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ADRIANO TANGO

Hikikomori

Nome giapponese di una sindrome. Già proprio in Giappone fu inizialmente individuata, ma bastava aprire gli occhi per ritrovarcela anche nel paese del sole e del mandolino, o fisarmonica che sia (Italy), con 100.000 casi stimati.
Ma no, niente virus, niente febbre o tosse, solo appagata solitudine, quella dei tanti adolescenti in preda al ritiro sociale. Ma sicuro che sia “appagata?” Se lo è non è una sindrome così malefica!
Certo, di ragazzi molto riservati ne sono sempre esistiti, ma qualcuno prima o poi li prendeva di peso e li buttava fuori, nel mondo, in un oratorio o in un campo di calcio!
Ma ora sarebbe indelicato, gratuita invadenza!

La possibilità di estraniarsi da un mondo percepito come ostile a partire dallo stesso ambito familiare, può essere allettante, e, visto che quando la tavola è comunque apparecchiata anche l’appetito è già soddisfatto, fuori cosa si dovrebbe ricercare, a fiuto?
Certo, ricordando i nostri “tin”, sappiamo cosa cercavamo a fiuto, e non parlo della striscia di coca. O quel che sia.
E allora, esauriti i sensi?… ma resta l’udito! E no, siamo iper-uditivi già in rete, non c’è bisogno di azioni di disturbo da parte di rumori ambiente, che siano voci di familiari o che so io.
Boh… cose da adolescenti… mi son detto.

Poi mi ritrovo con le nuove cuffie regalatemi da uno dei miei figli per Natale, un modello che se anche entrasse un fruscio provvederebbe a filtrarlo e sbatterlo fuori, mentre la musica la estrae direttamente dalla rete.

E leggendo intanto per l’ennesima volta ”Il lupo della steppa” del grande Hesse, mi son detto: “Ma lui, l’Harry della storia, il maturo intellettuale disadattato e isolato, non era un adolescente, eppure era un Hikikomori in piena regola!”

Ma intanto mi succede una cosa inedita rispetto a quando ascoltavo solo un sottofondo di musica ambiente: la fonte sonora mi impone l’esclusiva “vuole” che io spenga il lettore.
Allora mi son guardato allo specchio, e con le cuffie, gli occhiali avvolgenti da saldatore con lenti graduate che mi ero fatto fare e usavo per proteggermi dagli schizzi operando, rimessi in funzione per scansare gli apporti virali, mi son sentito molto, molto deafferentato. Ma allora non son fatti degli adolescenti!

 

E così non mi è rimasto che convincermi che no, non è una questione da adolescenti, che il rischio di sprofondare è tanto più grande quanto più abbiamo occasione di filtrare il nostro contatto col mondo, che l’avvertimento di Giorgio Cinciripini in “Social dilemma…” post del 10.12, corredato da tanto di curve di mortalità per suicidio di adolescenti, potrebbe trovare un corrispettivo nell’analisi degli attempati, “anta” e un giorno oltre!
Ma da noi non arriverà una giovane Hermine come dall’Harry di Hermann Hesse, per salvarlo dall’autolesionismo che lo attendeva a casa.
Ma se il rischio c’è, dov’è la soluzione?

Ma in un post di qualche anno fa non avevo sostenuto che la rete aveva fatto calare i suicidi nelle località turistiche che restano tagliate fuori dal mondo in inverno? Ma allora…

Allora, mi son detto, andiamo a far due telefonate e scrivere qualcosa per Cremascolta, perché la rete serve a creare connessioni, la musica a stimolare la riflessione, la meditazione, ma può diventare un imbuto, e se poi ci aggiungiamo bavagli, o mascherine che siano, paraocchi e paraorecchie…
E poi che le tre sagge scimmiette giapponesi riuscissero a fermare il male del mondo privandosi dei sensi fondamentali è tutto da vedere!

Basta! Ora esco per le strade vuote e vado a fiutare che aria tira. Ma… l’olfatto? Con la mascherina arriva tutto filtrato. Già, le fanno anche profumate poi!

