La scienza non è affare da addetti a lavori, e su queste pagine mi avete visto, o meglio letto, perdere le staffe perché il significato della scienza nelle nostre vite, nel nostro mondo sociale, veniva negato.
Pertanto non posso non sottoporre all’attenzione comune il succo dell’editoriale di Marco Cattaneo, Direttore di “Le Scienze”, numero in corso di distribuzione, con tema “Rinnovare il legame tra scienza e società”, e sottotitolo: “Un appello per costruire un nuovo rapporto fra comunità scientifica, leadership politica e cittadini”.
Già, qualcuno, con le spalle al muro, non potendo contraddire le evidenze ha cercato di inficiare la validità dell’intero discorso scientifico. E dietro al grande pifferaio magico a stelle e strisce e ciuffo giallo, tutti a battere sui tamburelli e blaterare slogan partoriti da menti rammollite da nuovi pericolosissimi mantra.
E la scienza stessa ha dato al fenomeno del proliferare di falsità il nome di “Infodemia” un’epidemia di informazione deviata e relativo arruolamento di cervelli, fino a poco prima magari brillanti, ma formattati.
Ma dove il virus attecchisce nascono anche gli anticorpi! e così Cattaneo, chiacchierando con un amico professore di liceo di Lodi, viene a conoscenza di questo manifesto, e ce lo propone:
Post-pandemic science and education https://aapt.scitation.org/.
Si tratta dell’appello di due scienziati di massimo livello, Blandford e Thorne, alla leaderschip politica per un mondo in cui la conoscenza scientifica sia realmente strettamente correlata, anzi sfruttata, nell’ambito decisionale, e ciò avvenga in uno stretto connubio con la cittadinanza mondiale. E stralcio a mia volta dalla traduzione del testo: «… dobbiamo istituire un programma nazionale … per infondere nella società cittadini istruiti in campo scientifico che siano mossi dalla curiosità per il mondo che li circonda e comprendano la natura e il potere del pensiero critico … che abbiano gli strumenti per distinguere l’informazione affidabile dalla propaganda e dall’illusione.»
E preciso, scienza non è altro che conoscenza, come quella che ci viene dai sensi, solo amplificata da sensi potenziati strumentalmente e verificata nelle sue conclusioni e inferenze da potenti strumenti critici del pensiero. Scienza è quindi a tutti gli effetti filosofia, nel cui ambito si è da sempre mossa, e dalla filosofia, come spesso si è auspicato, dovrebbe derivare la retta condotta politica con il conseguente benessere sociale. Ma ai nostri tempi direi dovrebbe anche derivare l’energia per una brusca e urgente frenata che ci allontani dal precipizio.
Con ciò non intendo certo auspicare governi di fisici nucleari, ma semplicemente, come da enunciato, ampie conoscenze nel bagaglio base del pensiero dell’uomo comune e la loro opportuna utilizzazione da parte del politico.
Accadrà qualcosa?
Cattaneo stesso apre la sua esposizione con un amaro ricordo: Vannevar Bush, ingegnere durante la seconda guerra mondiale (niente a che fare con la genia dei presidenti), a conflitto esaurito tirò la giacca a Franklin Delano Roosevelt perché l’impegno innovativo profuso in guerra fosse tradotto in benessere sociale.
Di ricchezza se n’è prodotta, e quanta, ma di benessere condiviso…
Ma noi, cosa c’entriamo?
Ognuno di noi è uno specchio parabolico, possiamo oscurare o riflettere i raggi che ci colpiscono, e possiamo migliorare la capacità riflettente delle nostre superfici, cioè migliorarci con la cultura, e selezionare cosa oscurare o ritrasmettere, cioè spingere verso un sistema sociale preparato e accorto.
Commenti
Se pensiamo ai contraccolpi politici a cui stiamo assistendo in seguito alla desecretazione dei verbali del Comitato tecnico-scientifico in Italia, hai toccato, Adriano, un tema a dir poco… rovente!
Esatto Piero
perché la Scienza non è come un testimone in un processo che si può chiamare al banco o meno a seconda che sia a favore o contro. La scienza è presupposto fondante delle scelte, ma anche della nostra consapevolezza del ruolo assegnatoci, o almeno in cui ci riconosciamo, come esseri umani. Un presupposto dell’autocoscienza, razionalmente intesa.
Azione condotta nascostamente che raggiunge l’obiettivo a prezzo di ambiguità o compromessi SIN manovra: a. parlamentari, aziendali
Mi pare che ancora si sia all’Alchimia in questa accezione, dove la ricerca della pietra filosofale, certamente nel caso di Trump è così, non saprei di Conte, uno per uno li nominate, Adriano e Piero, corrisponda come sempre al mantenimento del Potere di qualsiasi natura sia, spacciando appunto per verità scientifica e direi verità ontologica, come sempre, l’affermazione di sé e dei propri pensieri e valori. Mi viene in mente a tale proposito un episodio della vita di Paracelso. “Dopo aver passato i restanti anni della sua vita a vagare di città in città, morì a Salisburgo il 24 settembre 1541. È sepolto nella chiesa di S. Sebastiano. Si credeva fosse morto di apoplessia, ma quando la tomba fu aperta molto tempo dopo, si scoprì che il cranio presentava delle fratture tipiche di una morte violenta. Le scene più commoventi presso la sua tomba si sono verificate nel 1831 quando, durante le terribili settimane del colera indiano, gli abitanti delle Alpi Salisburghesi si recarono in pellegrinaggio a Salisburgo per implorare non il Santo patrono, ma il medico Paracelso, di risparmiarli dall’epidemia.” Scrivo questo perchè la dimensione metafisica è sempre così presente nell’uomo, fin dall’antichità, che non c’è da stupirsi che dopo il Rinascimento e la nascita della chimica moderna ancora ora l’uomo, in momenti difficili della sua Storia si rivolga ancora all’irrazionale, magari negazionista, e altri ismi di questi ultimi decenni, per avvalorare tesi magari come quelle nefaste della difesa della razza, supportate da ipotesi, se non assiomi, di natura esoterica, magari religiosa. Perchè anche le religioni hanno grosse responsabilità in scelte che della politica esigono, o ci provano, risposte in linea con ciò che più è irrazionale e dogmatico. E non parlo solo di mascherine e rivolte organizzate contro contemporanee costrizioni. Sto parlando di tutti gli ostacoli, solo un piccolo esempio, i contraccettivi in Africa contro l’Aids, dettati dalla morale che hanno non so se influenzato o impedito una ricerca rivolta semplicemete al contenimento della malattia, cioè al bene di tutti e non contro tutti. Poi magari si rivela o rileva anche il contrario: una ricerca scientifica,vedi le bombe atomiche, che non prevedendo, o forse prevedendo, non so, gli esiti che tutti conosciamo, non ne ha calcolato l’effetto terribile della sua applicazione. Mi sto contraddicendo? Può darsi, ma vedo che nel tempo, mai si è scisso quel rapporto tra metafisica e fisica, che se molte volte sarebbe di ostacolo, altro sarebbe di ravvedimento o ripensamento, e salvifico passo indietro.
Adriano, tema affascinante, e spero in cospicui interventi.
Se poi ho scritto delle cazzate dimmelo pure. Considero Cremascolta un laboratorio dove imparare, non dove sputare sentenze o verità prefatte.
Ivano sul blog c’è chi rilegge contenuti e forma, chi come me spara tutto il ciarpame insieme con l’ortografia sodomizzata in prima pagina, e chi come te è semplicemente spontaneo, e non dice per questo cazzate.
Contraddirsi fa parte della dialettica interiore esplicitata prima della sintesi (fra parentesi son convinto che la coscienza derivi proprio da un fantasioso sdoppiamento della personalità incoraggiato evolutivamente a fni utitlitaristici, ma non divaghiamo).
Nella tua navigazione di bolina parli quasi di negazionsmo e altre nefandezze come surrogati della metasfisica. No, direi che precisi quasi esplicitamente che questi surrogati nascono da un’impreparazione che permette il ricorso al livello superiore come atto di devozione. Se la scienza è elaborazione ed estensione dei sensi, e successiva elaborazione delle risultanze, l’educazione alla scienza, come per quella automatica agli inganni e attendibilità dei sensi, va iniziata molto presto per evitare che ciò accada. Non siamo più nell’epoca del “credo in ciò che vedo”, e in questo gli studiosi della misinformazione sono concordi. Se si brancola nel buio nel capire che peso dare alla scienza, governanti compresi, è proprio per scarsa confidenza. Un bambino per gioco è allenato anche alle illusioni ottiche, le impronte cinesi della vita. Ma noi e i nostri governati non siamo in questo adulti, non sappaimo che valore dare ai nostri sensi estesi, e se poi ci si mette la malafede… Perché nel fattaccio delle decisioni di chiusura, per qualche giorno omesse e poi troppo estese (ma non dannose, salvo il crollo di molte economie fasulle perché basate sul gioco del commercio del voluttuario), c’è sicuramente una manovra sotterrania, forse un ricatto con premeditato peschino.
E allora si dice a voce di popolo che con la scienza così incerta di se stessa come si fa… No, la scinza è come la luce, produce immagini reali e ombre cinesi, e noi siamo ancora qui a cercare, da adulti!, di stabilire che peso dare alle varie fonti. Non va così. La scienza esplicita le proprie incongruenze interne, non ne ha paura, sta a noi sapere cosa scegliere fra occhio nnudo, cannocchiale, microscopio… Quando paghi le sigarette e contti il resto ti preoccupi del teorema di Godel che potrebbe inficiare il resto ricevuto? No, e lo stesso deve avvenire per il peso automatico, la confidenza, da dare a tutti i settori della vita, pratica e speculativa, perché la scienza dispone di esili scale che giungono fino all’anima.
E venne il tempo della misinformazione!
