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ADRIANO TANGO

Il V secolo a.C. alle origini della nostra civiltà mediterranea: i Greci.

Si pensa sempre a un Mediterraneo albergante civiltà separate, divise dal mare, ma le cose non stavano proprio così: tutto era molto commisto, ma anche frammentato, e il connettivo della pacifica o cruenta globalizzazione, i portalettere del nuovo, furono sì i Greci, ma anche Etruschi, Fenici, Sardi, Illirici… popoli che erano di casa sulle acque del “Mare fra le terre”, come si chiamava al tempo il Mediterraneo, chiuso fra più o meno tre sponde, o del “Secondo mare”, l’attuale mar Nero. A loro volta i Greci dell’età classica erano già stati frutto di innesti balcanici, danubiani, di genti insediatesi violentemente nell’antecedente età del “medioevo greco”. La visione degli influssi dal nord, che qualcuno contesta, ha riscontro in mitologia, in iconografia, ma direi innegabilmente nella diffusione di caratteri somatici nordici fra le genti medio e sud mediterranee. E intanto era passato oltre un millennio, e l’ibrido rigogliava, etnicamente e culturalmente.
Uno spirito internazionalistico albergava fra popoli civili, anzi, i padri della civiltà, ma in definitiva anche tutti pirati e prevaricatori, che usavano la violenza spesso come uno sport, o un’ultima risorsa. Non vi erano infatti vere distinzioni fra commercio e arrembaggio, come del resto sarà fra i Vichinghi, uomini per questo detti “dalle due anime” (quella commerciale e quella piratesca) e così per i corsari e pirati, e tutti i temerari a seguire sulla cresta delle onde in tempesta delle epoche e dei mari.
Stupiti? Ma come, i Greci? Ma non avete forse letto nell’Odissea della scorreria e saccheggio di Ismara da parte dei compagni di Ulisse? Era così, e così ce la narrava Omero, senza reticenze: cultura, civiltà, spiritualità, coniugate con la violenza, a volte sportiva, altre di una truculenta disumanità.
Così fu per i Sardi, gli Sherdan, uno dei “popoli del mare” contraddistinti dalla spada triangolare, ancora visibili raffigurati nei graffiti d’epoca, così feroci che i Faraoni d’Egitto preferirono salariarli come mercenari che combatterli.
Ma come, i Sardi non fra i nuraghi ma fra le piramidi?
Già, le tavolette egee in lineare B di Pylos risalenti alla tarda età del bronzo, dimostrano la diffusione in quel periodo storico di bande di guerrieri noti come Shardan, che furono utilizzati come mercenari dal faraone Ramses II. Anche un’iscrizione incisa in una stele ritrovata a Tanis, descrive le loro incursioni sulle coste egiziane: «I ribelli Shardan che nessuno ha mai saputo come combattere, arrivarono dal centro del mare navigando arditamente con le loro navi da guerra; nessuno è mai riuscito a resister loro». Nome e “centro del mare”, quel mare chiuso, sono inequivocabili nel ricondurci alla Shard-egna, il che risolve anche un altro interrogativo, quello delle origini della civiltà nuragica: mercenari girovaghi divenuti stanziali dopo il “pensionamento a fine carriera”? Ipotesi personale, ma ecco dove avrebbero imparato i metodi delle costruzioni megalitiche, dagli Egizi! Certo,cambiarono un po’ la geometria, adattandola alla regione… ma erano roccaforti da abitare, mica sepolture!
Ma cos’era il lineare B usato nei report d’epoca? Una scrittura più antica del greco, a costruzione sillabica, usata in quel groviglio di innesti antecedenti cui abbiamo solo accennato (alla faccia dell’identità nazionale), di etnie comunque già avanzate, fin dall’età del bronzo.
Entriamo ora analiticamente nel mondo greco classico, con qualche data:

 

510 a.C. Caduta di Sibari
490 a.C. Battaglia di Maratona tra Greci e Persiani. Schiacciante vittoria campale greca.
480 Battaglia delle Termopili e sconfitta greca, ma rivincita navale di Salamina.
479 C. Battaglia di Platea. Vittoria campale greca. La Grecia entra nel periodo d’oro.
477 a.C. Fondazione della Lega Delio-Attica, a supremazia ateniese.
429 a.C. Morte di Pericle
404 Fine della guerra del Peloponneso e dell’egemonia ateniese.

