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FRANCESCO TORRISI

Acqua Pubblica?!?

 

A dieci anni dal vittorioso referendum del 2011 sull’acqua pubblica contro il profitto dei privati, le conquiste sono state poche, i costi per i cittadini sempre più alti e il modello non è quasi cambiato, mentre una legge di riforma giace al Senato da due anni.

La bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), pur contemplando la questione idrica, si limita a rafforzare il sistema esistente, allargando le competenze delle grandi aziende multiservizi. L’esatto contrario di quanto ci si sarebbe aspettato dopo il 2011.

Il 12 e 13 giugno 2011 gli italiani si sono espressi su due quesiti che riguardavano la gestione dell’acqua e in 26 milioni hanno votato per estromettere i privati e il profitto dal settore. Al referendum di quell’estate si è arrivati dopo che dal 1994 il sistema del servizio idrico era stato improntato a una logica di mercato, grazie alla netta divisione tra il bene demaniale dell’acqua, quindi pubblico, e la gestione delle infrastrutture, spesso privata. Per la distribuzione dell’acqua erano infatti i Comuni a dover scegliere a che società esterna affidare il servizio, aprendo di fatto il mercato alla concorrenza tra privati

Nel 2008 il governo Berlusconi con una legge aveva obbligato il passaggio a un gestore privato o misto pubblico-privato suscitando una mobilitazione popolare che aveva portato al referendum . Il primo quesito ha abrogato quella norma, riportando la situazione a prima del 2008. Il secondo ha cancellato invece parte di un articolo di una legge del 2006 che prevedeva “l’adeguata remunerazione” del capitale investito per le società che gestivano le forniture idriche riscuotendo in bolletta. Nell’idea dei promotori, abolire il margine di profitto avrebbe significato l’estromissione dei privati dal settore idrico.

Il modello che si è cristallizzato in questi anni, al netto della legittimità, non punta sugli investimenti né fa l’interesse degli utenti.

Secondo i dati della Cgia Associazione artigiani piccole imprese) di Mestre, negli ultimi dieci anni le tariffe del servizio idrico sono aumentate di oltre il 90 per cento a fronte di un incremento del costo della vita del 15 per cento. Tra le promesse disattese, i promotori del referendum lamentano inoltre il mancato aumento degli investimenti nelle reti idriche. Se si prendono in considerazione quattro delle principali società multiservizi italiane – A2a, Acea, Hera e Iren – tra il 2010 e il 2016 si è scesi dal 58 al 40 per cento degli investimenti sul margine operativo lordo. È stato poi distribuito, sotto forma di dividendi agli azionisti, oltre il 91 per cento di tutti gli utili prodotti da queste società. “Una cosa deprecabile visto anche lo stato in cui versano le reti – conclude Carsetti – secondo l’Istat  si perde il 42 per cento dell’acqua immessa nelle reti”.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, su quale sono affidate tante speranze anche nel settore, peraltro non prende in considerazione esplicitamente quanto previsto dal Referendum sul quale i cittadini si erano espressi pressoché unanimemente e, di fatto messo in stand-by per 10 anni.

Estraggo dal PNRR:

M2C4: TUTELA DEL TERRITORIO E DELLA RISORSA IDRICA M2C4 –TUTELA DEL TERRITORIO E DELLA RISORSA IDRICAOBIETTIVI GENERALI:

Rafforzamento della capacità previsionale degli effetti del cambiamento climatico tramite sistemi avanzati ed integrati di monitoraggio e analisi

Prevenzione e contrasto delle conseguenze del cambiamento climatico sui fenomeni di dissesto idrogeologico e sulla vulnerabilità del territorio

Salvaguardia della qualità dell’aria e della biodiversità delt erritorio attraverso la tutela delle aree verdi, del suolo e delle aree marine

Garanzia della sicurezza dell’approvvigionamento e gestione sostenibile ed efficiente delle risorse idriche lungo l’intero ciclo

M2C4.4 GARANTIRE LA GESTIONE SOSTENIBILE DELLE RISORSE IDRICHE LUNGO L’INTERO CICLO E IL MIGLIORAMENTO DELLA QUALITA’ AMBIENTALE DELLE ACQUE INTERNE E MARITTIME

Riforma 4.1: Semplificazione normativa e rafforzamento della governance per la realizzazione degli investimenti nelle infrastrutture di approvvigionamento idrico

La riforma è rivolta alla semplificazione e più efficace attuazione della normativa relativa al Piano Nazionale per gli interventi nel settore idrico. Inoltre, intende fornire misure di sostegno e di accompagnamento per gli organismi esecutivi che non sono in grado di effettuare investimenti relativi agli appalti primari entro i tempi previsti.