Accantonato repentinamente il mal-pensiero: la solita “polpastrellata” di Adriano, il prefisso anglofono “mis” mi ha inidirizzato a “mamma” Wikipedia (proprio come da bambino chiedevo a mamma Iris, che opinavo sapesse più o meno tutto!) e alla triade:
“Dis-information: è una tipologia di informazione di stampo volutamente fittizio, che ha come scopo il trarre in inganno singoli individui, organizzazioni collettive o intere comunità;
Mis-information: è una variante informativa priva di attinenza al reale, diramata senza lo scopo intrinseco di rendere virale un contenuto falso;
Mal-information: consiste nella circolazione di informazioni basate su fatti realmente accaduti, ma strumentalizzati ad hoc al fine di recare danno a persone, istituzioni o intere comunità.”
E, ragazzi…… è un bel casino!
Se a questo ci aggiungiamo che oramai, oggidì i mezzi, alla portata di tutti, grandi e piccini, per dis/mis/mal-informare sono innumerevoli e convincenti assai, così come riescono a esserlo le variegate “scatole/tte” luminose e parlanti in quanto tali, anche chi è armato di “buona volontà” non può non trovarsi in grande difficoltà!
La “scienza” poi ci ….mette del suo, alla grande, dal classico “latinorum” al linguaggio “per addetti”; un esempio per tutti il “bugiardino” (ops!) inserito per legge in ogni confezione di medicinale della farmacopea della medicina “tradizionale”, si quella “chimica” delle grandi case farmaceutiche (l’omeopatia, a mio parere più seriamente impone solo denominazione della materia base e diluizione!) leggerne uno a caso, per credere!. Non solo, ma in questa temperie da corona virus, virologhi, infettivologhi, epidemiologhi sembrava che sui media facessero a gara per dimostrare che le idee fossero poche, ma ….. ben confuse!
Rispetto poi al tema secretazione/desecretazione dei verbali del “Comitato tecnico scientifico” (premesso che non possiamo che apprezzare il fatto che il Governo della Repubblica Democratica si sia dotato da subito di un Comitato tecnico scientifico a supporto, appunto scientifico, delle scelte da porre in essere e che di tutto ciò siano stato stesi accurati verbali) io credo che nulla debba essere “segreto”, ma che, contemporaneamente, l’accesso agli atti possa/debba avvenire in modo formale da parte di chi per riconosciuta funzione professionale specifica è legittimato a farlo.
La democrazie degli ….”oves et boves et universa pecora”, con tanti imbonitori, più o meno capitani, più o meno dediti al selfie e allo sproloquio (magari gergale, magari romanesco) a valanga, sinceramente non fa per me!
Aspettavo la tua risposta. Sì, in effetti sono interessato ai risultati pratici più che ai processi sottesi, ai meccanismi della mente o ai retaggi culturali che lascio agli esperti. Da bravo uomo comune, che ha a che fare con la realtà sotto gli occhi di tutti. Registro, e mi pare presa di coscienza, che tutti i cervelli hanno abdicato alla Storia come insegnamento, decretandone la sua fine. In una coazione a ripetere, soprattutto per gli errori, che, potremmo chiedercene le ragioni, ma mai riusciremmo a capire perché con secoli o millenni di pensiero non abbiamo capito ancora che la verità sta in quel cono d’ombra che la luce proietta e che evidentemente scienza o metafisica o religioni rifiutano. Perché tutte si credono verità assolute.
Non so dove sta la verità e mi interessa poco. Ma sbatto il naso ogni giorno contro la realtà, che c’è, che ci sia il sole o che fiocca, o un buio pesto. E la scienza, la medicina è roba, credo, che ha molto rispetto per la realtà. Se poi vogliamo contarcela su e fare filosofia spicciola, e dire che esistono anche più realtà, perchè fa caldo e tutto è in discussione, senza neanche una bottiglia di lambrusco o del bianco di Custoza per stare sull’economico, in pancia, allora straparliamo a vanvera. Perchè la realtà esiste, eccome. Che piaccia o no.
Poi, oggi si ciancia su tutto, anche con zero competenza. Ma è sempre stato così. Succedeva anche al bar dove andavo da ragazzo. Quando gli adulti tornavano da San Siro, la domenica, oltre a parlare del rigore non dato, dell’arbitro pirla, bastava un qualsiasi argomento, anche futile: dai parcheggi, ai vigili urbani, all’eclissi lunare, agli ortopedici, se è giusto o sbagliato festeggiare l’onomastico, oppure perchè alle donne non importa se sei calvo, ma l’importante è che non sei calvo nel portafoglio, e a gli uomini interessa più il culo delle signore piuttosto che il cervello, e altri seri ragionamenti che allora tenevo a mente, e poi, negli anni ho dimenticato. C’erano lunghe discussioni, che duravano ore.
Marino è di qwuesto che si parla: ridare un senso concreto alla scienza, fonderla nella nostra realtà quotidiana.
Previsioni del tempo: non vogliamo più gente che accetta se domani piove o c’è il sole, ma gente che dai dati base di presssioni, venti, etc, con opportuna guida sia in grado di arrivarci da sola.
Governati: idem plus, perché l’idea che ci sia spazio per l’opinione non deve nemmeno sfiorarli. Certo, le decisioni sono plitiche, ma di fronte a politicanti che fan fnta di on capire deve scatttare un’indignazione talmwente violenta da essere determinata da un’educazione precocissima alla scienza.
Io l’ho sempre scritto: è la realtà che é metafisica, incomprensibile. Il resto é roba da segaioli. Perché bella e brutta che sia é quello il mistero. Poi sconfortante è che si debbano per forza prendere decisioni che se riguardano solo noi stessi paghiamo assumendoci le nostre responsabilità in base alla nostra verità, ma quando altri le prendono per noi in base alla loro di verità allora siamo alla tragedia.
E no Franco, non è una mia polpastrellata questa volta, ma un neologismo non mio:
La difficile lotta a bufale e teorie complottiste sul coronavirus di Philip Ball e Amy Maxmen/Nature
Al pari di molti altri, si sta prodigando per seguire e analizzare le svariate falsità che circolano: sia la semplici informazioni errate, che però non sono deliberatamente ingannevoli (ovvero la “misinformazione”), sia la cosiddetta “disinformazione”, studiata a tavolino proprio per essere fuorviante…”
Ma per darti ragione ho zeppato di errori le altre due risposte!
Non è la realtà metafisica. La realtà c’è, è solida, può piacere o no, sempre che si abbia l’onestà di volerla guardare per quello che è. Conosco persone che hanno due,tre,quattro case di proprietà, mentre chi scrive ne ha una sola, ancora sotto mutuo. Non capisco in questo cosa ci sia di metafisico.
E’ il paesaggio reale, della natura, delle città, della nostra pianura per esempio che può essere visto come metafisico, come lo vedevo un grande fotografo come Luigi Ghirri, o Giorgio De Chirico.
In bici, nel cremonese (e mi scuso perchè l’ho già scritto) vicino a Motta Baluffi, nella campagna sterminata mi sono perso un giorno, pareva di essere in una “realtà metafisica”, in un deserto, anche se verde, c’era un afa tremenda, stradette che non si capiva dove andavano a finire, nessun cartello. Un paesaggio stordente, dove perdersi in un certo senso. Una realtà tanto stordente, quasi senza tempo, che influisce sul carattere, che influisce sulla realtà, sul comportamento umano. Sulla parlata cremonese, che appunto è strascicata, assonnata, un pò stordita.
Poi, la realtà la si può manipolare, nascondere, o inventarsi quei pirandellismi dell’una, nessuna, centomila realtà. Studiando l’inglese, lingua concreta, più dell’italiano, che è refrattaria alle astrazioni, ho imparato il termine “to suppress”, che vuol dire sopprimere, reprimere (una pubblicazione, un giornale, una rivolta), anche vuol dire nascondere, tenere nascosta la verità di un fatto, celare la realtà. Nel giornalismo politico, anche nella cronaca della corruzione politica nella società, è faccenda di tutti i giorni. Se passo per chi vuol saperla lunga, quando la so corta, pazienza. Si pensi quel che si vuole.
Ed ecco la scienza in soccorso, ma in senso banale, anche in quello di un rubinetto che perde e uno stipendio che non basta, cose che si possono definire terra terra, altro che seghe mentali e massimi sistemi.
Ma torniamo alla realtà su cui discutevate: una,multipla, metafisica? Se si smettesse di pensare in termini di oggetti e ci si familiarizzasse con il ragionamento basato sui rapporti il problema cadrebbe. Reale rispetto a cosa è la cosa più concreta, non la scappatoia concettuale. Una giornata luminosa: rispetto a me, alla cimice o al gatto?
Che c’entra con la nostra vita concreta? Ma come facciamo a capire come parla e cosa dice un virologo se non capiamo che un virus non può rinforzarsi o attenuarsi: rispetto a cosa?
E se non lo capisce il bottegaio col ciuffo giallo (che tanto comunque non vuol capire), non stiamo tutti peggio?
E se noi comprendiamo e lui finge di no, non si trova terra bruciata alle spalle, nessuno più da convincere?
I risvolti poi ci portano fino alla concezione che abbiamo del nostro compito terreno, del senso della vita.
E questi traguardi di base non mi sembra che debbano essere un bagaglio dipendente dalla mansione sociale, la ricchezza, la religione… Allenarsi al pensiero scientifico vuol dire produrre e vivere con più confidenza con la realtà, anche quella incomprensibile, perché il metodo farà sì che si tenga sempre un’antenna tesa a comprendere, una vocina che dice “prima o poi anche di quest’antimateria mi farò un’idea più precisa, se non la protrò capire del tutto. E tutto ciò è l’ABC dei nostri compiti terreni, la base per capire anche i sentimenti e le pulsioni in generale. Capire e produrrre conoscenza: il senso della vita.
Certo, il cervello ha bisogno di zuccheri e si deve prima mangiare, e affrontando il problema scientificamente sarà più facile mangiare, affrontando il probelma comparativamente sarà più facile far della vera giustizia sociale. Insomma non vedo settore i cui sia possibile escudere la conoscenza scientifica senza perderci.
