

  • Rita, pensavo non leggessi più i “giornaloni” . Sinceramente, non mi interessa la polemica intorno a questo primo posto a Sanremo. Ho letto sui social alcuni dei numerosissimi commenti pro e contro : come sempre accade di questi tempi, il tifo è quello da stadio, spesso volgare ed aggressivo. La canzone è bella ? È brutta ? Meglio cambiare la votazione ? Lasciamo il dibattito agli interessati.
    Ciò che mi scoccia è che i nostri due vicepresidenti del Consiglio, in tempi di politica interna ed estera assai delicati, perdano tempo ed energie per intervenire e prendere posizione su un tema del genere. Ma loro sono vicini alla gente, e devono pur tifare !

    • Non leggo i giornaloni, infatti, dai quali Veneziani è lontano anni luce. Trovo al contrario che la “polemica” attorno alla vittoria di Sanremo, non dissimile da quella che ogni anno accompagna il Nobel piuttosto che il Grammy Awards, giusto per citare gli esempi più noti, sia doverosa da parte di chiunque sia ancora in possesso di una briciola di coscienza civica. Il problema, qui, non è lo schieramento pro o contro un nome. Non avrebbe senso: io trovo che “Soldi, soldi, soldi” sia una schifezza ma immagino che al 14% degli ascoltatori che l’ha votata sia piaciuta. La questione è di tutt’altra natura e riguarda direttamente “un certo modo” distorto di approcciare il quotidiano che, se andava bene fino all’altro ieri, adesso ha davvero stufato e va rimosso.

      I due presidenti del consiglio sono intervenuti sulla vicenda esattamente per lo stesso motivo, non certo per fare il tifo nell’arena di Sanremo, rappresentando così l’opinione della maggioranza dei cittadini italiani, che ne ha le tasche piene di premiazioni eterodirette e linee di pensiero dettate da gente che sapendo molto poco di tutto pretende (in modo arrogante, tra l’altro, dimostrando di non essere nemmeno furba) di dire l’ultima parola su ogni cosa, e illudendosi in questo modo di orientare un pensiero che, ormai è chiaro a tutti, è sfuggito di mano a chiunque e dio solo sa dove sta andando. Ecco come una canzonetta può diventare, per chi lo sente, un campanello di allarme. Tutto qui.

      Il discorso, naturalmente, c’entra moltissimo con il “piccolo è bello” di Kohr perché esprime un mood globale in caduta libera, ed è legittimo chiedersi cosa verrà dopo. Ma prendo atto che la cosa interessa di meno. Pazienza.

    • E anche Cremascolta, me compreso, se è per questo. Ma è un fenomeno socio-culturale, forse noi ne abbiamo titolo, ma compreso!

  • In un paese dell’avellinese il parroco fa cantare ai ragazzi dell’oratorio “Soldi, soldi, soldi” prima di iniziare la messa. Siamo alla frutta, anzi, al dessert. Se qualcuno aveva dei dubbi sul “valore” politico della canzonetta in questione, ora può avere anche qualche certezza. Intanto Alessandro Mahmood ringrazia tutti sentitamente: grazie alle polemiche (siamo in Italia) la canzone in settimana è stata la più scaricata da Spotify.

    https://www.youtube.com/watch?v=B4C7SY_ogyY

Scrivi qui il commento

Commentare è libero (non serve registrarsi)

Iscriviti alla newsletter e rimani aggiornato sui nostri contenuti