In particolare, si intende agire sulla normativa che regola il Piano Nazionale per gli interventi nel settore idrico (Legge 205/2017, articolo 1, comma 516 e seguenti), facendo del Piano Nazionale lo strumento centrale di finanziamento pubblico per gli investimenti nel settore idrico unificando le risorse economiche relative alle infrastrutture di approvvigionamento idrico previste dal Piano e semplificando le procedure, sia per quello che riguarda la formazione e aggiornamento del piano, sia per ciò che concerne la rendicontazione e monitoraggio degli investimenti finanziati.

Riforma 4.2: Misure per garantire la piena capacità gestionale per i servizi idrici integrati

Nel Mezzogiorno l’insufficiente presenza di gestori industriali e l’ampia quota di gestione in economia traccia un quadro del comparto idrico molto frammentato e complesso: i gestori sono 1.069, di cui 995 Comuni che gestiscono il servizio in economia (in particolare, 381 in Calabria, 233 in Sicilia, 178 in Campania, 134 in Molise). Precedenti esperienze dimostrano che nel Mezzogiorno l’evoluzione autoctona del sistema non è percorribile senza un intervento centrale finalizzato alla sua risoluzione. La riforma è quindi rivolta a rafforzare il processo di industrializzazione del settore (favorendo la costituzione di operatori integrati, pubblici o privati, con l’obiettivo di realizzare economie di scala e garantire una gestione efficiente degli investimenti e delle operazioni) e ridurre il divario esistente (water service divide) tra il Centro-Nord e il Mezzogiorno.

In conclusione mi parrebbe dedurre che della ….”volontà del popolo sovrano”, conclamata da un referendum estivo quasiplebiscitario, poco cale al Parlamento di questa Repubblica!

FRANCESCO TORRISI

11 Giu 2021 in Ambiente

8 commenti

Commenti

  • Lo Stato che… fa acqua. Al divolo le privatizzazioni: ci vuole Stato, anche per stabilire in autonomia degli staandard di riferimento che servano al privato. Questo vale dall’acqua alla Sanità …..

  • Nessuno parla col mio indignato amico? Penso che quando riverdrò un paladino dell’acqua, il mio editore storico, Gianluca Ferrara, ora nel ventricolo sinistro di Conte fra gli uomini di punta del riformando movimento, gli porrò il quesito dell’aggiornamento sullo stato dell’arte.

  • Provo un pochetto a smuovere la cenere, per vedere se, sotto sotto, un pochetto di fuoco può ancora rinascere: ho ricevuto la fattura/bolletta (si fa per dire neh!) di Padania Acque S.p.A..
    10 pagine 10, scritte anche fitte e il riepilogo dei servizi fatturati (che porta al totale) consta di 10 voci 10 !!
    Non parlo delle due pagine del “Dettaglio della Sua Fattura”, fitte di righe e colonne di numeri che hanno il solo pregio di fare incredibilmente coincidere il totale IVA inclusa con il totale di prima pagina!
    Il tutto a convergere gloriosamente nell’ultima pagina 10: “Richiesta di comunicazione del numero dei componenti del nucleo familiare” con una citazione di modulistica reperibile su un “WWW” che, linkato e compulsato in tutti i dettagli, non porta assolutamente a nulla!
    Questo, ovviamente, nel rispetto e per gli effetti di cui agli artt. 13 e 14 del Regolamento UE 2016/679 (8 punti che riempiono l’intera pg 8 ) ……. che così mi sento davvero più tranquillo!
    E non era certo questo quello che chiedeva il “popolo sovrano” con il Referendum! sull'”acqua pubblica”.

    • Mi sto interessando di acqua e la mia critica più nettta va alla nostra stessa emotività: in linea di massima la gestione priovatistica si è basata sul dissesto degli impianti che perevano e perdoino ancora, che non è un problema foindamentale, perché l’acqua persa torna in fdaglia. Il problema è che non non abbiamo bisognmo di tutta quell’acqua potabile, ma di acque depurate per l’agricoltura e di non immetere direttamente a mare l’acqua che arriva dal cielo. La soluzione sta nella differenziazione degli impianti e nei rain- gardens. Due scelte quindi strettamente urbane, locali !!!!!! Poi ci basta anche l’acqua minerale in bottiglia (si fa per dire, so che è da condannare), ma pensate a tutta l’acqua dello sciacquone e tutta l’acqua piovana che va direttamente in fogna?
      Scoprto casualmente poi gli spazi di manovra regionali: mentre non comnbattiamo per i terreni impermiabilizzati la Regione Campania fa l’opposto per i parcheggi, come se le auto perdessero ancra benzina e olio. A un mio amico titolare di parcheggio ho suggerito vasini da notte sotto le coppe dell’olio e una bella fotop alla stampa.