SPONTANEO, MOLTO SPONTANEO
Caro Marino, anch’io non voglio fare il saputello, ma quelli che tu descrivi, siano paesaggi o situazioni che nella contingenze sono pesanti, di fronte ai quali ti poni domande solo attraverso i sensi, cioè l’esperienza, sono proprio la dimostrazione che nella realtà di metafisica ce n’è che ne avanza. Certo che se ti chiedi perchè alcuni hanno quattro case e tu una è ovvio che la risposta sta in natali agiati, e già questo è metafisico come il fatto che sei nato e vissuto a Crema mentre altri lo sono a New York o Delhi, ma continuando a chiederlo credo che una risposta non ci sia se non nelle circostanze imperscrutabili di cui è fatta l’esistenza di ognuno e per le quali non c’è risposta che vada oltre. Se sei bello, brutto, intelligente o idiota anche questo è imperscrutabile, poi magari diventa metafisico domandarti cosa farne di queste circostanze e trovare il modo per renderle proficue, o alienarti, perchè tanto tutto è sempre frutto del destino. Se poi mi parli dei paesaggi con ombrellone chiuso col mare di sfondo di Ghirri o delle piazze di De Chirico io ti rispondo ancora che nessuno è mai riuscito a rappresentare l’impresentabile, l’invisibile. Come non posso dire che i pontili, il casolare contro un cielo rossastro altro non sono che l’istante che chissà quanti di noi hanno colto senza l’enfasi della fotografia del noto fotografo, e nel nostro archivio di immagini, fissate o meno, chissà quanti paesaggi simili abbiamo. Posso anche leggere che le prospettive delle piazze dechirichiane sono metafisiche, ma io ci vedo solo il visionarismo che vedo in tutte le architetture innovative del mondo, fossero un grattacielo mai visto prima in altezza, materiali o torcimenti portanuoviani, ma secondo me Esher è stato più fantasioso, e posso anche leggere che certi colori di De Chirico sono estranianti, ma posso anche leggere più prosaicamente che certi verdi richiamano il Veronese. Sarà che a me non è mai piaciuto. Se poi tu scrivi che “E’ il paesaggio reale, della natura, delle città, della nostra pianura per esempio che può essere visto come metafisico, come lo vedevo un grande fotografo come Luigi Ghirri, o Giorgio De Chirico.” stai dicendo esattamente quello che ho scritto io. Quindi non stai facendo il saputello. E tanto per ribadirlo la metafisica sempre si è fatta domande alle quali mai ha trovato risposte, come quelle che deve porsi qualcuno che al primo del mese ha la rata del mutuo detratta dallo stipendio o pensione. E qui, il culo che ti fai per non essere in rosso, questo sì che è metafisico. Vedi che la pensiamo allo stesso modo?
Che poi è quello che dice Adriano. Porti delle domande aiutandoti con la scienza è l’unico metodo metafisico che abbiamo a disposizione. Se poi anche la scienza non riesce a darti delle risposte questo è la conferma che anche nella realtà ci sono cose che noi umani neppure riusciamo ad imaginare. Per questo ripeto a caratteri maiuscoli che E’ LA REALTA’ CHE E’ METAFISICA. Altro non ci è dato conoscere, a meno che non diamo per buono quello che diceva Oscar Wilde parlando degli effetti disastrosi dell’assenzio sul nostro cervello che lui edulcorava scrivendo che “Dopo il primo bicchiere, si vedono le cose come si vorrebbe che fossero. Dopo il secondo, si vedono le cose come non sono. In fine, si vedono le cose come realmente sono, e questa è la cosa più orribile del mondo.” Alla fine puoi aver visto le cose più orribili di questo mondo ma se le racconti hai a disposizione solo il vocabolario e l’esperienza della traduzione o espressione che mai andranno oltre ciò che i nostri sensi sanno registrare con gli strumenti che abbiamo umanamente a disposizione. Aveva ragione Wittgenstein quando consigliava di parlare solo di ciò di cui si può parlare. Oltretutto morto suicida a Port Bou in fuga dai nazisti. Più metafisico di quello…C’è forse una risposta alla follia se non la rilevazione che esiste?
Scusami Ivano, non so dove sia morto Wittgenstein, forse nel suo letto, ma so che a Port Bou tentava la fuga dai nazisti con una valigia, Walter Benjamin che poi lì si è suicidato, piuttosto che finire in mano ai nazisti.
Della fuga di Walter Benjamin (l’autore, tra l’altro di “Angelus Novus” una pietra miliare, una base culturale teorica fondamentale per le narrazioni di uno scrittore-cronista italiano, Corrado Stajano) e la fuga di altri, rocambolesca, finita bene per altri, ma non per Benjamin, ne parlò un vecchio libro delle edizioni “il manifesto”, e il capitolo di quel libro dedicato alla fine tragica di Benjamin fu anticipato anche da “Micromega”; ora Frederic Pajac ne parla nel suo “romanzo” titolato in italiano “Transito”, L’Orma Editore, 2020.
Scusate, City life, non Porta Nuova.
Chiedo scusa, raga, ma io sono solo un ….ingegnere meccanco con le mani sporche di grasso, e faccio un po’ fatica a seguirvi!
Io nella mia pochezza ho sempre considerato “meta-fisica” quel modo di approcciarsi al fluire della vita che prescindendo da i singoli accadimenti, che pure ci coinvolgono, ci consente di meglio inquadrarli in una prospettiva più ampiamente olistica.
Ora tu, Ivano sottolinei, enfatizzi che “…..E’ LA REALTA’ CHE E’ METAFISICA….” e faccio fatica a seguirti.
Certo, la mia mente va alla nuova “Fisica”, quella delle “particelle”, quella dei “quanti” che considera alla stessa stregua il “macro” ed il “micro”, con un approccio che spazza via l’approccio “hard” della Fisica classica.
E mi sento in piena sintonia con brother Adriano con il suo “…. La scienza è presupposto fondante delle scelte, ma anche della nostra consapevolezza del ruolo assegnatoci, o almeno in cui ci riconosciamo, come esseri umani……”, sol che restiamo in sintonia con Lei (la Scienza) e cresciamo con lei, fuori da ogni oscurantismo, disponibili, se necessario ad abbandonare quelli che consideravamo “capisaldi”, in favore del progredire del pensiero umano!
Sono gli “occhiali” con i quali decidiamo di guardare la “realtà” che ce la possono restituire ….”meta-fisica”.
E allora, magari, anche la “follia” esce dai “manicomi” e assurge a “meta- fisica”!
Marino: “C’erano lunghe discussioni, che duravano ore.” Cioè come i filisifi greci! Non vuoto a perderre ma a rendere. E dobbiamo loro poco? Semplicemente non avevano nemmeno il linguaggio per discutere poi di ciò che volevano. Se lo son creato e ce l’hanno lasciato. Certo, loro come loro a volte si avvitavano sul concetto,ma resta il fatto che il fine della vita è i pesnsiero. Dov’è l’errore? Sempre in un senso di reverenza che ha perpetrato anche i loro sbagli per secoli! Bastava un po’ di Svitol quando si avvitavano, senza tanti riguardi… E in campo medico son stati miglaia di morti per dogmi, altrimenti facilmente salvabili.
Ecco l’errore umano: la reverenza a persone e condizioni invece facilmente plasmabili, la sottomissione, a un destino come a un dio. Io non ho preclusioni verso qualsiasi dio, basta che sia collaborativo!
Ivano: “la metafisica sempre si è fatta domande alle quali mai ha trovato risposte”, ma la scienza può aiutare a spostare il confine e a darsi un idea generale di come funziona il grande giocattolo dell’esistenza.
Franco, centrato, e non perché mi dai ragione su un passaggio! Tuttavia “E allora, magari, anche la ‘follia’ esce dai ‘manicomi’ e assurge a “meta- fisica”. E’ comunque un punto di osservazione anche la follia, produce visioni e suoni irreali, ma questi comunque sono nati da una mente esperiente, quindi dal reale. A volte poi un pazzo svela un piccolo segreto. E non parliamo dei geni autistici! Come mai? Gente che non sa “che non si può”
Il trucco è sempre nel ragionare senza il muro. E allora non sarà più vero che certe condizioni ristrette originarie siano deterministiche nella nostra vita. Non a caso Einstein pose la fantasia a un livello gerarchico superiore all’intelligenza.
E poi Franz, la follia non la disprezzerei per niente. A mio giudizio l’autocoscienza si è evoluta da un atto di follia particolarmente fantasioso, creando un avatar che chiamammo io da mandare in esplorazione in condizioni ipotetiche, mentre è evidente che i massimi sentimenti e ideali che quest’avatar vive sono vere e proprie psicosi.
Ma so cos’ e pazz’!
Adriano, ci capiamo. La causa prima o il fine ultimo a chi interessano? E perché? A che pro? Rispetto alla scienza, anche a piccoli passi, io credo che si debba inevitabilmente confidare in essa. Ma il mio commento voleva essere più articolato. Sto scrivendo da fuori da casa dopo aver preparato un intervento che invierò al rientro. A dopo.
OTTIMO!
Francesco, partiamo dalla definizione di Metafisica da vocabolario qualsiasi:
“Ogni dottrina filosofica che si presenti come scienza della realtà assoluta, che cerchi cioè di dare una spiegazione delle cause prime della realtà prescindendo da qualsiasi dato dell’esperienza; quindi fig. ( iron. o spreg. ), di quanto presuma di raggiungere o formulare ragioni risolutive mediante procedimenti estremamente cerebrali e astrusi”.