 

Se ci limitiamo a questo versante una partita quasi a tre: Ateniesi, Spartani, Persiani, e Atene avrebbe perso dopo un glorioso apogeo, di civiltà, innovazione, ma anche diplomatico e militare.
Ma come mai attualmente esistono ancora sia Sparta che Atene, e la prima ha una popolazione di un ventesimo della seconda, se fu vincitrice? La risposta è apertura culturale e commerciale quale capacità di rigenerazione, contro l’autarchia spartana (già, ma c’è chi la lezione ancora proprio…)
Ma scambi culturali con chi? Vediamo in giro per il Mediterraneo cos’altro succedeva.
Era anche l’epoca d’oro delle colonie, non solo greche. Quelle greche erano fondate dalla madrepatria mediante una spedizione guidata da un personaggio altolocato, ma scomodo in patria, l’ecista: spesso un figlio cadetto, o illegittimo, o fisicamente “segnato”. La spedizione era composta da diverse navi, pentecontere o triremi con equipaggio di soli uomini. Oltre ai rematori, a bordo il minimo di masserizie, ma anche qualche animale vivo, forse per la riproduzione o come riserva alimentare d’emergenza, e un numero ristretto di fanti da marina: soldati sempre in armatura pronti al primo respingimento di un assalto di pirati, o a mettere in sicurezza la prua della nave nello sbarco mentre i rematori si armavano. Un migliaio di disperati o poco più in tutto quindi: debitori insolventi, dissidenti, o solo dei maschietti in eccesso sorteggiati fra le famiglie più numerose. Già, perché Atene aveva sfruttato il territorio tanto da essere in piena crisi da sovrappopolazione e scarsa produzione, mentre a Sparta, che limitava le nascite “selettivamente”, l’organizzazione sociale rigida creava emarginati. Condizioni mica tanto lontane dalle nostre, vero? Solo che noi non abbiamo più dove andare.
Comunque che fosse, salutati alla partenza con cerimonie e tutti gli onori, guai se si fossero fatti rivedere prima di cinque anni!
La meta era apparentemente casuale, ma in realtà un potente centro logistico, l’oracolo di Delfi, dava la dritta giusta, e probabilmente spianava diplomaticamente il terreno all’arrivo, visto che le spedizioni che non lo consultavano, versando il relativo obolo, finivano male.
Insediatesi queste spedizioni avevano il problema delle donne e dell’accettazione da parte degli indigeni, e le storie di ratti e scaramucce belliche della letteratura classica ben illustrano la situazione; ma la tecnica di insediamento era astuta: sempre un sito con un fiume o una sorgente, ma soprattutto un’isola come prima testa di ponte, meglio difendibile, per attuare poi lo spostamento in terra continentale man mano che i rapporti miglioravano. Teniamo presente che le popolazioni locali, sempre in lotta fra di loro, avevano spesso interesse a ospitare guerrieri preparati a difesa del sito, con l’indotto inoltre dell’apertura di una rotta commerciale nuova.
Ma chi temevano queste popolazioni costiere? Dall’entroterra popolazioni montane, meno evolute ma che le suonavano di santa ragione, ma soprattutto i pirati dal mare: Etruschi dal Tirreno innanzitutto, e Illirici che discendevano dalla costa est dell’Adriatico, e Fenici, di etnia semitica, questi sì diversi, ma scarsamente fra loro coesi. Essi stessi colonizzatori, prevalentemente su scali commerciali che già frequentavano, erano tutt’altro che imbelli, e la storia di Cartagine lo dimostra.
Ma di questo poi parleremo.
Ora, questo calderone era anche un crogiolo di organizzazioni socio-politiche nuove: la tirannide era la soluzione più semplice del secolo, anche perché nel pericolo esterno e instabilità sociale interna la concentrazione del potere rendeva agevoli le decisioni. Teniamo presente che i tiranni, per quanto dai modi spicci, non erano proprio mal visti, perché stavano dalla parte del popolo, contro l’aristocrazia parassita e cospiratrice e soprattutto contro lo strapotere sacerdotale (storia già sentita?)
Ma è vero anche il contrario, il modello opposto; la prima colonia greca in assoluto fu Pithecusa (isola delle scimmie), l’attuale Ischia, ma non lontano da questa nacque il primo insediamento comunista: i Sami, approdati verso l’attuale Pozzuoli un cinquantennio più tardi, avrebbero fondato la colonia di Dicearchia, «la città della giustizia».
Si tratta in questo caso di fonti sì di storici, ma al limite della leggenda, che tuttavia testimoniano un’aspirazione diffusa.
La “comune di Lipari”, invece, è stata reale e certificata: la spedizione di Cnidi insediati nelle isole Eolie, provenienti da un precedente insuccesso, realizzò il proprio ideale di equità e uguaglianza instaurando un regime di condivisione totale. Ma non fu solo il senso di giustizia universale (rappresentata dalla dea Dike) ad animarli: i guerrieri, consci della pericolosa posizione lungo le rotte dei feroci Etruschi, decisero di installare metà gruppo a terra, in condizioni di condivisione assoluta, fino alla mensa unica, per creare ricchezza dalle attività stanziali e per consolidare l’egemonia territoriale, e metà perennemente imbarcati in pattugliamento costiero di dissuasione dagli attacchi, ma anche impegnati a loro volta in scorrerie che producessero beni di scambio, prigioniere, liquidità.