  • Quelle “casette” dell’acqua sparse per il borgo di Crema, sono una gran bella cosa. Chi le ha volute, ha trovato i soldi, e ha convinto altri per impiantarle in giro ha tutta la mia stima. Sono un fruitore di acqua naturale e gassata dalle casette dell’acqua. Un piccolo miracolo in un paese di sprechi. È acqua buona, gratuita. E non è stata ancora vandalizzata; un’altro miracolo. Si sa che esistono spinte politiche per mettere le mani sull’acqua, come per altre faccende primarie. La privatizzazione è stata per anni considerata il miglior modo di gestione per varie faccende. E i comuni con pochi soldi, nessun “mecenate” generoso o interessato per coprire altre pecche, hanno svenduto ai privati cose importanti. Crema e la sua sindaca, a cui auguro una brillante carriera politica, cosa che credo aspiri, ha bisogno di nuovi Grandi Magazzini (quindi anche di oneri d’urbanizzazione), per fare cassa, per sistemare i marciapiedi delle passeggiate dei vecchi e dei bimbi, essendo Crema, un centro adatto per la prima infanzia e l’ultima vecchiaia.

  • Adriano, quello delle “pavimentazioni filtranti” nei parkeggi è un tasto sul quale sto premendo da tempo, perchè sia inserito nel “regolamento edilizio” (o come diavolo si chiama adesso!), purtroppo senza risultato alcuno (cos’è, la lobby degli sfalti che detta legge?!?).
    Anche gli ultimi grandi park realizzati nei super/iper che questa amministrazione sta realizzando a speron battuto in questa fase finale del suo mandato (sic!), hanno pochi alberi e “una bella asfaltata” come pavimentazione; così, il suolo risulta sempre più scelleratamente impermeabilizzato e, ogni bell’acquazzone, cascate di acqua piovana si precipitano in fogna! (sempre che le famigerate “caditoie”, non siano ostruite, con conseguenti ….”paludi”)
    Perchè tanta “sordità” rispetto ad una regola che anche il solo buon senso detterebbe?
    Più “verde”, che si tradurrebbe in qualche grado in meno in estate, soprattutto quando si rientra nelle ….. lamiere roventi (ed allora via con l’aria condizionata a….paletta!) e lasciare che la pioggia filtri nel terreno, non “uccidendolo” sotto l’asfalto!

    • Peggio Franco: sotto l’inero lotto c’è steso un foglio plastico impermeabile!

  • A proposito di ambiente, segnalo, se interessa, un’eccellente inchiesta di “El Pais” (14.6.21), di come i danni all’ambiente delle aziende private non vengono quasi mai pagati, e lo Stato si sobbarga tutto, o quasi tutto dei costi della bonifica.
    Il 19.11.2002, la nave Prestige si spacco’ in due pezzi e affondò a 260 km a ovest di Vigo, nord ovest della Spagna. 63mila tonnellate di idrocarburi finirono in mare. Un danno che fu monetizzato in oltre 4milioni di euro; ma dopo infinite controversie legali, la cifra arrivò a poco più di un milione di euro, ancora non versati dalla società privata. La causa è ancora in corso.
    Il 25.4.98, 6milioni di metri cubi di materiale tossico e acqua acida finì nei fiumi Agro e Guadiamar, dalla miniera di Aznalcollar, vicino Siviglia, intaccando migliaia di ettari di terreno. Il Governo andaluso reclamo’ 89 milioni di euro alla multinazionale svedese Boliden. Dopo 23 anni, lo Stato non ha ancora recuperato un euro. In Tarragona, la società chimica Ercros ha contaminato l’Ebro con materiale radioattivo. Lo Stato pare sia riuscito a recuperare solo il 5%, del costo totale.
    La miniera Penarroya, Murcia, per 33 anni ha riversato in mare tonnellate di piombo, cadmio, zinco, ecc. Sotto accusa, la società, nel frattempo ha cambiato proprietari, e dei 100 milioni di euro di danno monetizzato, almeno il 90% non è recuperabile dallo Stato che sta ancora aspettando, con scarse probabilità, di incassare almeno il 10%.
    Come sempre, sarà lo Stato, la collettività a pagare il danno dei privati.

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