Inutile chiarire per quale accezione io propenda, anche perchè proseguendo in approfondimento sempre più mi avvito in stati del pensiero dal quale non ci cavo un ragno dal buco. Ed essendo la metafisica una branchia della filosofia mi parebbe ovvio che tutte e due dovrebbero aiutarmi ad affrontare la vita, con i suoi misteri. Che poi si discuta su cosa sia un Ente o dell’essere in sé e per sé, o della condizione di esistere, io credo che non ci siano domande più inutili quanto l’arrovellarsi in menate senza senso incapaci di dare una qualsiasi risposta. E credo che ormai la metafisica moderna, che si pone domande sull’esistenza del singolo o del mondo intero, credo che sempre meno possa aiutarci a capire il mondo al quale arriviamo solo attraverso l’esperienza di tutti i giorni fatto attraverso i sensi. Perchè io posso chiedermi continuamente il perchè del Coronavirus o dell’esplosione a Beirut, per arrivare alla conclusione che proprio non c’è nulla che me lo possa chiarire se non la responsabilità o fantasia (Adriano) di noi uomini, come quando ci interroghiamo sull’esistenza di Dio, ormai morto da un pezzo, ma ormai escludendo pure che qualcuno si stia chiedendo se prima della sua morte fosse mai esistito. E poi si passa alla teologia o all’ontologia, alla psicologia o alla gnoseologia, alla logica o alla dialettica, o all’etica, che sempre dovrebbero aiutarmi a mettere in fila quello che il caso mi riserverà. Niente di tutto questo. Chissà quali domande metafisiche si staranno ponendo i genitori dei cinque ragazzi morti ieri notte su un tornante del cuneese.
E’ per questo che io dico che l’imprevedibilità di quanto mi accadrà non risponde a nessuna domanda almeno con le declinazioni di poc’anzi. Potrei morire d’infarto, o stare in ottima salute per cui, se muoio non ho poi il tempo di chiedermi il perchè e invece se continuo a star bene credo proprio che domande metafisiche si escludano dal mio pensiero. Mi godo il mio star bene e basta. Ma si sa, io sono un materialista, che di fronte alla sfighe della vita mette i piedi ben per terra come credo che facciano i metafisici miei contemporanei. Che poi sono argomenti che abbiamo sempre trattato, con interventi colti di firme scomparse, ma di possibili e infinite letture: erano colti davvero con tutte quelle citazioni che altro non erano che aforismi che quelli li capiscono tutti, tipo Panta rhei piuttosto che la filosofia dell’essere di Parmenide? Che non è neppure necessario conoscerli Eraclito e l’altro, nel senso di aver letto tutto quello che han scritto. Ecco, di tutta la filosofia o metafisica basterebbero queste breve sintesi, Eraclito nello specifico, per confermarci che l’oggi non sarà uguale a ieri. Sono poi metafisici quei due? Perchè qui l’esperienza basta e avanza, come forse basta la saggezza popolare dei proverbi. Lo sperimentiamo tutti. Poi io rimango sempre dello stesso parere: qualsiasi concetto, anche il più astruso, può essere benissimo ridotto ai minimi termini senza far finta che la vita è più complicata di quello che è. Lo sperimentiamo tutti che campare è difficile. Invece no, i filosofi si divertono a prenderci per il culo. Avete mai letto i libri di di Cacciari filosofo? Sarà la mia scarsa base filosofica, ma che stress leggerli. E in tanti che li han comprati in quanti li hanno letti? E quando poi li ho letti, cosa aggiungo al mio sapere relativo? Trovo mai una conclusione sulla “natura ultima e assoluta della realtà al di là delle sue determinazioni relative, oggetto delle scienze particolari”?
E qui parlo della filosofia in generale.
In verità so bene di attirarmi gli strali di quelli che la metafisica la masticano tutti i giorni, e non importa se faccio la figura del rozzo superficiale o dell’ignorante. Insomma, qualcuno mi spiega cos’è la Metafisica? Naturalmente in parole semplici, altrimenti astenersi. Insomma qualcosa che serva anche a chi intellettuale non è. E soprattutto qualcosa che serva anche ai genitori di quei cinque ragazzi morti ieri notte.
Ma, Ivano io non posso che ripetermi: “…..Io nella mia pochezza ho sempre considerato “meta-fisica” quel modo di approcciarsi al fluire della vita che prescindendo da i singoli accadimenti, che pure ci coinvolgono, ci consente di meglio inquadrarli in una prospettiva più ampiamente olistica…..”. Troppo semplice? banale? Io “me la spiego” così.
Io sono per le cose semplici, senza stare li troppo a ….menarsela ! E non fare concorrenza alla “polpastrellite” di brother Adriano, che ti è scappata una “branchia” la dove di pesci non si parlava proprio!
Va bene, e dopo questo inquadramento, quando ti capita una sfiga, e a molti capita, sei sicuro di riuscire a metterti in un’ottica equilibrata, quindi filosoficamente olistica? Con l’aiuto delle riflessioni metafisiche? Non sarebbe troppo bello se possibile? Io quando sono in difficoltà, non sempre con buoni risultati, mi dico semplicemente che ad ognuno é data la propria vita e da quella non ci si scappa. Tirando magari qualche “ostia”.
Ma èil correttore! Di polpastrellite so tutto.
E comunque senza deviazioni alcuni post avrebbero vita breve.
Certo che” a ognuno è data la propria vita”, Ivano, ne sono convinto anch’io; di più (e ho già avuto modo dirlo sul blog) dobbiamo amare il nostro percorso, che è nostro e solo nostro, avendo come obiettivo accrescere la nostra consapevolezza.
Quelle che tu ….pittorescamente definisci “sfiga” sono le “lezioni” che servono a “te” e solo a te, per crescere! E, sia chiaro, niente fatalismo, niente di predeterminato e ineluttabile, il “percorso” è costellato da “bivi”, possibili “deviazioni” nelle quali entra in gioco la tua libertà/capacità di scelta e ….alla via così!
E la scienza? La scienza c’entra eccome! La scienza (il “maschile”) ti da la “cassetta degli attrezzi” perchè tu possa , in equilibrio con l’altro “assistente” l’intuizione (il “femminile”, si maschi o femmine che siamo, siamo pur sempre dotati di “maschile/razionalità” e “femminile/intuizione!) giunto al “bivio” fare la tua scelta, dalla quale si aprirà la successiva fase del tuo percorso di vita.
E la “meta/fisica”? La capacità di inquadrare il tuo proprio percorso nell’universo dei percorsi che, almeno potenzialmente, hanno pari dignità del tuo.
Marino, hai assolutamente ragione. Non so come ho fatto a confondere Benjamin con Wittgenstein. Senza dubbio la citazione era dal secondo, ma la morte a Port Bou per suicidio era di Benjamin. Grazie. Chiedo scusa a tutti.
Caro Ivano, a proposito di scienza, di coronavirus, e di gradassi in società, la nostra società, ricordo bene quando diversi esponenti della destra italiana, anche un capo politico di partito disse in un comizio che il coronavirus era ormai debellato, e che quindi bisognava smetterla con le limitazioni alle libertà dei cittadini, tanto da farsi selfie abbracciato ai suoi sostenitori, con baci, senza mascherina, con una strafottenza pubblica che giudico rivoltante.
Una domanda semplice: e questa sarebbe gente che vorrebbe governare e che ha governato un intera nazione? Con questi comportamenti? Nelle situazioni d’emergenza questi qui sarebbero persone affidabili?Seconda domanda semplice: ma come mai ogni volta che ci sono di mezzo episodi di corruzione, di furbetti, di soldi, il centro-destra, e la destra tutta, sommando i vari episodi, che avvengono in tutta Italia straccia, o almeno distanzia chiaramente il centro-sinistra, che certo non è esente da episodi di corruzione, ma tutto sommato resta indietro rispetto alla destra?
Una delle ossessioni del piccolo-borghese, classe sociale dove la Lega, per esempio è ben rappresentata, è quella della paura di fare passi indietro, quindi la necessità di mettere il fieno in cascina, sempre. I soldi piacciono a tutti, a qualche leghista, a quanto dicono le cronache, di più che ad altri, come i forzaitalioti che raramente sono pocotenenti stravedono per il lusso e i centri benessere.
Francesco, io andrei piano con l’autodeterminazione, come andrei piano ad inglobare tutte le esistenze in un panorama olistico che comprende tutti. Questo funziona se ognuno di noi valuta la propria esistenza in base alle circostanze, che se l’hanno favorita non costano nessuna fatica nella pacificazione col mondo, ma se al contrario sono state sfavorevoli non c’è visione generale che tenga. Quello in cui io credo si chiama destino ed è inutilmente consolatorio, e forse poco didattico, perchè inutile, chiedersi di fronte ad una sventura non il perchè è capitata, ma consigliare di chiedersi cosa fare per andare avanti. Cioè più facile a dirsi che a farsi. Mi viene in mente quel film dove una giovane rampante tagliatrice di teste- posti di lavoro, in una riorganizzazione aziendale, consiglia all’appena licenziato, non più in giovane età, di provare a considerare la perdita del posto un’opportunità. E’ facile immaginare, anche se non alla lettera, la sonora risposta del malcapitato: ma vai a farti fottere!
Marino, apriti cielo se oltre all’egemonia culturale della sinistra si ricominciasse a parlare anche di quella morale. Pensa cosa direbbe quella cara persona da un po’ di tempo eclissata. Invece, tornando al mio errore relativo a quei due, ricordo che anni fa, mi rimane qualcosa, usai l’immagine dell’Angelus Novus di Klee, che tanto ispirò il pensiero di Benjamin, e anche il mio, paragone irriverente, certo, per una serie di lavori di quando la rivisitazione era di moda, chiamata postmoderno o transavanguardia o citazione o qualsivoglia definizione. Dev’essere l’età che forse giustifica la sovrapposizione tra i due nomi che non mi perdono. Sono proprio rimbambito. Buona giornata.
Buona la piega politica, e su quanto afferma Marino sono concorde: se questi ci manderebbero al camposanto per una “semplice” epidemia, trovandosi a maneggiare economia e politica dove ci porterebbero? Un primo assaggio al 50% già ne ha dato idea. Sulle ruberie, vero è che il profitto è l’anima stessa, rapace, di ogni destra, ma i ladruncoli al mercato sono un’arte italica antica e sempre rinnovata e trasversale!