Ma attenzione, erano ben consci della fragilità del sistema alla lunga, quindi era già deciso in partenza che le ricchezze e il terreno, dopo cinquant’anni, sarebbero stati suddivisi a sorteggio, per ritornare così alla proprietà privata una volta rafforzati i confini territoriali e fatto cassa.
Fattore di preminente interesse, nel corso di tutte queste sperimentazioni di opposto segno, da Atene si diffondeva la democrazia: la terza via, il futuro dell’umanità.
Sul come fosse strutturato il metodo di governo, quanto ingegnoso, ci sarebbe da scrivere veri trattati, altro che saggio breve! Tuttavia non è questo lo scopo che ci siamo prefissati, ma solo quello di dare un quadro di riferimento, inserendo qualche curiosità stimolante, in vista di una pubblicazione.
A questo punto è il caso di dare uno sguardo alla cartina in evidenza, per chiarirci le idee sui traffici, non solo di merci, ma di culture e visioni che solcavano il “Mare fra le terre”.
Fatto?
Vediamo una spartizione territoriale apparente in tre blocchi: Greci, Etruschi, Fenici, ma è apparenza, perché non c’era omogeneità fra i costituenti di queste etnie: già i soli Greci erano in perenne disputa fra di loro, e poi anche fra le metropoli (termine inteso come madrepatria) e le colonie, e quindi contro le metropoli e viceversa, fra intrighi, alleanze, società segrete trasversali di stampo mafioso (eterie)…
E che ci possiamo fare: tali i padri…ne piangano i figli!
I primi contingenti sostenuti partirono dalle città dell’Eubea (grande isola backyard di Atene), e occuparono, oltre alla sede campana insulare citata, le coste calabro-sicule a cavallo dello stretto. Poi vennero gli Achei (dei montanari arcadi, non tutti quelli omerici) e si impossessarono del litorale ionico, fra cui la nostra Sibari, poi distrutta da compatriotti crotonesi (capito che spirito fraterno!), mentre i Corinzi si presero la zona dell’attuale Siracusa; ciò in massima sintesi. Ma non erano infrequenti le spedizioni miste, anche con Rodiesi (il nostro Simias è un Rodiese).
Un vero mosaico rompicapo poi con le colonie di seconda generazione, di altre colonie.
Comunque l’investimento di qualche nave a perdere per uomini turbolenti in patria di cui disfarsi, divenne di moda per i governi, e il mare fu tutto un brulicare di vele quadre e remi al ritmo di voce o tamburo, e così fu tale il groviglio politico da far pensare al Consiglio europeo di Bruxelles, con annessa diplomazia; ma quando era troppo era troppo, e allora, giù botte di santa ragione!
Ma i fieri Spartani se ne stettero proprio in disparte?
Gli Spartani erano meno stipati, come anticipato, e molti uomini già morivano nello sport nazionale: la guerra; tanto che alle donne era consentito sposare più uomini, specie se fratelli (così qualcuno a casa tornerà pure dalla gloriosa carneficina per pensare ai figli!)
Quindi avevano minor fame di territorio, ma soprattutto maggior senso autarchico: non amavano mischiarsi con altri.
Tuttavia, dopo le guerre messeniche, si ritrovarono a casa un sacco di illegittimi: i Parteni (così detti figli di vergini, che poi dissero generati volutamente mandando alcuni giovani vigorosi in patria per un servizio di eroica e rapida inseminazione multipla, per rifornire le future file dei combattenti. Ma girala e voltala, corna restano!)
Fatto sta che non volendo dar loro i diritti civili dei cittadini di serie A, né potendo relegarli fra gli Iloti (il loro popolo sottomesso di lavoratori tuttofare), li impacchettarono e imbarcarono.
Condotti da un ecista (il capo spedizione, ricordate vero?) di nome Falanto si accaparrarono così una piazzaforte prestigiosa: Taranto. Fra due mari, con due porti, tanto benedetta che, dopo la fatica iniziale di impossessarsene, massacrando i residenti Japigi, colti di sorpresa, non dovettero più combattere, lasciando l’onere a truppe mercenarie.
Ancora leggende? No: ci sono le testimonianze archeologiche (del massacro degli Japigi, mica del concepimento dei Parteni!)
Ma Falanto, come seppe di essere arrivato al luogo prescelto dai sacerdoti del tempio? Dalla profezia! Doveva tirar le navi in secco quando la barba caprina si fosse bagnata. E hai voglia di guardar le capre a riva, niente barbe bagnate! Poi un giorno si sentì la barba bagnata, e capì che la barba caprina era la sua! Ma bagnata di che? La gentil consorte (e sì, qualcuno se la portava dietro la sposa!), piangeva disperatamente per tutte le peripezie patite, e le lacrime, mentre gli toglieva i pidocchi dai capelli, scorrevano copiose sul capo e la barba del condottiero-sposo!
I pidocchi i Greci? E già, l’acqua era guardata con diffidenza (dicevano di preferire l’olio di oliva, e in viaggio, prima dell’olio Johnson’s …) e ce ne sono comunque di involontarie testimonianze del contrasto fra splendori della civiltà e grado di arretratezza dei nostri predecessori! Pensiamo all’Iliade, in cui il glorioso duello fra Ettore e Aiace, con tanto di spettatori dagli spalti olimpici, si riduce alla fine a uno scambio di lanci di sassi, in stile troglodita, così da indurre la divina tifoseria a ordinare la sospensione della sassaiola.