 

E così mi viene in mente un altro capolavoro della deafferentazione: l’opera rock degli Who, Tommy, ispirata a un bambino nato sordo-cieco-muto.
Deafferentato? No, perché Tommy scopre tutto un mondo nel tatto; e ne nascono tanti ancora di bambini così! che sono recuperati alle emozioni umane positive tramite il tatto da solerti puericultori. Capaci di comunicare pensieri commoventi scrivendo sul palmo della mano dell’istruttore con la punta di un dito. Ma allora il fondamento dei sentimenti, la via di salvezza…
Facciamo come Tommy: tocchiamoci!
Quanto il virus e la decenza ci consentono ovviamente, ma non perdiamo l’abitudine, teniamo un rapporto tattile, anche senza toccarci le mani, e facciamo di questi strumenti elettronici solo ciò che sono: un’estensione dei nostri sensi che tocchiamo appena in punta di dita, che ci agevolino nei nostri tropismi verso giusti obiettivi da… scrutare, gustare, annusare, ascoltare, toccare.
Non appena si potrà, ma non cerchiamo sostituti, solo nuovi tramiti tesi alla piena soddisfazione.

Impariamo dai nostri amici cani.

ADRIANO TANGO

29 Dic 2020 in Antropologia

3 commenti

Commenti

  • “Chei terù le, i ta met sempre le mà adoss…..”
    Noi noddici, siamo invece più restii al contatto fisico, si, ci si da la mano, ma già allo “scambiatevi un segno di pace”, l’imbarazzo è palpabile!
    Siamo “animali” di razza evoluta, che parla, ragiona, scrive anche, se necessario, e il contatto sensoriale diretto l’abbiamo messo in secondo piano, in seconda battutta, quando e se …. il gioco vale la candela!
    Quando poi alla “deafferentazione”, prufesur, giuro che a quella parolaccia li, non ci era mai nemmeno passato vicino!
    Noi “meccanici con le mani unte di grasso”, usiamo seghetti, tronchesini, trance, il plasma, al limite, ma quello che si “taglia” è li da vedere, da toccare. A “deafferentare” non ci avevo proprio mai nemmeno pensato (appunto!).
    Qui, invece, mi fai rendere conto che si ….”deafferenta” che è un piacere!
    Mi viene un dubbio: la “mano morta”, in piedi sul tram (reggendosi agli appositi sostegni, ovviamente) sul “lato B” della procace fanciulla, può essere inquadrato come tentativo di “ri-afferentazione” ? Mah!
    Mio padre diceva: ” ta ma la kuntet soave”!
    Sta di fatto che, a lungo andare sto (sacrosanto è, siamo in pandemia!) distanziamento, mascherinamento, ocio a cosa e dove respiri, sta inducendo un “deafferentamento sociale” (si potrà dire poi?) non di poco conto, anzi!
    E i tempi degli abbracci, (ovviamente incentivati dall’aspetto estetico/funzionale dell’interlocutore!) ormai sembrano appartenere ad un’altra era geologica!
    Addafinì a nuttata!

    • Da cell, per colpa grave anche informaticamente deafferentato, ma che palle!
      E quindi tu diresti: “e allora sei andato a toccare i lati B!” E no, ma in giro, visto che deafferentato e con biblioteca e mia libreria chiuse non posso consultare, si. Ma guardare e non toccare, che poi tutto grigio e pilifero il reato sarebbe ancor più grave.
      Ma sicuro che i terroni toccano di più?
      Le tue ascendenze per 1/8 Lentojanni che ti dicono? Il segno di pace: mio padre compito e sorpreso dopo la prima volta della messa post riforma rispose “molto lieto, Tango” ma era un terrone di montagna irpina, non marino e tantomeno terrestre. Io tirando le conclusioni ho pensato che toccarsi alza le difese immunitarie, causa immediato sollievo. Non è il momento, certo, ma non ci dimentichiamo come si fa… E come è fatto il lato B. Accetto accuse di vecchio satiro e sporco maschilista.
      P. S. Sai brother, forse dal cell faccio meno errori!

  • Mah, cmq adesso ci do una ….pulitina è!

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