Ma veniamo a scienza e metafisica. se anche avessimo esaurito le applicazioni scientifiche “concrete” e l’aiuto che ce ne viene su cosa è meglio fare (vedi virus, ma in pratica tutto), in cosa ci può aiutare la scienza nel campo del “fuori dalla bocca di vetro di noi pesci rossi”?
Premessa: senza inquadrarci nell’assoluto ci stiamo male. Anche a non volerci pensare scappa sempre quel “ma!” che sa di disagio.
La scienza ci da punti di riferimento per estrapolare.
Se il concetto di anima può forse essere emerso dalla conoscenza fenomenologica di bruco e farfalla, dall’osservazione dell’inconcepibile entanglement cosa può derivare? Dal dato la fantasia cosa può far scaturire per turare una falla nella nostra mancata conoscenza?
Dalle teorie dell’informazione, che non può andar persa, in parallelo con la termodinamica e la conservazione dell’energia, cosa emerge nel concetto di morte?
In altre parole, sarà mica un caso che le religioni arrivano poi alle conclusioni della fisica nucleare!
Non a caso Niels Bohr ha voluto l’immagine del Tai Chi nel suo stemma di baronetto acquisito grazie alla scienza: come dire il cerchio si chiude e rendo ciò che ho avuto.
Ma come l’ha reso? Comprensibile anche a una mente occidentale, per passaggi successivi, non per folgorazione (metodo Einstein).
Questo è la scienza in senso speculativo, un mondo di paragoni: raggi nel buio che indicano la presenza di forme inaspettate.
Ivano, io di “autodeterminazione” non ho proprio parlato! Prova rileggermi.
Ho parlato di “proprio percorso” individuale, nel quale si aprono possibili alternative/scelte sulle quali ci è possibile operare con razionalità e intuizione.
Il tutto ovviamente con le …..”condizioni al contorno” che ci ritroviamo da quando nostra madre, dopo averci fatto, ci fa uscire da se.
Tutto ciò, fino a quando il nostro delirio di onnipotenza non pretenderà di stravolgere sistemicamente i (Matrix?!?) principi di vita su questo pianeta!
Sì Francesco, è come dici tu. Meno male che non sei di quelli che “basta volerlo”.
No, no, Ivano, sono ben conscio di avere avuto delle “condizioni al contorno” favorevoli: due genitori che si sono amati e rispettati fino a quando sono vissuti, con possibilità di lavoro mai messe in dubbio alcuno (se non nel primo dopoguerra!) e conseguente disponibilità economica per assicurarsi (/ci, me con mia sorella), pur con sacrifici, tutto quanto necessario ad una vita dignitosa e senza assilli, ben considerata nella piccola Città, genitori che (assieme alla nonna materna, gli altri mi avevano lasciato assai presto) mi hanno rappresentato esempi di vita “edificanti” e favorevoli ad una positiva educazione di base.
Poi, senza dimenticare l’importanza di interventi educativi da ….”terzi” (uno per tutto Don Agostino Cantoni) credo di averci messo anche “del mio”, possibilmente più nel “bene” che nel “male”!
La “forza di volontà” era, eufemisticamente, tutt’altro che ferrea, ma gli anni 50/60 erano indubbiamente “più favorevoli” e meno ricchi di insidie per un giovane in fase di formazione e potermi giovare di due genitori attenti e positivi, ha rappresentato una ….”sponda” vincente per la mia crescita.
Io penso sempre a una forza dei desideri più che di volontà. E a ciò corrisponde poi una diatriba fra me e mio fratello (una bella testa speculativa) su come accada che in qualche modo tutto succeda ma per vie traverse, ma vien lunga, e passerei ancor più per matto di quanto già abbiate accertato.
Volontà, tenacia, origini danarose e fortuna. Sapere quale delle quattro conta di più per varie faccende è difficile dirlo, e quasi mai si ha l’onestà di propendere per se stessi per le voci meno edificanti delle quattro. E poi non dimentichiamo la buona salute, naturalmente, per crescere, e un bell’aspetto, che non sempre è dato. Un giorno, a un bar di Crema ho visto passare una signora brutta tanto a spasso con un cane minuscolo il cui pelo spelacchiato pareva passato in lavatrice e non asciugato. Due vitelloni del bar si son detti, mentre passavo di fianco a loro: guarda quella lì, è più brutta del suo cane! Quindi, il bell’aspetto, che non sempre si ha, il peso importante ce l’ha, eccome, nell’andazzo, negli amori, e anche nel resto. Poi, se vogliamo dire che siamo stati bravi, che ce l’abbiamo messa tutta, che i soldi di famiglia non sono stati determinanti, che eravamo belli ma soprattutto belli dentro facciamo pure. Non ci crederà nessuno, ma per mentire siamo bravissimi.
“meno edificanti” dici? Ma mi pare che ti contraddica, Marino!
“Edificano”, caspita se edificano!
E’ una battuta ferragostana, Marino, ma ….fino a un certo punto!
Così, di fondo, io credo che un obiettivo vitale, come persone, sia la serenità.
Nada mas…..
Interessante questo scambio di opinioni alla Catalano, bonariamente, sia chiaro, al quale ho partecipato, per ribadire, oltre la metafisica, l’imprevedibilità della vita che non dev’essere poi analizzata e meditata troppo. Sono la saggezza popolare, i proverbi, le parole semplici che ci raccontano che uno è sfortunato e altri non lo sono, che ci dicono come sempre è andato il mondo e non c’è speculazione filosofica che tenga. Se tutti avessimo questa consapevolezza, al di là delle convenzioni sociali e culturali, speculazioni intellettuali, se si facesse tabula rasa dell’inutile sovrastrutturato in millenni di storia dell’umanità per arrivare semplicemente a dire che è meglio essere ricchi che poveri, belli che brutti, intelligenti che idioti il mondo sarebbe migliore. Basterebbe riconoscere che è solo questione di culo per ridimensionare i falsi miti che abbiamo costruito. Credo che poi il mondo cambierebbe, la solidarietà sarebbe solo restituire quello che il destino ci ha riservato gratis, la supponenza sarebbe sostituita dal rispetto per chi ha meno neuroni, l’estetica perderebbe i suoi canoni, così che vedendo una signora brutta col suo cagnolini a nessuno verrebbe in mente di chiedere di quale razza è, la signora naturalmente, e la bellissima ragazza la darebbe anche ai non avvenenti. Abbiamo complicato il mondo e io mi ritengo ben fortunato per essere nato bellissimo, di buona e ricca famiglia e soprattutto intelligentissimo. Adesso col tempo, dopo aver restituito buona parte di quanto avuto, anche per l’età sopraggiunta, meno approfittatore degli degli di una vita fortunata, sono ben contento di essere come tutti, vecchio, bruttissimo e con sinapsi neuronali in smantellamento. Poi magari tra un po’ muoio e il cerchio si chiude. E dopo di me toccherà al mio vicino che per ora quelle fortune le utilizza ancora tutte, e poi a quello che ha sempre avuto poco. E questo con buone probabilità, dopo una vita di fatiche e frustrazioni, morirà incazzato. Ma probabilmente morirà incazzato anche quello che in virtù dei suoi privilegi avrebbe ambito di diritto all’immortalità. Si sa, non se ne ha mai abbastanza.
L’ideale sarebbe non accontentarsi fino a un certo punto e poi, arrivati a un certo punto, accontentarsi.
Dipende dal punto.
Nel caso che fai tu alla fine, Ivano, di quello che dovendo morire vuole l’immortalità, la vedo dura.
Anch’io, come Francesco, punto molto sulla serenità.
Arrivato a una certa età, ho sentito l’esigenza di modificare il titolo di Baudelaire e Matisse: lusso, calma e … serenità.
Ci sono tante stelle cadenti e tanti desideri espressi ed esauditi, ma attenzione, perché ogni desiderio ha la sua controparte, e se uno vince altri perdono, o tu stesso alla resa dei conti. La realtà ha la sua omeostasi. Per questo motivo nella mia ultima sosta in albergo, avendo visto trenta euro in terra, l’ho comunicato all’albergatore: di sfiga in quel viaggio ne avevo totalizzata già abbastanza per impossessarmi di qualcosa non mio e non guadagnato! Certo se avessi avuto fame sarenìbbe stato un segno del riequilibrio, o se avessi avuto la prontezza di pensare a una donazione avrei potuto prenderli, visto che l’oste ci si sarà fatto una cenetta, altro che cercare chi li aveva persi!
Rilke, nella prima elegia scrive “che il bello non è che il tremendo al suo inizio”. Ma qui è altra storia. Se estrapolato come aforisma avrebbe molteplici letture, tra desiderio, volontà e paura, e ognuno ci metta quello che vuole, anche tutta una cultura cattolica intrisa di dolore, punizione, sensi di colpa, espiazione, penitenza con una visione prospettica che del piacere fa una colpa, così che le felicità possibili sono trasmutate in peccati o per lo meno non nella strada per il paradiso. Sono le sovrastrutture culturali di cui parlavo nel mio precedente commento, tanto per non ripetermi. E tu Adriano me lo confermi.
E come no!
15:30. Non “degli degli”, ma “degli agi”
Pietro, in effetti la volutta…
Però…E il lusso e la calma dove le vendono? E se costano troppo?
Sono buone domande, Ivano. Le risposte dipendono poi dalle scelte che si fanno.
Comunque, non sono le cose più importanti della vita. La mia era solo una reminiscenza scolastica.
Certo, determinate domande è meglio farsele da giovani, visto che per le risposte ci possono volere tempi non brevi.
La Scienza ha molto a che fare con la ricerca di certe risposte.
Quasi come il Caso, che tu hai simpaticamente chiamato in modo più colloquiale.
Poi, le buste da scegliere (busta 1, busta 2 o busta 3?) sono sempre le stesse, come ai tempi di Mike (che oggi avrebbe un enorme successo elettorale e politico). Vale a dire, si può recitare l’Amor Fati oppure si può sparare ai ricchi oppure si può fare il piantino sull’avversa fortuna. Il piantino fa anche molto spleen (e così si torna al precitato).