 

Bene, ora che invece di darvi un quadro sintetico della situazione ho finito di confondervi le idee con queste curiosità protostoriche, mi accorgo di essere andato lungo.
Ma mi basta aver lasciato il gusto di una civiltà raffinata e variegata, sempre insoddisfatta della propria strutturazione socio-politica, e quindi alla ricerca di nuove soluzioni.
E all’inventiva socio-politica, liberamente plasmata dalle situazioni, darei il dieci e lode ai Greci per il contributo di anticipazione di attuali modelli.
Dei Fenici ed Etruschi ne parliamo un’altra volta quindi, anzi, in altre due puntate.
Ma guardate che questi popoli sono ancor più affascinanti!
Prossimi gli Ertruschi, che ci toccano molto, molto da vicino!

ADRIANO TANGO

05 Feb 2021 in

8 commenti

Commenti

  • Adriano, pur in questo turbine di accadimenti, mi è parso capire che il sud Italia sia stato sostanzialmente terra di conquista. E della mia “SSiciliabbedda” chemmidici? Non mi pare tu l’abbia citata, o sbaglio?

    • E come no: fu la seconda meta, e tu saresti un Eubeo per ascendenza! Capito i furbi? Subito Taormina col suo splendore. Ma i Corinzi a Siracusa avrebbero lasciato il segno per una civiltà indipendente tale da dare del filo da torcere ad Atene! Continuo da casa.

  • Questione geografica?

    • Adriano, commento qui il tuo altrove. Certamente veniamo da lontano e parallelismi e confronti non sono mai finiti. Ma io non ho le tue competenze pertanto leggo affascinato dalle tue conoscenze e studio e mi fermo qui, da uomo comune, non da specialista di qualcosa. La mia infarinatura storica non basterebbe a fare il pane.