Bravo Pietro, lo sento anche io.
L’uomo è l’unico animale che non conosce il limite, nell’agire, nel pensiero, nel riprodursi, nella crudeltà… e questa è stata la sua peculiarità che ci ha portato fin qui (confine del baratro), per cui non possiamo darci lezioni di opportuni comportamenti. Eppure sarebbe così semplice mettersi in formazione gerarchica come ogni animale sociale, essere soddisfatti semplicemnte della casella che si occupa! Ma la legge della nostra evoluzione ce lo impedisce per motivi di assetto ormonale, fin quando gli ormoni della tranquillità, o i non ormoni dell’iperattivismo, dello spirito rapace, non si riassettano. Allora uno spirito diverso, che non è di passività, ma di modesta finalità, prende il posto. E ci si perdona degli errori fatti, anzi, ci si congratula vedendo quante caselle vadano al loro posto anche senza aver mosso un dito!
Grazie, Adriano. Non sono molto ferrato in proposito ma mi ritrovo in quello che dici.
Ovviamente, a vent’anni pensavo e sentivo diversamente.
Però, adesso, non esageriamo con la serenità. Mi vengono in mente certi edifici con scritto fuori “anni sereni”.
Serenità attiva boy, senza ansia da prestazione.
Le origini danarose e la fortuna sono edificanti, è vero, e fai bene, Francesco a segnalarlo. Edificare, in italiano significa oltre a costruire, anche indirizzarsi al bene. Bene non comune, in questo caso, ma personale. Privato. Spesso sottaciuto. Dettagli o no, meno decisivi di altre componenti quando lo si spiega a se stessi o ad altri? Difficile la risposta. Conta il risultato, certo. Per farla breve, sono anche misteriosi, i fili che tracciono, i motivi della riuscita personale o del fallimento, la delusione personale, nella vita adulta.
Ricordo un’intervista a una famosa attrice italiana bella tanto, ricca di famiglia molto, che non voglio citare che spiegava quanto aveva faticato e lavorato sodo per arrivare al successo. E’ stata brava volonterosa e tenace. Nell’intervista si dimenticò di accennare ai due elementi, edificanti, la bellezza, le origini fortunate, e che parecchio aiutano, ma meno edificanti se vogliamo dirci la verità, tutta, davanti allo specchio e quando la raccontiamo.
Se qualcuno vuole reinventarsi le caste, allora va bene.
Ma da parte mia ho agito in modo da abbattere le classi sociali, fin nella scelta di amiczie e della compagna di vita, scelta invisa ai miei ascendenti, e quella è stata la mia fortuna, non l’ascendenza agiata: la rottura totale conseguente e libertà di movimenti (e una credibilità personale già a ventisei anni conquistata sul campo che mi permetteva di scegliere fra sedi di lavoro in tutta Italia, (perché i miei genitori il Maestro manco sapevano chi era, semplicemente mi son potuto muovere come figlio di questo blasonato, sì, padre adottivo alla cui porta avevo suonato a vent’anni). E il maestro aveva fatto la stessa strada.
Fortuna certo: quella di una genetica di montanari irpini, per me, lucani per il maestro, che pongono il lavoro avanti a tutto.
Libertà nelle mani, che mi permetteva di usarle per sotterrare sotto la neve del balcone della mia prima casa di via Capergnanica il contenitore dei formaggi, perché di frigorifero non se ne parlava, e i mobili erano fatti di cartoni della Standa dipinti a foglie di acanto in blu e argento al prezzo di due latte di vernice, il letto costruito da me con tavole prese in una segheria di S. Maria.
Fortuna? quella che nella fine anni ‘70 abbia nevicato tanto da far cumuli sui balconi e ci fosse abbastanza vicino per la mia cinquecento moribonda una segheria!
Il fatto poi di essermi dichiarato di sinistra appena arrivato a Crema non mi ha aiutato certo, ma qualcuno scrollava le spalle, come fosse solo un’estrosa ribellione giovanile, altri increduli accettavano comunque il confronto.
Non mi faccio bello, la cronaca, gli incontri casuali, sono ricchi di storie così.
Non a tutti è andata così, ma molti di quelli sfortunati hanno fatto i fine settimana, io raramente ho saputo cosa fossero, perché la domenica si studiava per recuperare quanto non fatto per l’impegno di volontario negli altri giorni, e poi per recuperare l’handicap di essere nell’arte un figlio di nessuno.
Capisco, potrei rendermi antipatico? Ma perché dovrei vergognarmi di avere una storia da raccontare di cose che possono capitare a un antiarrivista idealista?
Perché dovrei dire che non ho capito come gira il mondo?
Certo Marino, gira come tu dici, e gli assi ereditati geneticamente, quelli non economici e non nobiliari, possono esserci, magari anche le valenze di un buon linguaggio appreso con le prime parole, e chi dice di no? Ci sono fattori congeniti, e chi dice di no? Ma c’è altro.
Ma soprattutto perché elementi spuri dovrebbero infiltrarsi fra i rapporti umani?
Alla fine non mi restano che affetti e un po’ di cultura che mi permette di sondare meglio la realtà, una storia di coerenza personale, e un senso di diffusa amicizia.
Ma l’epopea del Krishna non ha niente da insegnare? Spiritualità e amicizia, ma prima di tutto una storia di lotta sociale, con un’inammissibile, per l’epoca, e magari anche oggi in India, vicenda di salto di casta; anzi, addirittura due caste scavalcò!
Penso che nel discorso sia fondamentale che lo scopo dell’esperienza umana non è questo salto ad ostacoli, ma l’esperienza, l’amcizia, che nel tragitto si sperimenta.
Penso che strumenti speculativi affinati per produrre possano essere utili anche nella introspezione, nella sperimentazione intellettuale fine a se stessa, e in ciò non c’è limite esterno, sociale, economico, che possa essere di ostacolo.
Penso alla tua vita, che da quanto racconti è stata un pieno successo in questo senso basilare Marino.
Con profonda stima e amicizia.
Adriano, esistono vite difficilissime da raccontare, altre vissute nel riserbo dignitoso perchè non è vero che si debba dire tutto, altre orgogliose fino a farle diventare letteratura, così che leggendo le vite degli altri a volte pare che la loro esperienza possa servire ad elaborazione della nostra. Che poi non è così vero, e spero che chi racconta mai si erga a modello sistemico perchè non è così. E’ come per i consigli, sempre sbagliati da parte di chi crede di potersi sovrapporre o intromettere nelle esistenze che neppure dal racconto apparentemente veritiero ricevono quelle sfumature o verità che il nostro linguaggio riesce a dire. Così che le vite degli altri, edificanti o meno, tragiche o comiche che siano, mai diventano paradigma sostenibile come le nostre non lo sono per gli altri. E difatti capisco poco questa piega intimista più da diario privato che da blog pubblico, non perchè debbano esistere argomenti tabù, ma per l’impossibilità del vero, se non in quella letteratura che forse a me interessa soprattutto dal momento in cui tutte le vite diventano politica, quindi Storia. Anche perchè la capacità di ascolto attivo è virtù rara. Il resto è chiacchiericcio vis a vis o mediatico a seconda degli strumenti, con occhi attenti in interlocuzione sociale perchè così facciamo tutti in un’ottica di animali sociali quali siamo, ma più per convenzione che convinzione. E la comunicazione diventa quel telefono senza fili dagli esiti comunicativi sempre incerti perchè sempre mediati dall’unica conoscenza che è la nostra esperienza. Esperienza che ci guida o deraglia in letture o interpretazioni che bisognerebbero sempre quella cautela d’obbligo, o dovrebbe essere così, da parte dei due attori in scena, che dice e chi ascolta.
“E’ come per i consigli, sempre sbagliati da parte di chi crede di potersi sovrapporre”. E già, nonostante il cattivo rapporto risento la voce di mia madre che diceva “più aiuto e meno consigli!”
“capisco poco questa piega intimista più da diario privato che da blog pubblico”. Dimentici che io sono un anti-privacy! Quando son finito in unità coronarica l’ho annunciato con tanto di foto da lì!
Comunque mi son sentito personalemten chiamato i causa, con particolari personali stringenti che mi riguardavano, e ho risposto a Marino, sperando di aggiustargli il tiro delle visioni, mica per me, solo come una storia che conosco e conoscono tutti! Anche se la fantasia popklare ha addirittura inventato che sarei stato un caso di nepotismo; ed è contro questo che combatto, per cambiare l’ottica corrente. Era questo che volevo per i miei figli, non il risultato.
Ma chiudiamola qui, altro che fuori strada, un treno intero di idee deragliato!
Adriano, sento una punta di risentimento, ma non volevo provocare. Volevo solo dire che forse, come per l’educazione, più che le parole e i consigli servono gli esempi. In questo senso potresti avere ragione tu. Ma forse non è cero neppure quello. Ritorno al Caso. Io credo che per una formazione credo che non esistano codici lroponobili. Fa rima ma il più delle volte i risultati sono imprevedibili e insondabili. Se buoni si crede di aver agito bene, se cattivi é ovviamente doveroso, ma inutile, porsi tutti i perché. Che poi tu sia antiprivacy sai bene che non é una ricetta proponibile. Evidentemente tu non hai niente da nascondere, ma sai bene che non è così per tutti. Continuo a pensare che il racconto di sé mai é veritiero.
Errata corrige: certo, proponibili, mai sia veritiero.
Per via dell'”errata corrige”, prezioso, Ivano il tuo “….Ma forse non è cero neppure quello….”. E dato che non l’hai corretto, mi viene perfino il dubbio che fosse voluto, il “cero”!
Per il resto, mica necessario certo dire tutto a tutti!
C’è chi le dice solo al confessore, attraverso i buchini a forma complessiva di croce, della lamiera bianca smaltata che impedisce la vista, e il riconoscimento (quando ero ragazzo e ….andavo a confessarmi, funzionava così!), c’è chi le dice a chi capita nelle vicinanze, a tasso alcolico sufficientemente accresciuto, c’è chi …..guai coi social, c’è chi non le dice nemmeno a ….. se stesso!
Comunque ritengo davvero interessante il tipo di “conoscenza” che si …..implementa via via leggendo quello che scriviamo sul blog!
A proposito di scienza e società, a volte ho quasi l’impressione che la scienza, o meglio un certo uso che se ne sta facendo oggi, renda la privacy sempre più difficile. E ciò volendo considerare scienza anche l’ICT. Per cui, il fatto di essere a favore oppure contro la privacy potrebbe, tra qualche tempo, rischiare di diventare qualcosa di simile al fatto di essere a favore oppure contro il leone berbero, il tilacino, la tigre di Giava e il quagga.
Forse, però, una tutela giuridica e operativa della privacy potrebbe restare comunque utile alla nostra specie, soprattutto in un’epoca di forte interazione sociale e di continuo overload mediatico come quella attuale.
Infatti, questa tutela potrebbe proteggere non tanto i soggetti titolari dei fatti propri, bensì i soggetti esposti ai fatti altrui. Sarebbe una tutela dai fatti degli altri. Una sorta di legislazione a tutela della privacy di quelli che sono lesi dalla mancanza di privacy di chi va a raccontare loro i fatti suoi.
Il fatto è che non è vero ciò che si presuppone oggi in tema di privacy, per lo meno nella maggioranza dei casi. Vale a dire, non è vero che i fatti degli altri siano interessanti. Per cui, ecco tornare utile la tutela contro la noiosità dei fatti altrui. Fino a quando la gente si faceva i fatti propri e non te li spiattellava in ogni momento come fa oggi, utilizzando tutti i media che ha a disposizione, l’essere umano si illudeva che i fatti degli altri potessero destare curiosità, attenzione e interesse. Poi si è capito che è il contrario, alla luce di quanto visto, udito e letto.
Si usava dire che ogni persona ha dei segreti. Però non si diceva che di solito sono segreti noiosissimi.
In questo senso, io sono favorevole alla privacy.
Ebbene si, lo ammetto, sono andato su google a vedere cosa era sto cazz’e ICT!
“l’insieme delle tecnologie che forniscono l’accesso alle informazioni attraverso le telecomunicazioni, focalizzata sulle tecnologie di comunicazione, come internet, reti wireless, telefoni cellulari e altri mezzi di comunicazione.”
Mi sembra quindi che, come hai detto, Pietro, è proprio “… l’uso che se ne sta facendo….” della scienza!
Il “clima” che si è oramai consolidato sui social media è quello del chiacchericcio, del guardonismo, del pettegolezzo, più o meno volgare, più o meno aggressiv/offensivo, e addirittura le trasmissioni televisive dedicate, gestite/popolate da veri “professionsiti” del settore, si sprecano!
Quanto alla “tutela della privacy”, mi pare che si risolva tutto in una formalità che ti costringono a firmare quando meno te l’aspetti, in calce a una pappardella che, il più delle volte, rinunci a leggere!
I SEGRETI, quelli che davvero restano segreti sono quelli come la strage di Ustica, volo Itavia abbattuto 40 anni fa, 80 innocenti morti! E di questo SEGRETI nel “buffo stivale” ce ne abbiamo una bella collezione! E li, la “privacy” è davvero “tutelata”, caspita se è tutelata!
Simpatico Francesco, solo che rileggendo non so più se correggerei con vero o certo. Problema lessicalsemanticoesegetico mica indifferente. In verità basterebbe aprire il dizionario e riflettere sulla sfumature che differenziano i due termini. Certo vuol dire anche degno di fede, vero “che possiede in modo totale e incontestabile i caratteri necessari a individuare il proprio essere.”
Quindi forse correggerei con certo. Che buontempone. Io.
Eccellenza, mi parea di sego,
in quella bella casa del Signore,
fin il cero dell’altar maggiore. A proposito di degno di fede del precedente commento e anche di totale e inconstentabile. Ma qui siamo tutti d’accordo, nessuna verità precostituita, ma onesto confronto e dialogo.
Sempre a proposito di scienza e società, ho quasi l’impressione che la pandemia tuttora esistente tra noi abbia evidenziato ancora di più il problema di un’altra patologia, che tutti quanti abbiamo avuto modo di veder dilagare: quella della “infodemia”.
Nonostante 22 milioni di contagiati e 800.000 morti in nove mesi circa, un’infodemia di scemenze, bischerate e citrullaggini continua ad assalire ogni giorno chiunque intenda informarsi sulla reale situazione. Ovviamente, l’infodemia si sviluppa e si diffonde ormai da parecchio tempo su moltissimi argomenti. Però in questo caso risulta ancora più palese e significativa.
Determinati deragliamenti mediatici nuocciono alle istituzioni e ai cittadini, danneggiando la verità e la salute. La politica potrebbe imparare dagli errori, dalle omissioni, dalle falsità che hanno caratterizzato questi nove mesi, all’estero e in Italia, per prepararsi alle prossime pandemie in modo meno superficiale e improvvisato.
L’infodemia, in generale e quindi anche nel caso delle pandemie, è una patologia come le altre. Il fatto che abbia a che fare con le sinapsi neuronali invece che con l’aggancio di un filamento RNA alla proteina ospite, non esclude la competenza della scienza e della medicina. Anzi, si dovrebbe trattare anche l’infodemia in termini di diagnosi, cura e prognosi.
Anche le informazioni cialtrone hanno i loro spillover, solo che, invece di saltare da una specie all’altra, saltano da un sito all’altro, da un blog all’altro, da un gruppo whatsapp all’altro.
Occorre analizzare i sintomi dell’infodemia, le sue manifestazioni tipiche, i meccanismi trasmissivi. Certo, qualcuno strillerà al liberticidio. Ma sono gli stessi che strillavano contro Jenner, Pasteur, Sabin e gli altri come loro. In pratica, gli strilloni contro la scienza.
E questo è il punto, ben dentro il discorso su scienza e società.
Bisognerà potenziare non solo la medicina corretta ma anche la comunicazione corretta.
Che cosa siano è oggetto di discussione.
Ma da qualche parte stanno.
E avranno entrambe un ruolo fondamentale, se ben collegate, nel gestire le prossime pandemie.
Consiglio il libro di Lelio Alfonso e Gianluca Comin, “Zona Rossa”, Guerini e Associati.
Pietro sei una biblioteca su gambe! Sull'”infodemia” go preparato una delle due lezioni sul virus per l’UNI-Crema. Gli anticorpi sono all’opera, ma il problema non è da sottostimare. Se ti interessa ti avviso quando le tengo (ovviamente anche tutti gli amici!). L’altra è la revisione critica di date e curve di espansione del contagio.
I due lati della medaglia: il tempo in cui il sapere era nelle mani di pochissimi e i tempi moderni, dove una cultura di massa, che si può chiamare in mille modi e analizzare da moltissimi punti di vista, dalla scuola obbligatoria al sei politico di un tempo, e forse una non sufficiente selezione oggi, ma soprattutto prima, in nome di una democratizzazione della conoscenza e del pensiero legittimato di tutti in nome della libertà d’espressione, insieme alla tecnologia, terribile strumento per alcuni, per altri liberazione dal sapere precostituito, preconfezionato. Chissà cosa è meglio. Visti i risultati, anche nel contingentissimo che è questo virus, si potrebbe dire che era meglio prima, ma è materia delicata. La democratizzazione politica ha camminato di pari passo proprio con quella cultura diciamo da scolarizzazione obbligatoria partita decenni fa con l’intento di dare a chiunque quegli strumenti atti ad interpretare passato presente e futuro. E mettiamoci anche tutte le rivendicazione di classe, lotte politiche, sindacali, diritti e conquiste civili che prima non trovavano espressione organizzata. Poi magari si è arrivati alla degenerazione della partecipazione dovuta ai social che autorizzano e chiedono a chiunque ad esprimere il proprio pensiero anche quando pensiero non è, vuoi per esibizionismo, voglia di protagonismo, diritto alla libertà di parola. Ma il contrario non sarebbe un passo indietro rispetto a conquiste importanti anche se in questo momento mostra – il libero pensiero- il lato peggiore? Poi districarsi nella selva oscura dell’informazione, terreno minatissimo, è impresa ardua e la conclusione sarebbe che la scolarizzazione di massa e la democrazia non hanno assolto al loro compito di dare strumenti per codificare tutto quanto si legge e si ascolta. Ma il contrario? Non è forse meglio adesso, pur con tutti pericoli che corriamo tutti noi? Vedi il ritorno dell’epidemia. Non so.
Tutto bene se il libero pensiero esistesse. Ognuno è ora libero di dar fiduxìcia a chi più lo convince, certo, e pochi possono saperne più di molti, ma tanti possono essere indottrinati come i opi del pifferaio, a sua volta stragato dalla sua stessa musica. Se verrai a sentire la ricostruzione seria dei fatti quando farò questa lezionemi farà piacere.
Segnalo a todos los amigos un bell’intervento di Salvatore Settis nella rubrica RADAR del “Fatto Quotidiano” Il “mio” giornale) di oggi, in sintonia col tema del post,che titola:
COVID, “NARRAZIONE” PER GLI INCREDULI.
TRUMP, BOLSONARO, SALVINI & C. Si sfratta il principio di realtà e si svilisce la scienza, contrapponendole un’altra “scienza” a uso proprio. E se lo fanno i politici, perché non dovrebbero farlo i cittadini?