  • Mastro Franco, i commenti viaggiano fra post e saggio!
    Per Ivano: è il fascino che mi ha guidato nelle indagini, e le ipotesi che ognuno può sviluppare. Non sono un competente, solo un curioso che si emoziona.

    • Urge fare un po’ d’ordine perchè il tema, finora poco frequentato, meriterebbe un dibattito. Veniamo da lontano e una valutazione del viaggio e approdo sarebbe interessante. Perchè niente accade per caso, o tutto accade per caso nella Storia e storia di ognuno di noi. Se non fosse stato quello, se non fosse stato questo, appunto le ipotesi possibili di cui parli tu, Adriano, massimi sistemi se vogliamo, ma temi universali nell’imperscrutabilità dell’evolversi o del riavvolgersi del tempo. Insomma un bell’esercizio di fantasia per la costruzione di nuovi mondi e il rimedio a vecchi errori. Il Covid, ad esempio, prevedibile? Se lo fosse stato, di chi le responsabilità? E in futuro? Quali conseguenze più o meno gravi? Disastro ambientale, cattivi usi e costumi, alimentazione, o il caso di cui non siamo in nessuna misura responsabili? E oltre questo, quali i possibili comportamenti virtuosi d’ora in poi? Di epidemie nei millenni ne contiamo a centinaia eppure è come se per la prima volta noi contemporanei spiazzati, incapaci, increduli nonostante la scienza che non è più quella della peste del seicento, riviviamo lo stesso sgomento. Dopo millenni di Storia dell’uomo riscopriamo ataviche paure. Misero destino quello dell’uomo che da se stesso non trae esperienza, ma reiterati errori a dimostrazione che da quella non si impara niente. O il segno della nostra finitezza contro il mito di chi ruba il fuoco agli dei per poi autobruciarsi. Altro esempio: siamo abituati da tempo all’antipolitica, tra populismi e governi tecnici, perchè è ormai chiaro che anche quello di Draghi sarà così. Ma dopo l’anno zero della politica cosa potrebbe succedere? O momento solo temporaneo? Di fatto una riflessione sarebbe urgente e un volo della fantasia. Cosa rimarrebbe di questa democrazia rappresentativa verificata l’incapacità dei nostri politici? E un futuro senza politica ci consegnerebbe a quali poteri, se non già in esercizio? Perchè non basta, come diceva Nietzsche, che ci dobbiamo accontentare di costruire sulla sabbia fingendo di costruire sulla roccia. Sarebbe solo fatalistico quando da controcanto costruiamo sogni, utopie. Ma alla fine è così, vale per il mondo, gli uomini, le epoche e la Storia. E’ solo questione di culo, non c’è niente da fare. Io quest’anno di Covid non avrei voluto viverlo, ma mi/ci è capitato. E che rottura di palle, magari domani capita anche di peggio e tutto il costruito crolla miseramente. Siamo gli esseri viventi più irragionevoli della Terra, abbiamo consapevolezza della nostra caducità, della morte, ma nonostante questo… Scusate l’ovvio di queste riflessioni, ma nessun alto pensiero mi spiegherebbe il perchè di quanto vedo e osservo.

  • Grazie, Adriano, per questo colorato e coinvolgente articolo di storia antica mediterranea. Leggendolo ci si sente parte di una di quelle spregiudicate scorribande e di quegli arrembaggi da te evocati nel testo.
    Aspettiamo dalla tua penna qualcosa di speciale sugli etruschi.
    Ottima cosa l’aver reso commentabile pure questa parte del blog.
    Grazie anche per l’inserimento di temi come questi, che partono dalle vicende storiche per aiutare a conoscere, capire e riflettere.
    Mi pare netto lo stacco che, da tutto questo variopinto caleidoscopio di popoli, si realizza (e già in quei tempi da te descritti, Adriano, si stava realizzando) con l’affermarsi della tradizione giuridico-religiosa e della civiltà civico-militare di Roma, da un substrato di origini italiche indoeuropee ancor oggi così controverso.

    • Ti ringrazio Pietro, e,come intuisci, parto dai Greci perché sono i più scontati, in un gradiente di “sapori storici” fino ai Fenici. E l’esercizio mi è servito per circoscrivere ogni cultura in una dimensione. Dopo “inventiva socio/politica” per i Greci cosa ci aspetta? Capire le radici per sapere su che carte possiamo giocarci la partita.

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