Qualche passaggio:
A ogni pestilenza c’è qualcuno che va in preda al panico, ma anche qualcuno
che non ci crede. L’incredulità davanti al CoViD-19 ha accomunato Trump e Bolsonaro, Boris Johnson prima maniera e la destra tedesca, frequentatori di discoteche italiane e membri dell’American Rifle Association persuasi che la libertà di portare le armi e quella di non portare la mascherina siano la stessa cosa………
Azzardiamo una definizione: quella che vediamo fiorire intorno a noi è un’incredulità post-moderna. Presuppone la tendenza a relativizzare il valore della conoscenza, anche seM obiettiva e scientifica, e la riduzione della storia a “narrazione ”, da decostruire frantumandola in atomi staccati l’un dall’altro, ciascuno dei quali da solo non vale nulla….
Da sempre governanti d’ogni sorta hanno mentito ai sudditi o agli elettori, ma la pretesa equivalenza d’ogni possibile “nar razione ” e il ripudio del principio di verità forniscono a questa antica pratica di governo un sigillo inatteso e allargano i confini del suo esercizio: non più solo il racconto o l’interpretazione dei fatti di attualità, ma perfino le leggi della natura (a queste appartengono i meccanismi del contagio), le certezze della scienza, le competenze specifiche. E se un capo di Stato è legittimato a negare l’evidenza, perché non dovrebbero farlo anche i cittadini?…..
L’incredulità post-moderna prende piede perché, mentre nega la gravità della pandemia, non prende posizione contro la scienza: piuttosto, la svilisce a “narrazione ”, contrapponendole un’altra “scienza”a uso proprio. L’immunità di gregge di Johnson, le mille incoerenti sciocchezze di Trump, i prodigiosi effetti dell’idrossoclorochina secondo Bolsonaro. Senza negare la competenza degli esperti, si inventano versioni alternative, provando a imporre la propria “narrazione ”…….
Su questo sfondo, chi cambia opinione ogni ora (come Salvini) non è che l’epifenomeno di un generalizzato costume che allontana i fatti l’uno dall’altro, allenta i meccanismi di controllo, separa la conclamata fiducia nella scienza dal riconoscimento della competenza, legittima prese di posizione irresponsabili perché dettate solo da convenienza o da appartenenza politica.”
Ebbravo Salvatore!!!!
Bolsonaro è stato il primo presidente della storia ad essere stato obliterato. Ora si potrebbe gridare al omplotto che tacita un uomo pio e veritiro, ma voi ci credete? Tal Guglielmo da Occam non ci insegnò l’evidenza dei fatti sopra ogni artificio intellettuale?
La mania del leaderismo personale è stata l’ultima mazzata della politica. Non che non ci fosse mai stata. Tutt’altro. Ma la democrazia che è anch’essa un’ideologia, che cercava di arginare, con i contrappesi, le alternanze, forti partiti politici espressione di un progetto, di idee, con l’ego smisurato che spesso prende e avvelena lo stare in comunità, con l’antipolitica che ha dato le chiavi di tutto o quasi al leader, ha reso la politica quella che è oggi. Il problema non erano le ideologie ma le persone; un problema antico. La mancanza di umiltà, di responsabilità civile, di etica alla fine si paga. Di rispetto per chi ha meno fortuna. Conosco persone che hanno sempre vissuto sempre nella stessa casa di famiglia, non hanno mai pagato un mutuo, non hanno mai dovuto mangiar merda e dire che era ottima, ma quando la contano, quando fanno fuori la narrazione dicono: anch’io….ho faticato. Le bugie nascono già nelle faccende private, figurarsi poi quando ci si inventa un ruolo pubblico. Ma tornando alla sventura del leader, del risolviproblemi, mi torna in mente il breve racconto di Luigi Meneghello, veneto, scrittore e professore per lungo tempo in Inghilterra, quando fu partigiano azionista sulle montagne venete. Meneghello un giorno salì nel bosco con un una ventina di contadini, operai, lui era il capobrigata, e si fermò in una radura. Appoggiarono i fucili a terra e tirarono fuori le pagnotte, il vino, era ora di sosta. Meneghello si alzò in piedi e cominciò un discorso, mentre i contadini lo ascoltavano silenziosi. Stiamo combattendo per la democrazia, nella nostra brigata non ci sono capi e capetti, siamo tutti uguali, le decisioni le prendiamo d’accordo, tutti, discutendo, a maggioranza si deciderà come fare. Un discorso breve, semplice. Meneghello tacque. Nessuno alzava la mano per intervenire. Il silenzio si prolungava. Meneghello un pò si spazientì e disse: la vostra opinione? I contadini, gli operai si guardarono in faccia finchè uno di loro si alzò timidamente e bofonchiò: va bene capo, facciamo come dici tu….
Il leaderismo di Mussolini portò l’Italia in guerra; quello di Craxi distrusse il Partito Socialista; Antonio Di Pietro sembrò il risolviproblemi della corruzione italiana e scivolò anche lui su faccende poco edificanti. Arrivò Umberto Bossi e inventò il leghismo con stravaganze da film di Alberto Sordi, il tesoriere Belsito, e altre storie che per carità è meglio non citare; poi “il bullo” Salvini che sostiene che il coronavirus è finito, che toglie la mascherina in pubblico, baci e abbracci e selfie con i suoi fan, che con un comportamento che giudico irresponsabile dice che i morti da coronavirus sono solo tre al giorno, e ne muoiono molti di più per altre faccende. Bolsonaro e Trump in preda a discorsi folli sul coronavirus. La mancanza di idee, la pigrizia della collettività porta sul palcoscenico il leader, che mai deve essere essere triste, inciampare nel discorso, deve saperla contare, avere un gruppo di consiglieri abili. Deve piacere, affascinare. E poi il risultato è sempre quello.
Ne parlerò in quella lezione, sperando che non si trasformi in rissa politica.
Ci verrò certamente caro Adriano, però ritengo che gli esperti in questo momento storico abbiano grosse responsabilità. E pochi pesci da pigliare. Se penso a cosa potrebbe accadere con la riapertura delle scuole, con tutte le incertezze che l’ accompagnano, davanti alla brutta stagione che potrebbe riservarci amare sorprese, inorridisco. Mi chiedo se non sarebbe stato il caso di aspettare ancora qualche mese. Anche solo chiedere a bambini della scuola primaria di tenere la mascherina per cinque ore filate mi sembra un delirio.Non si può reggere.
Arrivati a questo punto dico anche io chi non risica non rosica! (con moderazione ma soprattuto senso della diciplina, quello che certe frange vogliono minare)
Un solo caso in una classe e questa viene chiusa. Da considerare che in una classe anche di scuola primaria si alternano più insegnanti che girando in classi diverse potrebbero costringere tutta la scuola a chiudere in breve tempo. Proposta: in questa fase ritornare all’insegnante unico e gli altri, eccedenti a disposizione. Invece no, si assumono nuovi supplenti e dopo? Finita l’emergenza, essendo sovranumerari cosa si fa? Si lasciano a casa?Da considerare anche che in genere i supplenti vengono dal sud, da regioni dove i casi stanno aumentando, innescando una catena tra andata e ritorno che potrebbe esporre a contagi anche territori a bassissimo impatto epidemico. Adriano, tutto ascoltando la scienza. Ora resta da stabilire quale sia la corrispondenza tra tecnici e politici. E da mettere in conto, qualora la situazione peggiorasse, l’ostracismo verso virologi o epidemiologi o pneumologi che non sono ancora riusciti a trovare una linea comune. La disaffezione verso la scienza potrebbe ulteriormente peggiorare. Non sarebbe certamente colpa sua di fronte ad un virus che presenta ancora lati oscuri e dato il tempo breve di osservazione e studio. Se poi ci mettiamo anche un rallentamento delle costrizioni e i controlli spariti, io credo che ci aspetteranno tempi peggiori di quelli passati. Personalmente io ho più paura adesso.
Lati oscuri dici bene! Di ggi l’informazione che mi arriva che, pur essendo un virus a catena singola (RNA) sarebbe in grado di autoriparazione anti-mutazione (la catena doppia del DNA dà la garanzia invece della seconda copia, per cui la mutazione deve avvenire nel momeneto preciso della riproduzione per non disperdersi. Già, che rischio riprodursi!)
Comunque seguiamo la regola generale dell’andamento delle epidemie, anche se non le comprendiamo completamente: il rapporto con la specie aggredita migliora nel tempo, per una resistenza migliorata biologica o strategica della specie, per la comparsa dei ceppi meno aggressivi, concorrenti vincenti sull’originale, perché il virus, non vuole uccidere!
Grazie dell’anticipazione, Adriano. Quando la segreteria mi manda il calendario, guardo la data e faccio il possibile per esserci. Però, quando settimane fa ho confermato anch’io (la scadenza era l’8 agosto), non ho compreso quale sia il “tema” dell’anno. Vedremo.
Ivano, un buon “riequilibrio” da parte tua, in senso positivamente progressista: meglio l’infodemia che l’infoaristocrazia. E cruciale, in effetti, resta il fatto di un’estensione dell’alfabetizzazione e della scolarità ma con carenza di strumenti critici e bussole orientative. E poi, in effetti, aleggiava su quanto ho scritto un malcelato conservatorismo. Bah, siamo fatti così.
Francesco, grazie per gli stralci. Interessante l’elemento della “decostruzione” della realtà attraverso il frazionamento in elementi staccati. In effetti, è proprio il “collegamento” una delle attività cognitive che consente la spiegazione dei fenomeni.
Pietro ti rispondo sulla posta sul tema se vuoi, comunque virus e connessi economici su proposta di Piero
Ti ringrazio molto. Ma per favore non darti il minimo incomodo.
Pietro, quello proposto da Francesco é un buon argomento contro i nazionalisti nostalgici, ma soprattutto di nuovo conio. É quello che si diceva anni fa delle lauree e delle specializzazioni che spesso dimostrano di non tenere minimamente conto della complessità. Se si mettesse nei piani di studio, anche quelli tecnici, un minimo di formazione umanistica, tutto il sapere ci guadagnerebbe.
E tu con la tua formazione, non so quali studi, ma immagino economici o tecnici, lo dimostri.
Confermo l’elogio
Ringrazio, ricambio e confermo l’apprezzamento per la possibilità di dialogo offerta da questo blog.